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Topics - Faber

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Anch'io Scrivo poesia! / A mia Madre.
« il: Giugno 21, 2016, 19:40:02 »
La guardavo, di lontano mentre asciugava i capelli nero corvino al vento. I riflessi erano blue, mentre raggi di sole le incoronavano la chioma, conferendo luce e bellezza al viso.
Così mi appariva in sogno...
Ora, che gli anni e le primavere sono le uniche esperienze che mi fanno compagnia, rimpiango il tempo della giovinezza, rimpiango il momento in cui, smarrito, le voltai le spalle, rimpiango la decisione di non tornare sui miei passi. Rimpiango la vita che non scelsi, fuorviato com'ero dalla menzogna e dalle illusioni.
Lei, paziente, rimane laggiù su quello scoglio, mentre lo sciabordio dell'acqua lentamente le bagna le vesti e le strappa un sorriso, come di bimba.
Io tornerò per abbracciarla...per non lasciarla mai più.

A mia Madre. La Donna che ha compreso, nel profondo, il mio animo e la mia pena.

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Sono di quei giorni che: ti va di ricordare; ti va di raccontare e raccontarti. Ma ci vuole del tempo, non quello di certo che i social egli sms ci impongono!
Com'è che ad un certo punto della mia esistenza ho cominciato ad apprezzare, prima,ad amare, poi, gli scrittori e chi scrive dopo aver a lungo meditato?
Se non avete nulla (ma proprio nulla!) da fare per i prossimi 5 minuti, seguitemi in quella che vorrebbe essere una digressione, una sorta di passeggiata per i viali che hanno caratterizzato non solo la mia vita ma, soprattutto, il mio modo di essere. Almeno sino ad oggi.
Cominciai da ragazzo, mio padre aveva comprato da qualche tempo una bellissima (ai miei occhi di ragazzo) Lettera 32 Olivetti. Il tacchettio dei tasti mi sembrarono subito affascinanti e travolgenti, dal momento che quel foglio bianco veniva inghiottito dal rullo, che la mia mano con studiata lentezza e precisione faceva girare sino a che il bordo del foglio, quasi misteriosamente, ricompariva dalla parte superiore del carrello, pronto per essere scritto.
Mio padre, aveva comprato quella macchina per scrivere per redigere lettere, preparare comunicazioni o, più semplicemente, scrivere delle lettere per amici o parenti.
Capirete bene con quanto e quale entusiasmo mi colse la sua "autorizzazione" ad usarla: potevo, finalmente, sentirmi come un giornalista, uno scrittore, insomma avevo conquistato la fiducia di mio padre, che aveva ben compreso il mio amore per i libri, la scrittura insomma la voglia di esprimermi con qualcosa di mio, che rimanesse nel tempo o che parlasse di me.
Credo di poter descrivere le mie emozioni di giovane ragazzo che, similmente ad un giovane di oggi che riceve il suo primo IPhone o Smartphone, potevo interagire con il mondo a me più vicino. Ieri con le lettere prima da scrivere e poi da spedire. Ma anche in questo, credetemi, c'era una poesia, quella dei tempi lenti e pensati e poi dell'attesa, che rendeva la lettera o il racconto scritto ancor più magnifico, se possibile. Oggi, credo che la troppa velocità, cancellando alcuni passaggi (la spedizione con la busta per es.) ha vanificato l'emozione della sorpresa e dell'attesa. Ma tant'è! Sarebbe sciocco, del resto, pensare o desiderare anacronisticamente un ritorno alla prima fase della scrittura e delle comunicazioni, quella che nella storia dell'umanità è rimasta uguale a se stessa per secoli!
Ma perchè scrivere? Perché raccontare o raccontarsi? Cos'è che spinge milioni di persone nel mondo a digitare per far conoscere un proprio pensiero, o stato d'animo? Condividere istantaneamente un momento o un'emozione magari con l'ausilio di una foto?
E' il bisogno di esserci?! L'esigenza di sentirsi vivi e protagonisti in questa nostra società che tutto fagocita alla velocità della luce o, per meglio dire, di un click?
Sono perchè appaio e condivido, si direbbe oggi al numerosissimo pubblico di Facebook e di altri social network, che impazzano nel mondo virtuale di internet. Miliardi di condivisioni, di messaggi, oltre che di pensieri, citazioni prese un po' ovunque, quasi sempre frutto della mente di grandi scrittori, poeti e famosi filosofi, come se al mondo gli appassionati di letture classiche, moderne e filosofie fossero la stragrande maggioranza!! Sappiamo bene che non è così. Purtroppo. Condividiamo citazioni, pensieri o stralci di essi un po' messi a caso, un po' perchè incrociati casualmente nella nostra home, senza tuttavia averne la piena conoscenza e, soprattutto, la cultura di chi l'ha pensata, scritta e il contesto storico e sociale in cui fu creata.
Allora, mi chiedo, se non sarebbe meglio tornare ad una maggiore semplicità di pensiero, proponendo qualcosa di sè; qualcosa che è frutto delle nostre esperienze maturate ieri e oggi, aggiungendo nel contempo i nostri desideri e speranze. Essere veramente noi stessi e non il frutto di una macedonia di articoli, foto, stralci di pezzi creati, pensati da altre persone, in contesti sociali, culturali ed emozionali, spesso assai diversi dai nostri.
Io preferisco scrivere partendo dalle mie esperienze, emozioni e dal contatto diretto con situazioni e persone che hanno caratterizzato nel quotidiano la mia vita. Scrivo per me, ma anche per chi mi vuole leggere, mosso dalla curiosità e dal desiderio di interagire, con il tempo che ci vuole, senza fretta. Scrivo per riconoscere me stesso, anche a distanza di anni, quando il tempo avrà cancellato parte della mia memoria, quando non sarò più in grado di manovrare questa tastiera virtuale del computer. Magari, di tanto in tanto, mi capita di ricordare e rimpiangere quella vecchia signora: la Lettera 32 Olivetti, che fu la prima a mostrarmi insieme alla sua bellezza delle forme e della sua voce ticchettante, il mondo della scrittura e quanta passione potesse manifestarsi da un foglio di carta. Prima bianco e candido, poi meravigliosamente pieno di colori e suoni, immagini e personaggi, animati dalla mia fantasia.
Ora mi chiedo e vi chiedo se c'è spazio per scrivere e pensare, senza quella velocità che tutto disperde nel mondo virtuale. Solo con un click. Appunto!

