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Topics - LeD

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Introspettivo / DEFICIENTHEART
« il: Giugno 24, 2011, 13:10:41 »
Il cuore è un deficiente.
Sarà pure un organo importante, prodigioso e indispensabile per la vita, ma è un deficiente.
Non regge assolutamente il confronto con il cervello, che è intelligente, ironico e creativo. Il cuore paragonato a lui è un povero analfabeta (e deficiente).
Ha tante qualità il cuore, non lo nego: romantico, poetico, generoso, sensibile e capace di captare qualsiasi vibrazione e indizi di cambiamento, pronto a battere per una giusta causa, una bella donna, innamorato dell’amore e dell’amicizia, ma è e resta un deficiente.
Non capisce cose che capirebbe anche un bambino. Non si arrende alle evidenze più evidenti, non crede a quello che in cuor suo sa già. Testardo, minchione, insomma proprio un deficiente.
Come definirlo altrimenti? Aspetta telefonate da una persona che non telefonerà mai, guarda il cellulare trentacinque volte al giorno per vedere s’è arrivato un sms che non arriverà mai…comportamenti che solo un deficiente può avere.
Vuole tornare indietro nel tempo, quando tutti sanno che è una cosa impossibile. Ricorda delle cose che vorrebbe cambiare, ma i ricordi sono quelli che sono e non si posso mutare. Al massimo si può cercare di obliarli, sarebbe un’azione saggia e invece no; più i ricordi sono tristi e dolorosi più lui si mette lì pensoso a rimembrarli. Che deficiente!
Il massimo della deficienza lo raggiunge quando s’abbraccia il cuscino. Una scena davvero patetica! Io gli domando Scusa, ma cosa stai facendo? Calore, risponde con un filo di voce, poi mi fissa con quella faccia da pesce lesso che si ritrova, arrossisce, comincia a pompare il sangue come fosse impazzito e si chiude in un ostinato mutismo.
Qualche settimana fa, ha toccato proprio l’apice della stupidità. Sentivo un singhiozzare sommesso provenire dal salone. Io ero in cucina a degustare pane e mortadella. Mi sono alzato e mi sono diretto verso il salone. Piano piano mi sono avvicinato alla porta e ho sbirciato nella stanza. Cos’hanno dovuto vedere i miei occhi! Una scena disgustosa! Quel deficiente del cuore stava piangendo su una fotografia! Ma perché? Che senso ha? Vi rendete conto di quanto è deficiente sto cuore? Ma perché? Quella volta non lo rimproverai per delicatezza, ma presi la ferma decisione di fare assolutamente qualcosa perché non si poteva certo andare avanti così.
Ho cercato di parlargli con calma, di fargli ascoltare la voce della ragione. Gli ho proposto di uscire, di distrarsi, magari di andare in un bar e prendersi una sbronza colossale, purché uscisse da quell’impasse.
L’altra sera siamo andati in un pub con degli amici. Eravamo circa una ventina di persone e c’erano pure sei ragazze di cui quattro single. Abbiamo ordinato delle birre alla spina e le patatine fritte che a lui piacciono tanto.
Durante la serata il cuore si è isolato da tutto e da tutti, fissava il boccale di birra con l’aria afflitta, non ha proferito parola, non ha riso alle battute degli amici, non ha degnato d’uno sguardo le ragazze e non ha neanche scherzato con la cameriera tettona.
Io cercavo di scuoterlo, ma inutilmente.
Qui ci vuole una terapia d’urto, pensai, bisogna affidarsi al famigerato “chiodo scaccia chiodo”.
Così l’indomani chiamo Valeria che è da un po’ che ci siamo conosciuti e ha mostrato della simpatia per me.
Le chiedo un appuntamento e sabato sera usciamo per cenare insieme.
Prima di andare a prendere a Valeria, faccio un discorsetto al cuore su come deve comportarsi; lui ascolta, annuisce senza essere troppo convinto ma promette di impegnarsi al massimo.
