Autore Topic: Tragicità umana  (Letto 56 volte)

Doxa

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Tragicità umana
« il: Maggio 01, 2024, 15:31:10 »
Tragedia: antica parola greca di origine incerta, che evoca la "tragedia greca" di epoca classica.  Da questa poi m'inerpicherò sul sentiero d’altura  che mi conduce nel territorio accidentato del bene e del male.

“Giudici fian tra noi la sorte e l'arme:
fera tragedia vuol che s'appresenti
per lor diporto a le nemiche genti”.
(Torquato Tasso,  “Gerusalemme liberata”, Canto V, 43)


Sacrificio di Ifigenia in Aulide, affresco, “Casa dei poeti tragici”, Pompei. Il dipinto è conservato a Napoli nel Museo Archeologico Nazionale.

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Re:Tragicità umana
« Risposta #1 il: Maggio 01, 2024, 15:39:19 »
La tragedia greca è un genere teatrale nato nell'Ellade nel VI sec. a. C..
 
La sua messa in scena era per gli abitanti dell’Atene  di epoca classica uno spettacolo con valenze sociali.

Prima di divenire dramma intriso di lutto e di sventura reso immortale dai drammaturghi Eschilo, Sofocle e  Euripide, originariamente era collegata agli antichi riti in onore del dio Dioniso.  Veniva festeggiato  con danze, canti e feste.

Il noto filosofo greco Aristotele nella “Poetica” definisce la tragedia l'imitazione di un'azione vera.

Per Eschilo  la tragedia è collegata alla giustizia divina, al rapporto dell'uomo con le divinità.

Sofocle dice che  gli dei sono potenti ma lontani e la tragedia rappresenta il dolore e l'infelicità dell'uomo.

Euripide  entra nel merito delle relazioni individuali, coglie gli aspetti psicologici e comportamentali delle persone,  con i loro  limiti, vizi e virtù,  non hanno nulla di eroico.

Nella tragedia teatrale vengono messe in scena vicende esemplari  di dolore, sfortuna, atrocità, emotivamente coinvolgenti, che inducono lo spettatore a riflettere sulla fragilità della vita umana, sul bene e sul male, sulla vita e sulla dimensione divina. 

In origine la tragedia si ispirava alle divinità e agli eroi mitologici, portando in scena lo scontro dei personaggi con l’avverso fato  e l’ineluttabile destino.

Solitamente a dare il via alla vicenda era l’infrazione di un divieto, con cui veniva rotto l’equilibrio iniziale: era il momento dell’hamartìa, dell’errore che motiva il personaggio a compiere un gesto sacrilego: hybris.

Lo svolgimento della vicenda e, soprattutto, la conclusione (la nèmesis) erano spesso drammatici, segnati da fatti luttuosi, violenti e da gravi sofferenze.

Quegli antichi testi teatrali  venivano rappresentati con recitazioni da parte di attori,   lamentazioni funebri alternate da  cori (in versi lirici), musica, danza. L’azione era preceduta da un prologo recitato e da un  canto d’entrata del coro (pàrodos), e conclusa da un canto d’uscita del coro (èxodos).  Il canto corale era accompagnato solitamente dalla danza.

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