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Una bellissima cartolina che riprende un angolo di Sicilia sicuramente incantevole ed ospitale. Questa è la provincia di Ragusa, in particolare i centri di Scicli, Modica e Ragusa. Alcune immagini poi riprendono scorci della bellissima Noto, nel siracusano, con la Val di Noto e la riviera che la caratterizza. Tuttavia, la Sicilia qui proposta non sempre appare per quel che è, nel senso che le immagini e la fotografia, magistralmente curate da occhi e mani esperte, nascondono quel che altrove (lo dico con profonda tristezza e rabbia) invece costituisce caratteristica, regola e, quasi, incapacità di modificare e assicurare a tutti coloro che vivono questa Isola quotidianamente, quelle situazioni e condizioni che ci fanno sentire (e vivere) da cittadini di serie B, rispetto ad altri (e ben distanti) angoli d'Italia. Non mi dilungherò oltre nell'elencare le "criticità" e gli aspetti che rendono davvero difficile, nel quotidiano, il districarsi, l'arrangiarsi, il "raccomandarsi" per non vedersi negare quelle "normalità" che invece altrove sono "normali" o sacrosante, per ogni cittadino e non solo per pochi privilegiati. Ma tant'è. In ogni caso, la Sicilia qui ben riproposta è quella che sarebbe potuta essere in ogni dove, in ogni provincia, in ogni borgo se la politica (collusa col malaffare), non ci mettesse troppo spesso del proprio per vanificare gli sforzi di una società civile che chiede ben altro, poichè stanca di vedersi negare quel livello di civiltà che altrove (veramente molto lontano) è condizione abituale e assicurata di vita. Mi auguro che, nel contempo, il grande scrittore Camilleri, continui a proporci le sue opere che descrivono una sicilia con i suoi personaggi che combattono l'eterna guerra, tra il bene e il male, dove il bravo eroe, comunque, la spunta sul cattivo e le sue prepotenze. Dove si può vedere e sognare una Sicilia fatta di spiagge incantevoli, borghi pulitissimi e strade perfettamente percorribili, in ogni stagione dell'anno. Io, però, il più delle volte devo percorrere strade improbabili, vedere strade tenute in modo vergognoso e spiagge ricolme di spazzatura. Questa, spesso, è la realtà che devo accettare e sopportare, mio malgrado. Tuttavia, Camilleri mi fa ben sperare per il futuro. Auguriamoci quindi, se non altro per i nostri figli, che lui (almeno lui!) abbia ragione.

