| Biografia Yael Van Der Wouden |
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Yael van der Wouden (nata nel 1987 a Tel Aviv da madre israeliana e padre olandese) è una scrittrice olandese cresciuta nei Paesi Bassi. Intersessuale e queer, ha studiato letteratura comparata all’Università di Utrecht e alla SUNY Binghamton.
Nel 2018 il suo saggio "On (Not) Reading Anne Frank" è stato incluso in "The Best American Essays", dove rifletteva sul peso simbolico di Anne Frank rispetto alla propria identità ebraico-olandese.
Il suo romanzo d’esordio "Estranea" (2024) — ambientato nei Paesi Bassi del dopoguerra e incentrato sul rapporto tra due donne — ha suscitato un’accesa competizione editoriale e ricevuto ampi consensi internazionali. È stato definito un debutto potente e un intreccio tra risveglio personale e memoria storica.
L’opera è stata selezionata per il Booker Prize 2024 (prima autrice olandese a esserlo) e ha vinto il Women’s Prize for Fiction nel 2025. Van der Wouden ha inoltre insegnato scrittura creativa e letteratura.
"Estranea", un’opera ambientata nei Paesi Bassi nel 1961, che esplora la colpa, la repressione e i fantasmi del dopoguerra attraverso la figura di Isabelle, una donna solitaria ossessionata dalla casa di famiglia e dalla presenza di un’estranea.
Yael si è trasferita nei Paesi Bassi all’età di dieci anni, portando con sé una doppia eredità culturale e linguistica: l’inglese come prima lingua, l’ebraico come seconda e l’olandese come terza. La sua infanzia è segnata dal confronto con l’identità ebraica in un contesto in cui, come racconta, “la memoria dell’Olocausto e di Anna Frank era l’unico riferimento all’ebraismo”. Le esperienze di spaesamento e antisemitismo hanno alimentato in lei una riflessione profonda sulla memoria collettiva, la colpa e il modo in cui la società olandese rielabora il proprio passato.
L’idea di "Estranea" nacque in un periodo di dolore personale, tra due funerali di famiglia nei Paesi Bassi. In quel momento, Yael trovò rifugio nella scrittura, un gesto che definisce “una fuga dal dolore e insieme un modo per capirlo”. Isabelle, la protagonista del romanzo, incarna questa tensione: vive intrappolata in una casa che è al tempo stesso santuario e prigione, simbolo di un Paese che non riesce a liberarsi dai propri fantasmi.
Van der Wouden ha scritto il romanzo in inglese, la lingua in cui pensa e sogna fin dall’infanzia, completandolo in sei mesi dopo anni di tentativi e di romanzi mai pubblicati. Pianificatrice metodica, lavora con schemi, flashcard e una struttura minuziosa per liberarsi dalla trama e concentrarsi sulla lingua, sul ritmo e sulla tensione emotiva.
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