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Biografia Michele Bianco
Michele Bianco
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L'Avvocatp Michele Bianco nacque a Miglionico il 2 agosto 1895 da Ferdinando ed Antonia Caldone, proprietari di terreni seminativi, oliveti, ecc. ancorché la stessa gestisse una piccola proprietà nelle aride terre del Basento, non di rado invase da alluvioni repentine quanto violente. Aveva quattro sorelle ed un fratello il quale fu avviato alla conduzione dell'azienda agricola. Quella campagna, quella famiglia e quel paese, afflitti costantemente dai problemi del bisogno e dalle calamità, furono la sua prima scuola, o, se si vuole, la prima immagine di miseria, cui egli educò i sentimenti prima e la mente dopo. Quella immagine egli colse, appena bambino, soltanto a guardarsi intorno. Poi essa diventò intuizione, come in un primo lampo, allorquando - soleva raccontare - durante uno dei suoi frequenti spostamenti a piedi, da Matera, dov'era studente liceale, a Miglionico, e viceversa, fu sorpreso da una gran sete. Chiese da bere ad un contadino, che era lì, piegato a lavorare sui suoi campi. Quello gliene diede generosamente, com'era costume della gente di allora; ma gli raccomandò di lasciargliene almeno un poco, perché, con quell'acqua, aveva da tirare avanti per tutta la giornata. Fu una illuminazione. Da quel momento, stando al suo racconto, capì qual era il senso della sua vita. Delle condizioni di durezza e di sacrificio nelle campagne meridionali diventò emblema, negli anni successivi, la figura paterna. Ma quel padre rappresentava anche qualcosa di più rispetto ai contadini della Basilicata tradizionale. Durante la seduta del 18 gennaio 1953, giorno di domenica, mentre in Parlamento si discuteva della cosiddetta "legge truffa ", ad un avversario che rozzamente lo interruppe e mise in dubbio i suoi sentimenti nazionali, Bianco rispose con secchezza: "Ella non ha neppure l'idea dei nostri sentimenti e delle nostre origini. Per sua norma e regola, io tengo a dire a lei... e all'onorevole De Gasperi e a tutta la maggioranza, che io sono figlio di un contadino analfabeta, che però, da volontario, il 20 settembre 1870" era alla breccia di Porta Pia, ove "prese parte alla liberazione della nostra capitale". Ed è riferimento di grande interesse, se si vuol capire la stessa formazione del giovane Bianco, perché, a dispetto di una generale miseria e depressione economica, Miglionico fu, nell'Ottocento, quasi strano a dirsi, centro molto attivo nel Risorgimento lucano, soprattutto intorno agli anni 1860, cioè in occasione dell'arrivo dei Mille di Garibaldi. Né va trascurato che lo stesso paese ebbe, anche per queste ascendenze risorgimentali, sempre illustri rappresentanti nell'Italia liberale-postunitaria. Basti citare l'esempio dell'onorevole Nicola De Ruggieri, che sulla vita politica regionale ebbe grande influsso. Anzi non è nemmeno azzardato credere che alla stessa radice liberale, se non laica e laicista, andrebbe collegata la presenza, in paese, di una discreta quantità dì protestanti, che predicarono il verbo evangelico e, quindi, l'uguaglianza sociale, talché "vangelista" fu, per molto tempo, a Miglionico, come in altri paesi della Basilicata,Tessera di riconoscimento dell'On. Michele Bianco) sinonimo di socialista. In ogni caso, se Bianco si richiamava ali 'esperienza politico-militare del padre, lo faceva per direttamente collegare la sua collocazione politica di comunista al Risorgimento. Forse perché ebbe un padre tanto attento, ancorché contadino, a Michele Bianco, a differenza di gran parte dei bambini di Miglionico, a sette anni toccò di essere mandato a frequentare le scuole elementari, anziché in campagna a