Autore Topic: 01. Naufragio  (Letto 394 volte)

victor

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01. Naufragio
« il: Settembre 04, 2020, 03:48:23 »
Racconto. Tra sogno, realtà e molta fantasia. 1a parte.

Arrivammo ad Atene il sabato mattina e ci sistemammo in albergo.
Dedicammo il resto della giornata ed il giorno successivo a visitare la città e le sue antichità, che del resto, tranne Daniela, conoscevamo già.

Il lunedì mattina prendemmo il traghetto che ci avrebbe portato all’isola, portando con noi soltanto l’indispensabile per la vacanza in barca e lasciando la maggior parte del bagaglio in albergo.
Appena arrivati ci recammo dal Turist Operator locale con il vaucher dell’affitto della barca. Sbrigammo le pratiche burocratiche. Controllammo con attenzione che l’assicurazione fosse a posto, avevamo sottoscritto una assicurazione kasko che coprisse tutti i rischi, e pagato per questa una cifra superiore al costo del noleggio della barca.

Il Turist Operator ci accompagnò con il pulmino al porto dal noleggiatore il quale ci condusse alla barca. Era uno sloop di 27 piedi, a stabilità di forma. Era evidente che non era nuovo di zecca, era una barca che aveva navigato parecchio, ma appariva in buone condizioni di manutenzione. D’altra parte nel contratto il noleggiatore l’aveva dettagliatamente descritta e aveva dichiarato anche l’anno di fabbricazione.

Salimmo a bordo e parlando un po’ in inglese e un po’ in italiano il noleggiatore ci mostrò le vele, le cime e ci portò a controllare il motore di emergenza che partì immediatamente appena girò la chiavetta del quadro. Ripeté l’operazione svariate volte per dimostrarci il perfetto funzionamento e ci mostrò che il serbatoio del gasolio era pieno.

Scendemmo sotto coperta e ci mostrò il quadrato con le carte nautiche e le otto cuccette. Noi eravamo solo in cinque per cui avremmo avuto molto spazio a disposizione. Anche la riserva d’acqua potabile era per otto persone e per due settimane.
A questo punto volle controllare le nostre patenti. È vero che avevamo già depositato le fotocopie al momento del contratto, comunque io e il mio amico Michele mostrammo le nostre patenti che consentivano la navigazione a vela ed a motore in mare aperto e mia moglie mostrò la sua che invece la consentiva entro le sei miglia. Si mostrò molto soddisfatto del fatto che tre persone erano fornite di patente nautica.
Ci mostrò la radio che accese ed evidenziò la busta di plastica con l’elenco delle varie lunghezze d’onda relative ai bollettini meteo in lingua inglese e italiana. Completò la sua dimostrazione mostrandoci i servizi e il ripostiglio con le lenze da pesca, sia a canna che a traino. Ritornammo in coperta e ci indicò il pozzetto dell’ancora e tutti i depositi delle varie cime, dei parabordi, delle scalette, e il gommone con relativo motore fuoribordo.

A questo punto io volli controllare personalmente e provare il verricello del fiocco, le manovre per armare e disarmare la randa e verificare il funzionamento del motore per il sollevamento dell’ancora.
In pratica avevamo completato tutte le dimostrazioni, così chiedemmo che ci indicasse un posto dove pranzare e dove fare il rifornimento di viveri per i dieci giorni di navigazione. Ci indicò sia una trattoria di pescatori, come pure quello che definì il supermercato che si trovava proprio di fronte al porto. Infine verificammo il collegamento tra i nostri telefoni satellitari e il suo e ci salutammo.

Mentre ci recavamo al ristorante mi fermai ad osservare uomini e donne anziane che seduti a terra riparavano le reti che erano distese ad asciugare. Avevano in mano un fuso nel quale era avvolto il filo che serviva a ricostituire le maglie delle reti che durante l’uso si erano rotte. Li avevo già notati arrivando, ma avevo dato uno sguardo solo di sfuggita. Era per me uno spettacolo molto interessante. Mangiammo dell’ottimo pesce fresco, ma servito su tavoli sgangherati e con tovaglie di plastica e poi andammo al supermercato.

Quello che il noleggiatore aveva definito supermercato in verità era un vecchio magazzino, un baraccone ricolmo di una infinità di roba. All’uscita notammo con piacere che c’erano dei ragazzi con dei carrelli che si dichiararono pronti ad accompagnarci alla barca. Osservando tutto lo spettacolo che si presentava ai miei occhi mi tornò alla mente Dostoevskij il quale scrisse che è la sofferenza che determina la consapevolezza.

