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Topics - Birik

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Hard Boiled / Hard boiled
« il: Gennaio 12, 2016, 15:53:11 »
Il genere Hard boiled non ha nulla a che fare con l'hard o il porno ma è un genere letterario accomunabile al noir.

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Cogito ergo Zam / Il corpo delle donne
« il: Gennaio 12, 2016, 15:16:54 »
Il dibattito contro l’invasione dello straniero infervora il web e va a favore degli

xenofobi  che, per loro natura, hanno il bisogno fisiologico di scagliarsi contro il

diverso. Dò uno sguardo a qualche bacheca di vecchi amici ed ex compagni di scuola;

noto il comun denominatore. Foto di animali maltrattati che convivono con Padre

Pio e Madre Teresa di Calcutta, insieme ad articoletti che inneggiano alla cacciata

dei profughi. Un copiaeincolla da pagine che hanno nomi  come “Orgoglio

Nazionale” “Imola Oggi” e che scatenano commenti al limite dell’apologia di reato.

La questione però è seria, i fatti di Colonia hanno esacerbato gli animi di chi ne

approfitta per fomentare odio e provocato una profonda riflessione in chi invece

cerca di capire. Ancora una volta ci vanno di mezzo le donne,  da sempre parte

debole e che si erano illuse, dopo anni di lotte, di aver conquistato diritti e l’ambìto

posticino al sole. Invece no, sono ancora il capro espiatorio delle frustrazioni

maschili. E non parlo di quei maschi mussulmani che vedono nei costumi delle

occidentali un attentato alla loro supremazia, anche perché so per esperienza che si

tratta soltanto di una parte, la più integralista ed ignorante, ma parlo del maschio

occidentale, di quello ugualmente integralista ed ignorante, che sente vacillare le

sue sicurezze, minate da anni di lotte femministe. Parlo dell’uomo che uccide la sua

compagna non condividendone magari i successi, dello stalker che tortura

psicologicamente la donna che lo ha lasciato, parlo dei turisti del sesso che

violentano bambine vergini per qualche dollaro, cavalcando  povertà e indigenza.

Parlo di chi sfrutta giovani corpi costretti alla prostituzione per sopravvivere; di quei

Tedeschi che durante l’Oktober Fest si comportano esattamente come si  è

comportato il gruppo selvaggio di Mussulmani. E parlo di chi vuole difendere le

“nostre donne” salvo poi violarle in famiglia.

E così, mentre per un’accoglienza che integri c’è la ricetta e cioè creare un

ambiente dove profughi e migranti non si sentano e non vengano trattati

come un corpo estraneo nei confronti del resto della popolazione; perché è in

quei corpi estranei che si costruiscono o si consolidano quelle identità

separate che poi si manifestano in forme di contrapposizione sempre più

violente e atroci; di cui la violenza contro le donne è la più radicale di tutte,

manca del tutto la ricetta per eliminare i soprusi e le violenze che i “nostri

uomini” perpetrano contro le “nostre donne”.

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15 minuti per creare / Anahita
« il: Gennaio 07, 2016, 11:27:59 »
Ho un'amica Iraniana, Anahita,figlia di quella ricca borghesia che scappò in Europa prima che Khomeini si insediasse in Iran dopo la cacciata dello Shah. Ha la mia età e vive a Roma da quando aveva diciotto anni. Quando io abitavo a Tehran le davo lezioni di Italiano per le quali ero fin troppo retribuita. E' una donna molto bella, dalla pelle chiarissima e occhi da cerbiatto. I capelli ormai grigi erano un tempo seta nera che le ondeggiava sulle spalle. Le ho sempre invidiato l'eleganza nei gesti e nel portamento, i toni pacati del suo parlare e una sensualità che avrebbe fatto breccia in ogni uomo. Ai tempi della scuola, in Iran, era una ragazza quasi spregiudicata, metteva il rossetto e dipingeva le unghie, beveva vodka e quando poi si andava a ballare si accorciava la gonna arrotolandola in vita.
Quando l'ho rivista in Italia era sposata con un connazionale e aveva già il primo figlio, nato nello stesso anno del mio. Ci rivedemmo a Roma in un bar del centro. Erano passati sette anni ma l'affetto che ci aveva legato era rimasto immutato. Eravamo davvero due splendide signore nel fiore degli anni, ma qualcosa in lei era cambiato. Non più il kajal sugli occhi, un foulard le copriva i lunghi capelli e indosso aveva un sobrio tailleur con la gonna al polpaccio. Io invece ero fresca di parrucchiere e indossavo abiti alla moda adatti ad una venticinquenne, in particolare una camicetta scollata sui jeans attillati. Dopo esserci raccontate gli ultimi anni sorseggiando tè alla maniera iraniana e cioè mettendo la zolletta di zucchero in bocca, le chiesi timidamente le ragioni del suo cambio di immagine, siamo in Italia le dissi e non sei costretta da leggi islamiche. Non sono cambiata, sono sempre attenta alla mia bellezza, come lo sei tu, solo che io rivolgo la mia seduzione all'interno della mia casa, tu lo fai all'esterno. Tu quando rientri togli quei jeans aderenti e metti la tuta, levi i tacchi e metti pantofole di pezza, ti strucchi e così ti mostri a tuo marito, io invece indosso indumenti di seta, sciolgo i capelli, metto il profumo e così accolgo il mio uomo che mai mi vede discinta. Ma dimmi Silvia, chi devi sedurre tu oggi a Roma con quella scollatura che mostra metà del tuo seno?

