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Post - ectobius

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Altro / Pomidoro
« il: Aprile 30, 2013, 11:28:57 »
In una delle mia incursioni nella Puglie, anni fa, incontrai un amico, che ha una “masseria”, e che mi invitò a passare una giornata in campagna. Di solito produce solo grano duro, ma quell’anno  provava per la prima volta a coltivare un vasto appezzamento a pomidoro. Avevano approntato un sistema di irrigazione a goccia, ed avevano piantato in filari la piantine. Piccole, ma non tutte sane: di tanto in tanto una appassiva. Il mio amico ne estrasse una dal terreno e mi fece notare una piccolissima larva rossa che si infilava nelle radici, ma aveva già provveduto ad immettere nel sistema di irrigazione il veleno giusto. Dopo qualche giorno dal rientro gli telefonai per sapere come era andata: “Il vermiciattolo rosso sgominato”. Ma doveva ora vedersela con un altro parassita ed aveva già provveduto col veleno giusto. Continuai ad informarmi ed ogni volta c’era un parassita ed un veleno.
Arrivò il tempo della raccolta ed ero veramente incuriosito:
“Allora come è andata?”.
“ Un prodotto stupendo!... Ha un solo difetto: è tossico!”.

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Altro / Re:Il ponte
« il: Aprile 30, 2013, 11:10:04 »
Ni, sei fantastica! Leggi tutto e attentamente e mantieni vivi i dibattiti. Siete tutti fantastici qui.

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Altro / Il ponte
« il: Aprile 28, 2013, 11:07:17 »
Ogni settimana passo due giorni a casa, “il” uichent!... oppure è più corretto “lo uichent”… Boh! Ma ora c’è il ponte, venticinque aprile, e i giorni sono quattro, ma non mi dedico più al taglio dell’erba, che pure in altri tempi era un buon passatempo del uichent.
Non la taglio più l’erba! ché nel prato sono germogliati dei papaveri rossi che non se ne vedevano più da tempi immemorabili, i papaveri rossi che erano stati bruciati dai diserbanti portati dal vento. Non taglio più niente! Poi raccoglierò i semi dei papaveri e il prossimo anno avrò un prato con più “mille papaveri rossi...  a far veglia”... chiazza di sangue sul lamento della terra...
E per quattro giorni guardo i miei papaveri e la parete di fronte allo scrittoio con un libro in mano fingendo di leggere, mentre  penso ai soffioni di sabbia del terremoto che mi hanno portato i papaveri... il terremoto festa dei papaveri e la voglio dedicare ai morti, a tutti quelli che hanno sacrificato le loro giovani vite per farci recuperare dignità. I morti che non si commemorano con carri armati e frecce tricolori sulla via imperiale per via del regime di austerità! Ma la festa c’è stata qui da me,comunque e intima, guardando questa chiazza di papaveri rossi di sangue, mentre un vecchietto, internazionalista comunista, ma migliorista e festaiolo, poneva annoiato una corona Aveva altro a cui pensare, il vecchietto... eppure gli piacciono i carri armati (già dal’56) con i soldati italiani che si rifanno la dignità sui campi di battaglia, o mitragliando da una petroliera.

E di regola, dopo i uichent, il lunedì, mi dedico allo sport in voga Pedalo! Per mantenermi in forma Speranzoso e vivo Perbacco!
Sulla strada e faccio girare veloce i pedali. Ma non procedo! 
Sono sempre lì!, eppure pedalo e sono in corsa perpetua Una gara! che mi si dice si svolge da sempre, dagli albori della storia… gara seria, altrettanto seria che una corsa nei sacchi.
Tramonti di fuoco sul ciclista in gara, sbuffante in bicicletta e senza avanzamento di un metro. Concreto vivente e reale! Purtroppo reale!... e pedalante! e partito insieme ad tantissimi altri concorrenti... giovani e anche meno giovani al segnale di via con colpo di pistola... alla tempia. E, infine?... ve lo voglio proprio da dire! che questo Paese è destinato a scomparire!, mi è stato assicurato!... anzi, questo Paese non c’è già più!
Intorno a me, davanti e dietro, altre biciclette in corsa... e non sono in grado di dire se al momento sono in testa... o ultimo... o chissà!... eppure mi affanno.
Numerosi passanti sulla strada non lasciano libero alcun varco, si muovono lenti e disinteressati, e anche attraversano sbadatamente fuori dei passaggi pedonali senza tuttavia essere di intralcio.
Strana o non strana, questa gara... Beh! in qualche modo è in svolgimento, e comunque bisogna continuare a pedalare. Ce la metto tutta!... Ma... PFUiiiiiiiiiii!... la gomma anteriore si è afflosciata Ineluttabile!
Il meccanico zoppo in camice bianco al lavoro sulla camera d’aria forata che è mica una foratura da poco!... tuttavia a suo parere riparabile.
Lavora con lena, parlando, o forse solo quasi mormorando fra sé e sé.
“... Non strafare e non cadere!... buona fortuna!”.
Uscito quasi in corsa, inseguito dallo sguardo degli altri in attesa con le gomme sgonfie, fiduciosi in chissà quale miracolo, pronti a continuare per chissà quale gara pur con gomme sgonfie.
Ma...BOoouum!... Plaff!... un’altra gomma è scoppiata che nemmeno lo zoppo potrebbe più riparare..
Niente più da fare!... La caduta irrimediabile! rovinosa!... Rassegnarsi!
Inutile!... Inutile fare altri tentativi!... Altre cadute!... Oramai... la sfiga?
Il sole è calato e nella penombra grigia si muovono solo ombre intorno a me che ancora assurdamente indosso e sfolgoro gli sgargianti colori della improbabile divisa di ciclista in gara Risalto come in rilievo su una fotografia in bianconero.
Devo togliermi da questa condizione... eclissarmi... da tutti... e che non se ne parli più! Tutti fuori... ci si imbottiglia!... piove come dio la manda... diluvia!... si alza il vento, l’acqua picchia... acqua, acqua, acqua!... Lampi accecanti perforano l’oscurità fitta affollata di ombre in cerca di riparo… Macché riparo!... qui gocciola tutto... gli alberi, i tetti, le grondaie... torrenti, fiumi... l’acciottolato divelto... Di quando in quando un albero si piega, cade, e via!, inghiottito anche lui dalla corrente… Sbarramenti, dighe, laghi... si nuota!... Brividi, tosse, catarro!... Sconquasso e melma e merda… Via profumi lucciole e farfalle… e
Volano via anche i miei papaveri rossi... Puzzo di fogna!
Morte!