Era pomeriggio, ma il sole era ancora alto sull’orizzonte e si trovava alle nostre spalle, così decidemmo di partire immediatamente. Mentre Michele metteva in moto il motore e si metteva al timone io mollai la cima d’ormeggio e ritirai l’ancora. Nel frattempo le donne provvedevano a sistemare il materiale acquistato.
Michele al timone pilotava la barca con il motore al minimo in quanto il porto era molto affollato di barche di ogni tipo. La faceva scivolare lentamente e con molta prudenza sull’acqua piuttosto torbida e stagnante ed io a prua guardavo il mare sperando di trovare al largo quell’acqua limpida e trasparente che i depliant turistici ci avevano promesso.

Usciti dal porto Michele diresse la prua ad est-sud-est, dove, a circa dieci miglia di distanza le carte indicavano la presenza di un’isola con una radura ben riparata. Io, nel frattempo sciolsi ed armai la randa mettendola al traverso. Una brezza leggera la gonfiò subito e Michele spense il motore. Ci guardammo negli occhi e senza parlare ci trovammo d’accordo di non armare il fiocco in maniera che l’andatura leggera lasciasse lavorare le donne sotto coperta senza troppa difficoltà.

Scesi sotto coperta, mi tolsi i vestiti e indossai il costume. Ritornato sul ponte presi il timone per dare a Michele la possibilità di fare altrettanto. Non passò molto che il contorno dell’isola verso cui eravamo diretti apparve all’orizzonte. La rotta era giusta e proseguimmo la navigazione a vista.

Già da lontano ci rendemmo conto che la radura dove eravamo diretti era piena di barche ormeggiate. Tanti altri avevano avuto la nostra splendida idea. Mentre io restavo al timone Michele scese giù per dire alle donne che ci fermavamo a fare il bagno in alto mare perché qui l’acqua era trasparente. Avremmo proseguito la navigazione più tardi.
Fatto il bagno e risaliti a bordo riprendemmo la navigazione. Quando arrivammo in rada il sole si accingeva al tramonto, ma c’era ancora molta luce. Ci cercammo un posto e buttammo l’ancora.

Durante la cena discutemmo sull’itinerario da seguire e ci trovammo d’accordo nel dirigere verso nord nella speranza di trovare posti meno affollati. Io amo la solitudine e anche loro si trovarono d’accordo.
Trascorremmo quattro giorni tra cielo e mare, fermandoci dove e quando ci aggradava, accostando alle isole e ormeggiando la barca solo per la sosta notturna.

La mattina del quinto giorno mentre eravamo in navigazione il tempo cambiò di colpo. Cominciò a soffiare un grecale che non prometteva nulla di buono. C’erano un gruppo di piccole isole vicine ed anche se le carte non mostravano alcun ormeggio decidemmo di dirigerci in quella direzione, in quanto non c’era altro nelle vicinanze.

La situazione si fece rapidamente molto critica, era una burrasca bella e buona! Le onde erano diventate alte e il vento sbatteva violentemente le vele. Mentre Michele stava al timone io mi affrettai ad ammainarle e dopo esserci consultati scesi sotto coperta per lanciare l’SOS alla radio con le nostre coordinate. Una radio mi rispose, ma parlavano in greco mentre io cercavo di spiegarmi in inglese. Avendo avuto la sensazione che avessero compreso le nostre difficoltà tornai sopra coperta.

Appena mi affacciai al boccaporto mi resi immediatamente conto che la situazione era diventata veramente critica. Il vento era molto forte e Michele aveva grande difficoltà a governare la barca e dirigerla verso l’isola che si intravedeva a tratti nell’oscurità della burrasca. La navigazione procedeva molto lentamente. Noi ci alternavamo al timone in quanto si faceva molta fatica a tenere la rotta.

Ad un tratto degli scogli apparvero all’improvviso davanti alla nostra prua. Erano pericolosamente vicini e il mare ci stava buttando addosso ad essi. In quel momento Michele era al timone ed io scesi immediatamente sotto coperta per avvertire le donne che la situazione si era fatta grave. Dissi loro di tenersi sotto il boccaporto pronte a buttarsi in mare se la barca fosse andata a sbattere addosso agli scogli. Dissi che la terra era vicina e che se si finiva in mare dovevamo dirigerci a nuoto verso la riva.