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Galileo Galilei, considerato il padre della scienza moderna, illustre matematico, astronomo e filosofo del periodo rinascimentale, era guidato da un assunto e cioè che occorre negare la realtà, quella che si vede, e che per ben comprenderla, invece, la si deve filtrare attraverso il ragionamento. Quindi, non dare mai per scontato (giudicandolo vero) ciò che si vede ma solo ciò che si può comprendere con il ragionamento. Nessuna emozione o trasporto ma solo razionalità, ponderatezza e osservazione (questa filtrata dalla ragione). Vi chiederete come mai ho voluto iniziare questa riflessione partendo dal lontano Rinascimento italiano, prendendo in causa uno dei suoi più illustri rappresentanti. La risposta è semplice, così come dovrebbe essere qualsiasi riflessione volta a spiegare perchè la nostra società moderna, evoluta e proiettata nello spazio, oggi del sistema solare e domani, forse, interstellare, non abbia a cuore i gravi problemi relativi alla possibilità stessa che la vita su questo pianeta, non solo del genere umano, ma della stessa Terra, è seriamente in pericolo. Eppure, di progressi dal 1500 ad oggi ne stati fatti, eccome! Nella medicina, come nei processi produttivi, industriale ed agricolo; la povertà è fortemente diminuita, il livello di scolarizzazione è enormemente cresciuto. Ma nonostante tutto questo progredire, il genere umano sembra, per sua stessa natura, votato all'autodistruzione e per sua stessa mano. Guerre infinite, giustificate dalle religioni, o per ragioni politiche; l'inquinamento che sta avvelenando la Terra in modo progressivo e, forse, irreparabile. L'elenco della nostra capacità distruttiva potrebbe continuare a lungo. Perchè? La domanda è logica, non però le ragioni che ci conducono sulla via dell'annientamento della vita. Che sia umana, animale o vegetale. Ad esempio, vengono persi quotidianamente fette di foresta vergine grandi quasi quanto la regione Toscana, solo per sfruttare il legno di quegli alberi, spesso secolari, che difficilmente potranno ricrescere nelle stesse zone. La realtà che ci circonda, quindi, può sembrare migliorata, rispetto alla qualità della vita dei secoli passati, gli occhi ci dicono che abbiamo belle città, belle case, belle macchine e gli oggetti, che rendono più comoda la vita quotidiana stessa, sono belli. Questo, se guardiamo solo con gli occhi ma se, invece, provassimo a "vedere" con gli occhi della mente, frutto del ragionamento e della ponderazione, forse allora potremmo accorgerci che non è esattamente così che stanno le cose. La natura da qualche tempo a questa parte ci sta presentando il "conto", che è già salato! Si rivolta contro il genere umano. Riconquista gli spazi che abbiamo impropriamente sottratto ai fiumi e alle foreste. Abbiamo costruito, lo sappiamo bene, dove non si doveva. Abbiamo deforestato i territori collinari. Così, ogni volta che vien giù la pioggia, per qualche giorno di seguito, tremiamo al solo pensiero che un'altra frana possa creare uno smottamento di strade, o porzioni di paesi! Che le città possano essere allagate da fiumi in piena, capaci di travolgere qualunque cosa si frapponga nel cammino. Già nel 1500, in pieno rinascimento, un grande scienziato come Leonardo Da Vinci immaginava e si augurava per l'umanità "La Città del futuro", progettata tenendo conto delle esigenze sia degli uomini sia della natura circostante. In un gioco di equilibri ed armonia delle forme e delle proporzioni. Oggi, pur con tutta la conoscenza acquisita, che deriva dal nostro stesso passato, non avendo purtroppo fatto tesoro delle esperienze acquisite, ci avviamo "allegramente" nella direzione opposta rispetto a ciò che la ragione vorrebbe suggerirci. Fuorviati, appunto, da ciò che gli occhi, e solo gli occhi, ingannevolmente ci suggeriscono: la "bellezza" e la presunta funzionalità di ciò di cui ci siamo circondati, facendo scempio, nel contempo, di tutto il resto.
Oggi, si fa un gran parlare di cambiamento del clima, di depauperamento del suolo e delle fonti energetiche, tutte concause che hanno allarmato (finalmente!) i governanti della Terra, abbiamo preso coscienza che il pianeta e le sue risorse non sono infinite. Siamo traghettati, da poche giorni, nel 2016, un anno che, si spera, possa essere l'inizio di una nuova era, di un nuovo modo di concepire e pensare, smettendo di illudersi che "tanto c'è un rimedio a tutto". Non quando si rincorrono i disastri fatti o che si continueranno a fare, in barba quindi ad ogni logica. Auguriamoci che tutti prendano coscienza che non è possibile pensare di continuare a vivere secondo gli attuali stili di vita. Dobbiamo rivedere molte cose, a cominciare dall'educazione dei nostri figli, affinchè non si continui a credere che l'umanità è la sola ad abitare la Terra, la sola a poter decidere come spendere le risorse del pianeta. Non è così e l'evidenza dei cambiamenti che stanno avvenendo intorno a noi sono lì a dimostrarcelo, sollecitando non solo la vista ma soprattutto, mi auguro, la ragione.