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Presentazioni / Re:Sono ectobius
« il: Aprile 26, 2013, 16:12:19 »
L'avevo già spiegato. L'ho scelto perché è un insetto innocuo, non aggressivo, fragile, ma allontanato… del resto anche Kafka ne fece il personaggio di un racconto, e a questo personaggio forse un po' mi sono immedesimato. Poi i Beatles...

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Altro / Re:Bajram
« il: Aprile 26, 2013, 16:01:25 »
Grazie Ni.
E’ grande il tuo amore per la lettura e la scrittura. E sono in tanti, questo sito e fuori gli amanti della cultura… ma perché questo Paese precipita… nonostante?

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Altro / Re:Ciao
« il: Aprile 26, 2013, 15:58:00 »
Quanto è triste, e quanto poco basta a far svanire i sogni.

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Altro / Bajram
« il: Aprile 26, 2013, 08:27:56 »
Una volta c’era l’Albania misera di Hoxa… che era una prigione per lavori forzati e si passava dopo il lavoro con la gavetta per un mestolo di brodaglia di cavolo in cui navigava qualcosa... sufficiente a sopravvivere E tutti piegavano la testa rassegnati.
Non era il massimo della felicità, ma tiravano avanti… e tutto tranquillo… non si sa bene come.
Ma anche i più crudeli tiranni si rendono conto che c’è un limite e, per non superarlo, dovranno pur offrire qualcosa: la soluzione classica del “panem et circenses”. La conoscono da sempre, questa soluzione: quanto meno panem c’è, tanto più circenses devi dare.
Ma, poiché scarseggiavano i mezzi in quel paese poverissimo, pensarono bene di affidarsi alla televisione per divertire i sudditi, a gratis… e c’era quella italiana di televisione, là a due passi. Così che i poveracci si ritrovarono nelle baracche il miraggio del paese dei balocchi, fatto di arricchimenti facili che bastava rispondere a quattro cazzate e ti cadeva addosso una pioggia di zecchini d’oro. Un paese dell’ abbondanza, di luci,  donne belle e disponibili, e... “allegria allegria!”.
Impararono anche l’italiano per meglio drogarsi.
E se ne innamorarono… perdutamente… del paese dove non si lavorava e dove erano tutti ben nutriti e lustri, e dove anche gli animali mangiavano bocconcini di carne ben condita da far arrivare fin nelle loro baracche il profumo di buono a tagliare il puzzo di cavolo stagnante. Come non avrebbero potuto?… innamorarsi.
E appena ebbero la possibilità di uscire di casa, si riversarono tutti sulle coste del “bengodi”, gli albanesi, ché almeno una ciotola di bocconcini per cani glie l’avrebbero messa sotto il muso a chi arrivava ai verdi pascoli. Donne incinta, vecchi, bambini e giovani forti e decisi, come mandrie di gnu in migrazione, spingendosi… chi ce la fa ce la fa… e qualcuno ci rimase a bagno, a metà strada.


Bajram!

Sollevarlo così in alto e con tanta facilità... non ci poteva credere!
Sollevare un bestione di quella fatta!
Continuava a salire come una piuma sotto la spinta dalle sue braccia levate il televisore... lento nel cielo pulito e gorgogliante.  Blu blu blu!
Il televisore enorme quanto un edificio sale Va Raggiunge e spaventa uno stormo di uccelli stridenti Vola ancora più in alto, fin quasi al falco che fa la ruota sulle ali larghe, le piume dispiegate e ferme... e che lo fissa con apprensione In lenta parabola, infine, precipita su un sasso Emette un gemito Qualche scintilla Sfrigola Rimbalza Scoppia!!
BANG!!! BAANG!!!
E volano in alto giacche a righe rosse con il bavero rosso e lucido.
E scarpe da tennis Nike... telecamere... facce e profili di soliti stronzi...  veline… 
Stracci!!
Ad imbrattare la luce blu del suo bel cielo.
Tutto poi cade volteggiando... al rallentatore.
E BAANG!!! Un nuovo scoppio! 
Fumo e volo di giacche a righe rosse e stracci che ricadono… lenti.
E BANG! BAANG!!!...
E ancora!...

