Autore Topic: Tempo di Carnevale  (Letto 537 volte)

Doxa

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Tempo di Carnevale
« il: Febbraio 13, 2024, 09:17:14 »
 :rose: :rose:Alcuni anni fa in altro topic ho discettato sul Carnevale. Non so dov'è quel thread, perciò comincio questo  :happy:

Oggi vi voglio raccontare un po’ di storia del Carnevale di Venezia. Il primo documento che lo cita come usanza è dell’anno 1094, firmato dal doge Vitale Falier. Ma fu un editto del 1296 del Senato della “Serenissima” ad istituirlo come festa pubblica autorizzata.

Dopo circa 700 anni, nel 1797, a seguito del “Trattato di Campoformio”, Venezia venne ceduta all’Austria, che bandì molte usanze, fra le quali il Carnevale. Questo fu ricominciato nel 1979 da alcune associazioni cittadine ed è ormai famoso in tutto il mondo.

Il travestimento tipico veneziano,  che risale al '700, veniva indossato sia dagli uomini che dalle donne: si compone di tre elementi: una particolare maschera bianca denominata  baùta (si pronuncia con l’accento sulla ù),  il tricorno di colore nero  (= cappello a tre punte), il mantello nero, detto anche tabarro o jabod.


La baùta,  di colore bianco, è la maschera  tradizionale del Carnevale veneziano.

La conformazione della maschera permette anche di bere e mangiare senza  doverla togliere e mantenere l’anonimato.

Nel passato il carnevale veneziano  attirava chiunque avesse denari da spendere e voglia di vivere situazioni fuori dall’ordinario. Non solo nelle feste dei palazzi ma anche nelle sale da gioco.  La più antica, gestita dallo Stato, era quella nel Palazzo Dandolo. Ricchi giocatori, non solo veneziani ma anche  stranieri,  spendevano molti soldi nei tavoli da gioco proprio perché si sentivano tutelati dall’anonimato della maschera, che era obbligatoria.

La baùta veniva indossata da ricchi e poveri, uomini e donne, aristocratici, borghesi e religiosi, che si confondevano celando la propria identità.

Immaginate  la scena: individui avvolti dal tabarro, il viso nascosto dalla maschera, sul capo il tricorno. Camminano tra le calli avvolte nella nebbia ed entrano in un palazzo illuminato dalle candele. Si levano il mantello svelando qualcosa di sé dagli abiti che indossano e dalla forma del corpo che si intuisce sotto i vestiti.

Si scrutano a vicenda attraverso le fessure della maschera cercando di indovinare la persona che si cela.
 
Solo il Carnevale consentiva di vivere situazioni come queste, irresistibili agli occhi dei visitatori stranieri. Il fascino della città sospesa tra terra e acqua unita alla trasgressione resa possibile dall’anonimato. 

Le donne come maschera per il viso anziché la bianca baùta usavano la “moreta” (o moretta) cosiddetta perché di colore nero.   

Ci sono numerosi  dipinti a Venezia che testimoniano l’utilizzo di questi indumenti. Appaiono, in particolare nelle opere pittoriche di Pietro Longhi e Francesco Guardi.  Ne posterò alcune.
« Ultima modifica: Febbraio 26, 2024, 18:10:09 da Doxa »

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Re:Tempo di Carnevale
« Risposta #1 il: Febbraio 13, 2024, 17:10:04 »
Molto interessante Doxa.

Doxa

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Re:Tempo di Carnevale
« Risposta #2 il: Febbraio 15, 2024, 09:35:05 »
Buongiorno Nina,  stamane  di Venezia ti offro la veduta della Ca’ Rezzonico.


 
L’edificio prospetta sul  Canal Grande. Fu progettato da Baldassarre Longhena su incarico della nobile famiglia Bon. Il cantiere venne aperto nel 1667 ma per difficoltà economiche dei committenti la costruzione venne  lasciata incompiuta.

Nel 1751 Giambattista Rezzonico l’acquistò e lo fece completare. Il cantiere chiuse nel 1758.

