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Biografia Ludovico Geymonat
Ludovico Geymonat
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Ludovico Geymonat è nato a Torino l'11 maggio 1908; si è laureato in quella università in filosofia nel 1930 e in matematica nel 1932; fu per alcuni anni assistente presso la scuola di analisi algebrica di Torino. Ha rifiutato di iscriversi al partito fascista per cui gli fu preclusa ogni possibilità di carriera accademica; scelse così di insegnare in scuole private. Nel 1943 partecipò alla lotta di Liberazione nazionale e nel dopoguerra entrò nell'insegnamento universitario. Dal 1956 al 1978 tenne all'università di Milano la prima cattedra di filosofia della scienza istituita in Italia. Nel 1934 c'è stato il decisivo incontro di Geymonat con il Circolo di Vienna; ha seguito i corsi del leader del neopositivismo Moritz Schlick, un orientamento che dominerà per alcuni decenni la scena filosofica europea. Gli scritti del decennio 1935-1945 si concludono con l'importante opera Studi per un nuovo razionalismo (1945) con cui Geymonat si pone esplicitamente il compito di aggiornare la cultura italiana sui più importanti problemi metodologici connessi con la conoscenza scientifica, e di approfondire alcuni temi filosofici allora affrontati in termini antiquati dalla cultura italiana. In quest'opera c'è una tesi di fondo: la riflessione filosofica deve essere strettamente collegata con i risultati più avanzati della ricerca scientifica. Questo è stato il motivo di fondo di tutta la sua attività di filosofo, e in una cultura come quella italiana, dove i maggiori orientamenti culturali espressi dalla cultura laica idealistica, cattolica e marxista, hanno sottovalutato, o emarginato, o espunto dall'autentica cultura la scienza, avere difeso e approfondito la razionalità scientifica costituisce un indubbio suo merito. Rispetto a un razionalismo tradizionale di stampo dogmatico, egli rivendica " un razionalismo metodologico, in quanto si propone espressamente di rivelarci un metodo razionale rigoroso, per discutere con lucida chiarezza antichi problemi rimasti finora oscuri e confusi, discernendo in tutte le questioni ciò che è fornito di senso da ciò che non lo è, e separando il campo del discorso logico da quello del discorso sentimentale e fantastico ". Negli anni successivi Geymonat ha portato avanti il suo programma di ricerca approfondendo ulteriormente il suo razionalismo, sia attraverso un esame critico dello stesso Circolo di Vienna, sia con una serie di ricerche epistemologiche, matematiche e di storia del pensiero filosofico e scientifico, inserendosi con una posizione autonoma nella filosofia italiana. Uno degli aspetti più innovativi della ricerca geymonatiana è costituito dal suo lavoro storiografico, volto a rivalutare la nostra tradizione filosofico-scientifica, trascurata nel periodo di dominio idealistico, cioè nei primi trent'anni di questo secolo. In una monografia su Galileo del 1957 Geymonat ha proposto un'originale interpretazione del fondatore della scienza moderna, di cui ha sottolineato la grande capacità di sperimentatore e ideatore di teorie. Il punto d'approdo più rilevante di questa attività storiografica è rappresentato dai sette volumi della Storia del pensiero filosofico e scientifico pubblicati nel corso degli anni Settanta e realizzata con il contributo di alcuni collaboratori: essa costituisce, secondo giudizio unanime, una pietra miliare nella storiografia filosofica italiana, perché la tradizione filosofica e quella scientifica sono strettamente intrecciate, e ciò ha consentito una lettura nuova della tradizione culturale dell'Occidente. Negli ultimi anni Geymonat si è interessato di problemi etico-politici, La libertà del 1988 e I sentimenti del 1989 costituiscono il risultato di questa riflessione su fondamentali problemi di ordine politico e etico. Non va infine dimenticato, accanto a questa attività, l'azione di organizzatore culturale svolta da Gaymonat per rinnovare profondamente la cultura italiana. Nel primo dopoguerra fonda a Torino con altri studiosi (scienziati e filosofi) il "Centro di studi metodologici", che promuove incontri e organizza convegni di metodologia, logica, storia della scienza; nel 1960 dirige il primo gruppo di logica matematica del CNR italiano; nello stesso anno inizia a dirigere la collana