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Biografia Carlo A. corsi
Carlo A. corsi
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Nasce l’8 gennaio 1879 a Nizza e cresce in un ambiente di musicisti e cantanti. Fin dai primi anni di vita si diletta nel “lavorare” con lapis, matite, colori, forbici, carte e cartoni, di cui i familiari lo forniscono volentieri. A nove anni resta straordinariamente colpito dall’Esposizione Emiliana ai Giardini Margherita di Bologna (dove oramai vive e che rimarrà sua abituale residenza) e dalla relativa mostra di quadri a San Michele in Bosco dove i dipinti di Segantini e Favaretto lo stupirono. Nel 1896, data la naturale predisposizione al disegno, la famiglia lo iscrive alla facoltà di Ingegneria. In quello stesso anno la sorella Emilia viene scritturata al Teatro Comunale per cantare nella “Carmen” e Corsi ottiene il permesso di libero accesso al palcoscenico. Fu la rivelazione dell’arte e come l’artista stesso annotò: “fuggii dalle bolgie universitarie dei calcoli e delle formule algebriche ossessionanti per rifugiarmi in Pinacoteca”. Si trasferisce a Torino nel 1902, dove compie interamente gli studi accademici. Sono di quel periodo i contatti e l’amicizia con Alessandro Scorzoni e col suo Maestro, Giacomo Grosso, che aiuta la maturazione artistica di Corsi. Rientra a Bologna nel 1906, causa la morte del padre. L’anno successivo si reca in Olanda, ove resta impressionato in modo indelebile dai luoghi e dagli inconfondibili crepuscoli. Conosce i Rembrandt, i Franz Hals, i Vermeer dei musei di Amsterdam, l’Aja, Anversa, Bruxelles e li ama per tutta la vita. Ultima tappa di quel viaggio è Parigi dove trascorre tutto il suo tempo dentro al Louvre. Negli anni dieci, colpito dal volo dell’ingegnere francese Louis Blériot, Corsi scriverà “avevo anch’io il mio ideale aeroplano, e volevo che si alzasse anche lui da terra. Non sapevo in quegli anni a chi affiancare le mie esperienze pittoriche, e anche per questo subivo perplessità, dubbi, scoramenti…”. Nel 1912 viene accettato alla Biennale di Venezia e nel 1913 espone a Monaco. Nel 1915 espone a San Francisco, dove è rimasta una delle sue opere più significative, acquistata dal Museo di Arte Moderna. Negli stessi anni espone anche alle quattro mostre Internazionali della Secessione di Roma. Torna a Venezia nel 1920, dopo la pausa dovuta alla Prima Guerra Mondiale e di nuovo nel 1922. La consacrazione della sua qualifica di pittore avviene nel 1924 con l’invito ufficiale alla Biennale, ma nel 1926, col cambio dei regolamenti e dei criteri dell’istituzione veneziana, Corsi è costretto a ricominciare dall’inizio tutta la lunga serie delle mostre sindacali e regionali. «E rimase così confinato, per tutto il ventennio, nel suo cantuccio bolognese (…). Corsi, l’indipendente di Bologna, l’eterno ragazzo alle prime, durevoli emozioni di fronte alla donna e alla natura (…). In compenso lo dimenticarono, considerandolo un sensista borghese ben dotato, come tanti, di qualità pittoriche e lo riscoprirono, quando la ruota ricominciò a girare nel senso giusto, nel famoso Premio Bergamo del 1941…» (Raffaele De Grada). 1941, in maniera sorprendente e davvero curiosa gli viene assegnato a Bergamo il premio per i giovani. Corsi ha sessantadue anni! Riceve nel 1943, l’invito alla Quadriennale a seguito della mostra comprendente 24 opere alla Galleria di Roma. È ormai prossimo ad un nuovo invito alla Biennale, ma la Seconda Guerra Mondiale lo blocca nuovamente e, alla fine di questa, deve ricominciare ancora una volta, da capo. Nel dopoguerra allestisce dieci personali in varie città tra cui Venezia, Milano, Bologna e Torino; nel 1950 viene invitato a Venezia, dove espone tre opere: una tempera e due collages. Nel 1954 espone a Venezia cinque opere e viene successivamente invitato al Palais des Beaux-Arts di Bruxelles, insieme ad altri cinque artisti (Deyrolle, Karskaja, Coppel, Koenig e Wells), per una mostra di “collages”. Rientrato nella sua Bologna, Corsi dirà: «Ora dovrei raccogliere le fila del mio lavoro, ma con Matisse, Picasso e Klee si apre, per chi ne sappia intendere i messaggi, un nuovo mondo alla pittura. E la mia ostinazione mi fa riprendere certe esperienze che mi hanno inquietato fin dai più giovani anni: il fascino dei collages, la lirica del moto travolgente nello spazio, cui dedico, insieme ad altre esperienze, questi miei anni di lavoro”. 1964: al Museo Civico di Bologna viene allestita una mostra antologica con presentazione in catalogo di Francesco Arcangeli. Muore il 27 agosto del 1966.

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