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« il: Luglio 11, 2016, 09:08:36 »
Non sembra che l'idea di postare a puntate abbia avuto successo. Pertanto invio l'intero racconto (un po' lungo) sperando che sia più letto.
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Noi due spossati… col fiatone, il cuore e tutto, ci sediamo fianco a fianco coi piedi nella cunetta e ci parliamo con calma:
“Con quella tuta!... e quella moto!… E poi il foulard... e poi…”
“Credevo di essere elegante!”
“Ma fa’ il piacere!… Dove stai andando?”
“Non so... Vado!”.
I poliziotti hanno sciolto l’ingorgo e ora si accostano a noi che li sentiamo avvicinarsi, ma facciamo finta di niente; continuiamo a parlare tranquilli e quando ci sono vicini manco li caghiamo.
“Ohè!... Bella gente!!...”, fanno loro.
E noi non rispondiamo... ci hanno mica chiesto niente!
“Bella gente!!... Ohè!!”, insistono.
“Ehi!... E allora facci la domanda! Noi siamo qui che attendiamo… Su, fa la domanda!... È mica una domanda l’Ohè!!”.
Avversario, amico? Non so come definirlo ora che mi sembra mica più lo stronzo del dito!... forse siamo amici!
Ma il poliziotto, stizzito:
“Fa mica lo spiritoso te! Cominciate piuttosto a sgomberare la strada… accostate sulla destra i vostri mezzi!… favorite la patente!”.
I mezzi erano ancora piantati lì al centro della carreggiata… i “mezzi”!.
Io.
“Incazzatevi mica!… ce l’abbiamo mica con voi!”
“Ci mancherebbe altro!… Vediamo un po’!... Intralcio al traffico… rissa aggravata… resistenza a pubblico ufficiale... Vi costerà un patrimonio!”.
“Perché avete litigato?”: è l’altro poliziotto, che deve essere del tipo curioso.
“Sai che non ricordo come è cominciata!”, gli rispondo.
L’amico invece spiega… per lui una spiegazione convincente:
“Glie lo dico io!… Sembrava un fighetto... quella moto”... quel foulard...”.
“Volete prenderci per i fondelli?... Vi conciamo per le feste, noi!... Che, se ci mettiamo anche l’oltraggio a pubblico ufficiale, sono trecento euro… a testa!”.
Sembra si stia incazzando sul serio .
“Senti!”, ci faccio io, “Perché non risolviamo tutto con un caffè, al primo bar che ci fermiamo!”.
Una battuta spontanea e sfacciata, venuta su facile e leggera da meravigliarmi da per me, ché di norma ho mica ‘sta faccia tosta e comportamento così menefreghista!
Beh! Voi non ci crederete!, ma i poliziotti non si sono sentiti presi per i fondelli... anzi!... e hanno messo via i taccuini e ci hanno augurato buon proseguimento.
Noi ci siamo stretti vigorosamente la mano.
Allontanandosi uno dei due ha detto:
“Mi piacciono questi tipi”.
“Mi piacerebbe stare un po’ con te!, ma debbo andare!…Purtroppo”.
E nel porgermi un cartoncino:
“Il mio biglietto da visita. Telefonami quando arrivi in città, e vediamoci una volta!… Ci tengo!”.
Lui è partito.
Io sono rimasto lì seduto all’ombra di un albero.
Voglio incontrarlo ancora.
Mi sento leggero e riconciliato con tutto: il tempo che passa lento sotto quest’albero con un nuovo ritmo; si dilata il mio tempo; il mondo si dilata e lo assaporo, questo tempo. Sosto sui minuti… sui secondi… gradualmente mi trovo in un’altra dimensione nella quale mi sposto lentamente… spazio e tempo e universo in espansione!
So mica per quanto ho sonnecchiato!… so solo che ora ho appetito! e forse s’è fatta ora da pranzo!
Alla prima trattoria mi fermo!
Non ho percorso molti chilometri… un piazzale affollato di TIR… Ecco! Sono fortunato!... È risaputo!, dove si fermano i camionisti si mangia bene!
La trattoria:
“Da Sora Carmela - cucina casalinga”
Menu fisso! Prezzo fisso!