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Politica / Salvini e la bomba H coreana
« il: Gennaio 06, 2016, 13:54:11 »
"La Corea del Nord? C'è uno splendido senso di comunità". Così si espresse entusiasticamente Matteo Salvini, di ritorno da una visita con l'altro cervello in fuga (da se stesso) Razzi. Per Salvini la Corea del Nord era proprio un'oasi di democrazia, libertà e fratellanza. Senz'altro si riferiva a quello "splendido senso di comunità" generato da una bella bomba a idrogeno. Matteo, dammi retta: parla di cose che conosci. Parla del Milan, di Montolivo che non merita il rinnovo, di Cerci che può andarsene senza rimpianti. Lì siamo persino d'accordo. Parla di esodati, della pochezza di Alfano, dello scandalo banche di Renzi. Lì sai cosa dici, e a volte l'hai detto più chiaramente di tanta "sinistra". Oppure, se proprio devi, spara le tue solite cazzate sull'immigrazione, tanto per raccattare qualche voto in più, o i tuoi deliri vergognosi su Diaz e Cucchi: una claque pronta ad applaudirti la troverai sempre. Ma di politica estera non parlare, dai: c'è un limite anche al ridicolo. E tu lo superi spesso.

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Di recente mi sono imbattuta nei commenti di un post che mostrava la foto di un uomo buttato giù da un palazzo, credo in Siria, accusato di omosessualità. Poche le frasi di circostanza, molte invocazioni ad una seria presa di posizione del movimento gay, alcune richieste di sterminio di tutti i “froci di merda”. Sono rimasta un po’ interdetta dalla quasi mancanza di indignazione e sull’integralismo cattolico di alcuni commenti;  ho quindi spulciato le recenti discussioni dei padri sinodali circa l’omosessualità.  Il sunto di quanto ho capito è questo: la Chiesa accoglie uomini e donne con “tendenze improprie” solo se costoro si mantengono casti : il sesso è lecito solo ai fini della procreazione, non si fa accenno ad amore o sentimenti, i gay non ne hanno essendo deviati.  Dunque mi domando se io, etero in menopausa, possa ogni tanto concedermi momenti di svago fra le lenzuola pur non essendo più adatta alla maternità.  La questione potrebbe essere presa a spunto per il prossimo Sinodo.
Altro filosofismo che salta all’occhio è parlare di tendenza e di supporti da dare alle famiglie che hanno la disgrazia di avere figli tendenti all’omosessualità, quasi a non vedere che, di fatto, esiste il terzo sesso. E meno male.
 Fin qui niente di nuovo, ma leggendo meglio le lunghissime relazioni mi sono imbattuta in una severa reprimenda alle democrazie occidentali colpevoli secondo loro di promuovere il matrimonio gay nei paesi più poveri e meno sviluppati in cambio dei soldi della cooperazione internazionale. Peccato che questa sia una colossale bugia. Nessuna democrazia occidentale promette soldi al Terzo Mondo in cambio del matrimonio gay. Nessuna. In realtà i paesi occidentali promettono fondi e aiuti ai paesi in via di sviluppo in cambio di una tutela più stringente dei diritti umani. Recentemente fra le richieste è stata inserita anche quella di decriminalizzazione dell’omosessualità in quei paesi dove essere gay è un reato severamente punito dalla legge, anche con la pena di morte.
Ecco, il documento del Sinodo sulla famiglia ha stabilito che la Chiesa Cattolica si schiera al fianco di quei governi, spesso teocrazie islamiche, che reprimono con fustigazioni in piazza, prigione  o pena di morte l’omosessualità. La Chiesa cattolica si è schierata contro le democrazie occidentali che agiscono in favore del rispetto dei diritti umani compreso quello di essere omosessuale..