Valeria ritarda di mezzora, ma è un buon segno. Vuol dire che ci tiene a farsi bella per me.
Quando esce dal portone non posso fare a meno di notare che è davvero carina, quando mi vede sorride ed ha un sorriso meraviglioso e quando entra in macchina noto pure che ha un buon profumo.
Il cuore, intanto, non batte colpo.
Il ristorante che ho scelto è sul mare, la cucina è buona e il personale di ottimo livello.
A tavola la conversazione con Valeria fila che è un piacere, perché lei sa essere brillante e spiritosa e sa scegliere gli argomenti con molto gusto. Abbiamo molte cose in comune, specialmente un amore viscerale per il rock degli anni ’70.
Il cuore, intanto, non sembra per niente interessato a quello che succede.
Il vino scorre a fiumi perché sia a me che a lei piace bere, un violinista suona una melodia dolcissima e gli sguardi tra me e Valeria si fanno più intensi.
Il cuore, intanto, se ne sta per i fatti suoi.
Finita la cena, decidiamo di fare una passeggiata nel parco sito vicino al locale, in cielo c’è la luna e ci sono le stelle. Sono contento, va tutto a meraviglia.
Il cuore, intanto, sussulta. Sembra quasi scalciare.
- Che c’è? gli dico sotto voce.
- Voglio andare a casa.
- Sei per caso impazzito?
- Voglio andare a casa.
- Ma che dici? Sta andando tutto bene, ora facciamo sta passeggiatina con Valeria fino al muretto. Guarderemo il mare e il luccichio che la luce argentea della luna imperla su di esso, ci guarderemo negli occhi e…e poi dai, andiamo! Non ti preoccupare.
- Voglio andare a casa.
Ve l’ho già detto, vero, che è un gran testardo?
- Scusa, ma come faccio con Valeria? Che le dico?
- Non lo so e non me ne importa. Inventati una scusa qualunque, dille che hai mal di testa, fingi un attacco di diarrea, basta che torniamo a casa.
Niente da fare, non riesco a convincerlo in nessun modo e visto che davvero al cuor non si comanda, sono costretto a fare una epocale figura di merda con Valeria, ma almeno decido di dirle la verità, senza inventare stupide bugie.
- Valeria…
- Sì?
- Mi spiace, debbo riaccompagnarti a casa. Non me la sento, scusami.
Lei ha un lampo d’odio negli occhi, ma si contiene alla grande. Dice solo Ok andiamo, e si avvia verso la macchina.
Io la seguo. Non mi sono mai sentito così un verme in vita mia.
Durante il tragitto non vola una mosca, ce ne stiamo tutti e due in silenzio. Fermo l’auto vicino casa sua, lei apre la portiera, scende, poi si volta e dice Scordati il mio numero.
- Ecco fatto, dico al cuore, sei contento? Hai rovinato una bella serata e ferito Valeria che non si meritava un simile trattamento.
- Chissenefrega! Non m’importa di nessuna Valeria, voglio solo andare a casa e stare per i fatti miei!
- Ma perché? Non vedi che stai imboccando una strada triste e senza uscita?
- Lo so, forse mi occorre solo un po’ di tempo.
- Un po’ di tempo dice…ma che tempo e tempo! Di tempo ne hai avuto a tonnellate, ma non è cambiato niente! Ti stai comportando da cretino! Devi scuoterti, devi reagire! Possibile che ogni volta, anche per una stupidaggine, ti ferisci e ti blocchi come se fosse successo chissà che? Non sei un cuore da uomo, sei una femminuccia! Devi essere più combattivo, più veloce a guarire che cazzo! Devi cambiare!
- Come sei ingenuo. La mente può cambiare con l’età, le esperienze, l’istruzione, ma il cuore non cambia mai. Resta sempre quello. Hai dimenticato cosa scrive Schopenhauer in proposito?
Ero talmente arrabbiato che decisi di non continuare quella discussione e di tonare a casa.
Una volta lì, come prima cosa andai in bagno a sciacquarmi la faccia e poi presi dalla libreria un volume del vecchio Arthur.
Così quella serata si concluse con io che filosofavo in poltrona e quel deficiente del cuore ad abbracciarsi lo stramaledetto cuscino.