Risalito sopra coperta mi resi conto che c’era terra sia a destra che a sinistra degli scogli. Non si capiva se fosse soltanto un’isola oppure fossero due. Lo dissi alle donne e raccomandai che una volta in acqua dovevano rendersi conto dove andava la corrente e utilizzarla per raggiungere la riva, non importava quale. Con Michele ci intendevamo con lo sguardo e con i gesti, perché il vento e la pioggia non permettevano di udire le parole.

Passarono alcuni minuti e l’irreparabile, malgrado gli sforzi di Michele, avvenne. La fiancata della barca si squarciò sbattendo contro uno scoglio che affiorava. Spinsi fuori le donne che si buttarono in mare (o vi furono scaraventate dalla tempesta), anche Michele si buttò in acqua e mentre mi stavo buttando anche io un’ondata traversò la barca e mi fece cadere dall’altro lato.

Riemergendo mi misi subito a nuotare per allontanarmi dalla barca e dagli scogli. Poi mi guardai in giro cercando di fare il punto della situazione. Non vedevo nessuno degli altri. Alla mia sinistra a un centinaio di metri scorgevo la sagoma dell’isola, ma non riuscivo a capire se c’era spiaggia o roccia, comunque la salvezza era da quella parte e in quella direzione mi misi a nuotare.

Mentre mi trovavo sulla cresta di un’onda mi parve di scorgere una testa alla mia destra. Aspettai che un’altra onda mi sollevasse nuovamente e guardai con attenzione verso quella direzione. La pioggia e gli spruzzi del mare mi impedivano di vedere con precisione, ma quel punto nero che vedevo non era uno scoglio in quanto si muoveva: doveva essere uno dei nostri. Non era neanche lontano. Modificai la mia direzione e mi misi a nuotare per raggiungerlo.

Nuotavo con tutte le mie forze in quanto avevo la sensazione che nuotava allontanandosi da me. Sulla cresta di un’altra onda lo vidi chiaramente: era una testa bruna. Quindi non era mia moglie che è bionda e neppure Michele che è mezzo pelato: doveva essere Daniela oppure Marta, sua madre. Quando giunsi a un paio di metri di distanza mi resi conto che era Daniela e nuotava allontanandosi dalla spiaggia verso cui io volevo dirigermi.

Feci un ultimo sforzo e la raggiunsi. Le poggiai una mano sulla spalla. Si voltò ed appena mi riconobbe mi buttò le braccia al collo. Mi resi immediatamente conto che era terrorizzata. Mi sciolsi dal suo abbraccio, forse piuttosto energicamente, la presi per il polso e tirandola verso il lato opposto le indicai l’isola verso cui dovevamo nuotare.

Dapprima la trascinai, ma in questa maniera procedevamo con difficoltà. Le feci capire che non l’avrei lasciata, ma che dovevamo nuotare ciascuno per conto nostro. Si rassicurò e prese coraggio e vidi che le tornarono anche le forze. Le onde ci sbattevano a destra e a manca, ma nuotavamo con vigore uno a fianco dell’altra. Il vento che soffiava verso l’isola ci veniva in aiuto.

Quando fummo vicini mi resi conto che a sinistra degli scogli contro i quali avevamo fatto naufragio c’era della sabbia per cui l’approdo sarebbe stato più agevole. Glie lo mostrai e le gridai che eravamo salvi.

Capì e si mise a nuotare con maggiore forza. Arrivammo alla riva e un’ondata mi sbatté sulla spiaggia facendomi rotolare. Mentre mi rialzavo vidi che la risacca si era riportata indietro Daniela. Mi ributtai immediatamente in acqua, la raggiunsi e l’afferrai per un braccio. Aspettai l’arrivo di una nuova onda favorevole e appena mi resi conto che ci stava sollevando in alto per scaraventarci sulla riva l’abbracciai stretta in maniera che tutti e due fummo scaraventati contemporaneamente sulla sabbia.

A carponi e tenendola per il polso la trascinai per allontanarci velocemente dal mare. Poi, lontani dalle onde restammo distesi a terra per un po’ di tempo in maniera da riprendere fiato mentre il vento e la pioggia continuavano a scrosciarci addosso. Poi, sempre carponi, ci dirigemmo verso l’interno alla ricerca di un riparo. Lo trovammo a ridosso di una roccia.