di Filosofia della scienza presso l'editore Feltrinelli. Nel 1963 dirige la collezione di classici della scienza della Utet di Torino, che ha fornito il corpus fondamentale della tradizione scientifica europea. Inoltre ha diretto per parecchi anni, insieme ad altri, la rivista "Scientia", ed è stato nel Comitato direttivo della Grande enciclopedia della scienza e della tecnica (EST Mondadori), della giunta esecutiva della "Domus galilaeana" di Pisa. Infine va ricordata quella che è stata la sua attività maggiore: il lavoro svolto con grande scrupolo all'università di Milano, ove ha posto all'attenzione e alla riflessione di alcune generazioni di giovani i temi più vivi della cultura contemporanea. Ne sono usciti studiosi che pur seguendo autonomamente i propri orientamenti, hanno compreso la centralità della scienza nella vita e nella cultura. Laureato sia in matematica sia in filosofia, Ludovico Geymonat è giustamente considerato uno dei massimi promotori dello studio epistemologico in Italia. Dopo un periodo di studio in Germania, ha pubblicato due saggi ( Il problema della conoscenza nel positivismo , 1931, e La nuova filosofia della natura in Germania , 1934) coi quali, ancora giovanissimo, ha fatto conoscere in Italia alcuni aspetti salienti del pensiero neopositivistico. Del 1945 sono gli Studi per un nuovo razionalismo e del 1953 i Saggi di filosofia neorazionalistica : due libri attraverso i quali lo studioso delineava una sorta di manifesto teorico in favore di una prospettiva appunto razionalistica, privilegiante in più modi l'esperienza e le prerogative del sapere scientifico, ma insieme sensibile anche ad istanze pratico-politiche di emancipazione e trasformazione sociale. L'opera più organica di Geymonat resta ad ogni modo Filosofia e filosofia della scienza (1960) che segue una monografia su Galileo (1957). Minor rilievo ha avuto il pur ambizioso saggio Scienza e realismo (1977), in cui Geymonat riafferma una prospettiva realistico-oggettivistica della verità e del sapere. Un notevole successo ha riscosso, invece, l'ampia Storia del pensiero scientifico e filosofico (1970-76): un'opera indubbiamente un pò sorda nei confronti di importanti indirizzi filosofici (l'idealismo, la fenomenologia, l'esistenzialismo) e di ampi campi di riflessione (l'estetica, la riflessione teologica, le scienze umane), e purtuttavia ricca di nuove aperture storico-teoriche soprattutto nel settore delle scienze fisiche e logico-matematiche. Il primo punto di approdo filosoficamente significativo di Geymonat è costituito dal volume del '45 Studi per un nuovo razionalismo : in esso il filosofo torinese manifesta una matura volontà di rottura nei confronti della tradizione speculativa nazionale (soprattutto di quella storicistico-idealistica) e propone con molta energia un ideale di filosofia come indagine chiarificatrice dei princìpi e dei concetti impiegati dal pensiero conoscente: " il compito fondamentale delle ricerche filosofiche consiste proprio nel liberare, con un'esatta analisi logica, i nostri concetti dall'oscurità e imprecisione che li avvolge (esempio classico l'analisi della causalità compiuta da Husserl), mentre il compito caratteristico delle ricerche scientifiche consiste nella scoperta di nuove proposizioni (leggi o teoremi) da aggiungersi a quelle già note. In altre parole: la ricerca scientifica si propone di decidere della verità o falsità di un asserto: la ricerca filosofica è diretta invece a qualcosa di molto più fondamentale, e cioè il decidere, colla precisione dell'esatto significato dei termini di un problema, se esso ha senso o non ha senso " ( Studi per un nuovo razionalismo , cap. I). Come si può evincere, il programma di una " filosofia scientifica " promosso dalla tradizione neopositivistico-analitica è qui tenuto fortemente presente. Nello stesso tempo, però, gli Studi di Geymonat esprimono anche interrogativi di tipo e di respiro diverso: ad esempio egli si chiedeva con insistenza " è lecito limitare a una pura e semplice analisi logica, escludendo per principio ogni analisi di altro tipo? Esaurisce essa, davvero, tutti i punti di vista, dai quali possono venir studiati i sistemi di conoscenza? Non ci accadrà mai di trovare dei campi che sfuggono al rigoroso formalismo empirico? " Erano quesiti che conducevano oltre l'orizzonte logico-linguistico del neopositivismo, pur nel