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Sentimentale / Canini alla giostra
« il: Aprile 10, 2011, 08:54:41 »
Venerdì scorso mi trovano in ufficio seduto alla mia scrivania lavorando come al solito il meno possibile. Il pc era acceso e avevo due pagine aperte: una riguardava le pratiche che avrei dovuto sbrigare quel giorno, l'altra su wikipedia dove leggevo articoli dedicati alla storia della mafia, le biografie di Al Capone, Lucky Luciano e altri simili personaggi.
Nella stanza, oltre il sottoscritto, c'erano altri tre impiegati, colleghi di sventura in quella galera burocratica situata al nono piano di un grattacielo della metropoli partenopea.
Giuseppe Gazzoli, detto Peppone, per la sua pancia enorme, con i capelli più grigi che neri arruffati e la barba lunga di almeno una settimana che smanettava con lance e spade al computer impegnato in non so quale dannato gioco di ruolo; Flavio Saponetti, il raccomandato, il fresco laureato, lo scemo patentato che sonnecchiava bellamente con la testa appoggiata sulle braccia che teneva conserte sul tavolo. Ogni tanto s'alzava di scatto, strabuzzava gli occhi e poi tornava a dormire. Infine c'era lei, la signorina De Petis, seduta con le gambe accavallate in modo tale da mostrare bene le cosce intenta a rifarsi il trucco. Quando la signorina De Petis (di cui non conosco il nome perchè non dà confidenza a nessuno) indossa le sue minigonne, è facile comprendere che è un piacere venire al lavoro e si riesce a sopportare meglio l'alzarsi presto la mattina e il dover affrontare dapprima una metropolitana affollata e puzzolente e poi una noiosissima giornata di lavoro.
Tutto era tranquillo quella mattina, tutto filava come al solito quando d'improvviso la porta si spalancò senza che nessuno avesse bussato e sull'uscio si stagliò l'imponente figura del dottor Stazzarone, il nostro temuto e venerato capoufficio.
Noi quattro scattammo in piedi contemporaneamente ed esclamammo a tutta gola Buongiorno signor direttore!
Il dottor Stazzarone ci guardò come si guarda della merda di cane che finisce in un rigagnolo durante un temporale, poi disse Comodi, comodi.
Avanzò di qualche passo dentro la stanza dirigendosi proprio verso di me e notai che aveva una busta bianca rettangolare in mano. Ci siamo, pensai, ecco sto stronzo che viene a licenziarmi...
Signor Pelcane, cominciò l'esimio con voce stentorea, da quant'è che lavora in codesto ufficio?
Prima di rispondere mi venne automatico cercare di capire se alla parola “lavora” ci fosse un sottofondo ironico d'accompagnamento; mi parve di no e risposi nel modo più secco e asciutto che potei Cinque anni e mezzo, signor direttore.
Cinque anni e mezzo, ripetè lui, e sembrò rimanere pensieroso su quel mucchietto di tempo. Bene signor Pelcane, riprese dopo un po', in questa busta ci sono due biglietti per la Carmen di Bizet, spettacolo che si terrà stasera al Teatro Ludwig Vonfireracket. Metta lo smoking, ci porti la sua ragazza e si diverta! Io non posso andarci e ho deciso di premiare lei perchè qui dentro è quello che lavora di più lavorando di meno. Buona serata e continui il lavoro.
Detto questo mi porse la busta, che afferrai con un movimento meccanico del braccio sinistro, e se ne andò sbattendo la porta quando la chiuse. Rimasi in piedi per qualche istante, con quell'inaspettato dono tra le mani, e osservai, girando la testa dall'uno all'altro lentamente, le reazioni dei miei colleghi. Fui un po' deluso perchè Peppone bestemmiò che un elfo gli aveva inflitto una ferita da dieci punti e riprese a giocare, Flavio tornò a dormire come se nulla fosse accaduto e la signorina De Petis finì con tutta calma di mettersi lo smalto.
Poco male, mi dissi, meglio così. Ripresi posto sulla mia sedia che per la prima volta mi sembrò comodissima e aprii la busta. Ne estrassi i due biglietti che erano lucidi, lisci, colorati...ci feci scorrere le dita sopra a mo' di carezza ed ebbi l'impressione che il polpastrello del medio si incastrasse sulla superficie.
Bene, avevo l'occasione di poter passare una bella serata all'Opera. All'Opera! Magari, poi, dopo la rappresentazione saremmo potuti andare a cena e magari dopo la cena...già, ma con chi ci sarei andato a vedere la Carmen? Riposi la busta con i biglietti nella tasca della giacca e dalla tasca interna presi la mia fedele agendina. Conoscevo tante donne, una l'avrei trovata che diamine!
