Autore Topic: Futuro II  (Letto 483 volte)

Rubio

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Futuro II
« il: Aprile 16, 2012, 15:38:32 »
Futuro II

   Chi sei tu? Cosa ci fai nel mio letto? Io? Sono il tuo futuro. Il mio futuro? finalmente, ti aspettavo. Mi aspettavi? Sono sorpreso. Perché? tutti andiamo incontro al nostro futuro, è normale, no? Sì è normale, ma in genere non mi capita una tale accoglienza. Suscito più diffidenza e sconcerto. Io sono curiosa, invece. Bene, dimmi cosa mi serbi? Con una come te mi viene da dire: serviti.
   Quante cose belle! Tutta quest’elettronica, automatismi, aerei telecomandati; gente che si sposta a frotte, tutti collegati, anzi connessi, che si parlano in quest’esperanto della modernità, il global english. Popoli e lingue diverse che si comprendono, è l’antibabele; e la democrazia ha più consenso della teocrazia; chi l’avrebbe detto! E poi i giovani protagonisti: finalmente al centro del mondo e i vecchi bacucchi superstiziosi che gli corrono dietro, ma ormai hanno preso un bel vantaggio! Ma dov’è il centro? In Europa non più, In America neppure. In Cina, in India non ancora, forse mai. Non abbiamo più un centro, è la prima volta!
   Seguiamo il percorso della Storia: prima Babilonia, poi l’Egitto, poi le polis sparse nel Mediterraneo, poi Roma; e la ferita di Alessandria e la cultura affidata agli amanuensi, poi i Comuni italiani, i grandi Stati Nazionali sempre in guerra, poi il testimone passa da Parigi a Londra e infine a Berlino. Ci voleva Hitler per allontanare il centro dall’Europa e portarlo oltreoceano (contribuendo così alla sua sconfitta). Ma ormai non è più neanche là, è ovunque: ovunque è centro e periferia. Il centro è per chiunque ha qualcosa da dire, alla faccia di tutti i soloni che decretarono, troppo presto, la fine della Storia!
   Certo a vederlo così dall’alto i vecchi bacucchi siamo noi, e noi italiani ancor di più: vedi il nonno ottantenne che fa fatica a lasciare al figlio sessantenne l’edicola di una vita? Vedi una tabaccheria, un ristorante, una lavanderia in mano ad un giovane? non ce n’è, non mollano, non mollano. Non sono i politici che non mollano, non molla nessuno, tutti aggrappati a difendere il passato. Ma quanto possono reggere? saranno spazzati via, è questione di tempo. La maledizione sarà che la loro caduta trascinerà tutto, sarà uno tsunami improvviso e imprevisto ai più, che lascerà solo macerie e poche teste per ricostruire e, temo, di molti colori diversi, con poco bianco.
   C’è molto da fare e gli eredi dei lumi e dei dubbi non possono stare ai margini, non abbiamo tempo di trasferire ai nuovi quello che generazioni dopo generazioni hanno capito. Si rischia di lasciare solo un velo di marmellata su una fetta biscottata. Non c’è tempo, tutto è così veloce. E’ la pedagogia la vera emergenza. Come si trasferisce in fretta e furia la merce del magazzino che rischia di essere raggiunto dall’acqua e dal fango, così dobbiamo insegnare cosa sono stati i Diritti dell’Uomo, e poi della Donna, e del Fanciullo, e dei Diversi, come si tutelano le minoranze, si bilanciano i poteri, si da spazio al merito e si promuove l’intraprendenza. I più non lo sanno, non possono ricominciare, i libri, anche elettronici, non bastano! Servono maestri in ogni borgo, a coniugare, pazienti, i diritti nella lingua della modernità: a seminare dubbi fecondi e lasciare che germoglino; se c’è il giusto seme e l’humus adatto, lo faranno. Bisogna aver fiducia. Ma non c’è un attimo da perdere, ci sono millenni di storia da trasferire in un territorio infinito, in un tempo minimo; e siamo in pochi, in pochi a capirlo, in pochi ad affannarsi. Gli altri continuano a ballare pensando, ignari, che sia per sempre.
   C’è da tremare, un compito improbo. E i peggiori sforzi sono nelle battaglie con chi resiste, con chi si aggrappa al consueto, chi non vuole vedere che panta rei, anche se l’hanno studiato e lo ripetono da una vita. Ma l’hanno capito che sembriamo fermi e rivoluzioniamo a migliaia di chilometri all’ora intorno al Sole? e la nostra galassia, come tutte, si allontana alla velocità di Hubble dal Big Bang? Pensano di riuscire a fermarsi anche solo per pensare? Illusi, verranno travolti.
Noi non possiamo stare qui a compiangerli: un'altra Alessandria no, non possiamo permettercela, non possiamo aspettare altri duemila anni e più per ristare al punto di oggi, col rischio concreto di non trovare neanche la terra sotto ai piedi! Chi sa, si dia da fare nel trasloco: di là ci aspettano, con le braccia aperte e la mente sgombra, giovani cuori. A loro affidiamo l’eredità dei padri, anche se non hanno i tratti di famiglia. Ne sapranno fare tesoro se riusciremo a palesargliene il valore e la fragilità delle cose preziose. Siamo i Grandi Vecchi, rendiamocene conto. Ti ho aspettato una vita, futuro, ora so cosa devo fare.