riconoscimento della validità critica e della capacità costruttiva del suo programma. Geymonat guardava ormai in direzione di quel neorazionalismo che verrà ulteriormente definito nei Saggi di filosofia neorazionalistica . In essi il filosofo torinese prende un'ancor più sensibile distanza dal primato della sintesi logica teorizzato dai neopositivisti e dal loro richiamo a protocolli universali, per appellarsi invece al concreto lavoro scientifico e alla concreta ragione storica quali matrici profonde delle teorie: " La storia del pensiero è assai più complicata di quanto non ci lasciano immaginare questi schemi [del neopositivismo]: è una storia che si attua per le vie più diverse facendo ricorso a tecniche sempre nuove, che escono fuori da qualsiasi barriera preconcetta, unificate tra loro da un solo fatto: dall?essere, tutte, attuazioni del medesimo appello alla ragione ? (Saggi di filosofia neo-razionalistica). Questa consapevolezza della complessità della ratio conoscitiva è ben presente anche in Filosofia e filosofia della scienza . Le due discipline o i due ambiti di indagine evocati dal titolo stesso dell?opera sono differenziati anzitutto per il fatto che viene avvertita la non-coincidenza tra filosofia e scienza: ciò nel senso non che la prima abbia un contenuto tematicamente diverso da quello della seconda, bensì nel senso che il sapere scientifico e la sua filosofia hanno bisogno di una riflessione teorica che ne accerti i caratteri e i presupposti generali. Nel corso del proprio lavoro tale riflessione perviene, in particolare, a due conclusioni: a respingere un?interpretazione di tipo formalistico-convenzionalistico del sapere (il quale può e deve riguardare fatti e verità reali), e a valorizzare un?analisi non statica e astratta ma dinamica e pratica delle conoscenze; un?analisi che deve prendere tra l?altro in serio esame ? la complessa dialettica, teorica e tecnico-sperimentale, che spinge lo scienziato a generalizzazioni sempre più ardite dei suoi risultati ?. A tale fine per Geymonat è opportuno ricongiungere più intimamente la filosofia della scienza al concreto modus operandi della ricerca scientifica e riconoscere la costitutiva storicità del sapere (in modo tale da giungere, tra l?altro, ad una concezione fondata e attendibile del progresso scientifico). Anche lo statuto delle teorie viene, entro questo orizzonte, a mutare: esse non risultano costruite da soli asserti logico empirici accertabili in abstracto una volta per tutte, poiché la loro verità si rivela al contrario ? come un atto essenzialmente storico, legato in modo indissolubile a un livello della civiltà umana e quindi a un livello dei nostri strumenti di conoscenza e di azione ?. Come si vede, l?epistemologia matura di Geymonat si è allontanata non poco da certi assunti del neopositivismo canonico. Tale distanza è stata poi accentuata dall?insistenza con cui il filosofo torinese ha cercato di inserire la propria concezione del sapere entro un orizzonte filosofico di tipo realistico-materialistico. In questa prospettiva, egli ha voluto riabilitare non solo le note tesi espresse da Lenin in Materialismo e empiriocentrismo ma anche il materialismo dialettico di Engels. E? però un fatto che questo tentato rilancio del materialismo marxista ha suscitato non poche perplessità. Indubbiamente di maggiore consistenza sono le considerazioni epistemologiche contenute in Scienza e realismo . La tesi di fondo sostenuta qui da Geymonat (anche attraverso un complesso confronto con Karl Popper e la sua scuola) è che il sapere procede in maniera sostanzialmente continuistica, attraverso il graduale approfondimento delle conoscenze e il connesso avvicinamento a una verità sempre più oggettiva perché sempre meglio rispecchiante l?oggettiva articolazione del reale. Alla luce di ciò viene anche fermamente difesa dell?esistenza di un oggettivo progresso storico delle conoscenze. E la scienza gioca in questo un ruolo fondamentale: occorre, dice Geymonat, che il valore culturale della scienza venga finalmente riconosciuto. Perché l'impresa scientifica costituisce il prodotto più caratteristico dell'era moderna. Perchè nessun'altra impresa umana, in questi ultimi quattro secoli, ha contribuito di più a modificare la percezione che l'uomo ha di se stesso e del mondo che lo circonda.

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