Lo so, la tua curiosità ti motiva a chiedermi chi erano i Rezzonico, ed io brevemente ti dico che un primo  Rezzonico documentato a  Venezia si chiamava Aurelio, ed era l'anno del Signore 1638. Era, originario della provincia di Como e dedito all’attività finanziaria e al commercio.  Era un discendete dei conti Della Torre di Rezzonico, da cui il cognome.


 
Castello di Rezzonico, costruito nel 1363 dal feudatario Della Torre, poi Della Torre-Rezzonico.
Il maniero è situato nella sponda nord-occidentale del Lago di Como.

Dal 1687 il ramo veneziano dei Rezzonico entrò a far  parte del patriziato della città lagunare. Di questa famiglia faceva parte Carlo Rezzonico (1693 – 1769), che il 6 luglio 1758 fu eletto al soglio pontificio col nome di  Clemente XIII.

Ora Nina virtualmente saliamo lo scalone d’onore per poi entrare in quel che fu il bel salone da ballo, ancor oggi ornato con gli affreschi e i lampadari di Murano.



Nei tre piani dell’edificio si dipana il Museo del Settecento Veneziano. Possiamo ammirare i mobili, le porcellane i lampadari, ecc., ma in particolare i capolavori di Giambattista e Giandomenico Tiepolo. Nella collezione di quadri ci sono i dipinti dedicati a Venezia da Guardi, Canaletto e Longhi.

Nel prossimo post  ti offro la foto di un dipinto di Francesco Guardi riguardante il Carnevale di Venezia.

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Doxa

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Re:Tempo di Carnevale
« Risposta #3 il: Febbraio 15, 2024, 09:53:42 »

Francesco Guardi, Il Ridotto, olio su tela, 1746 - 1750, Museo del Settecento Veneziano,  Ca’ Rezzonico, Venezia

(purtroppo l'immagine è parziale, cliccare sulla foto  per  averne il link e vederla intera)

Non sono riuscito a trovare un'altra foto con meno pixel.

[mister, come in altri forum ci sarebbe bisogno di far entrare tutta l'immagine anziché far "straripare" una parte. Grazie dell'attenzione]


In questo dipinto è raffigurata la sala grande del Ridotto. Si vedono anche altre sale più piccole con i giocatori.

Il “Ridotto” era la sala da gioco nel  Palazzo Dandolo a San Moisé. Era frequentato anche da Giacomo Casanova.
Veniva aperto in occasione del lungo periodo di Carnevale veneziano, che  nel ‘700 si dilungava dal 26 dicembre al mercoledì delle Ceneri. 

Poiché il gioco d’azzardo era per legge illegale, il Ridotto di San Moisè, aperto nel 1638, era l’unico ad essere considerato legittimo, ed era gestito dallo Stato: la Repubblica di Venezia.

I frequentatori erano obbligati ad indossare la maschera, di solito la baùta: bianca per gli uomini, nera per le donne. Erano esclusi dall’obbligo i nobili addetti ai banchi di gioco (i croupiers) che dovevano indossare la parrucca e la toga nera;  venivano stipendiati dal governo.  Erano nobili impoveriti,  appartenenti alle famiglie meno ricche;  venivano denominati  “Barnabotti”, nome che deriva dalla parrocchia di San Barnaba.

Questa casa da gioco  accoglieva  veneziani e stranieri, nobili e gente comune, ricchi e poveri.  Fu quindi quasi naturale che in tale ambiente iniziassero a diffondersi attività come la prostituzione e l’usura.  La presenza continua nelle sale di usurai e meretrici, il problema della dissipazione dei capitali con il gioco d’azzardo, gli oscuri rapporti d’affari tra gli usurai e i Barnabotti, motivarono la magistratura più temibile della Serenissima, il Consiglio dei X,  a decretare la chiusura  di questo Ridotto nel 1774.


Ed ora passiamo all’immagine.

E’ evidente la promiscuità degli strati sociali osservando i loro vestiti.