È sveglio! Ed è la porta del casolare che sbatte violenta come tanti scoppi al soffio di uno sgarbato e caldo favonio, che ad intervalli gli scudiscia il viso in una carezza infuocata ed iraconda…
Bang!... BAANG!...

E’ solo nel casolare semidiroccato.
Sono usciti tutti prestissimo a raccogliere pomodori Piegati sotto il sole impietoso... duemila lire l’ora, esclusi vitto e alloggio.
E lui!
Da due giorni non lavora.
Affossato nel materasso pulcioso, scosso da brividi e febbre.
Questa mattina si sente meglio e con gesto annoiato e stanco si è levato sul materasso umido… Sudato, ma calmo, ché non si risvegliava da un incubo… Il sogno, anzi, lo lasciava, nonostante la condizione, rinfrancato e soddisfatto come  da eseguita vendetta.
Restava accoccolato sul materasso, lo sguardo assente fisso alla parete ove si proiettavano come su uno schermo i suoi monti… il suo cielo blu… Ristava come in una trance, finché la nota bolsa di un gallo, strillata dall’aia con un canto simile ad un singulto rattenuto, non lo riportò alla realtà.
E il ronzio di una mosca, un abbaiare lontano, lo squittio di un topo... come sanguinose ingiurie di un nemico invincibile.
Il suo cuore ebbe un sussulto e la nostalgia lo intenerì fin alle lacrime.

Era solo e maleodorante.
Ogni speranza e sogno erano ombre sformate ed opache che si rincantucciavano, immoti fantasmi, sulle pareti scrostate e negli angoli bui della sua coscienza che erano in tutto simili alle pareti della misera catapecchia infuocata.
Basta!   
Sarebbe andato in città e si sarebbe dichiarato clandestino… magari lo avrebbero curato in un ospedale e poi lo avrebbero riportato a casa.
Prese la sua roba, il saccolo con la giacca a righe rosse, e se ne partì tutto solo come un cane frustato sulla strada polverosa dalla masseria  verso la città… deciso!
Il saccolo di tela grezza contenente la giacca sotto il braccio Partiva senza nessun saluto Nessuna voce amica di commiato che lo sgravasse per un minimo dalla pena.
Solo! su una strada perduta, sconnessa, senza traffico e senza l’ombra di un albero… e il sole implacabile!... la strada che conduceva alla lontananza ostile, la terra incognita della città… regno della più triste realtà… impero di morte.
Ai lati, i campi arsi e gialli erano un immenso sudario steso sulla grande pianura e davano la sensazione come di attraversamento di un deserto di sabbia… e c’erano la sete del deserto e anche i miraggi a bucare i suoi occhi cisposi e secchi.
Sulla vasta pianura, una calma ossessionante e un silenzio corrosivo si allargavano fin oltre il tremulo orizzonte, in una profonda nota di tristezza...  la testa frastornata! Gli sembrava di essere fuori dalla vita in un’ebetudine molle che solo il forte improvviso dolore dei crampi ebbe il potere di dissolvere.
La stanchezza lo inchiodava al suolo. Seduto su un mucchio di ghiaia, cercava un po’ d’erba da succhiare che gli calmasse la sete. Invano lo cercava un po’ di refrigerio, e trovava solo aride sterpaglie.
Raccolse un sassolino, lo spolverò strofinandolo sul pantalone e lo succhiò Gli fece bene!
Con uno sforzo di volontà si levò, mise il saccolo in spalla e biascicò una preghiera… lui che non aveva mai pregato!

Giunse in città che aveva un nodo troppo grosso alla gola ed un gran peso sullo stomaco… un sudore freddo gli gocciava dalla fronte… un pallore mortale gli sbiancava il volto.
Approfittò di una fontana per bere e dopo poco vomitò E già gli si annebbiava la vista e i crampi avevano ripreso a trafiggerlo come una lama… non gli davano pace!
Si trovò a passare nei pressi di un supermercato.
Non possedeva una lira, ma vi entrò lo stesso.

Tutti!... ogni sera riuniti intorno al desco di minestra di erbe e patate… lo schermo che fa il suo mestiere di seduzione fin nelle pubblicità dei cibi per cani e gatti… sugosi bocconcini di carne che danno l’acquolina E poi lustrini, giacche sgargianti a righe Belle donne… e i quiz!
I quiz soprattutto!, che distribuiscono danaro a larghe mani su risposte a domande sempre più cretine alle quali tutti, e Bajram in particolare, sono in grado  di dare risposte pronte e sempre esatte. Hanno anche inviato lettere, proponendosi per il gioco.

