Autore Topic: Piccolo viaggio  (Letto 921 volte)

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Piccolo viaggio
« il: Settembre 18, 2015, 07:37:43 »
 Piccolo viaggio
 
 
Accompagnamento all'aeroporto del figlio che parte per Rotterdam. Gli accordi sono che lui e mio marito si alzino  alla 4.30 per essere all'aeroporto alle 6. Alle 4.30 il pappagallo si sveglia e comincia ad urlare, perchè a qualunque ora si sveglii pensa che sia ora di mangiare. Ovviamente passa il messaggio ai due cani e due gatti, che pensano la stessa cosa. Baraonda. Mi alzo per salutare il figlio partente. Del marito che doveva fare l'autista nemmeno l'ombra. Penso che forse non ha messo la sveglia e nonostante il baccano continua a dormire, ma visto ma che ormai sono alzata io, mi vesto e mi offro come autista , nonostante i miei viaggi più lunghi siano di circa 2 chilometri per andare a fare la spesa. Per arrivare all'aeroporto di XX ci vuole circa un'ora, ma poichè  guida mio figlio, ci arriviamo in metà tempo, io con il cuore fuori dalle orecchie e lo stomaco fuori dal finestrino.
Ore 5.30 ecco che telefona mio marito, urlando..."siete dueee testeee di cazzoooo!"..è mezz'ora che giro per casa e non c'è nessuno, sono tutto vestito e sbarbato e voi siete andati viaaaaaa...! e sboom, sbatte giù il telefono!
Annamo bene!
Mio figlio mi raccomanda di seguire per il ritorno i cartelli della nostra città, non posso sbagliare, mi spiega la strada, le curve, la direzione, ed io ascolto diligentemente non capendo nulla, già con il terrore di finire su qualche autostrada. Mi consolo pensando che se dovessi finire a Roma o a Napoli, posso sempre fare la strada alla rovescia, che magari con il sole ci vedo meglio.
Ciao, ciao, buon viaggio, telefona quando arrivi.
Monto in auto, l'aeroporto è illuminato a giorno, mi impongo di stare calma e non avere paura.
Appena fuori dalla zona illuminata, mi pare che l'auto abbia qualcosa che non va, il cruscotto è spento. Porca miseria, non ci sarà mica qualche corto circuito bastardo! E i fari? Spenti.
Accendo subito le luci di sicurezza, quelle che chiamano le 4 frecce, perchè da dietro non mi vengano addosso, e per la strada tengo pigiati gli abbaglianti.
Accosto, mi fermo e sospiro. Cerco gli occhiali e mi do da fare per individuare qualcosa per accendere i fari.
Riparto illuminando finalmente la riga bianca che mi porterà a casa.
Cerco il cartello indicatore, lo seguo, evitando i 18 cavalcavia, i 7 ponti, le 4 superstrade, 21 curve e mi ritrovo sulla mia strada, o almeno quella che credevo tale, perchè il mondo è tondo e se fai il giro arrivi alla fine dove dovevi andare. Sperduta nel buio, sola come un astronauta continuo a seguire il cartello, ma non trovo punti di riferimento, se non l'alba e cerco di capir se almeno lei è dalla parte giusta, visto che comunque devo andare a sud. Uccellini cinguettano, donnine in giro non ce ne sono più e fortunatamente nemmeno camionisti notturni assatanati.
Alla fine sbuco su una strada che riconosco, vicino ad una base militare. Chissà come mai sbuco da dietro invece che davanti, comunque sono salva, mi rilasso e oso mettere persino la quarta.
Mi  beo della mia ritrovata serenità, quando un allarme di pericolo si mette a suonare e capisco che è finito il gas. Cerco quale sia il pulsante da pigiare, visto che il cruscotto è pieno di lumini rossi che non so a cosa servano, senza risultati, poi alla fine infilo un dito in un buco lampeggiante e trovo quello  giusto.
In somma mezz'ora all'andata e due ore al ritorno, ma ce l'ho fatta, sono orgogliosa. Lui dorme, i nipoti anche, nessuno mi accoglie con mazzi di fiori e premia la mia avventura.
La prossima volta sveglio il marito e torno a letto a dormire.