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Enogastronomia / Cassata
« il: Dicembre 24, 2015, 07:19:28 »
La Cassata è siciliana per definizione, araba per nascita, napoletana per condivisione. Trionfo di decorazioni barocche, canditi colorati e arabeschi di zucchero, dà all'occhio la gioia della festa. Tanto lussuriosa fuori quanto semplice dentro; solo zucchero ricotta di pecora e gocce di cioccolato.

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Politica / Le Pen
« il: Dicembre 07, 2015, 16:36:04 »
La probabile vittoria dell'estrema destra alle regionali in Francia fa gongolare il califfo. La crescente xenofobia infatti incrementerebbe l'arruolamento di ampie fasce di mussulmani nell'Isis. Come si è visto infatti gli attentatori non arrivano certo dal mare, ma sono persone nate e cresciute in Europa che in mancanza di lavoro e frustrati dall'emarginazione si fanno convincere da argomenti economici più che da convinzioni religiose.

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Politica / Perchè la Francia?
« il: Novembre 20, 2015, 08:14:45 »
 
Non ho sentito, nel discorso emozionato e sconnesso di Hollande, parole che dessero una risposta all’unico perché. Perché ancora la Francia?
Perché ha partecipato ai primi di settembre insieme agli Usa a un pesante raid di bombardamenti anti-Isis in Siria come dichiarato in un comunicato del Califfato?  Forse. Ma forse ci sono altre più occulte ragioni.
Già nel 2011 Sarkozy  aveva scatenato l’aviazione Francese in Libia coinvolgendo tutta l’Europa, Italia compresa, con lo scopo di eliminare  Gheddafi, senza per altro avvertire gli alleati Usa.                           Sembra che dietro l’accanimento francese ci fosse la dovuta restituzione di un ingente prestito che Gheddafi fece a Sarko’ per finanziare la sua ascesa politica. Il Colonnello si dimostrava amico e alleato della Francia, ma presto avrebbe presentato il conto: oltretutto aveva già ottenuto un cospicuo risarcimento dall’Italia di Berlusconi per danni coloniali e di guerra; era forse in procinto di fare la stessa richiesta? Di certo il crollo di Gheddafi non ha giovato alla stabilità di quell’area.
Bisogna però anche guardare all’operazione “Nostalgia di Colonie” che Holland sta facendo in Niger e Mali.
Con la scusa di combattere il terrorismo, Boko Haram e Al Quaeda del Maghreb, la Francia spera di riconquistare posizioni coloniali ormai perse in territori ricchi di oro e uranio ( in Niger riuscì ad ottenere, proprio grazie a Gheddafi, il monopolio sulla miniera di uranio più grande del mondo). Nel 2006 sono stati individuati giacimenti di petrolio a nord del Mali,  territorio in mano a Tuareg separatisti: l’Azawad. Il governo centrale non riesce a monitorare il nord del paese e nel 2012 arriva la dichiarazione di separazione da parte Tuareg. Dopo solo due mesi gli islamisti si appropriano del territorio con operazioni mirate ad espugnare la capitale . Di fronte alla quiescenza dell’Onu il presidente del Mali chiede aiuto alla Francia che interviene con l’operazione Serval che ha per base un forte, vecchia gloria coloniale francese, al confine fra Niger e Algeria. Nel gennaio 2013 parte l’offensiva che mira a stroncare traffici di armi, droga e cellule islamiste. Conclusasi nel 2014 con una vittoria, è stata sostituita da una sorta di controllo armato.
La Francia non può permettere che Cina, Arabia e Canada si approprino di ricchezze che sente sue, pronta stroncare terroristi e traffici di armi ma non di uomini: il Mali è il secondo paese dopo l’Eritrea a rischio emigrazione; la marea umana che passa dai controlli francesi  non viene fermata ma indirizzata in Libia per convergere in Italia dove la frontiera di Ventimiglia rimane ostinatamente  chiusa.
 Ah i fratelli d’Oltralpe….