Qui restammo seduti a lungo cercando di riacquistare le nostre forze. Nel frattempo le rotelle della mia mente lavoravano cercando di rendersi conto della situazione e decidere il da fare. Dissi a Daniela, o meglio le feci capire, che era opportuno muoversi e controllare se in giro avremmo trovato un riparo più adeguato.

Tenendoci per mano ci inoltrammo nella vegetazione che c’era dietro le rocce. Ad un tratto incrociammo quello che mi parve un viottolo. Mi fermai ad osservare e riflettere. Alla mia sinistra portava verso il mare, alla mia destra verso l’interno dell’isola.

Era probabile che in quella direzione si trovassero delle case o addirittura delle persone. Ci dirigemmo verso l’interno. Ad un tratto ci trovammo di fronte ad una capanna di tronchi d’albero. Era piccola, quadrata. Sulla facciata aveva una porta ed una finestra. Entrambe erano chiuse. Bussai alla porta, non rispose nessuno.

Bussai nuovamente, poi poggiai la mano sulla maniglia. La porta si aprì: era chiusa solo con il lucchetto.
Entrammo. Nella semi oscurità intravidi un tavolo, due sgabelli, un lume a petrolio appeso al soffitto, un mucchio di reti lungo una parete, qualche mensola appesa al muro. Eravamo al riparo!

Avevo notato che la finestra aveva dei vetri per cui aprii gli scuri per avere un po’ di luce e chiusi la porta. Daniela nel frattempo si era buttata come corpo morto sulle reti. Mi sedetti sullo sgabello e la osservai. Per la prima volta cominciavo a rendermi conto come eravamo ridotti. Io avevo addosso solo il costume, lei lo slip del costume e un reggiseno a brandelli che lasciava tutto scoperto. Io ero stanco e il mio respiro era affannato. Osservavo lei. Anche il suo respiro era molto affannato ed ogni tanto il suo corpo era scosso da un tremito.

Sono rimasto a lungo fermo così, seduto sullo sgabello, le braccia conserte poggiate sul tavolo e il mio sguardo fisso su Daniela. Mentre aspettavo che le mie membra si rilassassero la osservavo. Lei pareva assopita e mentre lentamente il suo respiro tornava normale osservavo che anche il tremito tendeva a diradarsi. Fuori continuava la tempesta.

Non potevo fare a meno di osservare il suo corpo … era bella … proprio bella … Non era la prima volta che mi rendevo conto di quanto fosse bella. Suo padre era amico mio e ci frequentavamo da sempre. L’avevo vista crescere. Lei mi chiamava zio e tra noi due esisteva un certo feeling. Ma questa volta io vedevo in lei, forse per la prima volta, una donna, una bella donna che mi attirava sessualmente. Quel suo seno scoperto, appariva meraviglioso ai miei occhi. Non riuscivo a distogliere lo sguardo.

Ad un tratto cominciò a muoversi e a riaversi. Aprì gli occhi. Mi vide e si mise subito a sedere poggiando la schiena contro la parete di legno.
-   Siamo vivi? – disse.
-   Si – risposi – ce l’abbiamo fatta …
-   E loro?
-   Dovrebbero essere vivi anche loro. La terra era vicina e sono dei buoni nuotatori.
-   Tu mi hai salvato …
-   No. Ti hanno salvato le tue braccia e la tua volontà. Io ti ho detto soltanto cosa dovevi fare.
-   Io … io non sapevo cosa dovevo fare …
-   Ma quando te l’ho detto lo hai fatto e sei sana e salva!

Dopo un poco riprese:
-   Dove siamo?
-   Sull’isola, dentro una capanna di pescatori.
-   E loro … dove saranno?
-   Saranno da qualche altra parte su questa stessa isola oppure sull’altra.
-   Chissà cosa stanno facendo in questo momento?

Uno strano pensiero balenò nella mia mente ed un sorriso affiorò sulle mie labbra e dissi:
-   Possibilmente in questo momento tuo padre sta scopando con mia moglie … soli … su una spiaggia deserta … è molto romantico …

