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Post - victor

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In vacanza al mare.

Finita la scuola un sabato pomeriggio partii con l’amico per la sua villa al mare. Papà era stato due settimane con noi e quella mattina era partito per rientrare al lavoro. Mentre eravamo in macchina mi disse:

- Preparati perché ho intenzione di trascorrere una settimana di fuoco. È molto tempo che non facciamo sesso e ti desidero. E poi … è due settimane che sono a secco … - Mi misi a ridere. Poi gli dissi:

- Mi spieghi una cosa. Quando hai fatto sesso con me la prima volta la mamma ne era al corrente?

- Perché mi fai questa domanda.

- Perché mi è parso strano che la mamma mi avesse dato subito il permesso di venire sola con te a casa tua.

- Sì, tua mamma sapeva che con molta probabilità le cose sarebbero andate come sono andate.

- E come mai?

- Tua mamma non ha lasciato sempre libere te e tua sorella? E poi … lei, giustamente, pensa che almeno all’inizio sia meglio fare sesso con una persona conosciuta e di cui ci si può fidare anziché con un estraneo sconosciuto, avreste potuto finire anche nelle mani di una persona senza scrupoli o addirittura di uno stupratore.

- Quindi, lo stesso è stato anche per mia sorella?

- Sì.

- Me la togli un’altra curiosità?

- Dimmi.

- Mio padre lo sa che tu vai a letto con la mamma?

- È una risposta difficile.

- Credo che più che difficile sia un argomento delicato. Ma stai tranquillo, io sarò assolutamente discreta. E poi, come sai, ho capito subito la situazione.

- Posso parlare chiaramente?

- Certo.

- Con tua mamma ci conosciamo da quando eravamo studenti all’università.

- E a quell’epoca avete fatto sesso?

- Sì. Dopo la laurea abbiamo frequentato lo stesso istituto. E ovviamente abbiamo continuato ad andare a letto assieme. Io in quel periodo conobbi tuo padre e diventammo amici, amici tutti e tre. Poi tuo padre e tua madre decisero di sposarsi e lei decise di lasciare l’università per dedicarsi alla professione. L’amicizia è sempre rimasta solidissima.

- Tu e la mamma avete continuato a fare sesso anche dopo che si è sposata?

- Quando decisero di sposarsi abbiamo smesso. Poi tuo padre fu mandato all’estero dalla sua azienda. Per lavoro doveva assentarsi per lunghi periodi e mi chiese di vegliare su tua madre e tua sorella.

- Capisco. In pratica mio padre ti chiese di fare sesso con la mamma mentre lui non c’era. Anche per mia madre vale lo stesso discorso che per noi: meglio con te che con estranei.

- Più o meno sì.

- Ancora un’altra domanda. Non c’è il rischio che io o mia sorella siamo figlie tue?

- Per tua sorella assolutamente no. Quando è stata concepita io e tua madre avevamo smesso da parecchio tempo di fare sesso.

- E per me.

- Non c’è certezza.

- Quindi è possibile che tu sia mio padre?

- Ti ho detto che non c’è certezza.

- E mio padre e mia madre sono a conoscenza di ciò?

- Sì. – Ci fu una lunga pausa in silenzio.

Nel frattempo arrivammo alla sua villa a mare. Entrò con la macchina nel cortile. Salimmo in casa i bagagli e subito ci abbracciammo. Senza neanche parlare ci dirigemmo verso la camera da letto. Eravamo entrambi infoiati. Avevamo entrambi desiderio l’uno dell’altra, credo che i discorsi fatti in macchina avevano accentuato al massimo questo nostro desiderio.

Il pensiero che la persona che in quel momento mi stava penetrando potesse essere mio padre mi provocava una eccitazione stranissima, fortissima. Volevo che fosse veramente mio padre. Volevo che versasse tutto il suo seme dentro di me. Nel mio ventre. E ne volevo il più possibile.

Facemmo sesso a lungo e molto intenso. Poi ci addormentammo uno accanto all’altra. Quando mi svegliai i pensieri ripresero a frullare come sempre nella mente. Lui dormiva nudo accanto a me. Lo guardavo e si ripresentò in me l’eccitazione e il desiderio. Cominciai a carezzare delicatamente il suo corpo. Si girò verso di me. La mia mano continuava a carezzarlo. Aprì un occhio.

- Sei sveglia?

- Come vedi.

- Anche se mi accarezzi mi sembri pensosa. Cosa pensi?

- Pensavo una cosa.

- Parla.

- Pensavo che non mi sposerò mai. Ma, anche senza essere sposata, se un giorno decidessi di avere un figlio, verrò da te per farmi mettere incinta.

- Perché da me. Io potrei essere tuo padre …

- Tu sei mio padre, ne sono pienamente convinta. Io sono come te. E se io decidessi di fare un figlio lo vorrei come te e me. Anzi vorrei che fosse una femmina.

- Sei proprio matta …

- Dimmi ancora una cosa. Come mai non avete pensato di fare la prova del DNA?

- Veramente …

- L’avete fatta? – dissi e mi misi seduta sul letto. – Dimmi, l’avete fatta? Parla!

- Ascolta. Io parlo se tu mi assicuri che tutto resterà tra noi e non cambierà nulla.

- Tu sai che su me puoi sempre contare. Allora cosa è risultato?

- Tu sei mia figlia.

- E mio padre, quello che io ho sempre considerato mio padre, quello a cui voglio bene come un padre e a cui continuerò a voler bene sempre nella stessa maniera, lo sa?

- Sì. Lo ha sempre saputo fin dal primo momento. Anzi ha acconsentito alle analisi dopo assoluto impegno da parte di tutti noi che non cambiasse nulla.

- Io l’ho sempre saputo che sono stata sempre la sua prediletta anche se lui diceva che non era vero.

- Non deve cambiare assolutamente nulla. L’hai promesso.

- Cambierà una cosa sola: ora posso fare sesso con lui. L’ho sempre desiderato, ma ho sempre respinto l’idea perché era mio padre.

- Sei proprio matta!

- Sono figlia tua! … Prendimi!

- Sai come si definisce questo tuo desiderio? Complesso di Elettra.

- Sì, lo so. Ne ha parlato Jung. Ma io non ho alcuna intenzione di uccidere mia madre. Credo invece che sia più appropriato nel mio caso il riferimento alle figlie di Lot, quello descritto nella Bibbia, che si sono fatte ingravidare dal proprio padre. Ma episodi simili ce ne sono tanti nella storia, Salomé con suo padre Erode, le figlie dei Faraoni che si sposavano con il loro padre o con il loro fratello, Anche Erodoto parla di Ciro il grande che faceva sesso con la figlia.

E ritornammo a fare l’amore.



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Le Olimpiadi di Matematica.

Un pomeriggio l’amico di famiglia bussò alla porta della mia camera.

- È tanto che non ci facciamo una chiacchierata assieme – mi disse.

- È tanto che non facciamo sesso – precisai io. Mi alzai ed insieme andammo in salotto.

- Ci sono problemi? – si informò.

- Ci sono stati – risposi – ma ora sono passati.

- Mi fa piacere che tu li abbia risolti. – e cambiò discorso. Parlammo del più e del meno. Ad un certo punto disse: – fra poco finisce la scuola, ci verresti al mare con me per una settimana?

- Penso di sì. Ma con mia sorella come sei messo?

- È tanto tempo che non facciamo più sesso. Lei è molto impegnata con il suo giro di amici.

- Quest’anno ha gli esami di maturità.

- Speriamo che vada tutto bene.

- Perché dici speriamo, ci sono problemi?

- Ritengo che abbia molte distrazioni … Lei non è come te. Tu ti diverti, ma per te lo studio resta sempre al primo posto. – poi aggiunse – Sai, il tuo professore di matematica è mio amico, ti ammira tantissimo. È proprio entusiasta di te.

- Lo conosci?

- Si, siamo amici da tanto tempo. Ho scoperto per caso che è tuo insegnante.

- Sì, è molto bravo, mi piace tantissimo come parla e come spiega.

- E ti piace anche come uomo?

- Sì, perché mentire, mi piace anche come uomo.

- E se ti dicessi che tu gli piaci come donna?

- Avete parlato di me?

- È stato lui a parlare per primo, quando ha saputo che ero amico della tua famiglia. Per prima cosa mi ha detto quanto sei brava, poi ha detto anche che sei molto bella …

- Era un giudizio generico …

- Ma sai, talvolta anche il semplice tono della voce può dare a una frase apparentemente neutra un significato tutto particolare. – Poi parlammo d’altro.

Qualche giorno dopo, alla fine della lezione, subito prima di uscire dall’aula, il professore di matematica fece il mio nome e quello di un altro ragazzo e disse che prima di uscire dalla scuola dovevamo passare nella sala dei professori per parlare con la preside.

Rivolsi lo sguardo interrogativo verso il mio compagno di classe, ma la sua risposta anche se silenziosa mi fece capire che neanche lui immaginava il motivo di questa convocazione.

Suonata la campana andammo e il professore ci portò dalla preside, assieme ci dissero che ci proponevano di partecipare l’anno prossimo alle Olimpiadi di matematica, ovviamente se le nostre famiglie erano d’accordo, ed aggiunsero che, in caso di risposta positiva, era opportuno cominciare al più presto la preparazione e che il professore era disposto a seguirci anche durante le vacanze.

Davanti al cancello della scuola c’era un gruppo di compagne e compagni di classe che ci aspettava per conoscere il motivo di questa nostra convocazione e saputa la notizia si complimentarono con noi.

Tornando a casa il mio compagno deviò un poco dal suo percorso di rientro e parlammo dell’argomento. Io gli dissi che la risposta della mia famiglia sarebbe stata positiva. Lui era entusiasta della proposta che gli era stata fatta, ma pensava che i suoi avrebbero avuto qualche problema per motivi economici. Io vedevo la cosa interessante, ma non ero entusiasta come lui.

Il giorno dopo il padre del mio compagno parlò con la preside per avere maggiori informazioni. Anche la mia mamma telefonò alla preside per dare il suo consenso.

Quando il professore tornò nella nostra classe diede la notizia ufficiale che noi l’anno prossimo avremmo partecipato alle Olimpiadi di matematica e diede a ciascuno di noi un libro di esercizi. Ci diede anche un grosso quaderno e ci spiegò che dovevamo cominciare a fare gli esercizi per iscritto sul quaderno facendo tutti i passaggi e in maniera molto ordinata seguendo l’ordine del libro. Lui li avrebbe controllati uno per uno. Se per caso avremmo avuto difficoltà prima dovevamo consultarci tra di noi per cercare di superarla. Se non ci riuscivamo potevamo telefonare a lui. Ci disse anche che sarebbe stato utile che noi procedessimo di pari passo, tenendoci sempre in contatto.