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Politica / Sauditi e Isis
« il: Ottobre 21, 2015, 06:11:59 »
 Negli anni venti del novecento, Abd al Aziz della famiglia Saud di religione wahabita, già governava una sorta di sceiccato tribale e stava combattendo la sua guerra per sconfiggere e riunire  varie tribù della penisola arabica e fondare uno stato. Cosa che gli riuscì, dopo numerose battaglie nel 1932, quando divenne re. In quegli anni il Libano, la Siria, l’Egitto, la Giordania erano stati laici, In Turchia Ata Turk procedeva ad una rapida occidentalizzazione, Beirut era considerata la Montecarlo del Medio Oriente con i suoi casinò e una vivacissima vita notturna. Damasco era  meta di turisti e commercianti, Il Cairo di archeologi.
In Arabia Saudita invece la vita era austera data l’appartenenza del monarca alla setta forse più integralista dell’Islam: limitazioni della libertà, sharia, niente voto alle donne, tagli di mani, lapidazioni ecc ecc.
Nel 1938 geologi americani e cooperanti locali trovano il tanto agognato petrolio. Nel 1944 Roosevelt e Abd al Aziz firmano un patto per garantire agli USA l’accesso alle riserve in cambio di protezione internazionale. Un patto che forse ha giovato più ai Sauditi che, grazie ai petrodollari, hanno rinforzato il loro potere, si sono  introdotti nella finanza europea e hanno fatto guerre ben coperti dalla forza militare statunitense.
Probabilmente è per volere loro se non esiste più un paese laico di quelli di cui sopra; per volere dei sauditi e per agire degli americani. Ben Alì in Tunisia, Gheddafi in Libia e Mubarak in Egitto non sono stati  capi di stato democratici, ma hanno impedito l’espandersi del potere saudita sul Mediterraneo, caduti i regimi grazie anche alla propaganda e agli aiuti americani, la strada dell’integralismo appare spianata.  La Turchia di Erdogan che mirava a far parte dell’Unione Europea, sembra dare appoggio all’Isis fornendo  campi di addestramento e corridoi militari.
Gli USA sono in difficoltà, hanno contribuito all’espansione dell’ integralismo e non possono far cadere Assad come vorrebbe anche l’Arabia. Finanziando ed armando l’opposizione  siriana nella quale si annidano molti estremisti, si rischia infatti di foraggiare il Califfato.
Sta ora a Putin ristabilire gli equilibri, la Russia (e l’Iran)  è scesa in campo con un esercito rammodernato perfino nelle divise alla moda e si propone come il faro dell’Europa il baluardo contro il patto scellerato fra un Occidente dipendente dagli idrocarburi e una setta di Wahabiti.

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Politica / Ambaradam
« il: Settembre 27, 2015, 15:38:15 »
Non userò più la parola ambaradam, eppure è una bella parola, dà l’idea dello scompiglio, del disordine non voluto. Quasi onomatopeica risuona all’orecchio come simpatica. Invece, a sfatare il mito di “Italiani brava gente”, è lì a ricordarci di un periodo storico che può rimpiangere solo chi non lo ha vissuto o si nutre di propaganda fascista. Dal ’29 il Duce, in un attacco di megalomania, decise che l’Italia sarebbe dovuta tornare come ai tempi dell’Impero Romano:  aquile imperiali, fasci littori e, soprattutto, colonie. L’Etiopia poteva andare bene, un territorio ricco e un esercito povero. Fu così che l’Italia nel ’35 decise di attaccarla e nel ’36 Mussolini dichiarò la nascita dell’Impero. Quello che la storia non ci dice o tenta di nascondere sono le porcate che seguirono. In particolare ricorderei la battaglia di Amba Aradam, un monte nelle cui grotte si rifugiò una compagine dell’esercito etiope, con donne, anziani e bambini al seguito, decisa a non darla vinta agli invasori. Mussolini ordina di stanarli ma l’impresa risulta non priva di difficoltà. Così si decide di fare intervenire i granatieri muniti della famigerata iprite, un gas che provoca la morte fra indicibili sofferenze. I sopravvissuti, circa 800 furono fucilati subito dopo. Ulteriori sopravvissuti, specie donne e bambini rifugiatisi nei meandri delle molte caverne che perforavano il monte furono sterminati a colpi di lanciafiamme. L’episodio è stato di recente portato alla luce da un ragazzo, dottorando in storia, partendo da un faldone rivenuto in un ufficio a Roma. La conoscenza del  massacro isolò il Duce sul piano internazionale e lo portò all’alleanza con Hitler dal quale fu subito convinto a promulgare le leggi razziali con le conseguenze che tutti(o quasi) conosciamo. E pensare che qualcuno ancora lo rimpiange……