“Cosa ci facciamo noi qui con la solita minestra da fame?”.
Che, a dire il vero, non era proprio fame, ma piuttosto una cronica insoddisfazione che è solo improprio surrogato della fame; ma loro se lo chiedevano lo stesso in questi termini approssimativi.
Ed era comunque una fame!
Tutti avevano imparato la lingua da quella scatola… Bajram anche l’aveva studiata, la lingua… aveva studiato anche il latino, Bajram! Parlava alla perfezione l’italiano.
Continuava a ripeterselo, Bajram!:
“Cosa ci faccio ancora qui?... a minestra d’erbe! E lì c’è Lamerica! A due passi!” E un po’ tutti in famiglia capivano ed erano disposti ad aiutarlo con i risparmi che ogni povero mette da parte per un futuro da sempre incerto… e lo incoraggiavano e gli davano consigli:
“… Se nutrono cani e gatti con quel ben di Dio potranno mai negare a te una bistecca?... E poi andrai in televisione e li sbancherai Tu Bajram!”.

Ed ecco il supermercato!
Magari una scatoletta! di bocconcini di carne  per gatti… ricca di calorie!... Un furto da niente!
“Potrei venire a pagarla dopo quando avrò guadagnato qualcosa”, pensò, ed entrò deciso.
Trovò lo scaffale… una scatoletta… piccola… ed anche qualche biscotto?... sì, un pacchettino di biscotti per cani!
Un pasto sufficiente a calmare almeno i crampi.
“Ma sì, li prendo e chi s’è visto s’è visto!”.
Ed è la telecamera che lo ha visto!

E si facevano progetti:
“… non ci devi arrivare vestito di stracci Affollato su una marcia carretta del mare che immediatamente ti prendono, ti chiudono in un campo di calcio e ti rispediscono a casa… E Lamerica manco l’avrai vista… Tu, Bajram!, Lamerica devi conquistarla!”.
E Bajram era un ragazzo, e ci credeva!
Si recò a Valona.
Glielo assicurarono Sarebbero salpati in gommone con mare calmo… solo in pochi e selezionati… non sarebbero stati notati allo sbarco su una spiaggia. Con facilità si sarebbero mimetizzati, purché vestissero all’italiana Abiti puliti e padroni della lingua Insomma, dovevano farsi passare per italiani!... Ne avevano traghettati già tanti, e tutti avevano fatto fortuna… Certo costava qualcosa in più!, ma…
Bajram annotò la cifra.
Si fecero e rifecero i conti in famiglia: il traghettamento… la giacca a righe rosse con risvolti rossi e lucidi… taglio dei capelli all’italiana… scarpe da tennis Nike… Tutti i risparmi, andati!
Ma aveva provato gli indumenti ed era perfetto! Proprio un italiano!... Elegante!
Ci furono anche applausi.

Sbarcarono su una spiaggia isolata che era appena sera:
“Cambiatevi gli indumenti e allontanatevi… ma non in gruppo… uno per volta… Alla strada troverete delle auto che per cinquemila lire vi porteranno lontano in città… Buona fortuna!”.

Bajram aveva indossato i suoi improbabili abiti all’italiana… aveva incontrato il tassista abusivo che gli aveva chiesto seimila lire… aveva contrattato... con soddisfazione aveva chiuso per quattromila ottocento lire. Ne era uscito molto soddisfatto! Pieno di fiducia, nonostante le scarse residue risorse finanziarie.
Arrivò in città che i negozi erano ancora aperti e le vetrine illuminate… una doccia di luce!... Lo entusiasmavano.
Molti si giravano a guardarlo… certamente ammiravano la sua improbabile eleganza ed egli ancor più si dava tono, impettito nella sua giacca a righe rosse e risvolti lucidi.
In un bar! 
Lo guardavano… qualcuno sfoderò un ghigno ironico.
 
“Un AMARO LUCANO, prego!”
“Non ne abbiamo!”
“Un VECCHIA ROMAGNA ETICHETTA NERA!”
“Quello che crea un’atmosfera?”
“Sì, quello!”
“Non ne abbiamo!...”.

Non era uno stupido, Bajram! Uscì dal bar e la prima cosa che fece fu di togliersi l’improbabile giacca. La mise nel saccolo di tela che conteneva i vecchi indumenti della traversata, mentre dalla strada intravvedeva nel bar il gruppo vociante che si sbellicava dalle risate, dandosi gran pacche sulle ginocchia.
La serata era calda.
Passeggiò stancamente Infine si sdraiò su una panchina e si addormentò. Ed era già mattino quando un poliziotto lo svegliò punzecchiandolo con un manganello e lo invitò ad allontanarsi. Poi stette lì fermo a seguirlo con sguardo perplesso, il poliziotto.

L’alloggio era un casolare semidiroccato con alcuni materassi pulciosi direttamente sul terreno e senza luce, né acqua… gli sarebbe costato cinquecento lire al giorno, e c’era uno spaccio gestito dal caporale, ove era possibile acquistare da mangiare a credito sulla paga.
Il lavoro!
Dieci ore al giorno nei campi a raccogliere pomodori sotto l’occhio vigile del caporale E, delle dieci ore, solo otto sarebbero state retribuite; le altre due erano per il caporale.
Bajram poté lavorare solo tre giorni, poi fu preso da questa febbre. E il caporale, che prendeva una percentuale anche sulla quantità di prodotto raccolto, non lo volle più nel campo a causa dello scarso rendimento… e anche lo spaccio non gli faceva più credito.