Noi due restammo d’accordo che un giorno la settimana ci saremmo riuniti a casa mia per confrontare il lavoro fatto. Il giorno concordato fu il lunedì pomeriggio, in quanto lui la domenica si sarebbe dedicato a tempo pieno a fare gli esercizi e il lunedì che era giorno di chiusura del negozio dei suoi genitori, dove lui il pomeriggio andava ad aiutarli, li avremmo confrontati.

Ci fu il primo incontro lui aveva fatto i primi dodici esercizi, io ne avevo fatto quindici. Li confrontammo: erano tutti giusti. In alcuni casi lui aveva fatto qualche passaggio in più, in altri i passaggi in più li avevo fatti io.

Finito il confronto abbastanza rapidamente lui mi chiese se poteva fermarsi così faceva i tre esercizi che mancavano per mettersi alla pari con me. Dissi che non c’era problema. Lui si mise al mio scrittoio, io mi misi a leggere seduta su una sedia.

Poi restammo a chiacchierare. Ad un certo punto gli chiesi se avesse una ragazza. Mi rispose che mentre il sabato io potevo uscire con i miei amici, lui stava in negozio ad aiutare i suoi genitori, inoltre ci andava tutti i pomeriggi. Chiesi “e la domenica?”, la domenica mi occupo della contabilità ed aiuto anche la mamma.

- E ieri come hai fatto a fare gli esercizi?

- Papà ha ripreso in mano lui la contabilità, per darmi la possibilità di prepararmi per le Olimpiadi.

Provai ammirazione per lui. Ma pensai anche quanto sono stata fortunata a nascere nella mia famiglia!

La domenica successiva, di pomeriggio gli telefonai. Gli chiesi dove era arrivato. Era quattro esercizi avanti rispetto a me. Stabilimmo di fermarci dove era arrivato lui, io avrei completato quelli che mi mancavano. Fu contento in quanto aveva il tempo per dare un aiuto a sua madre.

Il lunedì ci vedemmo e confrontammo gli esercizi. Non c’erano problemi. Ci restava parecchio tempo per chiacchierare. Gli chiesi se avesse piacere ad avere una ragazza. Alzò le spalle. Gli dissi che nella nostra classe c’erano diverse ragazze libere.

- Non credo che sia il momento che mi impegni con una ragazza. Devo aiutare la famiglia. Io sono il figlio maggiore, ho una sorella e un fratello più piccoli e le necessità in casa sono tante.

- Ma, non senti il desiderio di fare sesso?

- Certo che lo sento, ma non voglio impegnarmi.

- Ti va di fare sesso senza impegnarti?

- Cosa significa?

- Ora ti spiego.

Andai alla porta e la chiusi a chiave. Mi diressi verso il letto, rivoltai le coperte e cominciai a spogliarmi.

- Dai, spogliati anche tu. – Mi guardò sorpreso, ma vidi un lampo di gioia nei suoi occhi. – Non ti piacerebbe venire a letto con me?

- Certo che mi piacerebbe … ma …

- Facciamo sesso senza impegno, né da parte tua, né da parte mia. – Avevo tolto la camicetta e il mio seno nudo era evidente, nel frattempo avevo sbottonato la gonna e l’avevo fatta scivolare ai miei piedi.

- Ti dispiace se chiudo gli scuri della finestra?

- Preferisci il buio?

- Sì.

- Prima accendi la luce del bagno e socchiudi la porta, così filtra un raggio di luce. – Nel frattempo mi ero infilata nel letto. Fece quello che avevo detto e cominciò a spogliarsi. Poggiava i suoi vestiti ben ordinati sulla sedia che c’era vicino allo scrittoio e io, anche nella penombra, potevo osservare tutti i suoi movimenti. Avevo intuito giusto, sotto i suoi vestiti c’era un bel fisico oltre al fatto che era una persona meticolosa e precisa. Quando tolse i pantaloni notai anche la voluminosa protuberanza che deformava i suoi slip.

Venne vicino al letto. Mi scostai di lato e lo invitai a coricarsi anche lui.

Mi confidò che quella era la sua prima volta, ma l’esperienza fu molto piacevole per entrambi.

Quando ci fu lezione di matematica il professore ci chiese se avevamo cominciato a lavorare. Gli riferimmo quello che avevamo fatto. Si dichiarò soddisfatto sia del fatto che avevamo già iniziato a lavorare, sia del fatto che il lavoro procedeva in maniera parallela. Ritirò i nostri quaderni che avrebbe controllato e ce ne diede due nuovi, per proseguire il nostro lavoro.

L’anno scolastico volgeva velocemente al termine. Durante un nostro incontro il mio compagno mi disse:

- Ho notato che durante la ricreazione c’è un ragazzo degli ultimi anni sta sempre attaccato a te.

- Sì – risposi – vado a letto anche con lui.

- Ma … è il tuo ragazzo?

- Perché me lo chiedi? Sei geloso?

- Veramente … un po’ …

- Cosa ti avevo proposto? … Fare sesso senza impegno!

- Si, è vero … ma tu mi piaci tantissimo …

- Deve solo piacerti fare sesso con me, non ci deve essere nessun impegno sentimentale. Io non voglio impegni fissi. Non mi sposerò mai!

- Davvero? Non ti vuoi sposare? Sei strana …

- Lo so che sono strana. Solo io sarò padrona della mia vita. Nessun altro mai dovrà interferire.

- Io mi sto innamorando …

- Toglitelo dalla testa. Assolutamente. Se vuoi fare sesso con me va benissimo. Se ti vengono altre idee, interrompiamo subito.

- No, non interrompiamo. Ci sono le Olimpiadi e mi piace tantissimo fare sesso con te … non l’avevo mai fatto prima …

- Ma alle condizioni che ti ho detto.

- Va bene.

- Ah … una cosa, quello non è più il mio ragazzo, ora sta con un’altra.


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Il mio ragazzo mi lascia.

Un sabato mentre eravamo in gruppo si avvicinò a me la ragazza che quella notte aveva fatto sesso con il mio ragazzo. Dopo aver parlato un po’ del più e del meno mi disse.

- Se non mi sbaglio mi hai detto che tu e il tuo ragazzo siete liberi di fare sesso anche con altri.

- Esattamente. Non c’è alcun impegno che ci lega.

- Quindi non ti dispiace se vado a letto con lui?

- Assolutamente no. Se lui è contento, sono contenta per lui. E se a te fa piacere, sono contenta anche per te. – Fece cenno di assenso con la testa. – Avete fatto sesso dopo quella volta?

- Veramente sì. – Poi continuò – Il mio ragazzo mi ha lasciata … lui mi ha consolato …

- Siete assolutamente liberi.

- Ti posso fare una domanda?

- Dimmi pure.

- Ci sei andata ancora a letto con quello dell’altra sera?

- No, ma sono stata io che non ho voluto. Lui me lo ha chiesto diverse volte. Ma la prossima volta quasi sicuramente ci andrò.

- Beata te, i ragazzi non ti mancano, tutti ti guardano e ti fanno la corte …

Nel corso della settimana seguente telefonai al mio ragazzo e ci vedemmo. Eravamo al bar e parlavamo del più e del meno. Ad un certo punto gli chiesi se si fosse ancora incontrato con quella ragazza. Mi rispose di sì. Domandai se fossero andati a letto insieme.

- Non siamo rimasti d’accordo che siamo liberi?

- Certamente, scusa, era solo una curiosità. Spero che ti piaccia molto fare sesso con lei.

- Sì, mi piace … - poi aggiunse – sai, mi ha chiesto se volevo fare una cosa seria …

- Non è quello che tu vuoi?

- Veramente sì.

- Ed allora falla con lei.

- E noi resteremo amici?

- Certamente! Non è necessario andare a letto assieme per essere amici.

- La prima volta che ho fatto sesso è stato con te … non lo dimenticherò mai.

Gli diedi un bacio sulla guancia.


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A colloquio con mio padre.

L’anno scolastico volgeva al termine. Nel frattempo tornò mio padre per la sua licenza periodica.

Un pomeriggio che eravamo, come al solito, soli in salotto all’improvviso gli chiesi.

- Questa estate durante le vacanze mi porti con te al pozzo petrolifero dove lavori? – Mi guardò in viso e mi chiese:

- Perché vuoi venire con me?

- Voglio stare con te più a lungo, voglio vedere il lavoro che fai, voglio imparare cose nuove che qui non posso imparare. Ti basta tutto questo?

- Sono interessi molto apprezzabili. Ma il posto dove io lavoro è in mezzo al deserto, tutto attorno sono pietre e sabbia, ci siamo solo quelli che lavoriamo, non ci sono comodità, c’è solo lo stretto indispensabile.

- Tu ci vivi e ci lavori, quindi ci posso vivere anche io! Ma principalmente voglio toccare con mano il lavoro che fai, non quello semplice e facile che c’è qui intorno, ma quello difficile e faticoso, quando sarò grande non voglio fare un lavoro semplice e monotono come fanno la maggior parte delle persone, voglio fare un lavoro importante come il tuo, anche se è difficile e pesante.

Mio padre mi guardò con tenerezza.

- Forse dovevi nascere maschio – disse.

- No! sono felice di essere femmina, anzi sono orgogliosa di essere femmina, ho l’intelligenza come i maschi e forse anche di più, ho la forza di volontà come loro o più di loro, nel mio gruppo mi guardano con rispetto e sono sempre pronti ad ogni mia richiesta, se voglio posso avere tutti ai miei piedi, proprio per il fatto di essere femmina sono più forte dei maschi.

Mio padre mi guardava sbalordito. Poi parlò.

- Ascolta. Ho compreso perfettamente il tuo desiderio e sono orgoglioso di avere una figlia come te. Ho sempre saputo che sei completamente diversa da tua sorella, ma non avrei mai pensato fino a questo punto. Ti voglio accontentare, ma per questa estate è impossibile. Ci sono degli ostacoli insormontabili che ti voglio elencare. Primo, per venire dove sono io oltre al passaporto ci vuole anche il visto di ingresso. Per sbrigare questi documenti quattro mesi non bastano. Secondo, per portarti dove io lavoro devo chiedere il permesso ai miei superiori. E sebbene sia convinto che mi autorizzeranno, per sbrigare la pratica ci vorrà del tempo. Terzo, L’alloggio che ho in questo momento non mi consente di ospitarti. O devo predisporre un alloggio più grande oppure un altro tutto per te. Ed anche per questo ci vuole del tempo. Facciamo così, se sarai ancora dello stesso parere ne parliamo nuovamente alla fine dell’estate, ti farai il passaporto e chiederemo il visto di ingresso. Nel frattempo io inoltro la richiesta ai miei superiori. Contemporaneamente adatterò i locali e preparerò il personale del cantiere perché tu sarai l’unica femmina lì.

Gli buttai le braccia al collo e lo baciai.