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Pensieri, riflessioni, saggi / Arte musica e sostanze
« il: Settembre 27, 2015, 07:47:49 »
Arte musica e sostanze
C’e stata un’epoca in cui la creatività è andata di pari passo con l’alterazione sensoriale. Penso alla Parigi di fine ‘800 e ai numerosi artisti che si rifugiavano nelle sue braccia profumate di oppio, hashish, assenzio. Baudelaire prendeva hashish la mattina a digiuno sciolto nel caffè e Rimbaud e Verlaine si stordivano con la “Fata Verde”. Pittori come Modigliani, Sisley, Utrillo e anche Picasso, godevano di tutte le libertà che la vita bohemien consentiva loro. Van Gogh e Toulouse Lautrec annegavano le malattie in un mare di sostanze disparate fra cui il laudano che spopolava soprattutto fra le signore. Alexandre Dumas, amante dei derivati del papavero, aveva approntato una redazione di oppiomani coi quali scriveva feuilleton. La buona società chiamava”maudit” il gruppo dei poeti, estendendo poi l’accezione anche ai pittori, ma di fatto guardava con curiosità il fenomeno, come una nuova moda di cui parlare nei salotti e, casomai, da seguire.
Anche molti inglesi, che godevano dell’importazione diretta dall’India coloniale, avevano libero accesso all’oppio. Lord Byron e Shelley, due fra i tanti. Coleridge, o De Quincey che risollevò la sua disastrata condizione economica con i proventi di “Confessione di un giovane oppiomane”. Conan Doyle, spesso indugia sul vizietto di Sherlock Holmes che assume coca a fasi alterne… Il nostro vate, D’Annunzio, in confronto era un principiante, troppo erotomane per cedere ai neurodepressivi, magari un po’ di coca per rinvigorirsi, ma senza le vette di gioia e gli abissi di dolore che caratterizzarono i Francesi.
La psicoanalisi nacque forse dal tentativo di Freud di liberarsi dalla dipendenza di cocaina, sintetizzata nel 1865 e molto diffusa fra i medici di area tedesca che, con la scusa di sperimentarla come anestetico, erano ben contenti di farlo su se stessi. Quando fu scoperta l’eroina ci fu un fiorire di set “da viaggio”, molti dei quali in materiali preziosi, a testimonianza di un fenomeno di élite.
Oltreoceano gli scrittori si davano perlopiù all’alcol. Hemingway, Fitzgerald, Poe e poi Capote, Bukowsky e Kerouac, solo pochi esempi fra coloro che all’inizio del’900 si sfasciavano di Bourbon.
Furono però i musicisti i più accaniti consumatori di sostanze proibite. Negli anni ’40 quasi tutti i jazzisti di colore, Charlie Parker, Mingus, John Coltrane facevano uso di eroina, come se tutto il dolore della negritudine potesse essere placato dal suo uso smodato. Erano i primi decenni dopo l’abolizione della schiavitù, in tutto il Sud imperversava il Ku Klux Klan, e ci si scontrava con la difficoltà dell’integrazione. L’eroina prese talmente piede che, indipendentemente dal sesso, non c’era un artista nero che ne fosse rimasto indenne. La triste storia della signora del Jazz, Billy Holiday, vale per tutte; violentata adolescente, costretta ai lavori più umili, prostituta per necessità, riuscì a sfondare grazie alla sua voce meravigliosa che, resa roca dalla sostanza, raggiungeva vette altissime di pathos. Morì giovane di epatite fulminante.
Da qui partì la beat generation, Kerouac, Corso, Ferlinghetti, Ginsberg si ispirarono e, per un periodo, si fusero col jazz; colsero il disagio di una generazione che mal si adattava alle regole del potere, e aprirono il varco al movimento che abbracciava tutte le arti ed era un po’ comunista, pacifista, anarchico. E drugs addicted. La letteratura e la pittura prima, ma soprattutto la musica poi, magnificavano il vivere on the road, senza troppi perché. Libertà sessuale, rifiuto della mentalità perbenista e della guerra, opposizione al proibizionismo e uso di ogni droga furono le caratteristiche del pensiero hippie.
Non si può parlare di tutti i musicisti, scrittori poeti e pittori che morirono di overdose o col fegato spappolato, non basterebbe un trattato; ma si possono dividere per esempio gli eroinomani dai consumatori di LSD. Tristi e introspettivi i primi, visionari i secondi. Due nomi: Janis Joplin, Jefferson Airplane.
Ho letto tanti anni fa in un’intervista su un magazine, Federico Fellini che dichiarava di aver inventato e disegnato alcuni dei suoi personaggi, sotto l’effetto di Acido Lisergico, bevuto in forma liquida, d’accordo col suo medico e amico. I disegni a colori della carta patinata, rimandavano in effetti a vere e proprie allucinazioni; la tabaccaia di Amarcord aveva le tette come due mongolfiere, e la Gradisca un culo grande “quant’a Porta Capuana” come si dice a Napoli. Le sue ossessioni erotiche si liberavano. Lisergiche.
Possiamo quindi affermare che la creatività necessiti del dolore che provoca la dipendenza? O che si nutra delle visioni del laudano o dell’lsd? O degli eccessi alcolici, dell’inebetimento charas-india-guru, o dello stupefacente accostamento peyote-stregone-mexico? Siamo sicuri che Hemingway o Jimi Hendrix o la Pop art al completo non avrebbero prodotto di meglio senza la spinta dell’alterazione sensoriale?
A me piace ricordare il sempre poco compianto Frank Zappa, il più grande musicista del ‘900, la cui musica è ingovernabile e inclassificabile. Uno stakanovista della creatività, una produzione che spazia dal blues alla sperimentazione, un genio della chitarra attento all’ironia dei testi, sempre contro il potere e la morale corrente. Ho assistito ben tre volte alle sue impeccabili performance, e per tre volte sono rimasta sopraffatta dalla presenza teatrale e dal genio creativo. Sul palco diventava direttore d’orchestra, musicista, scenografo, attore e cantante dalla voce di baritono. Zappa non tollerava che i suoi musicisti non fossero del tutto presenti, neanche la cannetta sciogli tensione prima del concerto, lui era contro, punto.
Non oso immaginarlo sul palco a indugiare sulle note della chitarra, svisando sugli accordi tipo Hendrix, né cantare testi dolorosamente poetici alla Morrison, reggendosi a stento in piedi. Lui è stato la fine di quell’epoca e la testimonianza più attendibile che il binomio arte-droga era stato uno stereotipo nel quale la buona società aveva trovato comodo ingabbiare, nel corso di più di un secolo, gli artisti on the border.
 