“Dove credi di andare, tu?... Vié un po’ qua, tu!”.
Oh, quale vergogna!
“Sono uscito senza portafoglio… sarei ripassato a pagare dopo… Ecco! Ho preso questo”, disse E pose nelle mani dell’uomo i due prodotti rubati: la scatoletta e i biscotti per cani.
Il vigilante lo guardò bene in viso e si bloccò… incerto… non profferiva parola. Il misero bottino sulle palme delle mani aperte Indeciso.
Bajram disse che sarebbe ritornato più tardi, e si allontanò Il vigilante immobile lo vedeva allontanarsi e confusamente pensava:
“In quelle condizioni! Pensare al cane da sfamare…”.
Una signora anziana lo incitava a catturarlo:
“Questi pensano che tutto gli sia dovuto… anche per i loro cani… deve essere albanese… quello lì!”…
Però nessuno ebbe il coraggio di inseguirlo E Bajram si allontanava con passo reso meno incerto dalla scarica adrenalinica.

Come avesse trascorso quella giornata non lo ricordava.
Il suo cervello era solo per il presente… immediatamente dimenticava ogni cosa.
Aveva vagabondato Si era seduto su qualche panchina Forse si era anche addormentato.
Riprese un barlume di coscienza che il sole era ormai al tramonto… un tramonto rosso di sangue E riuscì a pensare:
“I miei monti sono dall’altra parte… se cammino con le spalle al sole arriverò al mio paese”.
Ma non voleva rientrare coperto di stracci.
Aprì il saccolo di tela grezza e indossò la sua bella giacca a righe rosse con il bavero lucido Ma tutto si confondeva nel suo cervello e due ombre confusamente si materializzavano nel silenzio di quel tramonto di fuoco: follia!… morte!
Raccolse tenace le residue forze e si incamminò verso oriente.
Quanto gli ci volle per raggiungere la spiaggia!
Già gli ultimi trasparenti bagliori di fiamma incrinavano l’orizzonte Un silenzio sospeso Un passo felpato di silenzio.
Sul cielo ballonzolavano nembi che sull’estremo limitare dell’orizzonte disegnavano una cortina compatta che avanzava e si stemperava nello spazio, abbozzando in linee di impalpabili chiarori la svelta sagoma dei suoi monti Apparivano scacchi di fiumi azzurri tra grovigli di nembi ad assorbire gli ultimi sprazzi del sole calante.
Al di là della vasta distesa delle acque gli sembrava di veder occhieggiare rade costruzioni, trame di luci su cucuzzoli fantasiosi di monti e, sui cucuzzoli, paesini pittoreschi come presepi osservati dal sonno vigile di animali sospettosi nella vallata.
L’ansia gli gonfiava il petto e gli mozzava il respiro mentre la notte  si apprestava ad inghiottire uomini e cose.
Bajram avanzava nelle acque.

Nell’incerta luce del dilucolo, in fila distesi sul bagnasciuga corpi coperti da sudari di stracci… un carabiniere monta la guardia ai cadaveri e fuma annoiato… un refolo di vento solleva uno degli stracci e mette in mostra la manica di una giacca a righe rosse con all’estremità  una mano aggricciata come un ramo secco.

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Pensieri, riflessioni, saggi / Re:Aretino è pazzo!
« il: Aprile 25, 2013, 09:37:05 »
Ripensandoci!
Mica tanto a sproposito la battuta: in una società massificata, alienata ed alienante chiunque si metta fuori è quantomeno considerato originale… poi  le sfumature dello strano, strambo, del mica tanto giusto, fino a testa pazza. Insomma uno da ascoltare con sorriso di compatimento, per qualcuno anche da evitare… per fortuna non ci sono più i manicomi.