Adoro mio padre. Affronta e risolve sempre in maniera positiva tutti i problemi, anche quelli imprevisti e imprevedibili. E la mia richiesta era assolutamente imprevedibile. Era nata nella mia mente e non ne avevo mai parlato con nessuno. A me piacerebbe tantissimo essere come mio padre.


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Le cure della mia amica.

Il giorno dopo telefonai alla dottoressa, le raccontai tutto e le dissi anche che il dolore era nettamente diminuito, mi rassicurò che quello che era stato fatto era un ottimo lavoro, mi disse che se volevo potevo andare da lei a farmi controllare, ma per il momento non lo riteneva necessario.

Telefonai alla mia amica, che arrivò poco dopo. Tolse la fasciatura, tolse le garze, spalmò nuovamente la pomata, sempre con grande delicatezza. Finito di spalmare la crema si abbassò sul mio seno e vi posò due baci leggerissimi. Poi applicò garze nuove e rifece la fasciatura con delle fasce elastiche pulite che aveva portato. Posò tutto il materiale usato in un contenitore ermetico e mi sorrise.

La guardai e stavo per parlare. Lei mi interruppe.

- Mio padre mi ha insegnato che devo fare il mio lavoro con la massima precisione e delicatezza. Io ho scoperto che se ci metto anche amore le ferite guariscono più rapidamente. Domani torno e rifaccio la medicazione.

Restai colpita da queste parole. Le chiesi nuovamente di dirmi le spese che aveva sostenuto e lei mi disse che il suo lavoro non era ancora finito. Ne avremmo parlato alla fine.

Mentre mi rivestivo lei si era seduta. Mi sedetti anch’io.

- Hai un seno meraviglioso – mi disse – quella sera lo ho osservato e sono rimasta impressionata di quanto è bello. Tornerà come prima, puoi esserne certa. Il tuo è un seno ancora acerbo, è questo il motivo per cui esprime una grande sensualità ed attira moltissimo gli uomini e non solo gli uomini … Ancora si deve sviluppare e quindi ha grandi risorse, diventerà ancora più bello.

Io l’ascoltavo e dentro di me arrossivo per le sue parole. Continuò:

- Tu sei giovane, sei snella, sei alta, sei ben fatta. L’altra sera eri la più bella di tutte noi. Il tuo corpo è armoniosamente perfetto. Tutti i ragazzi ti guardavano e sono convinta che quella sera tutti volevano venire a letto con te. Ma anche noi ragazze ti guardavamo con un poco di invidia. Lui ti ha scelto, ma io penso che sei stata tu a voler essere scelta proprio da lui. Ecco perché è successo quello che è successo.

Sorrisi: era vero.

- Tu devi mantenere il tuo corpo sempre così, sempre in forma e ciò è possibile. E se vorrai io ti dirò come e cosa fare. A sessant’anni dovrai ancora avere questo fisico e continuerai ad attirare gli uomini come il miele attira le mosche. E li avrai sempre tutti ai tuoi piedi. Pronti ai tuoi comandi. Tutte le donne vogliamo questo. Ma non tutte ci riusciamo. Anzi sono poche quelle che ci riescono. Tu hai tutte le qualità per riuscirci. Hai le qualità fisiche e quelle intellettuali. L’ho notato l’altra sera quando hai diretto il gioco. Inoltre tu hai una altra importante qualità, forse la più importante di tutte: tu vuoi proprio questo! Tu vuoi dominare gli uomini e forse anche il mondo … Tu hai tutto per riuscirci! E io te lo auguro di cuore.

E mi baciò. Mi baciò in bocca come mi baciano gli uomini. E io la ricambiai con la stessa intensità e con lo stesso piacere con cui bacio gli uomini.

Tornò regolarmente a medicarmi tutti i pomeriggi della settimana.

Il sabato pomeriggio, quando mi controllò per la medicazione disse che andava tutto abbastanza bene. Il gonfiore e le tumefazioni del seno erano notevolmente ridotti, nel corso della settimana successiva sarebbero scomparsi del tutto. Questa volta avrebbe fatto la medicazione in maniera diversa. La pomata l’avrebbe massaggiata per farla assorbire completamente, e non avrebbe più applicato né la garza, né la fasciatura elastica. Mi chiese se avessi una maglietta di cotone per continuare a proteggere il seno.

Stendemmo sul letto un asciugamano di spugna molto grande e mi fece sdraiare con tutto il torace nudo. Le sue dita stendevano e massaggiavano la pomata scorrendo delicatamente sul mio seno. Tutte e due le mani si muovevano contemporaneamente e con professionalità, una su un seno e l’altra sull’altro. Quando passavano sui miei capezzoli un brivido scuoteva il mio corpo. Lei lo notò e reiterava la manovra con maggiore frequenza. Credo che lei leggesse sul mio volto la mia eccitazione.

Ad un tratto si chinò e ci baciammo. Ci baciammo a lungo.

Poi si drizzò in piedi e cominciò a spogliarsi. Io la guardavo eccitata. La guardavo nella stessa maniera in cui guardavo gli uomini spogliarsi in attesa di vedere il loro sesso e verificare quanto fosse grosso e duro. Sapevo che questa volta avrei visto il sesso di una donna, ma ero egualmente eccitata. Sapevo che l’avrei carezzata, baciata, leccata per darle piacere come avevo sempre fatto con il cazzo di un uomo. Immaginavo che forse avrei provato un piacere simile.

Quando lei fu completamente nuda sbottonò la mia gonna e la tolse assieme alle mutandine. Immediatamente cominciò a baciare il mio sesso e a penetrarvi dentro con la lingua. Poi, senza smettere di baciare il mio sesso, si sdraiò su di me offrendo contemporaneamente il suo sesso alla mia bocca ed ai miei baci …

Quando finimmo, mentre ci rivestivamo dopo aver fatto la doccia, dissi scherzando:

- Siamo lesbiche.

- No, siamo bisex – precisò lei.

Continuammo a vederci ogni giorno per tutta la settimana successiva. Le medicazioni adesso erano veloci e passavamo molto tempo a parlare. Parlavamo anche di sesso, ma non soltanto.

Le chiesi quando era stata la sua prima volta. Mi chiese se volevo sapere quando aveva cominciato a scoprire il piacere del sesso oppure quando era stata penetrata in maniera completa. Risposi che era meglio partire dall’inizio.

Mi disse che lei frequentava lo studio di suo padre da quando aveva l’età di sei anni. E già da allora, quando suo padre massaggiava una donna provava una certa eccitazione, anche se non sapeva esattamente cosa fosse, Era una sensazione che le provocava piacere.

A sette anni chiese a suo padre di fare un massaggio anche a lei e notò che quando le mani di suo padre toccavano il suo corpo e in maniera particolare quando si avvicinavano al suo sesso, coperto sempre dalle mutandine, quella sensazione si ripeteva ed era molto piacevole. Così, tutte le volte che vedeva suo padre libero gli chiedeva di farle un massaggio. E suo padre l’accontentava.

Quando le mani di suo padre massaggiavano le cosce o la pancia, nelle vicinanze del suo sesso lei istintivamente divaricava le gambe per il piacere che provava e desiderava che massaggiasse anche il suo sesso. Una volta suo padre le chiese se volesse “essere massaggiata anche lì” e le toccò il sesso che stava sempre coperto dalle mutandine. Lei rispose di sì. Suo padre le tolse le mutandine e le massaggiò il sesso superficialmente. Così scoprì che il piacere in questa zona era molto più forte e tratteneva la mano di suo padre affinché la massaggiasse lì e a lungo.

Da quel giorno tutte le volte che si sdraiava sul letto si spogliava completamente. Poi suo padre le fece scoprire che in cima alla sua fessura c’era un punto molto sensibile. Quando questo veniva toccato lei saltava in aria perché provava una sensazione molto forte. Glie lo fece ricercare con il suo dito e le insegnò come doveva massaggiarlo con molta delicatezza. Le disse anche che quando ne provava desiderio lei poteva massaggiarlo da sola. Tutte le sere lei si massaggiava prima di addormentarsi.

Il passo successivo fu quando le fece scoprire che c’era anche un buchino dove poteva introdurre la punta del dito, e scoprì che anche lì provava molto piacere, anche se questo piacere era diverso. Quando suo padre ci infilava il suo dito ed arrivava fino in fondo il piacere era molto forte e bello. Una volta le fece vedere che quando tirava fuori il dito era tutto ricoperto di un liquido vischioso e le disse che era il suo miele. Il miele che una donna secerne quando prova piacere.

Poi le infilò il dito in bocca e glielo fece succhiare. Da allora, quando avevano un momento libero, ripeteva quella carezza dentro il suo sesso, e le faceva succhiare il suo dito. A lei piaceva.

Un giorno le spiegò che anche gli uomini provano piacere quando viene accarezzato il loro sesso. E che anche loro emettono un liquido anche se è diverso. Le chiese se lo voleva scoprire e lei rispose di sì. Così gli dimostrò anche quello.

Il giorno che lei compì otto anni le chiese se voleva diventare donna. Lei sapeva già cosa significava e rispose di sì.

Contrariamente a quello che tutte le ragazze pensano lei non provò dolore, ma piacere. Era felice di aver cominciato a fare sesso a quell’età.


36


Il giorno dopo.

Quando entrammo nel salone tutti gli altri erano già seduti al tavolo e facevano colazione con cappuccini e brioche. Tutti si girarono a guardarci. Credo che i segni della notte turbolenta che avevamo trascorso fossero chiaramente visibili sui nostri volti.

Finita la colazione alcuni uscirono fuori in giardino, altri stavano a chiacchierare, io mi diressi verso l’angolo in cui c’erano alcune poltrone e mi buttai stanca su una di esse. Avevo dolore al seno. Una ragazza venne a sedersi accanto a me, era la compagna del padrone di casa.

- Sono stanca anch’io – disse. Io le rivolsi lo sguardo senza parlare – stanotte l’abbiamo fatto tre volte – aggiunse. E io le feci un sorriso di approvazione – peccato che è un po’ veloce …

- Con chi sei andata a letto – le chiesi.

- Con il tuo ragazzo – rispose – è ben dotato …

- Sì, è vero ha un bel cazzo … – aggiunsi io – sono contenta per te e spero sia contento anche lui.

- Non sei gelosa?

- Perché dovrei essere gelosa? Credo che nessuno di tutti quelli che siamo qui oggi sia geloso. O almeno dovrebbe essere geloso.

- Io non ne sono così sicura … Quando sei andata in camera il tuo ragazzo, ti guardava e gli ho letto in viso il dispiacere. Credo che lui sia innamorato cotto di te.

- Ma ha fatto l’amore con te e da quello che mi dici non si è risparmiato.

- Sai una cosa? Ma non dirla a lui. Questa notte, nel mezzo della notte, mentre dormiva mi ha abbracciata pronunciando il tuo nome e ha mormorato “amore mio” …

- Lui sa che noi stiamo insieme soltanto per il piacere di fare sesso. Sa anche che io non mi sposerò mai. Io non mi innamorerò mai.

