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Topics - Birik

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Cogito ergo Zam / Riace e i migranti.
« il: Agosto 26, 2015, 17:46:06 »
Riace e i migranti
La Calabria Ionica  fu il fulcro di una splendida società multietnica . Genti provenienti dalla Grecia infatti la colonizzarono duemila e cinquecento anni fa. Arte ,filosofia e letteratura, stile di vita e conoscenze provenienti dalla culla della democrazia, trovarono terreno fertile fra le genti del Sud e diedero vita al fenomeno più vitale e straordinario al mondo: la Magna Grecia.
Immaginiamo la gente di Calabria come dura, chiusa e testarda, e forse questo è in parte vero nelle montagne dell’Aspromonte, laddove, a causa dell’asperità del territorio, gli scambi con popoli venuti da fuori furono più difficili, ma le coste, quelle che accolsero i coloni greci, sono fatte di gente pratica e aperta, penalizzata da fenomeni di emigrazione che ne hanno minato il tessuto sociale.
E’ forse l’ ancestrale ricordo di una civiltà perduta che ha fatto di Riace, famosa per il ritrovamento dei famosi Bronzi, il luogo accoglienza per un paio di centinaia di disperati Africani i quali, con tenacia e determinazione hanno risollevato le sorti loro e di un paese che stava per morire?
Mi piace pensare che sia così, e che gli scambi fra genti diverse non possano che essere un’ arricchimento.
Dunque Riace stava morendo,  stava morendo il commercio, l’agricoltura e di vecchiaia gli ultimi abitanti, quando in un guizzo di vitalità, nel 1999 nascono varie associazioni per l’accoglienza di migranti.
In pochi anni, grazie all’ostinazione del sindaco Domenico Lucano, Riace è rinata: botteghe artigiane dove donne Eritree ricamano, cooperative sociali rette da Curdi e Afgani, terre di nuovo coltivate, raccolta differenziata porta a porta in società con gli anziani del posto, ristrutturazione edili,  e poi bambini, bambini, bambini. Perfino la popolazione degli asinelli autoctoni che stava scomparendo, rimpolpata!
 Le ‘ndrine si sono rassegnate e dopo le prime intimidazioni  e qualche proiettile sparato contro la sede di “Città futura”sembra abbiano rinunciato alla lotta accettandone perfino i simboli come la “Porta Africana” in piazza e i murales etnici. 
A chi  chiede se il progetto di accoglienza abbia sfavorito il turismo, il sindaco risponde che al contrario  ha attratto un turismo diverso e cioè quello delle persone interessate alla società multietnica. “Questa è la cosa più interessante che Riace può offrire” racconta Domenica Lucano. “Non abbiamo monumenti, i bronzi rinvenuti nel 1972 si trovano ora a Reggio Calabria, ma neppure nel periodo successivo al loro ritrovamento il turismo era aumentato. La nostra terra è a vocazione agricola e zootecnica.  E poi, perché i turisti devono essere necessariamente biondi? A Riace possono essere anche neri. Siamo orgogliosi di praticare il turismo dell’accoglienza. Personalmente sono fiero di poter cavalcare questo sogno. La vera accoglienza è in ognuno di noi ed è su questo concetto che vanno costruite le città del futuro.”
A livello internazionale gli sono stati tributati onori di ogni genere. Dal terzo posto come miglior sindaco del mondo, ottenuto nel 2010 con la motivazione di essere un "Gandhi dei nostri tempi", alla dichiarazione del regista Wim Wenders, secondo cui "la vera utopia non è il crollo del muro di Berlino, ma quello che è stato fatto a Riace".

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Enogastronomia / Spaghetti e vongole.
« il: Agosto 26, 2015, 13:42:36 »
Sembrerebbe un piatto semplice ma, si sa, il piatto semplice a volte non è buono come dovrebbe se l'esecuzione non è perfetta. Dunque si fanno aprire le vongole in olio e aglio e peperoncino  e si sfumano con vino bianco. Mi raccomando di non farle cuocere a lungo, pena l'indurimento delle stesse. Si cuociono gli spaghetti e qui ci sono due scuole di pensiero. La prima è quella di mantecare per qualche minuto a fuoco vivo la pasta scolata molto molto al dente nel sughetto delle vongole. Questo ha lo scopo di permettere alla pasta di far uscire un po' di amido in modo da rendere cremoso il liquido. La seconda è di scolare la pasta al dente, buttarla nel sughetto delle vongole e aggiungere un pizzico di farina che farà aderire il liquido alla pasta. Poi si aggiungono  vongole e prezzemolo. L'ultima volta che ho preparato il piatto ho aggiunto la parte verde di una zucchina sbucciata con un pelapatate e ho usato il secondo metodo, quello della farina. Senza falsa modestia il più buon piatto di spaghetti con le vongole mai mangiato. Buon Appetito.

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Pensieri, riflessioni, saggi / Come l'Inghilterra annientò la Cina
« il: Agosto 23, 2015, 09:29:00 »
Una delle più brutte pagine della storia coloniale britannica fu senz’altro il tentativo di colmare un forte deficit interno con l’esportazione dell’oppio dall’India alla Cina, falcidiando un popolo per qualche generazione.

Nel 1700 l’Inghilterra era la maggior potenza coloniale del mondo e dominava India, America e molti paesi in Africa Orientale. Attraverso la Compagnia delle Indie importava un’enorme quantità di prodotti dall’Asia insieme a Portogallo Francia e Olanda, paesi con i quali divideva costi e rischi del trasporto marittimo.

Non avendo però merci di scambio da esportare era costretta a pagare in oro le sete, il tè, le spezie e le preziose porcellane cinesi. Quando poi nel 1775 scoppiò la guerra d’Indipendenza Americana, l’Inghilterra dovette sostenere costi altissimi per inviare mercenari dall’Europa ( si parla di 150.000 uomini in otto anni).

Il paese era, come diciamo oggi, a rischio di default. Fu così che si pensò di pagare le merci importate dalla Cina in oppio anziché in oro. L’india, la più importante delle colonie inglesi, divenne il produttore, la Cina il consumatore, l’Inghilterra lo spacciatore.

In pochi anni le finanze britanniche si rimpolparono, il grande Impero Cinese crollò.

Dopo molti tentativi diplomatici per fermare il traffico e di calmierare l’enorme corruzione morale e materiale del paese, la Cina prese posizioni piuttosto risolute sequestrando e distruggendo 20.000 casse di oppio, pretendendo una grossa cauzione in argento per poter continuare il commercio e infine proponendo un trattato per la cessazione del traffico, che gli Inglesi però non firmarono mai.

La situazione in Inghilterra era tesa, l’oppio rappresentava il 15% delle entrate e rinunciarvi sarebbe stato un duro colpo per l’economia. Fu così che una flotta di ben quaranta navi partì con l’intenzione di assediare Canton. In un paio d’anni la Cina fu assoggettata al volere inglese, aumentarono i porti di sbarco ognuno con una sede diplomatica, si liberalizzò il commercio dell’oppio e si pretese un forte risarcimento da concedere ai commercianti inglesi penalizzati dalla guerra.