Mi guardò … sorrise e disse:
-   Pensi questo? …
-   Non è un mistero che tra tuo padre e mia moglie c’è un feeling particolare, anzi direi che c’è una forte attrazione fisica …
-   Te ne sei accorto?
-   Perché? tu non te ne sei mai accorta?
-   Si … veramente lo avevo notato …
-   E perché pensi che tuo padre ha insistito tanto affinché facessimo questa crociera assieme?
-   In effetti …
-   Spero proprio che in questo momento stiano scopando insieme …
-   Come? … significa che speri che stiano facendo l’amore?
-   Certo … se stanno scopando significa che sono sani e salvi!
-   Sì, certo … Ma non sei geloso?
-   Beh, Daniela, tu spesso mi trascini a discutere della mia filosofia personale … - dissi mentre mi alzavo dallo sgabello e mi sedevo sulle reti accanto a lei - a me fa sempre piacere chiacchierare con te perché ti reputo una persona intelligente … tu sai bene in quanto ne abbiamo parlato insieme più volte … io ritengo che ogni persona ha diritto ad avere le proprie idee e la propria libertà …
-   Anche a me fa piacere parlare con te … ed ascoltare tutto quello che mi dici …
-   Anche quando parlo con estrema franchezza e qualcosa di quello che dico può farti anche dispiacere? Ogni figlio idealizza sempre i propri genitori …
-   So che tu non parli mai per cattiveria … tu parli con franchezza … e mi vuoi bene … ed oggi me ne hai dato prova … sei venuto a prendermi ed a salvarmi … - e mentre mi diceva questo mi guardava negli occhi - e tutto quello che mi hai insegnato mi è sempre stato utile …
-   Sì … è vero che ti voglio bene … ma sappi che quello che ho fatto oggi per te l’avrei fatto per chiunque …
-   Lo so che sei così generoso … ed è per questo che ti ammiro …
-   Comunque torniamo al nostro discorso … vedi Daniela … l’attrazione sessuale è una legge di natura, ed è difficile resistere, ma non è uguale per tutti … in alcune persone è una molla molto potente … in altre è meno forte … in altre ancora forse non si manifesta affatto … forse sono queste le persone che affermano di riuscire a resistere e conservarsi pure … io, invece, non riesco a resistere … l’attrazione sessuale per me è una molla troppo forte … ho ceduto diverse volte nella mia vita … e so che anche per mia moglie è un’attrazione potente … e quindi con quale coerenza posso pretendere che mia moglie si comporti diversamente da me?
-   È la tua coerenza che io ammiro moltissimo …
-   Non vorrei essere frainteso … io amo mia moglie e desidero che sia viva, sana e salva … e … se in questo momento anche lei si trova come noi su una spiaggia deserta dopo essere sfuggita ad un pericolo così grave, ritengo che sia istintivo e normale che provi quello che io in questo momento sto provando per te …

Lei mi guardava fisso negli occhi e anche io la guardavo nella stessa maniera cercando di scoprire il suo pensiero … avevo detto chiaro e tondo ciò che in quel momento provavo … avevo bisogno di conoscere la sua risposta … che arrivò subito … stesi un braccio e lei prese la mia mano … ci stringemmo l’uno all’altra … ci baciammo dapprima sulle labbra …e subito dopo anche nella bocca con passione e desiderio …

Inutile raccontare come passammo la notte.

(1. Continua)

Link di Musica per questo scritto:
https://www.youtube.com/watch?v=P1tFxRPk2qE


« Ultima modifica: Settembre 04, 2020, 03:55:27 da victor »
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Platino

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Re:01. Naufragio
« Risposta #1 il: Settembre 06, 2020, 18:19:54 »
Letto in prima battuta troppo di corsa per permettermi di immedesimarmi completamente nei personaggi. Però piace, invita a ripercorrerlo a velocità ridotta, cosa che farò, prima di affrontare il secondo tempo già visto pronto, di questo bel film tra generazioni... Noi scrittori occasionali o per passione, siamo come trattori, marce normali quando creiamo, marce necessariamente ridotte quando leggiamo di altri, talmente abituati e spesso preda nella frenesia dello spunto, della creatività e degna gemella, la fantasia.
« Ultima modifica: Settembre 06, 2020, 19:00:35 da Platino »

victor

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Re:01. Naufragio
« Risposta #2 il: Settembre 06, 2020, 20:19:42 »

Ciao, Platino

Grazie per il post anche se fatto in prima battuta.

Aspetto quello in seconda …
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mr.blue

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Re:01. Naufragio
« Risposta #3 il: Settembre 14, 2020, 16:36:01 »
Mi piace molto il tuo modo di scrivere Victor, è come se fosse un piano sequenza senza interruzioni.

victor

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Re:01. Naufragio
« Risposta #4 il: Settembre 14, 2020, 18:57:36 »

Molte grazie mr.blue per il tuo complimento. Mi lusinga moltissimo.

Victor
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