- Perché? – mi chiese perplessa e sbalordita.

- Io voglio restare libera. Non intendo legarmi a nessuno. Non voglio figli. Voglio viaggiare in giro per il mondo.

- Quello che dici piacerebbe anche a me, ma ho il desiderio di avere un uomo accanto, ho bisogno di un uomo che mi protegga.

- Il discorso è complesso. Ognuno ha le proprie idee. E le idee di ciascuno sono giuste per lui. Se vuoi qualche volta possiamo parlarne insieme. Questo non credo sia il momento.

Dopo un poco si allontanò. Io restai seduta sulla poltrona con la schiena poggiata. Avevo molto dolore.

Si avvicinò un’altra ragazza. Era quella della quarta coppia. La conoscevo soltanto di vista, prima di questa occasione non mi era capitato di conversare con lei.

- Stai male? – mi chiese.

- No, perché? – Mi osservò attentamente e disse:

- Il tuo non è dolore psicologico, è dolore fisico. Il tuo viso è contratto! Dove hai dolore?

- Mi fa male il seno.

- È stato questa notte?

- Si. Ma non preoccuparti, domani telefono alla mia dottoressa e mi faccio controllare.

- Ascolta, mio padre è fisioterapista ed io dall’età di sei anni quando sono libera sto con lui quando lavora. Se ti fidi dò uno sguardo al tuo seno. Potrebbero esserci dei lividi.

Meditai un attimo, il dolore era forte, feci cenno di sì con il capo e mi alzai. Si alzò anche lei e mi seguì.

Entrammo nella mia stanza e mi sbottonai la camicetta (come sempre non avevo addosso il reggiseno).

- Madonna santa! Ci sono un sacco di lividi! È stato un animale!

- Anch’io sono stata un animale selvaggio!

- Ti capisco. Ma dobbiamo metterci una pomata, un Lasonil, qualcosa che ti riduca il dolore e che faciliti il riassorbimento dei lividi.

Prese il telefono e smanettò un poco. Poi disse “C’è una farmacia di turno a due km. Vado e torno” e uscì.

Tornò, aveva in mano una busta di plastica con parecchia roba dentro. Rientrammo nella mia stanza e mi fece togliere la camicetta. Io ero titubante. Temevo di provare dolore mentre spalmava la crema. Ma lei con una delicatezza eccezionale spalmò un velo uniforme di crema sui miei seni, poi li coperse con della garza che aveva portato, e con una fascia elastica, sempre con grande delicatezza, bloccò il tutto.

Rimasi colpita dalla sua delicatezza e dalla sua professionalità.

Rimise tutto in ordine nella busta e porgendomela disse:

- Domani telefona alla tua dottoressa, dille tutto quello che ho fatto. Se la dottoressa è d’accordo mi telefoni e vengo a casa tua per rifare la medicazione.

Restai colpita anche da questa delicatezza di comportamento. Per correttezza le chiesi quanto aveva speso e presi il mio borsello. Me lo fece riporre nella borsa dicendo che avremmo fatto i conti con calma a fine cura.


37

La notte.

Raccolsi i miei vestiti e mi diressi verso una stanza. Non mi voltai, ma mentre camminavo sentivo gli occhi di tutti puntati addosso a me. In pratica ero completamente nuda tranne il triangolino che ricopriva il mio sesso. Entrai nella stanza, seguita dal mio compagno per la notte, che, appena entrato e chiusa la porta, mi sbatté contro il muro e cominciò a baciarmi strofinando tutto il suo corpo nudo contro il mio. Ci baciammo con foga e voluttà, con un’attrazione e un desiderio fortissimo che era già iniziato durante il gioco ed ora poteva liberamente esplodere.

Era desiderio, era fame, era passione, era libidine, quella cui, tutti e due, davamo sfogo in maniera violenta. Ad un certo punto mise le sue mani sui miei seni e cominciò a stringerli e a strizzarli in maniera violenta.

Inizialmente il mio desiderio e la mia passione riuscirono a rendere il dolore non solo sopportabile, ma addirittura piacevole. Ma poi il dolore divenne fortissimo e istintivamente scattò in me un riflesso di difesa: il mio ginocchio si sollevò con forza e con violenza colpendolo in mezzo alle gambe.

Cadde a terra contorcendosi e rotolandosi per il dolore. Gli saltai addosso e stavolta fui io che presi a baciarlo ed a sfregare tutto il mio corpo nudo contro il suo, con la stessa passione e voluttà con cui lui aveva fatto con me un fino ad un istante prima. Ci rotolavamo per terra entrambi sia per il dolore, che per la passione come due animali selvaggi.

Poi fu lui che riprese l’iniziativa, si tolse lo slip e lo gettò lontano, strappò via anche il mio e dopo avermi penetrata cominciò a sbattermi con forza e con violenza. Qualche istante dopo le mie braccia e le mie gambe circondarono il suo corpo e si avvinghiarono a lui mentre un fiotto caldo fluiva dentro il mio corpo scosso dalle convulsioni dell’orgasmo …

Restammo così, a terra avvinghiati, io sotto e lui sopra, a lungo e con il respiro ansante e affannato. Poi lentamente tornammo in noi. Io allentai la tenaglia delle mie braccia e delle mie gambe. Lui si scosse, rotolò accanto a me e poi si mise a sedere. Si toccò i testicoli (sicuramente erano ancora doloranti).

- Mi hai fatto veramente male! – disse. Io chinai lo sguardo sul mio seno dove erano evidenti i lividi rossi delle sue mani e le ferite delle sue unghie.

- E tu, guarda come hai ridotto il mio seno! – Si chinò e prese a baciarlo delicatamente.

- Questo tuo seno nudo mi ha fatto impazzire. Stavo per saltarti addosso nella sala, di là, davanti a tutti … se ti avesse scelto qualcun altro sicuramente sarebbe scoppiata una lite …

- Sono contenta che la lite non sia scoppiata.

Si alzò. Allungò il braccio per aiutare a sollevarmi. Quando fui all’in piedi mi abbracciò e ci baciammo. Mani nella mano ci dirigemmo verso il letto e ci buttammo sopra come corpo morto.

Dopo un poco io avevo freddo e mi misi sotto le coperte. Si mise sotto le coperte anche lui. Ci addormentammo abbracciati, stanchi morti.

A mezzo della notte, non so se fui io a svegliarmi, oppure lui, ma il contatto della nostra pelle risvegliò in tutti e due il desiderio. Facemmo nuovamente l’amore. E lo rifacemmo per la terza volta il mattino seguente.

Mentre eravamo nudi nel bagno disse:

- Sai una cosa?

- Dimmi.

- Una notte così non l’avevo mai passata. Non mi era mai capitata. E a te?

- Identica a questa no. Ma episodi simili, belli e coinvolgenti, ne ho avuti, e non pochi … – mi guardò e non disse nulla.

Mentre mi lavavo e mi vestivo pensavo al mio ragazzo, ero curiosa di sapere con quale ragazza fosse andato a letto. Immaginavo che il suo desiderio fosse quello di andare a letto con la stessa ragazza con cui era già stato.

Pensai quanto fosse difficile per certe persone riuscire a scrollarsi di dosso la loro timidezza.


38

Il gioco.

Nel nostro gruppo le notizie circolavano velocemente, specialmente se si trattava di gossip. Si sparse velocemente la voce che nella villa di XXX noi avevamo giocato allo scambio di coppie.

Un sabato pomeriggio, mentre io e il mio ragazzo eravamo in disparte a chiacchierare si avvicinò a noi una coppia.

- So che siete stati nella villa di XXX. – disse lui.

- Sì – risposi.

- Quante camere da letto ci sono?

- Quattro.

- Potrebbe essere utilizzata per una riunione?

- Si adatta molto bene, c’è anche un salone grande con un tavolo al centro, oltre al camino e la cucina … inoltre ogni stanza ha il suo bagno privato …

- Fantastico! Bisognerebbe fare la proposta a XXX. Glie la fai tu? – disse rivolto a me.

- No, glie lo diciamo tutti e quattro assieme. – Mi girai e mi diressi verso XXX che in quel momento parlava con la sua ragazza e li portai dai tre che erano rimasti ad aspettare e dissi:

- Vorremmo chiederti una cosa.

- Dite.

- Pensavamo alla tua villa per fare una riunione, una riunione di gruppo – il fatto che si trattasse di una riunione di sesso era evidente.

- Non ci sono problemi – disse e guardò la sua ragazza che acconsentì con un cenno del capo. – Cosa avete pensato?

- Pensavamo di andare in quattro coppie.

- E chi?

- Tre coppie saremmo noi qui presenti, la quarta la scegli tu che sei il padrone di casa.

- Mi va bene. E quando pensate di fare questa riunione.

- Decidi tu. Organizza tutto, come e quando, e ce lo fai sapere.

- Va bene. – Ma subito aggiunse, rivolto verso di me – Tu mi devi aiutare ad organizzare.

- Non c’è problema.

Fu deciso che la riunione sarebbe stata fatta un sabato pomeriggio e ci saremmo trattenuti per la notte. Avremmo fatto cena alla villa e poi per decidere la formazione delle coppie si sarebbe fatto il gioco con i dadi che io avevo proposto, ma che non volli rivelare in cosa consistesse. Mi riservai di provvedere a tutto l’occorrente e comunicare le regole all’inizio del gioco.

La sera della riunione, finita la cena e sparecchiata la tavola misi su un lato di questa otto sedie, due file di quattro, e altre otto dal lato opposto con la stessa disposizione. Le prime file sarebbero servite per sederci, quelle dietro per sistemarci i vestiti. Poi invitai i convenuti a prendere posto: i ragazzi da una parte e le ragazze dall’altra.

In pratica fui a decidere il lato delle ragazze scegliendo il mio posto e di conseguenza l’altro lato restava per i maschi. Mentre tutti erano seduti io ero rimasta in piedi, tirai fuori da una scatola due bicchieri di cuoio molto ben rifiniti e due coppie di dadi. Poi cominciai a spiegare.

- La disposizione iniziale è questa, i ragazzi da una parte e le ragazze dall’altra, i partecipanti devono essere delle coppie, ma il numero delle coppie può variare dipende dalle stanze disponibili. In genere si tira a sorte chi deve aprire il gioco, ma questa volta propongo che cominci il padrone di casa. – tutti approvarono. – Colui o colei che inizia il gioco prende in mano un bicchiere con una coppia di dadi e sceglie sul lato opposto l’avversario con cui vuole giocare. – Avvicinai i due bicchieri con i dadi al padrone di casa e gli dissi di scegliere la ragazza con cui voleva giocare. Lui scelse me. Dissi che almeno nei primi giri era meglio che io restassi esclusa dal gioco. Così scelse un’altra ragazza.

