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Biografia Filippo Buonarroti
Filippo Buonarroti
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Filippo Buonarroti nacque a Pisa l?11 novembre 1761 da una famiglia appartenente al ramo Buonarroti-Simoni, un ramo collaterale dei Buonarroti cui era appartenuto Michelangelo. Come ha ben rilevato il Cantimori , il periodo toscano fu molto importante per la formazione ideologica del Buonarroti [1]: infatti è negli anni della prima giovinezza e dell?Università di Pisa che il Buonarroti iniziò ad avviarsi verso positure politicamente radicali. I professori pisani Sarti e Lampredi gli fecero conoscere gli autori illuministi e fra questi egli prediligeva Rousseau, Helvetius, Mably e Morelly, vale a dire quelli che avevano una maggiore carica innovatrice. Tali scrittori avvicinarono il Buonarroti a posizioni egualitaristiche e talvolta addirittura comunistiche [2]: ovviamente egli ancora non pensava a trasporre quelle concezioni dal piano ideologico-culturale a quello politico-sociale (la sollecitazione definitiva a ciò gli giungerà dalle esperienze che farà in seguito, soprattutto da quelle rivoluzionarie). Inoltre è probabile che già dal 1787 il Buonarroti fosse entrato nella massoneria e che da tale ambiente avesse recepito qualche influsso; ma la sua cultura si fondò soprattutto sugli autori sovracitati, tanto che il suo sistema di pensiero venne costruito sulle tematiche proposte da essi: insomma il Buonarroti, nel periodo toscano, acquisì quel bagaglio culturale che lo spronerà all?azione rivoluzionaria e sarà un suo tratto distintivo all? interno del mondo degli stessi rivoluzionari. Allo scoppio della Rivoluzione Francese, il Buonarroti lasciò la Toscana e si trasferì in Corsica per abbracciare la causa rivoluzionaria; la Corsica gli appariva non solo come la terra delle lotte del Paoli, ma anche come l?isola che aveva suscitato l?ammirazione di uno dei suoi numi tutelari, il Rousseau, il quale scorgeva in essa e nel suo popolo libertà, innocenza, temperanza. Infatti, alla fine del Settecento, tale regione presentava un assetto economico precapitalistico, con proprietà terriere estremamente suddivise ed equamente ripartite, cosicché la maggioranza degli isolani aveva, seppur ridotto, un appezzamento di terra. L?assenza di capitali, la primitività dei metodi produttivi, lo sminuzzamento dei fondi, la sobrietà dei costumi: questi erano gli elementi che caratterizzavano l? ambiente còrso di allora: ?non si avevano quasi tracce di grandi trasformazioni agricole; nel regime agrario dell? isola era evidente la relativa eguaglianza dei possessi fondiari, data l?enorme diffusione di queste minuscole proprietà?. Per Buonarroti, imbevuto com?era di teorie egualitarie settecentesche, l?isola aveva dunque un valore esemplare, costituiva, con il suo egualitarismo già abbozzato, un terreno propizio per una azione politica: ?l?astratto, utopistico modello dell?eguaglianza dei beni, desunto dai tradizionali archetipi delle repubbliche dell?antichità, diventa così, per questo rivoluzionario, un fine concreto da raggiungere, al quale la Corsica è incomparabilmente più vicina d?altri paesi?. In Corsica, Buonarroti ricoprì degli incarichi presso il Consiglio generale di Corte e fu membro della Società degli Amici della costituzione e della società degli Amici del popolo; inoltre insegnò diritto pubblico in un liceo e pubblicò il settimanale ?Giornale patriottico della Corsica?, il primo periodico rivoluzionario scritto in italiano, il cui ?Discorso preliminare? è interessante in quanto contiene alcuni motivi tipici del pensiero buonarrotiano quali l?affermazione di una società agricola egualitaria e della religione naturale, la condanna del commercio e della industria, l?esaltazione del principio rousseauiano della volontà generale come indiscutibile fondamento della