A destra,  c’è una donna che indossa un abito bianco  tiene in mano un fuso e una conocchia  (attributo distintivo delle prostitute) vicina ad un Barnabotto che sembra dare  ad un uomo una chiave, presa dal mazzo di chiavi: un fatto di facile interpretazione.

Sull’estrema sinistra  un altro Barnabotto è intento a prestare denari ad un nobiluomo mascherato.

Un bambino gioca con il cagnolino.

p. s. La sorella di Francesco Guardi,  Maria Cecilia, nel 1719 si unì in matrimonio col famoso pittore Giovan Battista Tiepolo.
« Ultima modifica: Febbraio 15, 2024, 10:02:41 da Doxa »

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Re:Tempo di Carnevale
« Risposta #4 il: Febbraio 16, 2024, 11:20:16 »
Concludo  questo thread con due dipinti del pittore veneziano Pietro Longhi (1702 - 1785), custoditi a Venezia nella pinacoteca della Fondazione Querini-Stampalia,  nell’omonimo palazzo del XVI secolo.


Venezia: Palazzo Querini Stampalia



Palazzo Querini-Stampalia, una veduta d’interno



Pietro Longhi, Il Ridotto, olio su tela, 1750 circa, Pinacoteca Querini-Stampalia, Venezia

Questa composizione fu ispirata al Longhi  da un precedente dipinto realizzato da Francesco Guardi, custodito alla Ca’ Rezzonico (vedi precedente post).
La scena si svolge nel salone centrale del Ridotto di Palazzo Dandolo a San Moisé.
La scena del "Ridotto" occupò la fantasia del Longhi in numerose versioni. 



Pietro Longhi, il Ridotto di Ca' Giustinian, olio su tela, 1750 circa, pinacoteca Querini-Stampalia
Una copia è a Bergamo all'Accademia Carrara









 

Doxa

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Re:Tempo di Carnevale
« Risposta #5 il: Febbraio 19, 2024, 10:18:43 »

Pieter Bruegel il Vecchio: “Lotta tra Carnevale e Quaresima”, dipinto ad olio su tavola; 1559, Kunsthistorisches museum, Vienna

L’artista fiammingo si chiamava Pieter Brueghel, ma in questo quadro si firma col cognome Bruegel. E tale cognome usò dal 1559 per firmare i suoi dipinti.

Pieter Bruegel o Brueghel   è indicato come il Vecchio per distinguerlo dal figlio primogenito, Pieter Bruegel, detto “il Giovane”.

Il noto dipinto “Lotta tra Carnevale e Quaresima” esprime simbolicamente la contrapposizione tra la “festa” e la “penitenza”, la transizione tra i due periodi liturgici.

Per comprenderne la struttura narrativa si deve immaginarla divisa in due parti da una linea verticale, che dalla casa centrale in alto scende verso il basso e passa nel breve spazio antistante tra l’uomo panciuto sulla botte ed il carrello trainato da due religiosi.



dettaglio

Inoltre, Bruegel ha  collocato le persone, festaioli e penitenti,  intorno a un ideale centro, costituito dal pozzo, dove si vede una donna che con la carrucola ha tirato su il secchio






Bruegel per evidenziare  la ciclicità della vita,  alternata tra follia e ragione, povertà e ricchezza, abbondanza e penuria, disordine e ordine, ha disposto la folla non in modo casuale ma in forma circolare: chi oggi ride domani piangerà, che gioca, lavorerà, che fa bagordi farà penitenza.



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« Ultima modifica: Febbraio 19, 2024, 17:03:33 da Doxa »

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Re:Tempo di Carnevale
« Risposta #6 il: Febbraio 19, 2024, 15:10:38 »
In questo dipinto c'è la folla brulicante nella piazza, persone intente nelle loro occupazioni e dall’artista organizzate con una dicotomia in cui le due parti sono in antitesi.