- Ora tirate i dadi lasciandoli coperti con il bicchiere, poi scoprite il bicchiere contemporaneamente, colui o colei che ha il punteggio più alto vince e ordina a chi perde di togliersi un indumento. Se si fa pari si tirano i dadi una seconda volta. Poi i bicchieri e il gioco passano nelle mani di chi ha perso. – Tirarono i dadi e perse la ragazza. Le fu ordinato di togliersi la camicetta e rimase con il reggiseno, un reggiseno di raso rosso fuoco. Risatine di compiacimento accolsero il suo décolleté. Già da questo inizio si cominciò a capire come sarebbe andato avanti il gioco. Avvicinai i bicchieri con i dadi alla ragazza e le dissi di scegliere con chi voleva giocare. Scelse il padrone di casa.

- No, non si può scegliere l’avversario con cui si è appena giocato, per questo giro ne devi scegliere un altro. – Lo scelse e tirarono i dadi. Perse nuovamente la ragazza. L’avversario le disse di togliersi la gonna, per cui rimase soltanto con il reggiseno e le mutandine anch’esse di raso rosso fuoco. Il suo spogliarello fu accolto con un applauso e con le risate generali.

- Il gioco resta ancora nelle tue mani devi scegliere un altro avversario. Ora, se vuoi, puoi scegliere quello precedente. – Invece la ragazza ne scelse uno diverso. Tirarono i dadi e stavolta la ragazza vinse ed ordinò al ragazzo di togliersi i pantaloni. I bicchieri con i dadi passarono al ragazzo.

- Ritengo che avete capito come va avanti il gioco – dissi – anche le scarpe e le eventuali calze fanno parte degli indumenti che si possono far togliere a chi perde. L’unico indumento che non si può far togliere sono le mutandine (sia ai maschi che alle femmine). Quando un ragazzo o una ragazza resta solo con le mutandine esce dal gioco e si porta in camera il partner o la partner che si sceglie. A questo punto posso sedermi e partecipare al gioco. Se sorgerà qualche dubbio lo chiarirò.

Il ragazzo volse gli occhi in giro e si fermò su di me. Chiese se mi poteva scegliere come avversaria, risposi di sì. Tirammo i dadi e lui vinse. Mi ordinò di togliermi la camicetta. Rimasi a seno nudo (non portavo mai il reggiseno). Scoppiò un fragoroso applauso e grida generali. Un ragazzo protestò.

- Non è giusto! Voi donne siete avvantaggiate!

- Ascoltate: l’ho fatto per dimostrare con i fatti quello che si può fare. Se lo avessi detto a parole non avrebbe avuto lo stesso effetto. E poi sta a voi maschi quando avete il gioco in mano scegliere quale ragazza volete fare spogliare e se volete godervi lo spettacolo del mio seno nudo lasciatemi qui fino alla fine!

- Certo che hai un seno che è uno spettacolo! – Disse un altro.

I dadi passarono nelle mie mani. Scelsi il padrone di casa, vinsi io e gli feci togliere la camicia. Restò anche lui con il petto nudo: aveva un bel torace muscoloso. Io lo sapevo perché ero già andata a letto con lui e volevo che le altre ragazze lo ammirassero.

Toccò a lui scegliere la ragazza e il gioco andò avanti. Quando i dadi tornarono ad un maschio questo scelse me. Fui io a perdere. Mi ordinò di togliermi la gonna. Salii con i piedi sulla sedia, sbottonai il gancio all’altezza della cintura, e la feci scivolare ai miei piedi. Avevo indossato uno slippino bianco tenuto da fili sottili che con il suo triangolino copriva appena il mio sesso. I fischi e gli applausi dei maschi si sprecavano. Le femmine ridevano nascondendosi la bocca con la mano. Alzai uno alla volta i piedi per prendere la gonna ed evidenziare che mi restavano addosso solo le due scarpe.

Il gioco andava avanti sia i maschi che le femmine venivano costretti a spogliarsi in misura quasi pari. Il ragazzo che aveva proposto di fare questa riunione non smetteva di guardare il mio seno, e lui piaceva anche a me. Quando i dadi arrivarono a lui, scelse me. Giocammo e vinse. Mi fece togliere una prima scarpa. A questo punto scelsi il mio ragazzo che non aveva ancora giocato, vinsi e gli feci togliere la camicia.

Lui giocò con la ragazza del padrone di casa, cioè quella con cui aveva già fatto sesso. Avevo già notato che si trovavano uno di fronte all’altra e per tutta la serata non avevano smesso di guardarsi. Vinse e poiché la ragazza era già senza camicetta anziché farle togliere la gonna le ordinò di togliere il reggiseno.

La ragazza scelse un ragazzo e perse nuovamente. Le fu ordinato di togliere la gonna. Aveva uno slip di merletto traforato, ma sopra aveva messo i collant. Toccava a lei scegliere nuovamente e scelse il ragazzo che aveva proposto la riunione, quello che non mi toglieva gli occhi da dosso. Il ragazzo perse e le fu ordinato di togliersi una scarpa in quanto era già in mutande.

I dadi passarono a lui che scelse me. Tirammo i dadi e vinsi io. Gli ordinai di togliersi l’altra scarpa. A questo punto doveva uscire dal gioco scegliendo una ragazza con cui passare la notte. Disse che voleva scegliere me ed era quello che io desideravo. Ma si poneva il problema della prosecuzione del gioco. Tutti guardarono me e mi interrogavano con lo sguardo. Mi alzai e parlai.

- Ascoltate, non c’è alcun problema. Lui ha perso ed è rimasto con le sole mutande pertanto deve uscire, e non può giocare. Ha scelto me per questa notte e devo andare con lui. È necessario decidere chi deve riprendere il gioco. Qui c’è carta e penna. Uno alla volta tirate i dadi e segnatelo. Chi fa il punteggio più alto riapre il gioco. Se sono in due ad avere il punteggio più alto tirano nuovamente i dadi. Buona prosecuzione.


39

Lo scambio.

Nel gruppo di mia sorella c’erano diverse coppie, ma mi resi rapidamente conto che c’era anche molta “apertura mentale”. Un sabato sera, uno di quelli che primeggiava mi chiamò in disparte e mi fece il seguente discorso:

- Domani mattina sei libera?

- Sì, perché?

- Ci vediamo?

- Noi due?

- Sì, noi due, soli.

- E facciamo cosa?

- Andiamo a casa mia. I miei hanno una villa in collina.

- E facciamo sesso?

- Si … lo sapevo che tu sei molto sveglia …

- E la tua ragazza? – lui fece un’alzata di spalle – Non credo sia giusto lasciarla a bocca asciutta.

- Cosa intendi dire?

- Quanti letti ci sono in questa tua casa?

- Ci sono quattro stanze da letto.

- Bene. Andiamo tutti e quattro. Io vengo a letto con te, mentre la tua ragazza va a letto con il mio ragazzo.

- La proposta non è male … - disse dopo un attimo di riflessione.

- Allora, tu parla con la tua ragazza, io parlo con il mio … Se siamo tutti d’accordo si può organizzare.

- E se qualcuno non è d’accordo?

- Non se ne fa niente.

Gli voltai le spalle e rientrai nel gruppo. Feci un cenno al mio compagno prima con gli occhi e poi col capo e ci allontanammo.

- Domattina hai impegni? – chiesi.

- No.

- Allora ci vieni con lui e la sua ragazza – e li indicai, nel posto in cui erano già in disparte a parlare.

- Dove?

- Nella sua villa, in collina.

- A fare cosa?

- A fare sesso. Io lo faccio con lui e tu con la sua ragazza.

- Ma …

- Quali sono i nostri patti? Te li sei scordati? …

- E … la sua ragazza ci sta?

- Non vedi … stanno discutendo proprio di questo … Ho bisogno di sapere se tu ci stai?

- Hai organizzato tu?

- No. Me lo ha proposto lui.

- E tu cosa dici? – e nel frattempo guardava loro due che discutevano, o forse guardava la ragazza che era molto bella.

- Come cosa dico? Se te lo sto proponendo, vuol dire che per me va bene.

- Se tu dici così …

Nel frattempo i due si mossero e vennero verso di noi. Io con i miei occhi “spazzolavo” il volto di tutti e tre. Il mio ragazzo e la sua ragazza si scrutavano con attenzione e interesse. Quando fummo vicini nessuno parlava. Fui sempre io a rompere il silenzio.

- E allora?

- Per noi va bene. – disse il ragazzo che mi aveva fatto la proposta e guardò la sua ragazza che confermò con un cenno del capo.

- Anche per me va bene – dissi io, poi guardando il mio ragazzo chiesi – va bene anche per te?

- Sì, sì – confermò

- Allora ci vediamo qui, domani alle dieci. – dissi io.

Quello non fu l’unico incontro. Ne seguirono altri quattro.


40

Quindici anni, primo liceo.

Quando entrai al liceo trovai mia sorella. Lei frequentava l’ultimo anno. Durante la ricreazione andavo da lei che stava con i compagni e le compagne della sua classe. Lei mi presentò ai suoi amici e fui bene accetta. Ero alta quanto loro e quindi non si notava molto la differenza di età.

Il sabato uscivo assieme al suo gruppo. Nel gruppo di amici di mia sorella ce ne era uno più riservato degli altri con il quale legai facilmente. In pratica quando ci incontravamo stavamo insieme soli a chiacchierare. Un giorno mi disse:

- Ci mettiamo insieme e facciamo una cosa seria?

- Intendi che ci mettiamo insieme per fare sesso? – chiesi. La mia domanda lo spiazzò e arrossì. Non sapeva cosa dire. Io continuai. – Mi hai fatto questa proposta perché io ti piaccio?

- Sì, tu mi piaci …

- Allora ti faccio io una contro proposta. Anche tu mi piaci. Quando ci va facciamo sesso insieme, ma restiamo liberi sia tu che io.

- Cosa vuol dire?

- Che se tu vuoi fare sesso anche con qualche altra ragazza puoi farlo, io non dirò niente e lo stesso vale per me se voglio fare sesso con qualche altro ragazzo.

- Ma io voglio fare una cosa seria …

- È proprio questo il problema: io non voglio fare una cosa seria. Io non mi sposerò mai, voglio restare libera. – Rimase muto, non sapeva cosa rispondere. Fui io a proseguire – Pensaci, con calma mi darai la tua risposta.

Continuammo a passeggiare per un po’ in silenzio, poi ci riunimmo al gruppo.