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Pensieri, riflessioni, saggi / Zam e propaganda
« il: Settembre 08, 2015, 07:53:04 »
Apro Zam quasi ogni giorno, leggo i nuovi topic, e qualche volta, quelli di gente che non compare più. Così piano piano conosco persone mai viste; le loro passioni, le loro ossessioni. Di qualcuno mi piace la scrittura, di altri no. Alcuni hanno indole poetica, altri scrivono con piglio da giornalista. E così pubblico i miei prodotti, nella speranza di essere apprezzata o di intavolare una discussione. Mi sfugge però l'utilità di postare scritti altrui, sia perchè appassionati di un argomento da divulgare sia per mera propaganda populista. Le idee devono girare, e su questo non si discute, ma le proprie e scritte di pugno.

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Pensieri, riflessioni, saggi / legalizzare
« il: Agosto 31, 2015, 13:21:19 »
Legalizzare o liberalizzare?
La differenza fra legalizzare le droghe o liberalizzarle è tutta incentrata su quanto un governo voglia prendersi la responsabilità di scelte necessarie o meno. La prima soluzione regolamenta e controlla l’uso e la qualità delle sostanze, la seconda lascia il mercato libero di svilupparsi. Chi crede che il problema sia secondario, alla luce della grave crisi economica, politica e di valori che attraversa il nostro paese, sbaglia di grosso. La droga è la prima voce di bilancio delle organizzazioni criminali: tutti gli affari mafiosi ( e per mafiosi intendo  mafia, camorra e ‘ndrangheta) dai trasporti alle costruzioni, dai commerci che sembrano leciti fino a giungere a qualche campagna elettorale, sono alimentati dal narcotraffico. E non pensiamo che il fenomeno sia circoscritto al Meridione d’Italia, le mafie seguono i grossi appalti che al Sud scarseggiano da decenni.
 Purtroppo sembra che i nostri politici non abbiano occhi per vedere, o forse non vogliano disturbare affari nei quali lo Stato è connivente.  E’ arrivato il tempo di ragionare seriamente sui danni creati dal proibizionismo, di capire che essere antiproibizionisti non significa essere favorevoli alle droghe, ma al contrario cercare di ridurre il danno che le stesse stanno facendo ad una società già malata di suo.  In Italia il dibattito è però quasi inesistente, si sbandiera qualche grande sequestro e si ribadisce il concetto che lo Stato non può essere distributore di sostanze tossiche. E in questo ragionamento c’è il grande inganno. Non si vuole ammettere che nella proibizione e repressione entrano i poteri criminali, e con essi un mercato di sostanze tagliate con veleni; si muore più per i tagli  che per la sostanza in se. Inoltre i prezzi sono sempre più alti e si costringe  chi è dipendente a rubare o a spacciare favorendo così una microcriminalità diffusa. Ma la risposta di uno Stato non può essere “ smettano di farsi se non vogliono morire”, quella la si può lasciare al massimo all’uomo comune. Lo Stato deve lavorare per il bene dei propri cittadini, perfino nel controllo della qualità della sostanza che il cittadino decide di assumere, fatto salvo il principio del libero arbitrio.
 Il presidente dell’Uruguay Mujica per fronteggiare i cartelli messicani che stavano per prendere il controllo del narcotraffico del suo paese, ha attuato  una legalizzazione in tempi brevissimi, evitando così il male maggiore e riuscendo in questo modo perfino a calmierare i consumi. Dovremmo prendere esempio da questo piccolo grande uomo che con coraggio ha dato un esempio a tutti quei paesi che si trincerano dietro il proibizionismo per mascherare viltà, paure e soprattutto legami con le mafie. Ma la vox populi è ben rappresentata dalle parole della mia mamma la quale, dopo lunghi infruttuosi dibattiti per portarla sulla mia linea di pensiero e dopo averle fatto leggere questo mio scritto, mi dice: non ti illudere figlia, avere le sostanze sotto mano significa spingerti ad assumerle.