Una gargotta!
Poco illuminata e unto dappertutto… unti il pavimento, le pareti e i tavoli di legno... una gran confusione!… un vociare frastornante e risate possenti… e rutti! Vapori che filtrano da una porta in fondo che di quando in quando si spalanca per lasciar passare, giusto di misura, una donna grassa con le portate.
Un lercio bancone del bar, ma dietro non c’è nessuno al momento. Odori indefiniti!… fumo e puzzo di tabacchi di pessima qualità.
Ma ci sono i camionisti!... si mangia bene... garantito!
Hanno davanti dei gran piatti fumanti, i camionisti: tagliatelle rosse di sugo, una montagnola nella scodella!
La signora grassa mi ha visto entrare e mi fa cenno di attendere mentre consegna i piatti a una comitiva sghignazzante.
Mi fa accomodare a un tavolo… da solo!
Apparecchia con un foglio di carta riciclata color ocra; un cestino con del pane a fette; una caraffa con vino rosso sfuso, della casa; un bicchiere; posate di latta.
Menu unico: per primo sono tagliatelle alla bolognese!
“Signora!, per me una porzione ridotta!”
“Sì, ma il conto non varia!”, mi risponde pronta sora Carmela… ci tiene a precisare!
Cerco di rassicurarla:
“Non è questo il motivo!”
Si avvia verso la porta in fondo facendo ballare un culone di rare proporzioni... sodo!... e mentre passa accanto al tavolo dell’allegra comitiva... tutti panzuti e senza collo, di colorito rubizzo… Splaaasc!... una gran pacca sul tafanario che risuona in ogni angolo della sala… e sono risate, scaracchi, rutti.
Lei manco una piega!
Continua ancheggiando fino alla porta e prima di attraversarla molla una scorreggia micidiale che fa vibrare all’unisono e per intero le immense chiappe del suo eccezionale armamentario... e anche vibra tutto l’arredo della spelonca.
E poi ha urlato:
“Alla faccia tua!”.
“Alla tua, e con la buona salute, sora Carmela!... ‘Tromba di culo sanità di corpo’…!!!”.
Scrosciano gli applausi e si levano i bicchieri.
“Grazie, ragazzi!”, risponde la sora Carmela.
Sollevo anch’io il bicchiere per il brindisi e bevo. Ma che accidenti!... ‘sto sorso mi brucia dalla bocca all’esofago allo stomaco… fino al buco del culo Non riesco a trattenere una smorfia e i miei vicini di tavolo l’hanno notata e ridono e urlano.
Sono frastornato! Riesco mica a ben collocarli ‘sti tizi! Sono mostruosi robot, forti ed indistruttibili!
Le tagliatelle che la sora mi ha posto sotto il naso navigano nello strutto fuso; ingoiate scivolano lubrificate; in un attimo sono giù!
Mi aspetto a breve una mossa di viscere.
A metà piatto vorrei smettere ma ho un certo timore della imprevedibile sora.
Però il vino non lo bevo e mi faccio portare una caraffa d’acqua.
“Sono astemio!…”, la rassicuro... ché già mi guarda male.
Poi aggiungo:
“Ne ho bevuto solo un sorso per onorare il brindisi alla sua salute!”
Resta soddisfatta, e la scusa accettata!
I camionisti del tavolo affianco si impossessano del mio vino… e giù!, che mangiano e bevono… Rubizzi gonfi, pressi allo scoppio!
Io lo spezzatino d’asino proprio non ce la faccio a finirlo; sono al limite del singhiozzo e per qualche difetto fisico non ce la faccio a ruttare… che poi qui non dovrei farmi problemi: qui potrei abbandonarmi a qualsiasi rumore corporale... e senza tante cerimonie.
Ora li invidio, ‘sti omoni! Hanno un fisico bestiale questi qui!… e se la sentono alla fine anche di sfidarsi a braccio di ferro!!
Poi, quasi a comando, si sono messi in moto a gruppi, scommettendo sui tempi di percorrenza.
Hanno lasciato il locale.
Tutto finito quasi di botto!