Quando ci incontravamo mi guardava afflitto e non parlava. Una volta me lo trascinai lontano dal gruppo e gli chiesi:

- Hai già fatto sesso con qualche ragazza? – mi rispose di no. Allora aggiunsi – Vuoi che ti insegni? – mi guadò stralunato. Così continuai – Io ho già fatto sesso e attualmente faccio sesso con una persona che mi piace tantissimo. Mi ha insegnato tante cose. Io non voglio ingannarti. A me piace essere sincera. Non voglio ingannare nessuno. Non ho alcuna intenzione di lasciare la persona con cui faccio sesso e mi piacerebbe fare sesso anche con te. Il nostro deve essere un rapporto libero. Se ci stai a queste condizioni domani alle quattro del pomeriggio vieni a trovarmi a casa mia. Questo è l’indirizzo.

Alle quattro meno un minuto suonò il citofono. Era lui. Aprii e lo feci entrare. Non lo portai nella mia camera, ma ci accomodammo in salotto. Stava zitto con le mani in mano. Come al solito fui io a prendere l’iniziativa.

- Hai mai baciato una ragazza?

- Una volta sola.

- E poi?

- Poi mi lasciò.

- Vogliamo iniziare dai baci?

- E se viene qualcuno?

- Se viene qualcuno ci mettiamo a chiacchierare e nessuno si accorgerà di nulla.

Mi avvicinai a lui che restava impalato. Lo baciai sulle labbra. Ci passò la lingua sopra. Riprovai e con la lingua forzai le labbra ma mi dovetti fermare a livello dei denti che restavano chiusi. Gli dissi che doveva aprire la bocca. Ci provò. Gli dissi di aprirla di più. L’aprì e con la mia lingua penetrai dentro la sua bocca.

Mi allontanai e dissi: “Ora che hai capito riproviamo”. Ma fui ancora io a prendere l’iniziativa. Riprovai una terza volta e ancora una quarta. Lui subiva passivamente.

A questo punto gli dissi: “Ora baciami tu” e mi avvicinai a lui con le labbra socchiuse. Posò un bacio delicatissimo sulle mie labbra. “Bene – gli dissi – come inizio mi è piaciuto; ora dammene un altro”. Mi baciò nuovamente sulle labbra. Gli feci cenno col capo di continuare me ne diede altri due.

A questo punto gli afferrai il capo con tutte e due le mani, poggiai le mie labbra sulle sue e mi misi a perlustrare appassionatamente con la lingua tutta la sua bocca. Ad un certo punto si staccò con forza in quanto gli era mancato il respiro. Gli diedi appena il tempo di prendere fiato e ricominciai immediatamente a baciarlo con la stessa intensità.

- Hai visto come si bacia? Si bacia con passione … anche il sesso si fa con eguale passione.

Mi avvicinai nuovamente alla sua bocca e lo baciai nuovamente esplorando sempre in profondità la sua bocca. Lui tentò timidamente di ricambiare. Continuavamo a baciarci. Ad un certo punto presi la sua mano e la portai in mezzo alle mie gambe a contatto con le mie mutandine. Lui la teneva immobile. Cominciai a sfregarla contro il mio sesso. Ma non prese alcuna iniziativa.

Allora l’iniziativa la presi io e poggiai la mia mano sui suoi pantaloni e avvertii che il suo sesso era gonfio e rigido. “Non è impotente!” Pensai. “È soltanto timido.” Gli sbottonai i pantaloni e mi misi a succhiargli il sesso. Dopo un poco avvertii il getto del suo sperma dentro la mia bocca. Lo succhiai e lo raccolsi tutto (fra l’altro non volevo che si sporcasse il divano) e dopo averlo ingoiato lo baciai di nuovo spalmandone i residui nella sua bocca.

- Hai capito cosa significa fare sesso? – gli chiesi. Mi guardò e mi sorrise tra il mortificato e il grato. – Vedi, anche io ero come te quando ho fatto sesso la prima volta. Ora ho imparato. Se vuoi possiamo continuare a incontrarci. Imparerai anche tu.

Si riordinò e dopo esserci dati ancora altri baci (questa volta con tentativi di maggiore partecipazione da parte sua) se ne andò dopo avermi baciata ripetutamente sulle guance in segno di gratitudine. Io mi ritirai nel mio bagno e mi masturbai.

La settimana successiva gli diedi un secondo appuntamento. Lo portai nuovamente in salotto e cominciammo con i baci. Iniziava a partecipare. Poi presi la sua mano e la misi dentro la scollatura della mia camicetta (per abitudine non portavo il reggiseno). Mi carezzava con molta delicatezza. Appoggiai la mia schiena alla spalliera del divano e sbottonai completamente la camicetta offrendogli il mio petto nudo. Lo guardava, ma non si muoveva. Gli misi una mano sul collo e lentamente avvicinai il suo viso al mio seno. Si mise a baciarlo … Mentre lui mi baciava io continuavo a carezzargli il collo …

Poi ripresi l’iniziativa e gli sbottonai i pantaloni. Anche questa volta gli procurai l’orgasmo con la bocca e succhiato tutto il suo sperma lo condivisi con lui in un lungo e appassionato bacio.

Anche la terza volta l’incontro si svolse nel salotto. Questa volta riuscii a portare la sua mano a contatto con il mio sesso. Per il resto non ci furono grandi variazioni rispetto agli incontri precedenti.

Dal quarto incontro in avanti ci chiudevamo a chiave nella mia stanza e ci mettevamo a letto.

Anche con l’amico di famiglia gli incontri si susseguivano regolarmente e in uno dei nostri incontri lo informai della situazione che si era creata con questo ragazzo. Mi disse che era contento che io facessi una esperienza diversa.


41

Finalmente!

Gli incontri con l’amico di famiglia a casa sua continuavano. Una volta la settimana uscivo con lui e salivo sulla sua macchina. La sera mi riaccompagnava a casa. Ogni volta inventava qualcosa di nuovo e per me era una esperienza nuova e interessante, talvolta anche fantastica.

Anche le conversazioni a casa nostra continuavano con regolarità, anzi con una disponibilità sua a discutere e spiegare forse maggiore e per me erano altamente istruttive. Come ho detto erano esclusivamente conversazioni culturali e non c’è mai stato una parola o un gesto che facesse un benché minimo riferimento al sesso.

Fu in quello stesso periodo che la dottoressa durante una visita di controllo mi disse: “Da questo momento devi fare sesso sempre protetta; le mestruazioni potrebbero arrivare da un momento all’altro”. Mi fece vedere che il mio capezzolo era gonfio ed anche dentro le mie piccole mammelle si stava formando un nocciolo duro.

“O ti astieni completamente dal fare sesso, oppure ogni volta il tuo compagno deve indossare uno di questi” disse porgendomi due confezioni di preservativi “Assolutamente!” confermò con energia. Inoltre mi raccomandò di informarla immediatamente di qualsiasi novità si verificasse.

Parlò con la mamma e disse che mi voleva controllare ogni mese. La mamma mi raccomandò di seguire scrupolosamente le istruzioni della dottoressa.

Il mese successivo, il mio seno era un po’ più gonfio, ma non c’era stata nessuna novità. Così pure i due mesi seguenti.

Poi una mattina mi svegliai che ero bagnata e sporca di sangue. Avvisai immediatamente la mamma che telefonò alla dottoressa la quale fissò l’appuntamento per il pomeriggio.

Mi controllò, mi disse che quasi sicuramente era il menarca, voleva ricevere informazioni telefoniche il giorno dopo e fissò l’appuntamento per il giorno successivo ancora.

Tutto appariva regolare. Voleva informazioni telefoniche ogni giorno. Si aspettava che nel giro di due o tre giorni tutto tornasse regolare. Se non si fossero presentati problemi particolari mi avrebbe rivisto in occasione della mestruazione successiva. Nel frattempo dovevo continuare ad avere rapporti protetti.

Il mese successivo tutto si svolse regolarmente e il nuovo appuntamento fu rimandato alla mestruazione successiva. In questa occasione mi prescrisse la pillola e mi diede tutte le istruzioni del caso. Per questo primo periodo mi consigliò di continuare ad avere rapporti protetti, poi pensava che non ci sarebbe stato più bisogno.

Era tornato anche papà e un pomeriggio che eravamo insieme mi disse:

- La mamma mi ha detto che sei diventata donna.

- Sì.

- Mi ha detto anche che hai cominciato a prendere la pillola.

- Sì.

- Fai sesso?

- Sì.

- Con qualche tuo compagno?

- No. – A questa mia risposta il papà mi guardò perplesso. Dopo un attimo di pausa aggiunse:

- È … un insegnante?

- No. – Ci fu un’altra pausa di perplessità.

- È … il mio amico?

Risposi di sì con il capo. Per tutta risposta mi abbracciò stretta stretta e a lungo.

Nel frattempo finì la scuola e fui promossa al liceo.


42

L’amico di famiglia.

Da quel momento, quando sentivo che lui arrivava in casa cercavo di essere io ad aprire la porta, cercavo di trattenermi con lui a chiacchierare, cercavo di controllare tutta la situazione. Se lui si appartava con la mamma nella sua stanza, non lo disturbavo e mi ritiravo nella mia. Non mi intromettevo neanche se lui si sedeva in salotto con mia sorella. Ma se lo vedevo libero cercavo di attaccare discorso e lui si fermava volentieri a chiacchierare con me.

Parlavamo di libri, di storia, di scienze. Mi parlava della grande biblioteca che aveva a casa sua. Quando lui parlava io lo stavo ad ascoltare perché mi interessava tantissimo quello che diceva. E lui notando il mio interesse mi raccontava e mi spiegava sempre tantissime cose.

Ma mai faceva a me tutte le cose che mi aveva raccontato mia sorella. Niente complimenti, niente carezze.

Un giorno ero seduta in salotto con lui e parlavamo come al solito, passò la mamma e gli disse “Io esco, tu cosa fai?” “Resto a chiacchierare con tua figlia” rispose e rivolto a me aggiunse “Qualche volta chiedi alla mamma il permesso di venire a casa mia che ti faccio vedere la biblioteca di cui ti ho parlato”. La mamma ci guardò e disse che potevo andare tutte le volte che volevo.

Restammo per qualche minuto in silenzio. Tante idee passarono in quel momento per la mia testa. Avevo afferrato tutto. Mia mamma in quel momento mi aveva dato il permesso di fare sesso con lui!

Mi feci coraggio ed affrontai subito l’argomento.

- Mi hai invitato a vedere la tua biblioteca perché vuoi fare sesso con me?

- Perché dici questo?

- L’hai detto tu che voi adulti avete bisogno di fare sesso …

- Non credi di essere ancora troppo piccola per cominciare a fare sesso?

- Mia sorella ha fatto sesso con te a 13 anni quando era un anno più piccola di me.

- Sì, ma tu …

- Ma io ho già fatto sesso!

Rimase per un poco in silenzio. Poi disse:

- E tu … vorresti fare sesso con me?

- Se sarai gentile, sì …

- Perché dici questo?

- Alcune volte gli uomini sono violenti …

- Qualcuno è stato violento con te?