comunità politica. L?esperienza della Corsica è molto importante perché è indice sia della presa di coscienza, da parte del Buonarroti, della necessità di adottare misure non solo politiche ma anche economiche e sociali per la realizzazione di una società più equa, sia del suo iniziale egualitarismo che, col passare del tempo, si consoliderà sempre di più ed approderà anche a convinzioni comunistiche. La comprensione del Buonarroti della congiura degli Eguali passa attraverso l?esperienza còrsa: ?fu la realtà dell?isola a fargli sentire l?attualità concreta, programmatica di quelle che fino ad allora erano state generiche posizioni illuministiche. La questione còrsa nel Settecento, prima di essere politica, era economica e sociale?questo?spiega l?evoluzione del pensiero buonarrotiano?. Inoltre non bisogna dimenticare che in questo periodo prende rilievo un altro tratto caratteristico del Buonarroti: l?importanza della educazione. Egli già caldeggiava l?idea di una educazione comune da affidarsi allo stato, alla nazione, affiancata da una attività di propaganda, svolta da filosofi e virtuosi, finalizzata alla diffusione dei buoni princìpi quali la libertà, l?eguaglianza, la fraternità, l?amore della patria. Tuttavia, la questione non doveva risolversi come un aspetto meramente tecnico di pubblica istruzione, ma doveva essere inscindibilmente connessa con una generale riforma dei costumi e delle istituzioni, cioè doveva essere una parte integrante di un?unica, grande rigenerazione umana. Le utopie settecentesche dovevano farsi realtà. All?esperienza còrsa segue il primo viaggio del Buonarroti a Parigi: egli, infatti, nella rottura avvenuta tra il Paoli e la Convenzione, si schierò dalla parte della Convenzione e accusò il Paoli di tradimento nell?opuscolo La conjuration de Corse. Nella capitale francese, il Buonarroti, dopo aver chiesto e ottenuto la cittadinanza francese, frequentò il club dei giacobini e conobbe Robespierre: il robespierrismo attecchì nella sua personalità e, per vari aspetti, orientò le linee delle sue convinzioni politico-sociali. In Robespierre, il Buonarroti vedeva un alfiere della battaglia per l?eguaglianza, ed aderì alla sua politica proprio perché la considerava fondata sulla decisa rivendicazione di eguaglianza sociale. Egli, come Robespierre e altri rivoluzionari, scorgeva nei violenti contrasti sociali di allora una lotta sociale di classe, una guerra tra il ricco ed il povero, tra l?opulento e l?indigente; gli eventi rivoluzionari svolsero una funzione propulsiva per la radicalizzazione dei suoi princìpi democratici e per il suo parteggiare per la creazione di sistemi politico-sociali eversivamente innovatori: il Buonarroti e gli altri rivoluzionari pensavano che era il momento di porre in essere una politica coraggiosa e vigorosa, di svolgere fattualmente i postulati teorici degli autori settecenteschi. In sostanza, c?era la netta e nitida convinzione dell?affermazione di un estremo egualitarismo e della realizzazione di istanze non ancora comunistiche, ma molto simili e vicine ad esse. Questo, che Galante Garrone ha definito ?trapasso ideologico e pratico?, lo si evince chiaramente nell?esperienza di Oneglia, città ligure conquistata dai Francesi ed in cui il Buonarroti venne nominato commissario rivoluzionario nell?aprile 1794. Egli lavorò subito al sistema amministrativo dividendo il territorio in distretti e ponendovi a capo degli agenti rivoluzionari, con funzione di polizia e di esecuzione degli ordini amministrativi, assistiti, ovviamente, da ufficiali segretari. In campo economico, il Buonarroti dovette conciliare l?aiuto ai bisognosi con le esigenze belliche dei Francesi: infatti, tutti i territori da essi conquistati dovevano, in qualche modo, contribuire al sostentamento dell?esercito. Comunque, il Buonarroti prese delle misure che hanno un chiaro e netto significato