La sala s’è vuotata e sono rimasto solo io che chiedo un caffè: “Non è previsto nel prezzo fisso”, mi fa notare la sora a scanso di contestazioni al momento del conto.
Me lo prepara, e mi chiede se sono rimasto soddisfatto!
“Soddisfattissimo!... perbacco!... dove si fermano i camionisti!… garantito!”.
“Allora vorrà dire che ritornerà… La città non è molto lontana!”.
Ho bevuto il caffè con molta calma al tavolo e ho rifiutato il grappino artigianale... questo generosamente offerto dalla casa.
Tutto artigianale, garantito tossico per un fisico inadeguato come il mio.
Il piazzale è ormai sgombro… ma attendo seduto al tavolo ancora un po’. Poi con calma mi reco alla cassa e pago il prezzo fisso... più il caffè, e senza sconti!:
“Anche se non ha mangiato molto... il prezzo è fisso!”, si giustifica la sora Carmela.
I TIR avranno oramai già imboccato l’autostrada e non dovrei incontrare molto traffico su questa strada secondaria. Sarà una passeggiata confortevole nell’aria tiepida tra il verde dei colli… cipressi dritti, in fila!
La strada è stretta, ma il traffico quasi assente.
Tutta un’ondulazione, questa strada dalle curve dolci.
Di qua e di là campi coltivati, e anche prati fioriti.
Arrivo su un dosso!
In basso ci sono auto ferme!
Un TIR rovesciato… gente in agitazione… non distinguo con chiarezza.
Una luce lampeggiante…azzurra!
Ai lati due immensi prati ondulati: verdi, chiazzati di fiori multicolori, mucche al pascolo.
Non mi ci vuole molto ad arrivare laggiù.
Ci sono e riconosco la ‘machina’: grigia opaca, utilitaria nemmeno ultimo modello!
La “trabant!” del mio amico.
Oddio!... Si sono incontrati qui nel cunettone?… col TIR!… Ma come?... Tornava indietro?... per rincontrarmi?...
Sì, è proprio la sua auto, ridotta a lamiere contorte.
I soliti curiosi si tengono a una certa distanza da un corpo steso sull’asfalto… sono curiosi che guardano.
Due poliziotti fanno misurazioni con un metro e segnano l’asfalto col gesso. Parlano con voce nasale in apparecchi gracchianti.
Le mucche tranquille nel prato che masticano.
Alcune vacche coricate masticano inghiottono, rimasticano… quelle in piedi, pigre nel movimento del collo, fanno vibrare i campanacci.
Pace bucolica!... arcadica. Abbellisco niente!… era proprio così! Scendo dalla moto e voglio avvicinarmi al corpo, ma mi ferma il poliziotto, che mi riconosce anche, ma fa finta di niente. Dico che sono infermiere, e mi lascia passare.
C’è anche quelli della televisione che insistono nelle riprese dei rottami. Tutti uguali i rottami, ma loro insistono a riprenderli.
E poi è al prato che rivolgono la loro attenzione e soprattutto i loro obiettivi.
Primi piani per le mucche!
“Riprendete mica il corpo!…”, urla uno che deve essere il capo troupe.
“Solo i piedi inquadrate!... e mi raccomando, niente sangue!”.
I piedi senza scarpe!… per prima perdono le scarpe… sempre!
Ma anche una mano lui ha perso, e non si sa dove sia andata a finire.
Le scarpe, invece, una qui, e una là!
Il viso gonfio tutto da una parte così!… un occhio tappato da una palpebra gigantesca blu… cinque denti con tutto l’alveolo staccato… mascellare superiore penzolante... dalla bocca gorgoglia il sangue su un respiro affannoso.
L’avrei riconosciuto mica, lui... è la “trabant” che riconosco.
Una gelatina di cervella viene fuori lenta come da una vescica fessa... come un dentifricio… Il suo cranio ‘na vescica fessa! Ma dovrò pur fare qualcosa giacché mi sono dichiarato infermiere!
Il poliziotto, che momentaneamente tentava di assisterlo senza alcuna idea da dove cominciare, imbarazzato si fa da parte.
Ha una gamba tutta ruotata!
