Biografia Elena Garbarino |
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Elena Garbarino è nata a Genova nel 1944, scrittrice e antropologa, ha esordito nella narrativa con "Il ballo delle acciughe", pubblicato da Bottega Errante nella collana "Rumore bianco". Laureata in antropologia ed etnologia presso l’Università di Torino, ha già pubblicato testi di saggistica come "Antropologi tra le righe" (con Marco Aime, Bruno Barba e Mara Suraci) e "Spoiler. Serie TV e giustizia sociale" per Meltemi. Appassionata osservatrice dei fenomeni sociali, Garbarino unisce l’occhio analitico dell’antropologa con una viva immaginazione narrativa.
Nel suo romanzo d’esordio, ambientato in una Rio de Janeiro di fine Ottocento, Elena esplora il tema delle migrazioni italiane — in particolare liguri — attraverso il microcosmo di un’osteria. Lì, un gruppo di genovesi si ritrova a convivere, pur non essendosi scelto, uniti da un destino comune e dalla necessità di reinventarsi in terra straniera. L’osteria diventa teatro, rifugio e specchio di identità in transizione.
Fulcro del romanzo è il linguaggio, o meglio, i linguaggi: Garbarino mescola italiano, dialetto genovese e portoghese storpiato per raccontare il processo di integrazione linguistica, più che sociale. La parola storpiata diventa chiave narrativa e simbolica: segno di una lingua nuova, filtrata dall’udito e dalla memoria degli emigrati. Tra i personaggi, spicca la figura della Gina, la sola che riesce a interiorizzare e rielaborare il mondo esterno con parole tutte sue, incarnando il tema dell’integrazione come processo linguistico e identitario.
La formazione antropologica dell’autrice emerge chiaramente nel romanzo, non solo nell’attenzione al linguaggio, ma anche nell’idea che il movimento umano sia spinto da una forza immaginativa: si emigra non solo per bisogno, ma anche per desiderio, per immaginarsi altrove. Elena Garbarino adotta quindi lo sguardo dell’antropologa per scavare nei personaggi e nelle loro “gallerie” interiori, svelando attraverso flashback le vite che li hanno condotti all’osteria.
La struttura narrativa è lineare, ma arricchita da ritorni nel passato che svelano, attraverso il non detto e le conseguenze emotive, la complessità di ogni personaggio. La scena dell’osteria richiama il coro del teatro greco, in cui la comunità genovese fa da sfondo, commento e controcanto alle vicende dei protagonisti principali.
A chiusura del libro, Garbarino inserisce il testo reale di una legge italiana del 1888 sull’emigrazione, per sottolineare la contraddizione tra libertà di movimento e controllo politico-legislativo. Per lei, la distinzione tra migrazione legale e illegale è una costruzione del potere, non delle persone. Il suo romanzo, quindi, è anche una riflessione sul concetto stesso di “permesso” e sulla realtà ineluttabile del movimento umano.
Lettrice curiosa e poco sistematica, Elena Garbarino si lascia guidare dal caso nelle sue letture. Durante l’intervista, ha citato "Lascia che il mondo giri" di Colum McCann come il libro che l'accompagnava in quei giorni – un’altra storia di vite che si sfiorano, si intrecciano, e provano a trovare significato nel caos.
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