Insomma la fine di una civiltà. Ma ancora i Mandarini non avevano toccato il fondo.

La Francia, che pure aveva colonie in India Orientale, fiutato l’affare provocò un casus belli che diede inizio alla seconda guerra dell’oppio. Umiliare ulteriormente l’Impero Cinese per ottenere vantaggi economici, concessioni militari e posizioni missionarie. Le forze Anglo-Francesi attaccarono nuovamente Canton appoggiate anche se solo diplomaticamente da Russia e America.

Fu una disfatta per la Cina che dovette aprire nuovi porti al commercio, permettere alle forze straniere di penetrare all’interno del paese, costruire missioni cattoliche e pagare cospicui indennizzi. Ma l’Imperatore dopo aver firmato il trattato decise di opporsi. Era il 1856.

Rinforzò le posizioni dei suoi forti grazie all’aiuto di generali Mongoli che resistettero a un primo attacco. Gli Inglesi si salvarono grazie all’aiuto della ”neutrale” America, ma molti ufficiali furono catturati e torturati. L’offensiva seguente fu meglio organizzata e le forze Anglo-Francesi entrarono a Pechino. Saccheggiarono e distrussero perfino il vecchio e il nuovo Palazzo D’Estate esempi magnifici di una civiltà millenaria, residenza degli Imperatori e fra i cui progettisti c’era anche un gesuita italiano.

La Convenzione di Pechino del 1860 che segnò la fine delle ostilità vedeva un paese segnato da guerre, lotte interne ma soprattutto dall’oppio che era fumato da una popolazione intera e ormai coltivato in tutta la Cina. Dall’uso tradizionale, quello medico, era diventato come il riso; presente in ogni casa. Il grande Impero del Sol Levante era finito e con esso la filosofia (Confucio tanto per intenderci nacque nel 500 a.c.ma la filosofia cinese è antica cinquemila anni), l’arte della porcellana e delle miniature e la tessitura della seta di cui la Cina detenne il monopolio fino a quando proprio un Gesuita, forse nel primo caso di spionaggio industriale, ne svelò il segreto in Occidente.

Anche il più antico sistema medico conosciuto ebbe quasi a scomparire. La decadenza, fra carestie e lotte interne, si protrasse fino ai primi anni del novecento quando idee marxiste si fecero largo nella mente del giovane Mao Tze Tung, che pure finanziò la sua rivoluzione esportando oppio in Occidente. Ma questa è un’altra storia…

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Pensieri, riflessioni, saggi / Grano transgenico e celiachia
« il: Luglio 15, 2015, 14:06:59 »
Circa trent’anni fa in un pomeriggio di noia fui attratta da un’intervista dal televisore che faceva da sottofondo al mio malumore. Era un ingegnere molto anziano che spiegava le mutazioni genetiche del grano.

Parlava di esperimenti fatti intorno agli anni ’40 nell’Agro Pontino, irrorando grosse estensioni di terreni coltivati a grano con raggi x e raggi gamma. Bisognava accorciarne il fusto per evitare che si piegasse, le spighe marcissero a contatto col terreno e potessero essere facilmente trebbiate. Caspiterina, era la prima volta che sentivo parlare di esperimenti di genetica sul cibo (già conoscevo di trattamenti americani sulla genetica della canapa) e quando il giornalista, con fare spavaldo e superficiale diceva che in fondo, dopo quaranta e più anni, eravamo ancora tutti vivi, la fredda risposta dell’ingegnere responsabile e pentito, mi gelò il sangue nelle vene.

Tutti vivi si, ma ammalati e con molte prospettive di esserlo molto di più in futuro; sempre più celiaci e intolleranti al glutine. In pratica per nanizzare il grano è stata modificata una sua proteina dalla quale, con la digestione si forma una sostanza che non venendo assorbita causa una forte infiammazione. Probabilmente il grano Creso, transgenico e più economico, ha il doppio del glutine del grano originario e si accumula nell’organismo creando allergie e intolleranze.

Inoltre l’ingegnere in televisione, che faceva parte del gruppo di scienziati che sperimentarono l’irraggiamento, tirò fuori dalla tasca due spighe: una piccola e sottile, l’altra grande e cicciotta. La seconda era il risultato degli esperimenti. Il vantaggio economico appariva evidente. Mi venne in mente che il pediatra dei miei bambini mi aveva consigliato di non svezzarli con semola di grano, ma di introdurla il più tardi possibile, preferendo farina di riso, manioca e tapioca. Forse devo a lui se i miei ragazzi sono in piena forma.

Quello che avevo appena ascoltato e che non avevo pensato di registrare mi aveva scosso profondamente, una notizia bomba di cui avrebbero parlato di sicuro i giornali il giorno dopo.
Macché, niente… Mi immaginavo uno scandalo con titoli in prima pagina invece nessun quotidiano passò l’informazione.

Ho sempre avuto l’hobby della cucina e della conservazione degli alimenti, a casa mia si consuma pomodoro in bottiglia fatto da me, marmellate biologiche autoprodotte, verdure sott’olio e tanto altro. Non sono vegetariana perché amo troppo i prodotti del mio territorio salumi compresi, ma se devo usare una farina uso quella biologica del senatore Cappelli. Dobbiamo infatti a lui se ancora possiamo nutrirci con grano originario, fu lui infatti che aiutò il genetista Strampelli a preservarne una varietà ottenuta presso il Centro di Ricerca per la Cerealicultura di Foggia all’inizio del secolo, mettendo a disposizione vasti appezzamenti di terreno in Puglia e in Basilicata e risorse per la sperimentazione.

Il grano Cappelli non è alto, è resistente alle malattie, si adatta al clima, non necessita di fertilizzanti chimici e produce un’ottima semola. Costa un po’ di più della farina dei supermercati, ma io non farei mai una torta o una pizza con farine commerciali: mi basta la pasta di cui ci nutriamo quasi ogni giorno, ad alto contenuto di glutine che è prodotta quasi tutta con varietà Creso, purtroppo transgenica.




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Pensieri, riflessioni, saggi / Grecia
« il: Luglio 02, 2015, 01:18:34 »
Un pensiero prima di dormire. Cosa sarebbe l'Italia ( e l'Europa) se la Grecia non fosse mai esistita? Senza la filosofia, la matematica, la democrazia. Senza la Magna Grecia non esisterebbe l'Italia, il meglio dell'Italia. Toponimo (parola greca) che stava ad indicare la Calabria e che si è allargato a indicare tutta la penisola.

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Enogastronomia / Ajivar
« il: Giugno 17, 2015, 13:27:51 »
L'Ajivar è una salsa di origine balcanica che si usa in genere sulla carne. Io la mangio su crostini caldi di pane integrale e la preparo così: arrostisco i peperoni e griglio le melanzane ( a volte le friggo tagliandole a metà). Dopo aver spellato i primi e sbucciato le seconde, passo tutto al mixer. In un pentolino faccio appassire aglio e cipolla tagliati fini e ci aggiungo la polpa delle verdure che deve cuocere per una mezz'ora. Alla fine ottengo una gustosa crema da spalmare che si conserva per parecchi giorni in frigo. L'ideale sarebbe usare quei peperoni a punta che chiamano cornetti. A piacere anche un po' di peperoncino.