Sulla sinistra c'è il riferimento al Carnevale con individui che mangiano, bevono, ballano giocano; due botti per il vino sono vicino la porta d’entrata nella locanda, che ha l’insegna con la scritta   “Al naviglio blu", disegnata come una barca blu.

Bruegel  ha personificato il panciuto Carnevale con la camicia celeste ed i calzoni rossi. E’ seduto a cavalcioni sopra una botte, collocata  su un carrello a forma di barca che viene spinta da giovani mascherati. Quello che ha il mantello marrone ed  in testa un  conico cappello di colore rosso ha in mano un coltello.

Anche l’obeso Carnevale un grosso coltello da macellaio che gli pende sulla pancia appeso ad un laccio intorno al giro vita.

Sopra la sua testa c’è  un tegame col cibo cotto;  l’uomo ha il piede destro dentro un pentolone ed è “armato” con uno spiedo, nel quale sono infilzati diversi tipi carne. Un filo legato allo schidione sorregge a penzoloni una salsiccia. Ha il piede destro dentro una pentola.

In terra ci sono alcune carte da gioco, il guscio di un uovo e delle ossa.



Invece la Quaresima è  impersonata da un’anziana donna (somigliante ad un uomo), alta e magra, dal volto triste,
indossa un saio e dei sandali;  è seduta nella sedia, su un carrello  con ruote trainato da una suora e da un frate. 

Dietro al carrello ci sono persone che hanno sulla fronte il segno della croce fatto con la cenere e impresso dal sacerdote  durante la Messa nel "Mercoledì delle Ceneri".



La Quaresima combatte contro lo spiedo del Carnevale con una lignea pala con lungo manico (tipo quella usata dai fornai) sulla quale ci sono due pesci: sono aringhe, simboleggiano la penitenza e l’astensione dalla carne; sopra la testa avvolta da un bianco scialle fino alle spalle,  la donna ha un’arnia, rappresenta la Chiesa cattolica, promotrice della Quaresima, denominata “Tempo della Passione” dalle Chiese protestanti. Per queste, la Quaresima è legata ad una spiritualità che non appartiene a loro e  non impongono ai loro fedeli l’obbligo religioso di rinunce o penitenze.

Sulla pedana  dove è seduta la Quaresima ci sono dei brezel,  caratteristico pane a forma di anello con le due estremità annodate (ci sono anche con altre forme) che nel periodo quaresimale per i cattolici vengono prodotti senza latte, uova o strutto.

Un richiamo alla carità nel periodo di Quaresima è rappresentato dall’uomo con l’abito azzurro (nell’angolo in basso a destra) che dona alcune monete ad una povera donna seduta che chiede l'elemosina ed ha il suo bambino sdraiato su una sedia rovesciata sul ciglio della strada.



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« Ultima modifica: Febbraio 19, 2024, 22:18:01 da Doxa »

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Re:Tempo di Carnevale
« Risposta #7 il: Febbraio 20, 2024, 09:44:45 »

persone che stanno uscendo dalla chiesa dopo la funzione religiosa; alcune si sono portate le sedie da casa e le stanno riportando; nel portico si vede il prete con il camice bianco. 

Vicino la locanda ci sono  rappresentazioni dell’antico teatro di strada, cosiddetto perché  allestito in luogo pubblico, all’aperto.  Gli attori, mimi o giocolieri che si esibiscono in questo genere teatrale sono detti “artisti di strada”.
 
La scena raffigura la  “Sposa sudicia”, tratta dall’ottava bucolica di Virgilio. La bella pastorella Nisa è amata da Damone, ma preferisce sposare Mopso.




altra scena


 nel  ciclo carolingio (letteratura epica-cavalleresca) rappresenta l’episodio di  Ursone e Valentino: due gemelli, figli di Belisante, sorella del re di Francia, Pipino.
I due neonati furono abbandonati   nella foresta dalla madre in fuga perché ripudiata dal marito.
Ursone fu allevato da un’orsa, perciò diventò un essere selvaggio; Valentino, invece, crebbe nella corte del  re di Francia, Pipino.