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Pensieri, riflessioni, saggi / Aretino è pazzo!
« il: Aprile 24, 2013, 10:57:14 »
Aretino è pazzo!
“Pazzo come Aretino!”, divenne un modo di dire. Ormai antico e dimenticato,  finché un’imprevista battuta, buttata lì, peraltro a sproposito, me lo ha recuperato da bassifondi di memoria.
Un fossile sepolto: “Aretino è pazzo!”
“ Pazzo come Aretino”.
Aretino!
Ricordo pallido… depositato e dimenticato.
All’epoca ero ancora meno di un ragazzo, ma già, per naturale istinto, percepivo che quell’etichetta appiccicata a quel giovanotto, Aretino, era un doloroso atto di ingiustizia Ed ero anche cosciente di essere del tutto impotente ad oppormi, per quel che poteva valere una mia tesi opposta, al senso comune.
Solo avvocato di cause perse. 
E così Aretino venne rapidamente depositato in una zona muta del mio cervello, nella soffitta di memoria, sepolto dalla polvere fino a questo richiamo. Non l’avevo più pensato, Aretino, che ora salta fuori, e si impone come  personaggio da ripensare Il giovanotto che all’epoca, per tutti era quasi meno che niente… solo un fastidio per i parenti più stretti che davano volentieri notizia di stranezze.
Per tutti un pazzo!
Eppure io, forse il solo, intuivo, e pensai che forse Aretino era solo un qualcuno che si distingueva, uno fuori della massa. E sospettavo che certamente molti altri in quel paese, in quella ristretta società dominata da piccoli borghesi, dovevano soffrire dello stesso male, ma preoccupati solo a nasconderlo.
Aretino fu, per me almeno, quantomeno un “pazzo intelligente”.
Non avrei dovuto depositarlo nel profondo oblio, ma ero meno che un ragazzo. Comunque in qualche modo si era insinuato, quasi a mia insaputa, e a forza, nella mia coscienza… altrimenti  perché una battuta…?
Le generazioni si sono susseguite, eppure rieccolo!
Seduto da qualche parte senza disturbare, Aretino ancora può chiedere che si racconti la sua storia… e ancora qualcuno, nella quiete del tempo trascorso, è disposto a riabilitarlo, a fare tardivamente giustizia.
Ci sono io! col mio istinto… anche se ricordo così poco.
So che era bello e forte e intelligente e colto e buon studente universitario (di medicina mi sembra) E che fu vittima della sua stessa intelligenza e cultura che erano fuori posto nell’ambiente dove era obbligato a vivere: circondato da un’orda di piccoli borghesi benpensanti e ignoranti e esaltati e feroci Come stipato in una gabbia.
Era diverso!… e quindi pazzo. Ma nella sua breve vita indiscutibilmente si è guadagnato quantomeno la dignità di personaggio letterario.
E ci sarebbe tanto da scrivere in sua riabilitazione… ah, se avessi più notizie e ne fossi capace.
Morì giovane e in piena salute.
Di morte naturale, si disse, e non so se a casa sua o in un manicomio.


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Pensieri, riflessioni, saggi / Re:volgarità e malessere...
« il: Aprile 24, 2013, 09:00:36 »
Un tempi tragici per questo nostro povero Paese, facevano circolare fra i giovani un motto: "LIBRO E MOSCHETTO", e sappiamo come finì. Ancora oggi sono tempi tragici e ai giovani bisogna consegnare un nuovo motto: "LIBRO E PENNA", e speriamo che, infine, possa andare meglio.

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Pensieri, riflessioni, saggi / Re:volgarità e malessere...
« il: Aprile 23, 2013, 12:04:19 »
Ciao Haans, sono felice che tu sia qui con noi e con quella che tu definisci deformazione professionale. Tu ti scusi per questo, ed invece io credo che la tua esperienza in un campo così vasto e delicato costituirà un arricchimento ed uno stimolo per tutti noi a riflettere e soprattutto a scrivere, oggi che la maggioranza comunica solo con telefonino e brevi frasi di SMS con orrende abbreviazioni dei vocaboli. Se poi si è obbligati a scrivere un biglietto a mano per una comunicazione, diciamo d’ufficio, non si va oltre lo stampatello ed è già tanto se non compaiono refusi. Al proposito, dovrò presto regalare qualcosa ad un nipote che avrà la prima comunione e, a costo di sfiorare il ridicolo (tutti regalano un aggeggio elettronico, che magari già hanno, ma che sia di ultima generazione), io invece ho pensato ad una bella penna stilografica. Naturalmente spiegherò il significato con la speranza che venga seriamente recepito e provi a comunicare di quando in quando con qualcuno, scrivendo magari in corsivo.
Sono d’accordo con te nel rifiutare lo scrivere insulti o volgarità, ma è tale l’amore per la scrittura che… quasi quasi posso sopportarlo.

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Letteratura che passione / Re:Céline
« il: Aprile 20, 2013, 08:02:40 »
Ni, devi assolutamente leggere "Morte a credito".

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Letteratura che passione / Céline
« il: Aprile 19, 2013, 08:30:20 »
Era stato dimenticato, Céline!
Ma dopo gli anni di oblio, si è stati quasi costretti a parlarne, di Céline, perché dopo di lui nulla poteva rimanere come prima nella narrativa, bisogna riconoscerlo! Tanto che a me sembra di reperirne le tracce addirittura un po’ in tutta la narrativa più recente.
Ma imbarazza ancora Céline?
Forse non più!... Ma?... Chissà!
Il pur tollerante Pasolini, recensendo una delle ultime opere di Céline, ebbe a dire (e siamo già agli anni settanta) che:

“la comoda dissociazione [per cui risulterebbe] immorale giudicare uno scrittore dalla sua ideologia e dai fatti della sua vita [...] andrebbe ridiscussa”.

Per Céline il mondo è inferno: inferno e inferno e nient’altro! ed egli se ne fa coscientemente parte integrante Non per non vederlo più, ma per accettarlo come una condanna senza appello... e soffrirne.
Céline non gioca con l’inferno: butta all’aria le carte, impreca. Sardonicamente ne ride. Bestemmia!