Ovviamente cominciai dalla lettera A dove c'era Adelaide. Composi il numero, ma non rispose nessuno. Brutto segno, pensai istintivamente.
Passai alla B e chiamai Brunella che mi disse che non si ricordava di me e che non intendeva farlo quella sera. Vabbè, manco io dissi al telefono ormai muto.
Provai la C dove non ricordavo di conoscere una donna di nome Cesira. Feci il numero ma dopo numerosi squilli mi rispose una voce tutta assonnata che bofonchiò parole come turno di notte chi è che rompe i coglioni vaffanculo.
Voltai la paginetta alla lettera D e stavolta Daria me la ricordavo, una simpaticissima bionda un po' pazzerella. Rispose la madre che mi disse che Daria era in vacanza in una beauty farm e non sarebbe tornata prima di domenica.
Alla lettera E c'era Elena che tagliò subito corto dicendo che non poteva uscire con me perchè si vedeva con Paride e stava diventando una cosa seria.
Finsi di crederle e provai con Federica, ma andò male pure stavolta perchè lei era nel periodo in cui odiava gli uomini bastardi egoisti tutti uguali, insomma la solita solfa.
Attaccai mentre era ancora lì che si sfogava; dovevo chiamare Gigliola. Gigliola era felice di sentirmi, ma non accettava il mio invito perchè odiava l'Opera, gli snob che ci andavano e sopratutto quelle megere stronze con la pelliccia. Poveri animaletti.
Non ebbi tempo di commuovermi per la sorte dei visoni considerato il fatto che dovevo ancora trovare una che volesse uscire con me!
Alla lettera H avevo Helga, ma non ci provai nemmeno a telefonarle perchè sapevo che era a Berlino e non sarebbe venuta in Italia che in estate.
Così saltai direttamente alla I di Ilaria. Stasera non posso, mi rispose, esco con la mia compagna. Con la tua compagna?, mi venne da chiederle senza che potessi fermarmi. Sì, con la mia compagna, rispose, hai sentito bene. Sono lesbica e tu sei un bigotto bastardo. E m'attaccò il telefono in faccia.
Non mi persi d'animo e andai deciso alla L dove c'era segnato con la penna rossa il numero di Loredana. Chiamai e mi ripose una voce di donna, ma non compresi cosa mi diceva. Era come se avesse qualcosa in bocca e non riuscisse a parlare bene...
Quando arrivai alla lettera M vi trovai scritto il nome di Martina con un asterisco a fianco. Scesi con l'indice a pie' di pagina e vi trovai scritto: non chiamare, è una cretina.
Andai, allora, alla N dove c'era Nadia. Ti ringrazio, mi rispose, ma domani ho una gara di ginnastica artistica molto importante. Devo alzarmi presto, sarà per la prossima volta.
E' sempre per la prossima volta, ma quando arriva sta prossima volta nessuno lo sa.
Passai alla O di Ottavia. La conversazione fu brevissima perchè lei ora era una donna sposata e con un frego ripetuto più volte la cancellai dall'agendina.
Era la volta della lettera P e di Pasqualina. Una con un nome così non capivo che ci facesse nel mio archivio da playboy. Comunque chiamai lo stesso per poi pentirmene subito. Pasqualina mi disse che accettava l'invito a patto che potesse portare pure la sorella. Era in un brutto periodo e non voleva lasciarla a casa sola. E allora buona serata a tutte due, dissi un po' innervosito da quella proposta così sciocca.
La Q la saltai perchè non conoscevo e non conosco nessuna donna con il nome che cominci con la Q (mentre di quelle che ragionano e lavorano col Q ne conosco tante...)
Cazzo, stavo finendo le lettere e ancora non avevo una donna da portare all'Opera!
Impugnai con decisione il ricevitore e composi pestando i pulsanti il numero di Rosalia che invece di rispondere con un sì o con un no al mio invito si mise a parlare dei suoi problemi. Che palle! attaccai con una scusa qualunque.
Chiamai Simona, oramai un po' sfiduciato, e dall'altro capo del telefono udii la voce di Franco, il ragazzo di Simona.
Fu la volta di U e di Ursula che mi rispose che avrebbe volentieri visto la Carmen e che le piaceva l'idea della cenetta romantica, ma non con me.
Provai con Valeria che purtroppo non poteva venire perchè aveva la febbre alta.
M'era rimasta l'ultima lettera, la Z, e telefonai a Zazie. Era libero e sentii uno squillo, poi un secondo, un terzo, un quattro...
Appoggiai meglio la schiena alla spalliera della sedia, buttai con nonchalance le gambe sulla scrivania e decisi che avrei aspettato fino all'ultimo trillo.