pascolar capre e maiali. Le frequentò all'inizio del secolo, quando la figura del maestro era fondamentale nella formazione dei ragazzi e il suo ruolo, soprattutto in paesi sperduti e tagliati fuori da ogni collegamento col mondo della cultura e della civiltà, era tramite indispensabile per imparare. Figura quasi sacra, egli vi era largamente venerato, tanto che i genitori gli si affidavano con totale abbandono. Intanto era arrivato il momento, cruciale per i bambini del tempo, quando bisognava decidere se far continuare gli studi al ragazzo, oppure fargli seguire la via del padre, sì da farne un agricoltore come il fratello. Per consiglio di famiglia, si decise di mandarlo a scuola, in considerazione delle doti d'intelligenza che egli aveva già dimostrato e dimostrava. In quegli anni, nella vicina città di Matera non esisteva, tra le scuole superiori, se non il Liceo-Ginnasio "Duni", istituzione di prestigio, che era stata voluta dalla media e alta borghesia materana dell'Ottocento. Annesso al Liceo-Ginnasio era il Convitto Nazionale. Bianco vi fu ospite, così come normalmente accadeva a gran parte degli studenti provenienti dai paesi vicini. Conseguì il diploma di licenza liceale con un'ottima valutazione il 5 ottobre 1914. Intanto scopriva la sua vocazione giornalistica e il suo interesse per i problemi sociali, collaborando al settimanale studentesco "Il Sasso ". Seguirono poi gli studi di giurisprudenza a Napoli, ove si laureò il 31 gennaio 1920. Ma non era ancoraMichele Bianco ion divisa da ufficiale, nel 1917, durante la guerra 1915-1918 (clicca sull'immagine per ingrandirla) Tessera di riconoscimento rilasciata a Michele Bianco nel 1921 attestante la sua qualifica di Consigliere Provinciale (clicca sull'immagine per ingrandirla)laureato, perché aveva solo vent'anni, quando, nel 1915, anche l'Italia decise di entrare in guerra. Fu soldato, con la carica di tenente (degradato poi dal fascismo), e prigioniero in Germania. Notevoli eventi, nel frattempo, si stavano verificando a livello nazionale. Con la scissione di Livorno, nello stesso 1921, nasceva il Partito Comunista d'Italia, diretto da Amadeo Bordiga. Bianco, per il momento, non aderì al nuovo partito, preferendo rimanere socialista e nella Terza Internazionale, cioè - come si disse allora - nella posizione di "terzino". Ma solo un anno dopo, nell'ottobre del 1922, a seguito di dissensi con la dirigenza del Partito Socialista, preferì passare al Partito Comunista, legandosi di forte amicizia con Bordiga, allora residente a Napoli. Insieme, fondarono allora il "Promèteo", rivista di cultura sociale (tale era il sottotitolo), a uscita mensile, il cui primo numero apparve il 15 gennaio 1924. Non ci fu prosieguo su questo terreno, perché, il decreto di soppressione del "Promèteo " toccò al Partito Comunista, nell'agosto del 1924. La motivazione ufficiale, data da Togliatti, fu che il Partito non aveva bisogno del "Promèteo", avendo già "L'Ordine nuovo". Lo stesso Togliatti aggiungeva che il Promèteo poteva diventare un organo di frazione. Tra il novembre del 1926 e il novembre del 1927 ebbe un periodo di confino a Dorgali, in provincia di Nuoro, in Sardegna. Ritornato a Napoli, esercitò la professione di avvocato in condizione di ristrettezza economica; qui conobbe Olga Greco, con la quale si sposò il 15 febbraio 1928 al rientro dal confino, andandosi a stabilire nella zona di Montecalvario, dove nacquero Antonietta e Ferdinando. Miglionico 1936: Michele Bianco con la moglie Olga Greco e i loro due figli, Ferdinando e Antonietta (clicca sull'immagine per ingrandirla)Nel 1942, ritornato a Miglionico per sfuggire alle bombe che cadevano su Napoli, si ritrovò tra parenti e amici e, mentre la stella del fascismo