Il mondo, del resto, è spesso stato descritto come inferno da molti scrittori: anche l’insospettabile Italo Calvino, ad esempio, così si esprime in conclusione del suo “Le città invisibili”:

“L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abbiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme.
Due modi ci sono per non soffrirne.
Il primo riesce facile a molti:
accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più.
Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui:
cercare e saper riconoscere chi e cosa , in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.   

Per Calvino, dunque, in mezzo all’inferno c’è qualcosa che inferno non è, e che è da scoprire, da far durare, lasciar crescere con “attenzione ed apprendimento continui”, in un impegno estremamente difficoltoso.

“Viaggio al termine della notte”, il primo lavoro del medico Déstouche, l’ho letto e riletto. 
Céline, il maledetto, ha un disperato amore per la vita, ma prevale l'angoscia di vederla stuprata dalla guerra, dai falsi idoli, dalla modernità, e così solo in rari momenti, si lascia andare ad un pensoso apprezzamento delle qualità dell’essere umano. Poche considerazioni! ma in grado di illuminare la scena e di far chiudere per un attimo gli occhi, quelli di Céline e i nostri, di fronte allo sfacelo in corso.
Un altro elemento, infine, rende gradevole la lettura delle opere di Céline: la originalità della sua prosa fatta di aggiustamenti di ritmo e di sintassi... di lessico popolare attraverso l’ampio uso dell’argot. Ne sortisce uno stile che suona come un parlato e lo scardinamento della lingua e della sintassi hanno del rivoluzionario e rendono il lettore partecipe della desolazione sociale. Il lettore viene come assorbito dalla tragedia umana anche quando avrebbe voglia di chiudere gli occhi sullo squallore dello scenario.
Un linguaggio capace di farsi musica nel ritmo impresso da una punteggiatura fuori d’ogni regola canonica. E’ l’elemento Dionisiaco che va a prevalere sull’apollineo (per dirla con Nietzsche). E, dopo la lettura del “Voyage”, quasi strano a dirsi, nell’animo del lettore permane solo una sensazione Predominante: la commozione!



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15 minuti per creare / Re:La mia notte....
« il: Aprile 18, 2013, 17:11:13 »
Anch’io amo la notte, ma in controcorrente rispetto a voi, ché dalla notte quel che desidero di più è la perdita di coscienza. Spengo la luce e improvvisamente sono in nessun posto. Ma dormo poco, perbacco!
Al risveglio, specie nelle mattine buie di inverno, sono indispettito, e seduto sull’orlo del letto, i piedi penzoloni, il mento sul petto Il tempo sospeso Rallentato Lungo sul silenzio inquietante, ed è l’angoscia che subentra e mi stringe la gola, e risveglia pensieri neri di cose vili e tristi della vita. E non è questo il momento per scrivere.
I piedi nudi li abbasso a tastare il pavimento. Quanto mi ci vuole per trovare le ciabatte!
Poi
le mani poggiate al muro, avanzo incerto barcollante e vado e battere la fronte contro una parete fredda e umida E’ uno specchio nel quale fisso una sagoma. La metto a fuoco e la coscienza lentamente sembra snebbiarsi, anche se ancora non mi riesce di precisare i tratti di quel clown riflesso.
Strizzo le palpebre fino a che lo sguardo non penetri oltre il vetro, oltre la sagoma.
E’ così che lentamente riallaccio la realtà del mattino, mentre l’angoscia sfuma in semplice malinconia... come vorrei che qualcuno venisse a consolarmi. Faccio passare il tempo tra preparazione del caffè, il bagno. Quando dovevo prepararmi per qualche esame era questa l’ora per annullarmi nello studio, e debbo dire con migliori risultati che in altre ore. E finalmente pronto per inoltrarmi nella solita giornata di sopravvivenza senza arte, ed inizio a  rotolarmi distratto nei pensieri, stimolato dalle auto, le immagini di volti assonnati, espressioni… robot, suoni, rumori. Il bambino al vetro dell’auto, sfruttato al semaforo Le mani livide I grandi occhioni. E mi saturo di punti interrogativi e punti esclamativi.

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Altro / Scene da una crepa nel tempo
« il: Aprile 17, 2013, 15:49:23 »
PEEEeee! PEEEeee!

Lo fa precedere all’acuto della sua voce penetrante, il suono della trombetta, il banditore.

PEEEeee! PEEEeee!
                                         
“E’ ARRIVAT’ LU SANAPURCELL’!”

Le donne scendono dai sottani della cittadella
Il maiale al guinzaglio come un cagnolino
Preoccupate! Le donne!
Sanare una porcella è pur sempre un intervento, teoricamente a rischio E perdere un maiale sarebbe una tragedia... Potrebbe significare fame e malattie.
Lu sanapurcelle in piedi col grembiule macchiato di sangue In un angolo appartato di strada.
Una robusta cassetta di legno, un coltello lungo e sottile affilatissimo, aghi con lo spago: la sua sala operatoria.
Le porcelle tenute ferme sulla cassetta Infilava il lungo coltello nel fianco Urla strazianti!  poi le dita nella breccia sanguinante, ed estrae le ovaie
Urla! Qualche donna in lacrime.
Recide Ricuce con lo spago Tutto in pochi minuti e per pochi centesimi. Si tratta dello stesso intervento che eseguito da un chirurgo su una donna certamente vale un patrimonio... e comporta spesso vero rischio di morte, anche, per la donna Ma non per le porcelle gementi riportate al guinzaglio fino al sottano sulle proprie zampe E mortalità quasi assente!