“Cercate un ramo così!”
Il ramo lo fisso, metto la gamba in asse… mi tolgo dal collo la sciarpa bianca di seta e ne faccio laccio emostatico al braccio che ha la mano tranciata di netto.
Si cerca la mano!… “Cercate la mano!”… C’è un tizio che si dedica solo a questo disperatamente! E ancora non l’ha rintracciata, la mano… che magari ci sarà anche qualcuno che pensa di poter rimettere insieme questo sfacelo!
La medicina dei miracoli!
L’ultima presa per i fondelli!
Lì in fondo strombazzano che vorrebbero passare Uno dice di avere molta fretta!… Un appuntamento… anche lui?
Ha anche bestemmiato!
La città deve essere veramente vicina se già ci sono i cameraman, e l’elicottero è in arrivo.
A bastonate allontanano le mucche dal prato che muggiscono incazzate... e c’hanno ragione, le mucche!
Dall’elicottero scendono assatanati in tuta arancione.
Si lanciano!
Qualche spettatore è rotolato giù nel prato a spintoni su una merda di vacca!
Gli sono addosso ora!
Massaggio cardiaco Spruzzi di bave e sangue e cervella.
“Un tubo!... Un tubooo!”… e Zac!, glie lo infila in gola… così, di brutto! Uno spruzzo rosso!… aspiratore a pedali!… poi un pallone respiratorio!... Ciuff…Ciuff…
E solleva le braccia a pugni stretti, esultante esaltato... ‘sto cazzone!: ha vinto!, sul povero amico mio.
E si leva anche un applauso.
Lo lanciano sulla barella e via!... Presto!!!
Riparte l’elicottero!
Io faccio a piccoli pezzi il suo biglietto da visita e lo lancio in aria.
I pezzetti volano alti nel vortice delle pale dell’elicottero… bianchi sul prato, come farfalle vanno a posarsi sui fiori.
E c’è un uomo robusto senza collo seduto su un pezzo di TIR I gomiti sulle ginocchia, il viso fra le mani… Un uomo immobile lì… così!… da quando sono arrivato… forse da prima. Ed è ancora lì quando la strada è sgomberata. Un poliziotto lo fa alzare e lo conduce a testa bassa verso l’auto Gli mette una mano sulla testa e lo fa salire sul sedile posteriore, in mezzo.
Non che lo arrestino… pura formalità!
Ma cambia niente lo stesso Non è più il camionista ruttante da “sora Carmela”... è bastata una frenata!... un botto… e la partita è cambiata. Non è più la stessa partita nella gargotta: le carte hanno altra identità: il tre di coppe non ha più il valore della briscola… ora è quello senza valore di uno scopone scientifico sparigliato!… nuove sono le regole!
Il gioco per te si è complicato!
Strombazzano… sorpassano… Siamo liberi!! Evviva! Frammenti di urla!!
Per ultimo… senza dar nell’occhio e assolutamente solo mi allontano anch’io, lento sulla moto… mi allontano a fatica come se un elastico mi facesse resistenza e tentasse di tirarmi indietro.
Mi allontano dal cunettone; dalla chiazza rossa all’interno della assurda goffa sagoma disegnata bianca di gesso sull’asfalto nero.
L’elastico continua a riportare laggiù la mia anima.
Saranno benevoli con te gli dèi... apriranno un varco al volo della tua anima nel vento del mondo e gli spiriti ti accoglieranno nel cielo limpido... lo stesso cielo che mi sta precipitando addosso come un pietrone.
Vaneggio!
Il cielo ancora splende e le mucche masticano nei pascoli fioriti.
La sagoma di gesso sull’asfalto
Non posso continuare questo viaggio.
Faccio inversione a U; raggiungo la sagoma di gesso sull’asfalto; mi tolgo la giacca di pelle nera della tuta e copro la sagoma insanguinata.
Copro.
“Dormi, amico mio!”.
Rientro a casa.
Ma questa moto?
La deposito in cantina
Il casco nel suo comparto
Il restante della tuta di pelle nera.
Senza la sciarpa bianca di seta, sono “Gabbiano” che non ha raggiunto il mare.