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Diari di viaggio / In Iran nel 1978
« il: Giugno 16, 2015, 14:02:17 »


Nell’agosto del 1978 un aereo della compagnia di bandiera iraniana portò la mia famiglia e me a Tehran. Il mio papà era stato progettista di ponti, cavalcavia, passerelle pedonali e svincoli dell’Autostrada del Sole prima, della NA-BA e CE-SA dopo. Quando le grandi opere furono terminate e in mancanza di stimoli adeguati, decise di andare all’estero, sempre lavorando per il gruppo IRI. Se non ricordo male si trattava della costruzione di un’autostrada che avrebbe collegato Tehran al Golfo Persico, dando facile accesso ai numerosi pozzi petroliferi.

UN POPOLO E UNA CULTURA MILLENARIA. Io non ero tanto d’accordo a trasferirmi, avevo amici e fidanzato che non volevo lasciare, ma dovetti assoggettarmi al volere dei miei data la mia minore età. Una volta sbarcata però ci misi molto poco ad innamorarmi di un paese bellissimo, fatto di gente consapevole della propria storia millenaria, i cui giovani amavano lo studio e il divertimento e nelle cui università fermentavano le idee. Il mio grande rammarico è però quello di non averlo conosciuto prima; prima che lo Shah e la classe dirigente formatasi in America, laica e di costumi occidentali, facessero danni quasi permanenti.
All’Imperatore e alla sua forzata americanizzazione si opponeva la classe dei grandi proprietari terrieri che erano stati oggetto di espropri, i contadini che si erano impoveriti dopo il divieto di coltivare oppio e canapa e riversati in massa nelle baraccopoli delle grandi città, e i religiosi che mal sopportavano l’ateismo consumista imperante. Si importavano cibi considerati proibiti, come prosciutto e carne congelata, addirittura si produceva un vino dal nome altisonante, Chateaux Margot. Ritengo il defunto Reza Palhavi la causa dell’ondata di integralismo Islamico che ci accompagna da quasi quarant’anni, colui che ha dato il “la” all’insofferenza. Col tentativo di sradicare usi e costumi che si perdevano nella notte dei tempi, aveva provocato la prima rivoluzione diretta contro l’Occidente; da lì in poi niente sarebbe stato come prima e altri paesi ne sarebbero stati fortemente influenzati.

BLU JEANS, ALCOOL E COCA-COLA. Gli Stati Uniti avevano per esempio deciso che l’unica droga lecita sarebbe dovuta essere l’alcol, che il giusto abbigliamento jeans e maglietta, che il chai (il té) sarebbe dovuto essere sostituito dalla Coca Cola e che il chador che ricopre parzialmente le donne, un abito da medio evo. Mi vengono in mente le risate che mi facevo con mio fratello Enrico, nel guardare poliziotti dotati di Harley Davidson Electra Glide, uscire in continuazione fuori strada in presenza di semafori con relative cunette, da un solo cammello erano passati di colpo a più di ottanta cavalli, un po’ troppi anche per il centauro più ardito. Ricordo che il mio amico Fariborz il quale mi procurava quel meraviglioso fumo nero fuori e verde scuro dentro, rifuggiva dalla sostanza, preferendo di gran lunga la Vodka. A lui sembrava più chic, a me più stupido, come stupido mi sembrava mangiare quello schifoso pollo fritto di Kentucky Fried Chicken, tanto amato dai giovani locali. Ho da poco scoperto per esempio che nel Parlamento Iraniano era stata abolita la Sala dei Fumatori, nella quale, dopo i lavori parlamentari, ci si riuniva in amicizia, accomunati dal piacere di oppio e hashish; al suo posto un bar ben rifornito di alcolici.

MEDICINE AL POSTO DI CANAPA E OPPIO. L’oppio in particolare, che alleviava i dolori delle donne impiegate nella raccolta del tè e che a cinquant’anni si riducevano piegate in due dalla fatica di assistere piantine alte 50 cm, era stato sostituito da antidolorifici e barbiturici, tradendo un principio attivo che per millenni era stato alla base della medicina popolare. Insomma lo Shah stava traghettando il paese verso la “modernità”, favorendo multinazionali avulse dal contesto. Ma ai discendenti di Ciro il Grande consci della loro storia e fieri delle proprie tradizioni, tutto ciò non piaceva. Era stato relativamente facile nell’Italia del dopoguerra, stanca e malandata, imporre chewing gum e rock’ roll, apparire come i bravi liberatori e godere per sempre di una posizione strategica nel Mediterraneo; più difficile sradicare usi e costumi di un popolo fortemente attaccato alle proprie convinzioni etiche e religiose e soprattutto consapevole dell’enorme ricchezza del proprio sottosuolo sul quale si stavano dirigendo le solite compagnie Texane.

Quando alla dittatura di Reza Phalavi si sostituì, dopo la rivoluzione del ’78-79, quella religiosa e la sua Inquisizione, la borghesia ricca e potente era già scappata, lasciando un popolo ridotto alla fame e facilmente condizionabile. La conseguenza è stato un trentennio di oscurantismo paragonabile alla nostra Controriforma e a farne le spese, come al solito, le donne, le nuove streghe da mandare al rogo. Oggi il paese è in ripresa, le tensioni ammorbidite, le università sono tornate ad essere un’officina di idee e le ferree leggi islamiche hanno lasciato il posto a un quasi normale uso della religione. Il monito dell’Iran è molto chiaro: lasciateci in pace, pena una bella bomba atomica su Israele.
Agli Usa resta il ricordo della più grande batosta subita dai tempi della guerra in Vietnam. E a me una goduria infinita.

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Erotico / L'olio miracoloso
« il: Maggio 24, 2015, 14:08:20 »
Amo le donne e le osservo. Ne catturo gli sguardi e da uno sguardo so quello che la donna che mi sta davanti mi chiede. E io glielo do’. Da un gesto, una mano nei capelli, un’accavallar di gamba, colgo il loro stato d’animo, intuisco le tribolazioni o le gioie. Questo perché le ammiro e invidio loro quella capacità di dedizione che noi uomini non possediamo. Tutto ciò ha come fine la conquista. E la conquista di una donna è un’arte sottile che io, in tutta modestia, posseggo.

Ricordo che quando ero ragazzo, mentre gli amici giocavano a pallone o si facevano le canne, io approfittavo per insidiare le loro pupe; niente di più facile se paragonavo il mio corteggiamento raffinato al loro tacchinare insulso. E pensare che non sono proprio bello: non alto, non muscoloso e perfino poco dotato nelle parti intime. Il mio sesso è come il mio pollice: piccolo e un po’ ricurvo. In compenso ho due magnifici occhi verdi che scrutano inquieti e sanno far sentire una donna nuda e indifesa, tanto da caderti fra le braccia come una pera matura.