- No. L’ho letto sui libri … ci sono uomini violenti che fanno male alle donne …

- Cosa ti fa pensare che io possa essere violento?

- Una volta mentre eri nella stanza della mamma l’ho sentita gridare.

- Ritengo che non fossero grida di dolore o di paura, ma grida di piacere … forse facevamo l’amore in maniera un po’ impetuosa …

- Può darsi … in effetti non credo fossero grida di paura …

- Sicuramente erano grida di piacere … io non farei mai del male alla tua mamma!

- Mia sorella mi ha detto che qualche volta tu la sbatti forte … anche se questo a lei fa piacere …

- È vero, qualche volta facciamo l’amore appassionato … mentre si fa l’amore talvolta inavvertitamente si può perdere il controllo … Ma io … ti prometto che se tu ed io faremo l’amore sarò delicatissimo …

- Grazie.

- Allora … che pensi? … Vuoi fare l’amore con me?

Feci cenno di sì con la testa.

Cambiammo discorso. Parlammo d’altro e dopo un poco andò via perché aveva un impegno.

Qualche giorno dopo mi chiese “Ci vieni oggi a casa mia?” Risposi di sì.

Uscimmo insieme con la mamma la quale andò per conto suo al lavoro, mentre io salii sulla sua macchina.

Arrivammo a casa sua. Era un palazzo antico. C’era una scala di marmo grandissima e bella. Entrammo. Anche l’ingrasso, molto grande, era arredato con mobili antichi e belli. Chiuse la porta e si chinò verso di me, mi cinse con le braccia, poi si drizzò sollevandomi di peso.

“Mettimi le braccia al collo” disse ed io lo feci, poi aggiunse “cingi la mia vita con le tue gambe” ed io lo cinsi “Hai mai baciato per amore?” chiese, io feci cenno di no, mi appoggiò con la schiena contro il muro e depose delicatamente un bacio sulle mie labbra, lo ripeté due o tre volte. “Ora baciami tu” disse e anch’io lo baciai sulle labbra.

Poi chiese “Sai che quando si fa sesso si bacia in bocca?” Risposi di sì. “Apri delicatamente la bocca” disse e io l’aprii. Con la punta della sua lingua penetrò leggermente in mezzo alle mie labbra muovendola con delicatezza. Poi allontanò un po’ il suo viso, mi guardò e chiese “Ti è piaciuto?” Feci cenno di sì. “Ora fallo tu” disse e io lo feci.

“Quando faremo l’amore ci baceremo spontaneamente con maggiore intensità”. Mi rimise a terra e disse “Vieni, ti mostro la biblioteca”.

Entrammo in un salone molto grande. Sulla parete di fronte c’erano due grandi finestroni. Le altre tre pareti erano completamente ricoperte da una immensa libreria in legno scuro piena di volumi rilegati. I libri erano protetti da sportelli a vetri.

Mi fece girare tutto il salone tenendomi per mano. Giungemmo allo scrittoio, grandissimo, che si trovava in mezzo al salone tra i due finestroni.

Spostò la poltrona, mi sollevò di peso nuovamente e mi mise a sedere sul piano dello scrittoio con le gambe penzoloni. Rimase in piedi davanti a me. Poi prese delicatamente il mio viso tra le sue mani (percepivo la delicatezza del suo tatto e ciò oltre a darmi sicurezza mi eccitava) ed avvicinò il suo volto al mio. Mi baciò nuovamente. La sua lingua penetrava ed esplorava lentamente e delicatamente la mia bocca. A me piaceva e cercavo di ricambiare. Continuammo a baciarci a lungo.

Poi cominciò a spogliarmi ed io lo assecondavo. Mi tolse la camicetta e la maglietta. Mi tolse anche la gonna. Rimasi con le sole mutandine bianche di cotone. Mi sdraiò con le spalle sullo scrittoio e delicatamente avvicinò il mio bacino al bordo dello scrittoio. Avvicinò la poltrona e si sedette davanti a me. Allargò le mie gambe e cominciò a baciare le mie cosce.

Mentre lui mi baciava il mio sguardo era rivolto al grande soffitto sul quale era affrescato un cielo con nuvole e figure di putti con le ali, alcuni erano maschi, altre erano femmine, erano facilmente distinguibili perché erano tutti nudi e il loro sesso e il loro seno era chiaramente dipinto … c’erano coppie, un maschio e una femmina che si scambiavano effusioni amorose … c’erano gruppi di tre, un maschio che corteggiava e carezzava contemporaneamente due femmine … due maschi che baciavano e carezzavano insieme una femmina …

Lui continuava a baciarmi, le sue labbra e la sua lingua passavano dalle mie cosce al mio sesso, anche se era ancora coperto dalle mutandine e tornavano alle mie cosce per poi ritornare nuovamente sul mio sesso. Io stavo sdraiata con gli occhi chiusi a godermi i suoi baci e le carezze delle sue mani, mentre nella mia mente continuava la visione dei putti sul soffitto.

Ora i putti si muovevano … anche loro si baciavano … si baciavano in bocca e si baciavano sul sesso … tutti, maschi e femmine … i maschi baciavano il sesso delle femmine e le femmine quello dei maschi … alcune femmine baciavano il sesso anche alle altre femmine e alcuni maschi baciavano il sesso anche agli altri maschi …

Un brivido, un forte brivido scosse tutto il mio corpo, era stato provocato dalla sua lingua che scorrendo all’interno della mia fessura aveva raggiunto il punto più sensibile e lo leccava e lo stimolava con insistenza.

Mi resi conto che non avevo più le mutandine. Immersa nella visione dei putti che facevano sesso non mi ero accorta che le aveva tolte. La sua lingua continuò a scorrere lentamente su e giù lungo la mia fessura e ad ogni passaggio era un nuovo brivido che scuoteva il mio corpo.

I brividi si facevano più frequenti. Ora tutto il mio corpo si dimenava e si contorceva. Il respiro era diventato più frequente e affannato. Il mio sesso pulsava, non lo avevo mai sentito così eccitato. Ora non era più la sua lingua che mi leccava, ma sentivo la sua bocca sul mio sesso che lo succhiava. Nel frattempo dalla mia bocca uscivano mugolii e gridolini indistinti.

Istintivamente allargai al massimo le gambe e sollevai leggermente il bacino per collaborare al massimo offrendo il mio sesso e tutta me stessa.

Poi avvertii qualcosa di diverso. Qualcosa che entrava dentro di me. Qualcosa che riempiva il mio sesso. Lo riempiva tutto in una maniera che non avevo mai provato. Il piacere era fortissimo. Il mio corpo fu bloccato da due mani che stringevano i miei fianchi. Un martello cominciò a percuotere con colpi ritmici i miei visceri.

Lo sentivo chiaramente. Avvertivo il ritmo di quei colpi. Mi piacevano quei colpi. Sì, mi piacevano …. mi piacevano … mi piacevano … Di colpo tutto il mio corpo fu scosso da una convulsione fortissima e subito dopo si irrigidì.

In quel momento qualcosa di indescrivibile pervase tutto il mio corpo. Qualcosa che non avevo mai provato. La testa mi girava. Il soffitto e i putti giravano vorticosamente assieme a me come in una giostra fantastica … rotolavamo tutti insieme i putti e io, io e i putti, in mezzo alle nuvole … rotolavamo vorticosamente, follemente … avevo le vertigini … non capivo dov’ero … forse ero in cielo … forse ero in paradiso …

Ad un tratto sentii qualcosa che sfiorava le mie labbra. Era la sua lingua che cercava di aprirsi un varco. Aprii la bocca. La lingua mi penetrò. Roteò dentro la mia bocca. Avvertii un sapore strano.

Compresi cos’era. Mia sorella me ne aveva parlato. Quel sapore era il miele, era il mio miele. Le mie braccia allacciarono il suo collo. Strinsi la sua testa contro il mio viso. Con la lingua penetrai nella sua bocca. Anche la mia lingua ora roteava velocemente, con voracità. La mia lingua voleva quel miele, voleva gustare quel miele, voleva assaporarlo.

Non sapevo ancora che quel miele, raccolto dal mio sesso, era mescolato anche con il suo seme …

Mi sollevò dallo scrittoio e mi prese tra le braccia. Uscimmo dal salone e mi portò tenendomi sempre tra le sue braccia nella camera da letto. Sollevò le coperte e mi depositò nel letto. Si spogliò e si coricò accanto a me. Lo abbracciai, ci abbracciammo e poggiai il mio capo sul suo petto. Restammo per tutto il pomeriggio abbracciati così …

Quando mi riaccompagnò a casa e tornai nella mia camera cercai nel dizionario la descrizione di “putto” trovai che era la rappresentazione del dio greco Eros, figlio della dea Afrodite.


43

Quattordici anni, la prima volta.

Mentre fino a quel momento era stata la curiosità che mi aveva portato ad interessarmi del sesso ora era divenuto dominante il desiderio di scoprirlo, di toccarlo, di fare sesso anch’io.

Ero in terza media ed avevo compiuto quattordici anni. In classe con molti alunni avevamo fatto insieme le elementari e le medie, quindi c’era molto cameratismo. Io osservavo i maschi con un certo interesse e spesso i miei occhi, senza farsi accorgere, si focalizzavano sui loro pantaloni. Ma non c’era nulla in loro che stimolasse la mia curiosità o il mio interesse.

Invece trovavo molto più interessanti i ragazzi più grandi, quelli del liceo, ma loro non mi calcolavano neanche: si fermavano a parlare e scherzare solo con le ragazze della loro età.

Non mi restava altro che continuare a parlare di sesso con le mie compagne. In particolare avevo una stretta amicizia con una ragazza con la quale siamo insieme dalla prima elementare. Chiacchierando mi disse che al computer si potevano vedere dei film porno che mostravano scene di sesso. Le chiesi se lei li aveva visti sul suo computer. Mi disse di no perché i suoi genitori avevano messo la censura al computer.

Le chiesi come sapeva di questi siti se non poteva vederli al computer. Mi disse che glie li aveva fatto vedere qualche volta suo cugino quando era andata a casa di lui. Le chiesi se con lui avesse fatto anche sesso. A casa di lui no, perché ci andava sempre con la mamma, ma che quando i suoi genitori la lasciavano sola a casa in quanto erano al lavoro suo cugino la andava a trovare e facevano sesso.

Mi chiese se avessi già fatto sesso. Le risposi di no, ma dissi che avevo voglia di farlo. Mi chiese se desideravo farlo con suo cugino, mi precisò che aveva un bel fisico (si riferiva al sesso) ed aveva anche la tartaruga sulla pancia. Se ero disposta lei avrebbe organizzato un incontro a casa sua.

La mamma non mi poneva problemi per uscire, anche se io a differenza di mia sorella uscivo molto poco, inoltre le nostre abitazioni non erano distanti, così decisi di accettare la proposta della mia compagna.

