Autore Topic: Relazioni sociali  (Letto 351 volte)

Doxa

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Relazioni sociali
« il: Settembre 02, 2015, 10:34:31 »
Lo scrittore britannico William Gerald Golding, premio Nobel per la letteratura nel 1983, nel suo romanzo del 1952 “Lord of the flies” (= “Il signore delle mosche”) manifesta  la sua sfiducia nella convivenza pacifica e crede l’umanità cattiva sia in natura che in società: “L’uomo produce il male come le api producono il miele” ha scritto Golding, che ha una concezione opposta a quella del filosofo svizzero Jean-Jacques Rousseau (1712 – 1778), secondo il quale l’individuo in natura è buono, un “buon selvaggio”  ma viene corrotto in seguito dalla società. Però leggendo altri libri di Rousseau si deduce  che per lui  l'individuo non è  un "buon selvaggio", né un "cattivo selvaggio", ma un essere neutro "né buono né cattivo, senza vizi né virtù". 

In effetti le persone sono dotate di libero arbitrio, della capacità di scegliere un’azione tra diverse alternative. Ma per essere responsabili delle proprie azioni devono conoscere le diverse alternative implicate nella scelta, ed essere consapevoli del concetto di responsabilità e degli effetti che le proprie azioni potrebbero avere sugli altri individui. 
Il libero arbitrio è influenzato da fattori fisici, biologici, psicologici, e la libertà di scelta può essere condizionata dal contesto sociale o naturale. Se non si è in grado di discernere ciò che è bene e ciò che è male  il libero arbitrio diventa scollegato dall’etica.

Il commediografo di epoca romana Tito Maccio Plauto (255 a.C. circa – 184 a.C.) nell’ “Asinaria” (la commedia degli asini) scrisse: “lupus est homo homini”, da cui l’espressione latina: “homo homini lupus” (= “l’uomo è un lupo per l’uomo”), che riassume efficacemente una antica concezione della condizione umana che si è tramandata e diffusa nei secoli da apologeti e filosofi.

Il filosofo e matematico britannico Thomas Hobbes (1588 – 1679) nel “Leviatano” espone la propria teoria della natura umana, della società e dello Stato: nello stato di natura gli uomini hanno tutti gli stessi diritti, ma la scarsità dei beni disponibili li costringono ai conflitti, tutti contro tutti (bellum omnium contra omnes).
 
Lo stato di natura è quell'ipotetica condizione in cui gli uomini non sono ancora associati fra di loro e disciplinati da un apparato governativo e dalle relative leggi. Questa particolare condizione fu ipotizzata anche dal filosofo e medico britannico John Locke (1632 – 1704) nel saggio “Due trattati sul governo”. Secondo questo autore  la perfetta libertà e l’uguaglianza non implicano che lo stato di natura sia uno stato di licenza: nessuno ha il diritto di distruggersi e di distruggere gli altri per la propria conservazione. Infatti, lo stato di natura è limitato da una  legge di natura che coincide con la ragione, dalla quale scaturisce la possibilità di costituire una società ordinata con rispetto e uguaglianza reciproca.

Il filosofo Arthur Schopenhauer nel "Parerga e Paralipomena"  scrisse la metafora riguardante il “dilemma del porcospino”: un gruppo di porcospini, in una fredda giornata di inverno, si strinsero vicini, per proteggersi col calore reciproco, per non rimanere assiderati. Ma gli aculei li costrinsero ad allontanarsi l'uno dall'altro, poi si riavvicinarono. L’allontanamento e il riavvicinamento si ripeté numerose volte finché capirono che la posizione migliore era quella di rimanere vicini ma non affiancati. Questo paradosso ha analogia con la dinamica delle relazioni umane, un moto spontaneo, fatto di continui aggiustamenti, di avvicinamenti e di allontanamenti, al fine di trovare la giusta distanza per non pungerci troppo vicendevolmente.