E sono elegante. Non un’eleganza affettata, non esattamente alla moda, ma come dovrebbe vestire un uomo: camicie di Oxford inglese o a righe sottili, maglioncini di cachemere girocollo e pantaloni tenuti da belle cinture di cuoio grasso. Calzettoni blu, mocassini o polacchine in caso di pioggia. Slip bianchi e mai una canottiera né niente che abbia un marchio in evidenza. Fino a qualche anno fa la mattina indugiavo dal barbiere, un po’ di pettegolezzi, panni caldi, pelo e contropelo per la mia barba dura. Oggi ho semplificato: usa e getta e un dopobarba cremoso. Vanitoso, ma senza darlo a vedere, per non far soffrire l’alto tasso di testosterone che fluisce nel mio sangue.

Quella domenica mattina avevo appuntamento con la donna che sarebbe stata la mia compagna per sei anni, ma ancora non lo sapevo. Solo sapevo che mi ero stufato del lungo corteggiamento e che sarei arrivato al dunque. Oggi o mai più. Avevamo pranzato nel centro storico di Salerno, pesce e vino bianco, un ottimo viatico per le faccende di sesso. Dopo pranzo mentre passeggiavamo un po’ brilli mano nella mano, lei si volle fermare a dare un’occhiata al mercatino di anticaglie, tipico della domenica e dei centri pedonali. In un piccolo stand si vendevano prodotti a base di canapa; portamonete di tessuto, saponette e gadget dal gusto discutibile. Lei volle comprare una bottiglia di olio di canapa; abbassa il colesterolo mi disse, ed è un antiradicali liberi. Mah pensai, questa si beve tutte le fesserie che legge.

Avevo solo fretta di metterla in posizione orizzontale. Non vedevo però insegne di alberghi e così le proposi una passeggiata sul litorale. In macchina ci dirigemmo verso Paestum e infatti lì fra i tanti alberghi chiusi (eravamo in novembre) trovai quello che faceva al caso mio. Era imbarazzata nella hall, mentre dava i documenti e ancora di più una volta saliti in camera. Quando uscii dal bagno (sono un tipo pulito e non sopporto gli odori corporali), la trovai già a letto con le coperte tirate fino al collo. Capacità di seduzione: zero! Avevo avuto centinaia di donne, tutte diverse, ma costei sembrava una suora. Mi infilai anche io sotto le coperte pronto all’esibizione delle mie qualità erotiche. Cominciai con casti baci e languide carezze, tanto per buttarla sul romantico, ma la signora continuava a tenere le cosce serrate; cercavo un varco con la mano, già mi stava passando la fantasia. Era rigida, ingessata, la sapevo reduce da un lungo matrimonio monogamico, ma checcazzz, apri le gambe.

Il miracolo avvenne mentre le ciucciavo un capezzolo; eh eh ogni serratura ha la sua chiave! E che miracolo! La guardavo mentre emetteva sospiri con la voce arrochita dal piacere, io ravanavo ardito, eccitato dal rossore del suo viso e dal profumo della sua pelle. L’avrei fatta godere prima di farla mia, sono un tecnico e conosco a memoria la mappa delle zone erogene femminili; le stavo passando in rassegna tutte, senza fretta, dal collo alla pianta dei piedi. Sarebbe stata lei a invocare la penetrazione come un atto liberatorio. “Ti prego dammelo tutto” mi disse con una voce di metallo che non era la sua. Ah ah qui ti volevo, aspetta cara, non ho finito, continuando a esplorare e assaggiandola con morsi e succhiotti in attesa del pezzo forte. Che arrivò con i miei tempi da direttore d’orchestra, avevo in testa la marcia di Radezky, cavalli in corsa verso la vittoria finale. Lei era tutta un “Si si” “dai dai” ma quando capì che stavo per concludere, mi gelò. ”Ti prego non mi venire dentro”. Cazzo cazzo cazzo. E no bella mia, io non riesco proprio a ritrarmi, fattelo mettere dietro. “ Nooo mi fai male”. A volte le donne sono proprio stronze, ed io avevo urgentemente bisogno di quella concessione. Poi, il lampo di genio. Mi precipitai a cercare nella sua borsa l’olio di canapa appena comperato, glielo spalmai per bene sul popò e godei anch’io dei miei trenta secondi di gloria. Altro che anti radicali liberi, quell’olio era il migliore lubrificante mai provato.

Ancora oggi che non la vedo da anni, quando penso all’olietto miracoloso, che era il nome con cui lo chiamavamo strizzandoci l’occhio con complice malizia, la ricordo su quel letto, sfatta sudata e riconoscente mentre mi sussurrava all’orecchio “Sei stato grande, ti amo”.

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Politica / Le radici dell'odio
« il: Gennaio 13, 2015, 11:52:37 »
Alle radici dell’odio.
Di fronte alla violenza islamica la maggior parte di noi rimane attonita, si condannano i mussulmani in blocco ma non si approfondisce il tema. Cercherò di spiegare quello che mi sembra di aver capito.
L’Islam ha da sempre due “schieramenti” : Sunniti che sono la maggioranza (Arabia Saudita, Siria Giordania,  Egitto) e Sciti (Iran, Iraq, Libano, Caucaso, Georgia, parte dell’Afganistan e Turkmenistan).
I Sunniti riconoscono la legittimità dei primi Califfi, compagni di Maometto, nella diffusione del Corano. Gli Sciti invece credono che il successore di Maometto sia il genero Alì. Nel corso dei secoli gli sciiti sono stati una minoranza perseguitata, quando non confinata in aree impervie.
 Negli ultimi decenni il confronto/scontro tra sunniti e sciiti (e direi Arabia-Iran) è stato profondamente segnato dalla rivoluzione iraniana, la quale ha espresso un originale regime, dove il ruolo primario dei capi religiosi è mitigato da elezioni democratiche. Il che lo differenzia  da altri regimi autoritari della regione (Arabia saudita e i paesi del Golfo). L’Iran ha risvegliato l’orgoglio di altre comunità sciite  in particolare in Iraq e in Libano. In questi due paesi gli sciiti rappresentano la maggioranza assoluta (Iraq) o relativa (Libano) della popolazione. Con l’aiuto politico e materiale dell’Iran le due comunità sciite hanno lottato con successo per arrivare al potere pur accettando in entrambi i paesi di partecipare al governo insieme a altre forze politiche e religiose.
 I sunniti entrati in allarme e supportati da petrodollari Arabi e Usa in contrapposizione con gli Sciti finanziati dalla Russia, hanno reagito col preciso intento di creare un Califfato in Siria che pur avendo da sempre una famiglia Scita al potere, è a maggioranza Sunnita.
La primavera siriana vista come rivolta popolare al potere di Assad si è trasformata dunque in un’occasione per l’Arabia di espandere il potere sunnita in un’area geografica a prevalenza sciita.  Non dimentichiamo Israele e il suo potentissimo esercito, da sempre nemica dell’Iran.
Da questa violenza e dalla mancanza di un progetto politico che si confronti col mondo moderno, nasce il fondamentalismo, la chiusura e l’odio verso l’Occidente eretico.
Apro parentesi per dire che molti mussulmani ci vedono come i terroristi che hanno disseminato mine antiuomo in Afganistan (molte delle quali,tra l’altro fabbricate nel Bresciano) , lo sa bene Gino Strada che lì approntò addirittura una fabbrica di arti artificiali.
Mai come ora l’equilibrio delle sorti dell’area siriano-irachena è in mano degli Stati Uniti  che sa bene quanto sia pericoloso continuare ad appoggiare gli Arabi sunniti i quali foraggiano col petrolio l’insana alleanza e ai quali l’America vende enormi quantità di armi, ma che  fatica a dialogare con l’Iran il quale è nemico giurato di Israele che ha invece forti interessi economici in USA. Una bella matassa da sbrogliare. Vedremo se Obama riuscirà a riscattare quel Nobel per la pace che fin ora non sembra essersi meritato.
L’Europa, disorientata e incapace di una politica estera comune, farebbe bene invece a non isolare l’Islam moderato, a favorire l’integrazione dei mussulmani, a costruire moschee dove il culto sia alla luce del sole, a non ghettizzare, onde evitare il fenomeno dei foreign fighters ossia di quei mussulmani anche di seconda generazione che data la crisi economica e di valori , decidono di arruolarsi fra i terroristi dell’Isis per poi tornare, imbottiti di armi e di odio, a fare attentati come quello che abbiamo visto da poco in Francia.
La Siria è ad un passo da noi, non  dimentichiamolo mai.