sociale: imposizioni ai ricchi, distribuzione a buon prezzo del grano ai poveri, censimento dei ricchi e delle loro rendite nonché degli indigenti da soccorre, vendita dei beni mobili ed immobili di coloro che avessero osteggiato la repubblica, applicazione del maximum dei prezzi per non rovinare le risorse del paese, lotta contro i falsi assegnati, ecc.; tutto ciò era un riverbero dell?istanza giacobina di alleviare le condizioni dei derelitti, di sfamare i miseri. Grande importanza, come nell?esperienza còrsa, fu data dal Buonarroti all?educazione. Vennero istituiti Comitati di Istruzione e scuole primarie e secondarie per una formazione gratuita, popolare, laica e democratica. Se per quanto concerne la scuola primaria il Buonarroti aveva un precedente nella legge Bouquier, per la scuola secondaria non aveva un modello cui rifarsi: è proprio per questo che il decreto buonarrotiano del 25 brumaio (15 novembre) che istituì, oltre all?insegnamento primario, quello secondario, rappresenta un consistente passo in avanti rispetto alla situazione dell?istruzione francese. Interessante è notare che il Buonarroti, per questa scuola, richiese delle opere tra le quali figuravano quelle del Rousseau, del Mably, del Condillac: ulteriore dimostrazione, se ancora ve ne fosse bisogno, che quegli scrittori settecenteschi avevano formato ideologicamente il Buonarroti e ne continuavano ad orientarne il pensiero; l?azione buonarrotiana sarà sempre audacemente tesa ad approssimarsi il più possibile ai princìpi di quegli autori. Non è poi da trascurare il fatto che il Buonarroti provvide a delle pubblicazioni presso due tipografie. Ad Oneglia vennero istituiti Comitati di Sorveglianza ed un Tribunale rivoluzionario per combattere i nemici della rivoluzione e della repubblica, e le decadarie che, pur nell?affermazione di rispetto della libertà di culto, si cercava di supportare. Inoltre la politica svolta dal Buonarroti ad Oneglia va ricordata anche per l?aspetto italiano: infatti nel suo quadro di riscatto dell?umanità in termini rousseauiano-robespierristici, trovava posto anche l?amore per la patria che lo porterà a ricoprire un ruolo di notevole importanza nel Risorgimento italiano. Grazie al Buonarroti, la vallata di Oneglia fu un centro di raccolta di profughi politici italiani, che vennero utilizzati, insieme ad alcuni Còrsi, nell?amministrazione e nell?istruzione locale; Oneglia, in sostanza, fu un primo crogiuolo del sentimento unitario italiano. Al sopraggiungere del 9 termidoro dell?anno II (27 luglio 1794) il Buonarroti era, dunque, in piena attività politico-sociale. La reazione termidoriana pose fine alla dittatura ed alla vita di Maximilien Robespierre e si scatenò contro i suoi più stretti collaboratori e i clubs giacobini: la rivoluzione era stata ricondotta su binari borghesi. Nonostante ciò, non ci fu l?automatica ed immediata cessazione del governo buonarrotiano ad Oneglia, che, anzi, continuò per un po? più di sette mesi. Infatti il Buonarroti, sebbene fosse giacobino ed avesse ricevuto quell?incarico dalle autorità giacobine, non era ritenuto un personaggio particolarmente pericoloso per il corso degli eventi della realtà francese di allora. ?La sua azione era rimasta provinciale?si era fatto strada da sé, non aveva ambizioni, se non quella di servire la causa rivoluzionaria?: tale doveva apparire il Buonarroti ai termidoriani, cioè uno dei tanti agenti disseminati al di là dei confini, un piccolo elemento di un grande ingranaggio. In realtà ?non era neppure prevedibile quanto sarebbe stato pericoloso trasferirlo a Parigi, sia pure in stato d?arresto. Chi poteva immaginare che proprio l?italiano Commissario di Oneglia raccogliendo l?eredità ideale di Massimiliano Robespierre, ne avrebbe fatto una leva per il risorgimento delle forze sociali e politiche

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