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Laboratorio di scrittura creativa / Esercizio dal Corriere n° 2
« il: Marzo 28, 2011, 09:18:02 »
Provate a descrivere, senza definirli, lo stato d'animo della noia e la sensazione fisica delle vertigini

Suggerimento: dipingete la noia senza usare la parola "noia", il senso di vertigine senza usare la parola "vertigine". Eliminate anche sinonimi o locuzioni troppo ovvie: niente "sbadigli" per la noia, niente "paura di cadere" per le vertigini. Più l'immagine è originale, più colpirà il lettore

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Laboratorio di scrittura creativa / Esercizio dal Corriere n° 1
« il: Marzo 28, 2011, 09:13:15 »
Incominciamo con un esercizio banale ma non troppo, per "sgranchirvi le dita". Descrivete un piatto di pastasciutta utilizzando questi vocaboli:
che, per quanto,
non sapevo,
volendo,
difficilmente,
chiunque, poichè

Suggerimento: iniziate con ciascuna delle parole elencate un aneddoto sulla tavola imbandita

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Anch'io Scrivo narrativa! / SPOSTATO: Gli occhiali nuovi
« il: Marzo 25, 2011, 17:11:06 »
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7
Altro / SPOSTATO: Lo specchio
« il: Marzo 24, 2011, 20:53:45 »
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8
Letteratura che passione / SPOSTATO: Unpopperridere
« il: Marzo 20, 2011, 19:54:05 »

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Cogito ergo Zam / don Giuseppe Diana
« il: Marzo 19, 2011, 09:27:57 »
Me ne sono sempre strafregato delle feste dei papà delle mamme e degli innamorati. Per me è una scemenza pure l'onomastico, figuariamoci.

Oggi in Campania (ma vorrei che fosse in tutto il mondo) si commemora la figura di don Guseppe Diana, parroco di Casal di Principe ucciso da delle bestie di merda (o dalla camorra se preferite, tanto è uguale) il 19 marzo 1994.
Una persona coraggiosa, una persona d'amore, uno che aveva a cuore la sua terra e la sua gente.
Per questo fu cucciso, perchè aveva tante qualità.

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Anch'io Scrivo narrativa! / SPOSTATO: Samuele
« il: Marzo 18, 2011, 22:19:10 »
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Anch'io Scrivo narrativa! / SPOSTATO: Il prof. di Italiano
« il: Marzo 18, 2011, 22:18:38 »
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Anch'io Scrivo narrativa! / SPOSTATO: La mamma va a lavoro.
« il: Marzo 18, 2011, 22:18:18 »
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Anch'io Scrivo narrativa! / SPOSTATO: Arcobaleno
« il: Marzo 18, 2011, 22:17:53 »
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Anch'io Scrivo narrativa! / SPOSTATO: Giornata all'asilo
« il: Marzo 18, 2011, 22:17:27 »
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Anch'io Scrivo narrativa! / SPOSTATO: Bolle acide (già edito)
« il: Marzo 18, 2011, 19:00:58 »
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