Qualche giorno dopo mi propose la data: quel pomeriggio suo padre e sua madre sarebbero stati contemporaneamente al lavoro. Così andai a trovarla. Poco dopo arrivò suo cugino, doveva avere diciassette o diciotto anni, era veramente un bel ragazzo e mi fece subito simpatia. Ci presentammo e ci mettemmo a parlare un po’ imbarazzati.

La mia amica ci propose di iniziare subito e non perdere tempo. Ci mostrò il letto che aveva preparato con le lenzuola di bucato e una tovaglia di spugna sopra. Io e suo cugino ci guardavamo senza parlare. Ad un tratto lui disse: “Spogliati, spogliati tu per prima” e fece un passo indietro.

Con la massima tranquillità cominciai a spogliarmi posando i miei vestiti sulla sedia. Tolsi anche le scarpe e per ultime tolsi le mutandine bianche di cotone. Notai subito che tutti e due soffermarono il loro sguardo sul mio sesso perfettamente depilato. “Vedi quanto è bella una fica rasata” disse lui rivolto alla cugina, poi rivolto a me indicando il letto disse “Sdraiati” e cominciò a spogliarsi precipitosamente.

Quando fu nudo vidi per la prima volta un “cazzo” vero! Stava dritto verso l’alto. Non immaginavo che potesse essere così grosso. Le figure lo mostravano così, ma una figura stampata non ti dà mai l’idea della realtà!

Lui si sdraiò subito addosso a me e cominciò e frugare con la mano e con il suo sesso contro il mio. Ad un certo punto mi disse “Alza le ginocchia e stai ferma che entro”. Ubbidii. Sentivo il suo sesso che spingeva cercando di entrare e stavo ferma immobile per aiutarlo. “Sei molto stretta” disse e spingeva con forza, lo avvertii in parte dentro di me, e poco dopo lui si accasciò addosso a me. Contemporaneamente sentii un flusso caldo dentro il mio corpo.

Rimanemmo così per un poco. Poi si alzò e andò in bagno a ripulirsi. Io, invece rimasi sdraiata a letto. Riflettevo. La sensazione più piacevole che avevo provato era stata il contatto di tutto il suo corpo nudo addosso al mio. Il rapporto sessuale forse per la mia impreparazione, o forse per la sua eccessiva velocità, per me era stato deludente. Non avevo provato dolore, ma neppure piacere.

La mia amica mi disse “Non ti preoccupare, la prima volta è sempre così. Il piacere lo prova il maschio, non la femmina!”

Tornando a casa pensavo a quello che mi aveva raccontato mia sorella. Per lei, invece, era stato molto bello!

Perché per lei era stato bello e per me no?

Pensavo a come sarebbe stato fare sesso con il nostro amico. Non ero certa, ma pensavo che mia sorella dovesse avere ragione. Un uomo adulto è molto più esperto, a me non era accaduto nulla di tutto quello che mi aveva raccontato mia sorella.


44

Il pube rasato.

Un pomeriggio mia sorella entra nella mia stanza con il borsello della sua igiene personale e l’accappatoio sul braccio.

- Si è rotta la mia doccia, posso usare la tua? – le dissi di sì.

Poggiò tutto l’occorrente che si era portato su una sedia e cominciò a spogliarsi. Si spogliò completamente nuda e potei vedere che aveva il pube rasato.

Quando uscì dalla doccia le chiesi perché si rasava.

- Agli uomini il sesso rasato piace molto – mi rispose. – Perché non te lo fai rasare anche tu?

- Come? – le chiesi.

- Dall’estetista. Vuoi venire con me la prossima volta? – Risposi di sì.

La sera a cena mia sorella disse alla mamma:

- La prossima volta la porterò con me dall’estetista. – La mamma acconsentì.

Così mi feci rasare anch’io.

Quello fu un periodo di particolare intimità con mia sorella.

Un giorno che eravamo rimaste sole in casa (cosa che accadeva raramente in quanto lei usciva spesso) le chiesi di raccontarmi quando e con chi l’aveva fatto la prima volta.

Mi raccontò che l’aveva fatto con l’amico di famiglia quando aveva 13 anni.

Lui si mostrava gentile ed affettuoso con lei e le sue gentilezze le piacevano. Talvolta si sedevano in salotto a chiacchierare e lui le faceva tanti complimenti. Le diceva che era una bella ragazza, che si era fatta grande, le chiedeva se i ragazzi la corteggiassero, se avesse un ragazzo, poi man mano cominciò a fare apprezzamenti sul suo corpo, sulle sue gambe, sul suo seno che era già formato.

Lei provava piacere quando riceveva i complimenti e contemporaneamente provava attrazione per lui. Mi raccontò che il suo sesso vibrava quando si trovava vicina a lui oppure la carezzava sul viso o sui capelli.

Poi cominciò a carezzarle il ginocchio, la gamba e man mano saliva sotto la gonna verso il sesso. Lei lo lasciava fare perché il contatto della sua mano le piaceva. Si eccitava quando le diceva che aveva delle belle coscette e che il fiorellino che c’era in mezzo alle sue gambe doveva essere bellissimo.

Una volta sempre in salotto il suo dito si mise ad accarezzare il suo sesso attraverso le mutandine.

Alcuni giorni dopo, in un fine settimana in cui c’era un ponte, chiese alla mamma il permesso di portarsela nella sua villa al mare e la mamma acconsentì.

Durante il viaggio in macchina fu più esplicito. Le chiese se prendeva la pillola e mia sorella rispose di sì. Le chiese se avesse già fatto sesso e mia sorella rispose di no. Poi cominciò a carezzarle le gambe … a mia sorella piacevano molto le sue carezze … quando le disse di allargare le gambe lei le allargò … lui prese a carezzarla lì … mia sorella provava molto piacere ad essere carezzata lì …

Si fermarono a pranzare al ristorante e poi proseguirono il viaggio. Ad un certo punto le chiese se voleva fare l’amore con lui e mia sorella rispose di sì.

Arrivati alla villa al mare … disse che era stanco e che voleva riposarsi durante il pomeriggio … le chiese se voleva riposarsi anche lei … se voleva mettersi a letto assieme a lui …

Quando si misero a letto la prese tra le braccia e cominciò a baciala sul viso ed anche sulla bocca … mia sorella ricambiava i baci … poi le tolse la maglietta e cominciò a baciarla sul petto … baciava e leccava le sue tette … poi le tolse le mutandine e si mise a baciarla sul sesso … e oltre ai baci le leccava anche il sesso … mia sorella provava molto piacere … alla fine fecero l’amore …

Per tutti e tre i giorni fecero sesso molte volte, e i giorni volarono in un baleno.

Chiesi a mia sorella se avesse provato dolore. Mi disse solo poco, lui era stato delicatissimo.

Chiesi anche se le fosse piaciuto. Mi rispose moltissimo.

Nella mia mente notai che malgrado io avessi 13 anni lui non si comportava con me come si era comportato con mia sorella. Mai, durante i nostri discorsi c’era stato un complimento o una carezza. Facevamo soltanto dei discorsi interessanti e mi spiegava tantissime cose, tutto ciò a me piaceva moltissimo.


45

Tredici anni, seconda media.

Ero in seconda media ed avevo compiuto tredici anni. Continuavo ad andare regolarmente ogni due mesi dalla dottoressa, ma nessun accenno di mestruazioni si era ancora manifestato. Nel frattempo mi stavo sviluppando in altezza: ero una delle più alte della mia classe.

Continuavo a divorare uno dopo l’altro i libri di mia sorella.

Rovistando nella libreria di mia sorella scoprii che dietro i libri tenuti da lei bene in ordine uno accanto all’altro c’erano altri libri nascosti. Spulciando scoprii che erano libri con argomenti erotici. Di uno in particolare avevo sentito parlare: “Cinquanta sfumature di grigio”. Presi il primo volume e cominciai a leggere.

L’argomento mi interessò subito.

In genere mia sorella terminato il pranzo usciva per conto suo, qualche volta si tratteneva e poi usciva assieme a mia mamma ed all’amico. In queste occasioni avevo notato dalla finestra che mentre la mia mamma si allontanava con la sua macchina mia sorella saliva sulla macchina dell’amico.

Lui frequentava la nostra casa regolarmente due o tre volte la settimana. Arrivava subito dopo il pranzo e si intratteneva con la mamma. Qualche volta si fermava a parlare con mia sorella e di tanto intanto bussava alla porta della mia camera e mi invitava ad andare con lui in salotto a chiacchierare. Le nostre conversazioni spaziavano sugli argomenti più vari, talvolta anche scientifici e per me erano molto interessanti.

Un pomeriggio, mentre ero nella mia camera che studiavo, la mamma aprì la porta e disse:

- Ciao, noi stiamo andando via, sei rimasta sola a casa – e insieme uscirono.

Poco dopo suonò il citofono, chiesi “chi è?”

- Ciao, sono io, ho dimenticato il borsello …

Aprii. Entrò e disse:

- Forse è nel salotto … - Nel salotto non c’era, e neanche nel soggiorno. - Forse è nella camera da letto … - disse.

Si diresse verso la camera da latto, aprì la porta ed entrò. Era sulla toletta ed andò a prenderlo.

Io ero rimasta davanti alla porta, ma immediatamente notai il letto della mamma completamente disfatto. Lui, uscendo, si rese conto che io osservavo il letto.

Chiuse la porta, mi prese per mano e mi portò in salotto. Mi fece sedere su una poltrona e sedette sul divano. Dopo un po’ di pausa disse:

- Vedi, noi grandi abbiamo determinate esigenze …

- Lo so.

- Sì, noi grandi abbiamo certi bisogni …

- Sì, so tutto …

- Sai tutto … cosa?

- Di te e della mamma …

- Cosa sai di preciso?

- Che tu e la mamma fate sesso.

- Chi te lo ha detto?

- Nessuno. Non sono una stupida. Quando non c’è papà vi chiudete assieme nella camera da letto … uscite sempre assieme …

- Sei arrabbiata? …

- No. Non sono arrabbiata. Capisco le cose … Non hai detto che voi grandi avete determinati bisogni?

- Sì, è vero, abbiamo determinati bisogni …

- Non solo voi grandi, anche i ragazzi hanno determinati bisogni.

- Cosa intendi dire?

- Non fai sesso anche con mia sorella?

- Come lo sai?

- Vi ho visti in salotto, tu la carezzi e la baci …

- Sei molto sveglia per la tua età … sei molto intelligente … ti dispiace che io faccio sesso con la tua mamma e … con tua sorella?

- No, non mi dispiace.

- Ci capisci?

- Si, vi capisco.

Restammo un poco in silenzio poi disse:

- Hai una intelligenza molto sveglia per la tua età … capisci molte cose … ora devo andare … scusa … ciao …

Si alzò, mi fece una carezza in testa ed andò via.

Tornai nella mia stanza e ripresi a studiare.


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