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Anch'io Scrivo narrativa! / Raccolta di pomodori
« il: Agosto 19, 2014, 21:22:24 »
Raccolta di pomodori

Luglio, si raccolgono i pomodori. Nella Piana del Volturno in provincia di Caserta o in

Capitanata nel Foggiano, la situazione è triste e uguale; la schiavitù che la

caratterizza anche. Perché se da un lato c’è una fascia di popolazione, la più razzista

ed ignorante, che dà addosso all’immigrato usurpatore, dall’altra c’è chi si

avvantaggia di questa nuova forma di costrizione. Manodopera a costo zero per chi

recluta ma che costa sangue sudore e lacrime a uomini senza futuro. Il meccanismo

è lo stesso che caratterizzava le grandi farm del sud degli States, anche se non si

vedono catene e fruste. Ibrahim viene dal Ghana, nella sua terra non ha neanche da

mangiare ed ha affrontato un viaggio snervante pagato con i soldi raccolti in una

vita intera nella speranza di trovare un paese che lo accogliesse. Dopo mille

peripezie è riuscito ad arrivare a Lampedusa, ma la sua meta finale è la ricca

Germania. La sua intenzione è di lavorare come bracciante, raccogliere un po’ di

soldi e raggiungere il paese di Bengodi dove però non arriverà mai. Viene reclutato

da un “caporale” insieme a centinaia come lui, la paga venti euro al giorno, il vitto

pane e pomodoro, il giaciglio un materasso puzzolente nello stesso capannone dove

si stocca il raccolto. Per prima cosa gli vengono sequestrati i documenti, poi gli

viene detto che la commissione dell’ingaggio è il 20%, ogni pasto costa 5 euro, il

posto letto altrettanto: morale lavorerà per guadagnare un euro al giorno, senza

possibilità di fuga non avendo più il passaporto. E’ disperato, lavora sotto un sole

cocente, ha crampi fortissimi per la perdita di sali minerali e a volte le dita gli si

ingrippano, i polpacci si fanno duri i piedi non lo reggono, ma non può scendere

sotto le venti cassette al giorno, pena l’espulsione senza documenti; il rischio la

galera. Non piange Ibrahim, le lacrime gli costerebbero la perdita di ulteriori

minerali. Sarà liberato a fine settembre più povero e più stanco di quando è

sbarcato.

Non meno tragica è la condizione di Ramesh Khan che viene dal Punjab, India. Lui ha studiato, è

un ingegnere venuto in Italia con la speranza di contribuire alla dote necessaria per permettere

un buon matrimonio alle sue tre sorelle senza la quale rimarrebbero zitelle. Sotto il turbante

che nasconde i lunghi capelli che i Sick non tagliano mai, due occhi neri e fieri e un corpo dalle

movenze eleganti. Mai avrebbe immaginato di scendere al livello di un paria, la casta degli

intoccabili, dopo quello che ha faticato per permettersi gli studi. Raccoglie gli zucchini, in ginocchio

e con vergogna mi dice che è diventato oppiomane. L’oppio che viene forse proprio dalla sua terra

e che nella sua terra non ha mai toccato, qui gli è diventato necessario per calmare i dolori alle

ginocchia. Cinque euro al giorno per poter continuare a lavorare. Tutto il suo guadagno in mano a

chi lo sfrutta. Gli chiedo sconcertata se non hanno provato ad avvertire l’Ispettorato del Lavoro mi

dice si, sono venuti, sono quelli che ci vendono la droga.

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Enogastronomia / Scialatielli
« il: Luglio 27, 2014, 11:10:19 »
Gli Scialatielli sono nati ad Amalfi. La farina si incontra con latte pecorino e basilico in un impasto veloce. Il formato è quello di uno spaghetto corto e cicciottello. Ieri li ho conditi con seppie, capperi e pomodorini.