declinava, ricominciò la sua lenta propaganda politica, tra i sospetti guardinghi del maresciallo dei carabinieri e del podestà. Caduto il fascismo, ebbe il compito assai difficile di rimettere su, anzi creare il partito nella provincia di Matera. Fu così che il 27 febbraio 1944, ancora in piena guerra e nel fuoco della Resistenza, apriva la Federazione provinciale; quindi, nell'aprile successivo, dava vita alla Camera del Lavoro; negli stessi giorni, il 29 aprile, fedele alla sua convinzione che il partito ha il dovere di preparare culturalmente la classe operaia, fondava il giornale "Avanguardia operaia", cui sarebbero seguiti subito "Provincia di Matera" e "Lucania". Intanto cominciavano le lotte per l'occupazione delle terre. Michele Bianco, manco a dirlo, fu tra i più attivi e convinti protagonisti di quelle lotte, anche se sempre vi mise, il senso della misura e dell'equilibrio, per paura che la situazione degenerasse nel tumulto e nell'anarchia. Il 18 aprile 1948 veniva eletto deputato nel XXVI Collegio di Potenza-Matera, riportando 25.174 voti di preferenza. In parlamento rimase per 15 anni, dal 1848 a 1963. In sede parlamentare egli prese iniziative per migliorare le condizioni di vita del popolo lucano. E per questo si impegnò sia con discorsi politici che con proposte di legge ad affrontare uno dei problemi più scabrosi allora esistenti cioè quello del rinascimento dei Sassi. E per la veemenza della sua forza oratoria richiamò l'attenzione sia dell'opinione pubblica che della stampa fino a costringere il governo a prendere in considerazione tale tema scottante. Durante il periodo parlamentare lottò perchè non venisse approvata la cosiddetta "Legge truffa" che mirava a sostituire al sistema proporzionale quello maggioritario. Fu in lizza nelle vesti di capolista, nelle consultazione elettorali del 1964, per l'elezione del Consiglio comunale di Matera, dove era stato sempre presente dal lontano 1952, ricoprendo, contemporaneamente, sia pure per il periodo 1952-56, anche la carica di consigliere provinciale. Benchè ormai settanquattrenne, fu ancora in lizza per le elezioni comunali del 1969. Ma per le riunioni consiliari, ormai, si andava a prelevarlo da casa. Nel 1974, chiusasi la vicenda del Consiglio comunale, si ritirò da ogni attività politica e pubblica. Mai perse la sua lucidità e la forza della sua ironia, se non del sarcasmo. Il 2 agosto 1975, a gratificarlo di una vita spesa per un'idea, gli giungeva un telegramma. Glielo inviavano Luigi Longo, presidente del Partito Comunista ed Enrico Berlinguer, segretario generale. Ricorreva il suo ottantesimo compleanno. "Ricevi - diceva quel telegramma - per il tuo ottantesimo compleanno un saluto caloroso e auguri fraterni di tutti i compagni. La tua lunga milizia di dirigente comunista e di esponente del movimento di emancipazione delle masse contadine e delle popolazioni della Basilicata e del Mezzogiorno costituisce un alto esempio di fermezza ideale e politica, di coerenza antifascista e democratica, di attaccamento ai nostri principi. Ti auguriamo, caro Bianco, ancora lunga vita per contribuire, nei limiti delle tue possibilità, alle lotte e alle vittorie che ci attendono". Visse ancora sei anni. Negli ultimi anni della sua vita si dedicò interamente alla famiglia, non tralasciando di interessarsi di tutti i problemi di partito, tramite contatto diretto con esponenti politici che andavano a trovarlo. Si spense a Matera il 26 marzo 1981. Fu sepolto, com'era giusto, nella tomba di famiglia, nella sua Miglionico, dove, per la prima volta, aveva conosciuto quel mondo di poveri e derelitti, cui aveva votato il suo lungo e difficile impegno etico, civile e politico.

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