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Pensieri, riflessioni, saggi / Aiutiamoli a casa loro
« il: Agosto 30, 2015, 07:21:32 »
Aiutiamoli a casa loro.
I popoli della valle dell’Omo, in Etiopia meridionale, forse fra breve non esisteranno più. Vivono o meglio vivevano di agricoltura e pastorizia, e si avvantaggiano delle piene del fiume che alimenta un territorio di grande bellezza. Ma un progetto ambizioso e non del tutto chiaro sta mettendo a repentaglio la loro possibilità di sostenersi. E’ dagli anni ’70 che soffrono della perdita progressiva delle loro terre, prima a causa della recinzione di numerosi ettari adibiti a Parchi naturali dove il turista può cacciare (ma a loro la pratica atavica è interdetta), poi con l’affitto di vaste aree a società Malesi che stanno impiantando palmeti per la produzione di biocarburanti.
Il disastro più grande però lo stiamo compiendo noi Italiani attraverso la società Salini,      contractor di Impregilo, che nel 2006 ha messo in opera un progetto “vinto” senza gara d’appalto, in violazione delle severe leggi etiopi, per la produzione di energia idroelettrica, (finanziamento italiano di  220 milioni di euro) che sfrutta il forte dislivello del fiume il quale alimenta il lago Turkana in Kenia di cui è il maggior immissario e che rischia di fare la fine del lago d’Aral in Russia il quale ha visto ridotta del 90% la portata d’acqua grazie ad un’operazione molto simile.
Il progetto prevede la costruzione di cinque dighe ed un tunnel  per convogliare le acque.  Le prime tre e il tunnel sono già state costruite ma quest’ultimo, inaugurato nel 2010 dal ministro Frattini, è crollato dopo 15 gg dall’inaugurazione.
Le circa 200.00 persone a rischio sopravvivenza hanno saputo del loro destino, deciso  anche dalla Banca Mondiale, con il sopraggiungere delle ruspe.
Il governo etiope nel frattempo ha promulgato leggi ad hoc che impediscono a tutte le ong di occuparsi del caso.
L’unica organizzazione a contrastare il probabile sterminio  è Survival che da sempre lotta a fianco delle popolazioni tribali;  fornisce loro supporto legale e medico e produce prove indiscutibili sui soprusi subiti, che vengono poi  presentate alle Nazioni Unite.
Leggendo gli articoli sul sito di Survival, si può comprendere sia la portata dell’operazione che il danno sulle popolazioni.  Già nel 2010 si sono registrate morti per malnutrizione e, di fronte alle accuse mosse dall’organizzazione alla Salini, la stessa si è difesa imprecando contro chi, a suo dire, impedisce lo sviluppo di un’area depressa. La verità è che l’affare è enorme, sia per chi ha accesso a un mare di finanziamenti sia per il governo locale che venderà a caro prezzo al Kenia l’energia prodotta.
Il destino delle popolazioni tribali della bassa valle dell’Omo  è dunque segnato; i Kwegu che producono miele e lo usano come merce di scambio hanno visto distruggere i loro alveari  dalle coltivazioni di canna da zucchero e ora dipendono dalla carità delle tribù limitrofe. A maggio di quest’anno, di fronte al rifiuto delle genti Hamar alla svendita delle loro terre e conseguente deportazione in villaggi che danno l’idea di campi profughi, l’esercito ha sparato. Non ci è dato di sapere il numero delle vittime a causa della censura imposta dal governo, ma di sicuro l’evacuazione forzata è accompagnata da pestaggi, arresti e stupri.
Pensare che se dovessimo fare una graduatoria della felicità i popoli tribali risulterebbero primi, distanziando di molto qualsiasi plurimiliardario occidentale. Forse la cattiveria dell’occidente è causata da invidia?
Non si spaventino comunque i razzisti, xenofobi con la paura del diverso. Costoro non riusciranno mai ad emigrare e ad invadere l’Italia. Semplicemente si estingueranno sul posto.