Sanare un porco maschio è cosa più semplice E ci si s’arrangia da soli, senza l’intervento dello specialista.

Ed è ancora il banditore
che rompe la quiete mattutina.

PEEEeee! PEEEeee!

e urla stridulo facendo sobbalzare i neonati in culla 
(che ce ne sono tanti di neonati di questi tempi)

“LA CARRETTA DE LA PUZZA!!”
Urla!
E la precede di un centinaio di metri, la carretta, il banditore In modo che tutti siano pronti sulla porta con il cantero traboccante.
E vicino ad ogni porta il porco legato ad un anello.
La carretta della puzza trainata da un asino.

Il podestà aveva ha emesso l’ordinanza,
(per sensibilità all’igiene? per Pudore?)
e ha dato l’appalto a Luigg’ Che si avvale della collaborazione, oltre che di due asini, anche di personaggi del calibro di Scignone, Vitone e compagni Scelti ed assunti personalmente da Luigg’ che intrattiene con loro i rapporti più distinti e cordiali. Sono stati scelti tra i frequentatori della cantina dello stesso Luigg’, ubicata in un grosso “sottano” nella piazza, a lato della Chiesa Madre.

All’ingresso della cantina, sulla sinistra, il banco della mescita  con i boccali di terracotta e i mezzi e i quartini di vetro. A destra c’è il salone: una ampia grotta con tavolacci di legno e lunghe panche per i poco pacifici avventori.
Al bancone di solito si alternano anche i figli di Luigg’
E dietro il bancone una sorta di voragine nera di scaloni ripidi  porta alla sottostante grotta dove sono allineate, sui lati, le grosse botti di vino paesano.
Luigg’ si fa vanto di avere il miglior vino del paese Ma tutti sono convinti che in quella grotta vi entri anche molta acqua.
Ma è opera di bene annacquare il fortissimo vino della zona, confida sottovoce Luigg’ Per proteggere dalla distruzione di smodate sbronze tanta brava gente… che sono davvero tutti brava gente… garantito!Ma Hanno anche il coraggio di borbottare! Per l’opera di bene di Luigg’.

Nella cantina vengono serviti, a richiesta, anche formaggio pecorino piccante per incrementare le bevute… e pagnotte di pane, per proteggere gli stomaci certamente ulcerosi.E comunque spesso le serate, a causa del vino e dell’abitudine alla zella nel gioco delle carte, finiscono a taccarate.
I frequentatori più assidui della cantina sono i facchini della “caravana facchin’”. E il più famoso e simpatico avventore è Dante. Un omone grande e grosso che abita sulla Cittadella Sempre allegro Che ama raccontare, nelle allegre serate di cantina…e con i particolari più piccanti e stuzzicanti… le mille avventure amorose che a suo dire avrebbe avuto con le donne dei paesi del circondario. Del circondario! Meglio evitare di far riferimento alle avventure con le donne locali! Le deve rispettare, le donne locali! almeno col silenzio del gentiluomo per evitare complicazioni sfocianti sempre in risse furibonde…

“Le donne sono tutte puttane!… eccetto le mamme e le sorelle!”…
Questo è il motto!

(Quale altro posto per fare lo sberleffo al male di vivere, che la cantina di Luigg’?)
(Chiusa la parentesi!)
 
Dunque la carretta!… E’ un grosso cubo di metallo con ruote e stanghe e raccoglie tutta la merda dalla cittadella senza fognature. E dove non può arrivare la carretta, arriva il secondo asino di Luigg’ con due contenitori in groppa che vengono poi travasati nella carretta.
E ne raccoglie di merda!... anche nella parte bassa del paese.
Dai sottani senza cesso.
E’ marrone di ruggine, la carretta, e sembra la trasudi la merda che contiene.
Molta della produzione però sfugge alla carretta Ché si ha per molti l’abitudine di farla all’aperto, la strazzata Nei campi dietro un cespuglio, rischiando l’assalto dei ragazzi.
All'ingresso del campo, a faccia fronte della chiesa della Incoronata, hanno piantato un cartello:

“VIETATO FARE A CESSO”

E quando li wuaglun’, che vengono anche definiti “i delinquenti”... ed sono pressoché tutti i ragazzi del paese... scorgono un gruppo di caganti, che la fanno sempre in gruppo... una specie di rito ad orario fisso, tutti sincronizzati, allora li wuaglun’ levano l’urlo: domanda e risposte.

“CHI TIRA LU SURC’? ”...
“L’ARAT’! ”...
“E FUOCO A CHI CACA!”.
 
E giù pietre!
Loro!
I caganti, i calzoni tenuti sollevati all’inguine con una mano e l’altra agitata a minacciare:
“FIGLI DI PUTTANA!”
 tentano di rispondere a chiancunate.

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