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Umoristico / Illustrissimo Avvocato
« il: Luglio 10, 2014, 23:22:17 »
Ill.mo Dott. Avv. Carlo Alberto Zaina.
Buona sera avvocà, mi chiamo Biluccio Fierro e vivo e lavoro a Montella, in Irpinia, provincia di Avellino. Sono un agricoltore e, specificatamente, coltivo mais, tengo pure una vigna di Aglianico, ma solo per consumo familiare. Eh si, non solo voi in Padania facite o’ granturco e  mangiate polenta, ma anche noi terroni la gradiamo. Anzi, con tutto rispetto, la nostra polenta è, diciamo, più saporita. Ci mettiamo quel caciocavallo podolico, o il pecorino di Carmasciano grattugiato  che vi assicuro avvocà, è da svenimento. Quando poi la schiacciamo e la ripassiamo in padella, di ferro, quella della nonna, che fa quella crosta arrostuta, e l’accompagnamo coi friarielli(cime di rapa ripassate con aglio e peperoncino) avvocà va vulissi fa’ assaggià! Per non parlare di quando la condiamo col ragù….. che non è di carne macinata come il vostro, ma è tutto uno scoprire di pezzetti deliziosi: ora una bracioletta, a volte un pezzetto di cotechino, oppure una costina. Ah avvocà, o’ paradiso!
Ma non mi voglio dilungare, so che voi tenete a che fare, cose serie. Dunque dovete sapere che da che mondo è mondo i passeri si mangiano o’ granturco. Allora da che mondo è mondo nuie ci mettimmo qualche pianta di canno pe’ miezzo. O’ canno, avvocà, la canapa. Si perché ai passeri piace molto. E, a verità, quando è settembre, anche a me mi piace, mo’ fumo rint’a pippa(nella pipa) e me ne vado a dormì sereno. Certe volte o’ tabbacco che pure coltiviamo, fa una muffa strana e nun se può concià, ma o’ canno nun si ammala maie…
 Io ora sono qui. In Questura. Avvocà dicono che io spaccio. Vi dico la verità, qualche volta ho spacciato a nero. Eh si, ho venduto farina di granturco , qualche cotechino salsicce e sopressate e pure e’ melanzane sott’olio che fa mia cognata, senza mai fare scontrino fiscale. O’ saccio, è reato. Ma avvocà se fa pe’ campà, e  chisti mi mettono in galera! So’ venuti all’alba, co’ tre furgoni n’coppa(sopra) o’ granturco che mel’hanno tutto arruvinato. Io tenevo una decina di piante di canno, quattro agli angoli e cinque o sei pe’ miezzo. Me le hanno sradicate e dicono che è il corpo del reato. Ma quale corpo e corpo, io tengo un corpo forte, e non ho mai fatto reati, giuro avvocà, non ho fatto mai male a nessuno. Poi tengo ‘na valansa( una bilancia) di quelle con due piatti, pensate ci pesavo pure e’ criature quand’ereno nionati, ebbe’ dice che è la prova dello spaccio. Che io ci pesavo la droga. Ma che d’è sta droga, io pensavo che era polvere, che nun se puo’ pesà sulla valansa meia. Chilla tene certi pesi di ottone… e che vuoi pesà polveri…… Avvocà aiutatemi, io fra poco devo fa’ la vendemmia, e poi le aulive(olive), quelle vanno frante subbito che sennò esce l’olio rancido, che se non ci sono io a organizzare chi lo fa? Chilla muglierema è scema( mia moglie è scema) nun cia’ può fa’(chiedo scusa a tutte le donne ma riporto solo le parole di Biluccio). Mi rimetto alla vostra infinita sapienza, nel frattempo vi mando due galline. Non per darvi dell’Azzeccagarbugli, per carità d’Iddio, ma queste sono due galline speciali, mie amiche, garantite, so’ soddisfazioni. E non dico altro….
Con deferente devozione sempre ai vostri ordini
Fierro Biluccio

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Altro / L'Iran filoamericano e i suoi danni
« il: Luglio 03, 2014, 21:54:46 »
L’Iran filoamericano e i suoi danni
Nell’agosto del 1978 un aereo della compagnia di bandiera iraniana portò la mia famiglia e me a Tehran. Il mio papà era stato progettista di ponti, cavalcavia, passerelle pedonali e svincoli dell’Autostrada del Sole prima,  della NA-BA e CE-SA dopo. Quando le grandi opere furono terminate e in mancanza di stimoli adeguati, decise di andare all’estero, sempre lavorando per il gruppo IRI. Se non ricordo male si trattava della costruzione di un’autostrada che avrebbe collegato Tehran al Golfo Persico, dando facile accesso ai numerosi pozzi petroliferi.                                                                      Io non ero tanto d’accordo a trasferirmi, avevo amici e fidanzato che non volevo lasciare, ma dovetti assoggettarmi al volere dei miei data la mia minore età. Una volta sbarcata però ci misi molto poco ad innamorarmi di un paese bellissimo, fatto di gente consapevole della propria storia millenaria, i cui giovani amavano lo studio e il divertimento e nelle cui università fermentavano le idee. Il mio grande rammarico è però quello di non averlo conosciuto prima; prima che lo Shah e la classe dirigente formatasi in America, laica e di costumi occidentali,  facessero danni quasi permanenti. All’Imperatore e alla sua forzata americanizzazione si opponeva la classe dei grandi proprietari terrieri che erano stati oggetto di espropri, i contadini che si erano impoveriti dopo il divieto di coltivare oppio e canapa, e i religiosi che mal sopportavano l’ateismo consumista imperante. Si importavano cibi considerati proibiti, come prosciutto e carne congelata, addirittura si produceva un vino dal nome altisonante, Chateaux Margot. Ritengo il defunto Reza Palhavi  la causa dell’ondata di integralismo Islamico che ci accompagna da quasi quarant’anni, colui che ha dato il “la” all’insofferenza. Col tentativo di sradicare usi e costumi che si perdevano nella notte dei tempi, aveva provocato la prima rivoluzione diretta contro l’Occidente; da lì in poi niente sarebbe stato come prima e altri paesi ne sarebbero stati fortemente influenzati. 
Gli Stati Uniti avevano per esempio deciso che l’unica droga lecita sarebbe dovuta essere l’alcol, che il giusto abbigliamento jeans e maglietta, che il chai (il té) sarebbe dovuto essere sostituito dalla Coca Cola e che il chador che ricopre parzialmente le donne, un abito da Medio Evo. Mi vengono in mente le risate che mi facevo con mio fratello Enrico, nel guardare poliziotti dotati di Harley Davidson Electra Glide, uscire in continuazione fuori strada in presenza di semafori con relative cunette, da un solo cammello erano passati di colpo a più di ottanta cavalli, un po’ troppi anche per il centauro più ardito.  Ricordo che il mio amico Fariborz  il quale mi procurava quel meraviglioso fumo nero fuori e verde scuro dentro, rifuggiva dalla sostanza, preferendo di gran lunga la Vodka. A lui sembrava più chic, a me più stupido, come stupido mi sembrava mangiare quello schifoso pollo fritto di Kentucky Fried Chicken, tanto amato dai giovani locali.  Ho da poco scoperto per esempio che nel Parlamento Iraniano era stata abolita la Sala dei Fumatori, nella quale, dopo i lavori parlamentari, ci si riuniva in amicizia, accomunati dal piacere di oppio e hashish; al suo posto un bar ben rifornito di alcolici. L’oppio in particolare, che alleviava i dolori delle donne impiegate nella raccolta del tè  e che a cinquant’anni si riducevano piegate in due dalla fatica di assistere piantine alte 50 cm, era stato sostituito da antidolorifici e barbiturici, tradendo un principio attivo che per millenni era stato alla base della medicina popolare. Insomma lo Shah stava traghettando il paese verso la “modernità”, favorendo multinazionali avulse dal contesto. Ma ai discendenti di Ciro il Grande consci della loro storia e fieri delle proprie tradizioni, tutto ciò non piaceva. Era stato relativamente facile nell’Italia del dopoguerra, stanca e malandata,  imporre chewing gum e rock’ roll, apparire come i bravi liberatori e godere per sempre di una posizione strategica nel Mediterraneo; più difficile  sradicare usi e costumi di un popolo fortemente attaccato alle proprie convinzioni etiche e religiose e soprattutto consapevole dell’enorme ricchezza del proprio sottosuolo sul quale si stavano dirigendo le solite compagnie Texane.
Quando alla dittatura di Reza Phalavi  si sostituì, dopo la rivoluzione del ’78-79, quella religiosa e la sua Inquisizione, la borghesia ricca e potente era già scappata, lasciando un popolo ridotto alla fame e facilmente condizionabile. La conseguenza è stato un trentennio di oscurantismo paragonabile alla nostra Controriforma e a farne le spese, come al solito, le donne, le nuove streghe da mandare al rogo. Oggi il paese è in ripresa, le tensioni ammorbidite, le università sono tornate ad essere un’officina di idee e le ferree leggi islamiche hanno lasciato il posto a un quasi normale uso della religione. Il monito dell’Iran è molto chiaro: lasciateci in pace, pena una bella bomba atomica su Israele.  Agli Usa resta il ricordo della più grande batosta subita dai tempi della guerra in Vietnam. E a me una goduria infinita.
                                                                                                 