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Altro / La vera storia di Alice nel paese delle meraviglie
« il: Agosto 28, 2015, 11:23:15 »
Lewis Carroll, pseudonimo del reverendo Charles Dogston, e autore della più famosa favola psichedelica, Alice del paese delle meraviglie, doveva essere un uomo non comune. Nato da una famiglia della buona borghesia del nord dell’Inghilterra, manifestò già a scuola doti particolari.

Eccelleva in matematica e nella logica, e seppur balbuziente, mancino e forse epilettico, ottenne una cattedra per l’insegnamento della matematica. Si interessò anche di fotografia e frequentò i pittori Preraffaelliti. Strano come un logico-matematico potesse essere attratto dall’arte, dalla pittura, fotografia e letteratura; ma a lui che aveva lo stesso dono di Leonardo, la scrittura speculare, miscelare i suoi talenti dovette sembrare un naturale gioco da ragazzi.

Fu il genio a portarlo a scrivere la più psichedelica delle favole per bambini e a illustrarne gli strani personaggi o ci mise lo zampino quel fungo magico che nell’Inghilterra vittoriana era di uso piuttosto comune? Questo la storia non ce lo dice, ma si può azzardare l’ipotesi approfondendo la conoscenza sull’uso che le popolazioni del Nord facevano dell’Amanita Muscaria, la cui presenza nei riti sciamanici dei popoli della Siberia risale a qualche migliaio di anni prima di Cristo, come dimostrano ritrovamenti di numerosi graffiti.

Lo sciamanesimo Siberiano ed il consumo dei funghi fu molto antecedente a quello sudamericano che conosciamo meglio grazie a pubblicazioni pseudo-scientifiche tipo “A scuola dallo stregone” di Castaneda, che tanto andava di moda negli anni della mia giovinezza. Dallo stretto di Bering il fungo magico passò dalla Siberia all’Alaska dove è tutt’ora consumato e si diffuse in tutto il continente Americano, sostituito al Sud da psilocybe, conocybe e peyote.

Ma rimaniamo più vicino a noi: Caterina, l’Imperatrice che fece grande la Russia ne era una profonda estimatrice tanto vero che in Scozia fra i pescatori di salmone si beve ancora oggi una miscela di wisky e Amanita chiamata Caty in onore dell’illustre signora. E’ difficile dunque credere che la fantasia di Carroll non fosse supportata dalla conoscenza dello stato allucinatorio.

Ma anche se non ne ebbe esperienza diretta, studiò bene gli effetti dell’Amanita, comprese le sensazioni di allungamento degli arti. Nella libreria della sua casa furono trovate infatti molte pubblicazioni sull’argomento, fra cui un volume le cui pagine erano tagliate (allora le pagine erano unite e si dovevano tagliare con un tagliacarte) solo nei capitoli che trattavano del fungo mistico.

Alice sogna e segue il Bianconiglio, cade in un mondo fatto di paradossi, beve pozioni che la ingigantiscono o la rimpiccioliscono, incontra un bruco seduto su un fungo rosso a pois bianchi che, fumando un narghilè, le rivela che è proprio il fungo a farla rimpicciolire o crescere a dismisura. Si trova un’avventura unica fatta di animali vestiti da uomini, carte da gioco che camminano, duchesse impazzite etc . etc.

Quella che sembrerebbe una favola per bambini, nasconde una miriade di doppi sensi, calcoli matematici e allegorie che le molte traduzioni non sono riuscite a far emergere come ci conferma Aldo Busi che si cimentò nell’impresa qualche anno fa. Un capolavoro del non-sense travestito da favoletta.

L’opera fu ispiratrice di musica lisergica, i testi e le atmosfere di” Lucy in the sky with diamonds” o “I’m the Warlush” dei Beatles testimoniano l’importanza che ebbe in quegli anni meravigliosi ed irripetibili, ma è “White Rabbit” dei Jefferson Airplane il suo vero stendardo contemporaneo. In un crescendo di suoni psichedelici la meravigliosa e sensuale voce di Grace Slick fa l’apologia del fungo rosso e termina con un’esortazione:” feed your head”, nutri la tua testa!


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