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« Ultima modifica: Febbraio 20, 2024, 09:48:58 da Doxa »

ninag

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Re:Tempo di Carnevale
« Risposta #8 il: Febbraio 27, 2024, 20:36:34 »
Molto interessante questa carrellata di grandi artisti e la città di Venezia, una città del tutto singolare che non ha eguali.
Mi accadde una cosa strana la prima volta che ci andai, girando per i quartieri sapevo esattamente dove andare come se conoscessi bene quei luoghi, pur essendoci mai stata prima. Il carnevale mi fa pensare agli epicurei che si inebriano attraverso il gioco delle maschere, una sorta di ancestrale diritto a essere differenti da quello che sì è nella quotidianità. Certo gli stici incombono con le loro ceneri. In qualsiasi caso i dipinti sono grandissimi capolavori.

ManuelaOrtiz

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Re:Tempo di Carnevale
« Risposta #9 il: Aprile 02, 2024, 19:20:31 »
:rose: :rose:Alcuni anni fa in altro topic ho discettato sul Carnevale. Non so dov'è quel thread, perciò comincio questo  :happy:

Oggi vi voglio raccontare un po’ di storia del Carnevale di Venezia. Il primo documento che lo cita come usanza è dell’anno 1094, firmato dal doge Vitale Falier. Ma fu un editto del 1296 del Senato della “Serenissima” ad istituirlo come festa pubblica autorizzata.

Dopo circa 700 anni, nel 1797, a seguito del “Trattato di Campoformio”, Venezia venne ceduta all’Austria, che bandì molte usanze, fra le quali il Carnevale. Questo fu ricominciato nel 1979 da alcune associazioni cittadine ed è ormai famoso in tutto il mondo.

Il travestimento tipico veneziano,  che risale al '700, veniva indossato sia dagli uomini che dalle donne: si compone di tre elementi: una particolare maschera bianca denominata  baùta (si pronuncia con l’accento sulla ù),  il tricorno di colore nero  (= cappello a tre punte), il mantello nero, detto anche tabarro o jabod.


La baùta,  di colore bianco, è la maschera  tradizionale del Carnevale veneziano.

La conformazione della maschera permette anche di bere e mangiare senza  doverla togliere e mantenere l’anonimato.

Nel passato il carnevale veneziano  attirava chiunque avesse denari da spendere e voglia di vivere situazioni fuori dall’ordinario. Non solo nelle feste dei palazzi ma anche nelle sale da gioco.  La più antica, gestita dallo Stato, era quella nel Palazzo Dandolo. Ricchi giocatori, non solo veneziani ma anche  stranieri,  spendevano molti soldi nei tavoli da gioco proprio perché si sentivano tutelati dall’anonimato della maschera, che era obbligatoria.

La baùta veniva indossata da ricchi e poveri, uomini e donne, aristocratici, borghesi e religiosi, che si confondevano celando la propria identità.

Immaginate  la scena: individui avvolti dal tabarro, il viso nascosto dalla maschera, sul capo il tricorno. Camminano tra le calli avvolte nella nebbia ed entrano in un palazzo illuminato dalle candele. Si levano il mantello svelando qualcosa di sé dagli abiti che indossano e dalla forma del corpo che si intuisce sotto i vestiti.

Si scrutano a vicenda attraverso le fessure della maschera cercando di indovinare la persona che si cela.
 Arriverò presto su https://chernobylstory.com/it/
Solo il Carnevale consentiva di vivere situazioni come queste, irresistibili agli occhi dei visitatori stranieri. Il fascino della città sospesa tra terra e acqua unita alla trasgressione resa possibile dall’anonimato. 

Le donne come maschera per il viso anziché la bianca baùta usavano la “moreta” (o moretta) cosiddetta perché di colore nero.   

Ci sono numerosi  dipinti a Venezia che testimoniano l’utilizzo di questi indumenti. Appaiono, in particolare nelle opere pittoriche di Pietro Longhi e Francesco Guardi.  Ne posterò alcune.

Molto interessante