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Altro / Un binomio inscindibile?
« il: Giugno 16, 2014, 00:26:07 »
 C’e stata un’epoca in cui la creatività è andata di pari passo con l’alterazione sensoriale. Penso alla Parigi di fine ‘800 e ai numerosi artisti che si rifugiavano nelle sue braccia profumate di oppio, hashish, assenzio.  Baudlaire prendeva hashish la mattina a digiuno sciolto nel caffè e Rimbaud e Verlaine si stordivano con la “Fata Verde”. Pittori come Modigliani, Sisley, Utrillo e anche Picasso, godevano di tutte le libertà che la vita bohemienne consentiva loro. Van Gogh e Toulouse Lautrec annegavano le malattie in un mare di sostanze disparate fra cui il laudano che spopolava soprattutto fra le signore. Alexandre Dumas, amante dei derivati del papavero, aveva approntato una redazione di oppiomani coi quali scriveva  feuilleton. La buona società chiamava”maudit” il gruppo dei poeti ( Modigliani divenne Modì), estendendo poi l’accezione anche ai pittori, ma di fatto guardava con curiosità il fenomeno, come una nuova moda di cui parlare nei salotti e, casomai, da seguire.
 Anche molti  Inglesi, che godevano dell’importazione diretta dall’India coloniale, avevano libero accesso all’oppio. Lord Byron e Shelley, due fra i tanti. Coleridge, o De Quincey  che risollevò la sua disastrata condizione economica con i proventi di “Confessioni di un mangiatore di oppio”. Conan Doyle, spesso indugia sul vizietto di Sherlock Holmes che assume coca a fasi alterne.. Il nostro vate, D’Annunzio, in confronto era un principiante, troppo erotomane per cedere ai neurodepressivi, magari un po’ di coca per rinvigorirsi, ma senza le vette di gioia e gli abissi di dolore che caratterizzarono i Francesi
La psicoanalisi nacque forse dal tentativo di Freud di liberarsi dalla dipendenza di cocaina, sintetizzata nel 1865 e molto diffusa fra i medici di area tedesca che, con la scusa di sperimentarla come anestetico, erano ben contenti di farlo su se stessi.  Quando fu scoperta l’eroina ci fu un fiorire di set “da viaggio”, molti dei quali in materiali preziosi, a testimonianza di un fenomeno di élite.
Oltreoceano gli scrittori si davano perlopiù all’alcol.   Hemingway, Fitzgerald, Poe  e poi Capote, Bukowsky e Kerouac, solo pochi esempi fra coloro che all’inizio del’900 si sfasciavano di Bourbon.
Furono però i musicisti i più accaniti consumatori di sostanze proibite. Negli anni ’40 quasi tutti i jazzisti di colore, Charlie Parker, Mingus, John Coltraine a   facevano  uso di eroina, come se tutto il dolore della negritudine potesse essere placato dal suo uso smodato. Erano i primi decenni dopo l’abolizione della schiavitù, in tutto il Sud imperversava il Ku Kux Klan, e ci si scontrava con la difficoltà dell’integrazione. L’eroina prese talmente piede che, indipendentemente dal sesso, non c’era un artista nero che ne fosse rimasto indenne. La triste storia della signora del Jazz, Billy Holiday, vale per tutte; violentata adolescente, costretta ai lavori più umili, prostituta per necessità, riuscì a sfondare  grazie alla sua voce meravigliosa che, resa roca dalla sostanza, raggiungeva vette altissime di pathos. Morì giovane di epatite fulminante.
Da qui partì la beat generation, Kerouac, Corso, Ferlinghetti, Ginsberg si ispirarono e, per un periodo, si fusero col jazz; colsero il disagio di una generazione che mal si adattava alle regole del potere, e aprirono il varco al movimento che abbracciava  tutte le arti ed  era un po’ comunista, pacifista, anarchico. E drugs addicted. La letteratura e la pittura prima, ma soprattutto la musica poi, magnificavano il vivere on the road, senza troppi perché. Libertà sessuale, il rifiuto della mentalità perbenista e della guerra, l’opposizione al proibizionismo e l’uso di ogni droga furono le caratteristiche del pensiero hippie.
Non si può parlare di tutti i musicisti, scrittori poeti e pittori che morirono di overdose o col fegato spappolato, non basterebbe un trattato; ma si possono dividere per esempio gli eroinomani dai consumatori di LSD. Tristi e introspettivi i primi, visionari i secondi. Due nomi: Janis Joplin, Jefferson Airplane.
Ho letto tanti anni fa in un’intervista su un magazine, Federico Fellini che dichiarava di aver inventato e disegnato alcuni dei suoi personaggi, sotto l’effetto di Acido Lisergico, bevuto in forma liquida, d’accordo col suo medico e amico.  I disegni a colori della carta patinata rimandavano in effetti a vere e proprie allucinazioni; la tabaccaia di Amarcord aveva le tette come due mongolfiere, e la Gradisca un culo grande“quant’a Porta Capuana” come si dice a Napoli. Le sue ossessioni erotiche si liberavano. Lisergiche.
Possiamo quindi affermare che la creatività necessiti del dolore che provoca la dipendenza? O che si nutra delle visioni del laudano o dell’lsd? O degli eccessi alcolici, dell’inebetimento  charas- india-guru, o dello stupefacente accostamento peyote-stregone-mexico? Siamo sicuri che Hemingway o Jimi Hendrix o la Pop art al completo non avrebbero prodotto di meglio senza la spinta dell’alterazione sensoriale?
A me piace ricordare il sempre poco compianto Frank Zappa, il più grande musicista del ‘900, la cui musica è ingovernabile e inclassificabile. Uno stakanovista della creatività, una produzione che spazia dal blues alla sperimentazione, un genio della chitarra attento all’ironia dei testi, sempre contro il potere e la morale corrente. Ho assistito ben tre volte alle sue impeccabili performances, e per tre volte sono rimasta sopraffatta dalla presenza teatrale e dal genio creativo. Sul palco diventava direttore d’orchestra, musicista, scenografo, attore e cantante dalla voce di baritono. Zappa non tollerava che i suoi musicisti non fossero del tutto presenti, neanche la cannetta sciogli tensione prima del concerto, lui era contro, punto.
 Non oso immaginarlo sul palco a indugiare sulle note della chitarra, svisando sugli accordi tipo Hendrix, né cantare testi dolorosamente poetici alla Morrison, reggendosi a stento in piedi. Lui è stato la fine di quell’epoca e la testimonianza più attendibile che il binomio arte-droga era stato uno stereotipo col quale la buona società aveva trovato comodo ingabbiare, nel corso di più di un secolo, gli artisti on the boarder. 





 



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Diari di viaggio / Grogue
« il: Giugno 12, 2014, 00:46:10 »
Questo racconto fa parte di molti che ho scritto per una pagina antiproibizionista e che deve avere per contratto come soggetto la canapa .
Grogue
Abito a Sao Nicolau, una delle dieci isole che formano l’arcipelago di Cabo Verde al largo delle coste del Senegal.   La conformazione geologica dell’arcipelago è variegata, alcune isole sembrano la continuazione del Sahara e hanno spiagge chiare ed acque cristalline altre, di natura vulcanica, sono montuose e ricche di verde, in una c’è un vulcano attivo.  E’ stato colonia portoghese dal ‘500  al 1975, prima della sua scoperta era disabitato e fu usato come avamposto per la tratta degli schiavi diretti in Brasile. La popolazione è creola, come la lingua che mischia Portoghese e dialetti africani.
Sao Nicolau è un posto bellissimo, tagliato fuori dal mondo. Seppure in linea d’aria non disti dall’Italia più del Senegal, per arrivarci ci vogliono due giorni e due aerei; altro sono le isole con l’aeroporto internazionale come Sal e Boavista ,che “godono” del turismo spinto dei villaggi.
La gente del posto vive di pesca, piccoli commerci, agricoltura e pastorizia, ma è un misero vivere.   La vera risorsa e cioè il mare più pescoso del mondo, viene depauperato da grossi motopescherecci asiatici ma anche europei, ai quali il governo dà appalti per migliaia di tonnellate di pescato all’anno. Gli aiuti umanitari ormai scarseggiano, danno la precedenza a paesi africani più disagiati, e le rimesse dall’estero dei parenti emigrati si fanno sempre meno consistenti a causa della diffusa crisi. Ad aggravare il tutto c’è un altissimo tasso di natalità, molti bambini con poco futuro.  Il turismo che potrebbe rappresentare una grossa fetta delle entrate, è messo nelle mani delle multinazionali dei villaggi che, grazie al cielo, non sono presenti a Sao Nicolau. Qui il visitatore è in genere il trekker del Nordeuropa o il pescatore sportivo, oppure chi cerca una badante scopante di quarant’anni più giovane; costoro in genere danno da vivere( senza nemmeno accorgersene) a tutta la parentela della ragazza.  E’ in aumento fra i pensionati europei la tendenza di trascorrere l’inverno girovagando fra le isole. Con quello che si risparmia di riscaldamento si gode dell’estate in pieno inverno. Ogni tanto arriva qualche onlus con progetti di microimpresa, ma alla fine sono tutte prese per i fondelli.
La gente del posto è, salvo poche eccezioni, rassegnata e fatalista, poco reattiva, senza fantasia. Il vero fulcro della società sono le nonne, le mamme e le zie, le quali crescono i numerosi bambini che le ragazze della famiglia sgravano a getto continuo. I padri sono illustri assenti e usano la loro prolificità a vanto di un machismo assoluto. Difficile trovare due fratelli figli dello stesso  padre, specie nelle isole più arretrate. E’ probabile che il loro stile di vita basato sul quotidiano faccia specie a chi è cresciuto con l’idea di costruirsi la vita, ma qui è l’unico stile possibile.
E poi c’è il grogue. Distillato dalla canna da zucchero, è simile alla cachaça brasiliana, non proprio rum ma moooolto alcolico; è la bevanda nazionale, bevuta nella stessa quantità di come noi beviamo il vino. La canna di tutto il mondo ha i propri progenitori qui a Capo Verde, è da qui che si è diffusa nelle Antille Portoghesi prima, nei Caraibi e in Sud America poi.  Anche se pochi lo ammettono è, insieme alle unioni fra consanguinei, la causa principale della demenza diffusa. Naturalmente c’è grogue e grogue; si sa che ci sono alcune parti del distillato, che contengono  metanolo, sono molto pericolose, ma loro non lo buttano come sarebbe obbligatorio fare. Il range dei prezzi varia dai 2 ai 12 euro al litro e la qualità non è controllata se non dai consumatori. Vedo gli effetti di quello da due euro ogni giorno davanti al baretto del centro, persone dall’aspetto simile ai fumatori di crack o agli sniffatori di colla, consumati nel corpo, fulminati nella mente. Si salva la classe media, una percentuale bassissima che, dovendo produrre, non si può permettere il perenne stato alcolico, ma si approvvigiona comunque di damigiane da cinque litri di quello buono, a cadenza settimanale.
Adesso, dico io, ma benedetti figlioli, avete una canapa che fa schifo, tantovero che la fumate poco, ma perché non implementare la produzione con una  qualità migliore? Non sarebbe meglio farvi una bella canna anziché bere quello schifo? E così mentre chiacchieravo al bar con Mirco che fantasticava sulla possibile destinazione delle isole a paradiso fiscale, io facevo altrettanto destinandole a paradiso “fumogeno”: localini governativi dove vendere canapa di monopolio e il conseguente impiego di molti ragazzi disoccupati negli incroci e nella coltivazione. Pensavo al viaggiatore  camminatore di montagna al quale potrebbe interessare  vaporizzata, così da non intaccare le sue convinzioni salutiste;  al pescatore d’altura, che potrebbe assaporare la famosa Blu Marlin grass prodotta sola qui fra una birra gelata e un carpaccio di tonno. Il pensionato residente potrebbe fumarla nella pipa, insieme a un po’ di Viagra; una qualità più leggera please, sennò mi sviene. E per il turista medio che viene  per il sole, il mare, relax e musica, il bar sulla spiaggia te la vende già rollata, che qui c’e’ spesso vento, troppo faticoso.
In poco tempo, sono sicura, la sua tassazione all’origine creerebbe buoni utili e la liberalizzazione incoraggerebbe i viaggiatori . Una bella spinta per l’economia e soprattutto un turismo sostenibile; è infatti noto ai più  che il consumatore di canapa è in genere un tipo tranquillo, di cultura media, pacifista, amante della natura, raramente pedofilo e poco speculatore.
Per ciò che riguarda il grogue non ho speranze; ero andata con Paolo a Praia Branca, una frazione in montagna, a cercare un agnello per Pasqua ( non insorgano i vegetariani) e, fra le stradine del paesino, un ragazzo si stava rollando una canna in mano, camminando piano. Ahah, allora anche voi fumate…..si si mi dice lui, ma solo dopo che ho bevuto: mi fa salire tutto il grogue.
 Passo e chiudo.
 


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