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Sono tempi difficili, lo sappiamo bene, ce ne siamo accorti tutti che il vento è cambiato! Eccome se è cambiato. Le certezze che sino a ieri ci accompagnavano ed assicuravano durante lo scorrere degli anni non ci sono più o, comunque, son venute meno. La crisi dei valori insieme a quella materiale, il terrorismo oltre alle tante guerre "dimenticate" da qualche parte nel mondo, concorrono a rendere la vita di sempre, quella degli uomini comuni, un po' meno solare, quando non grigia e priva della voglia di sorridere. Ancora, le malattie che si aggiungono alle follie umane che quotidianamente si affacciano dai nostri televisori, tendono a farci pensare che tutto è perso, che tanto oramai non c'è più nulla da fare per migliorare le cose. Ma non è così, non può e non deve andare in questo modo! Il punto è che dobbiamo essere noi, e noi soltanto, a cambiar le cose a lavorare (e sodo!) perchè si possa tornare a sorridere e ad essere fiduciosi. Che non si perda mai la speranza e la fiducia, in particolare, nell'uomo e nella sua volontà a crescere e rendere sempre migliore questa società, che è fatta da noi, da ciascuno di noi. Non ci sono scorciatoie nè pozioni magiche. Solo l'intelligenza e la fiducia in noi stessi e nel prossimo, colui che incontriamo per la strada o sui mezzi pubblici, ovunque si volga lo sguardo o la nostra attenzione. Dobbiamo stare attenti a non cadere nella trappola della "paura" e nella sfiducia verso gli altri e le istituzioni, che sono fatte di uomini e donne che lavorano, come tutti noi, quotidianamente. Del resto, la storia comune a tutti noi è lì a ricordarci che l'umanità ha già vissuto, anche nel recente passato, guerre e drammi quasi inenarrabili, comunque superati ogni volta e che ci hanno fatto crescere e reso migliori, in qualche modo, rispetto al mondo da cui si proveniva. Che torni, allora, "L'Era del Cinghiale Bianco" e Buon Natale e Buon Inizio d'Anno a tutti gli Uomini di Buona Volontà.

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Expo 2015: 184 giorni, 60 Capi di Stato e oltre 200 rappresentanti di governo. Tuttavia, il finale, non a caso, è dedicato ai "Mille" che fecero l'Italia nel 1861. La storia del nostro Paese è lì a ricordarci che unendosi, condividendo le forze e le intelligenze di ciascuno di noi, il Paese può farcela. Può tornare a crescere, occupando a buon diritto il posto che tutti hanno sempre riconosciuto all'Italia: un Paese fatto di gente che sa creare, sperimentare in tutti i settori. Compreso quello agro-alimentare, appunto il tema dell'Expo 2015 a Milano. Con qualche difficoltà ed incredulità erano cominciati i lavori nel 2014 e già lì molti erano convinti che non saremmo arrivati in tempo per allestire i padiglioni e tutto il sistema viario dei collegamenti. Ma per fortuna, e nonostante i soliti magheggi truffaldini, che caratterizzano quasi sempre gli appalti, abbiamo realizzato il sito per ospitare l'Expo 2015. Un'opera meritoria e largamente rappresentativa, non solo di tutti i Paesi che vi hanno preso parte e da ogni angolo del pianeta, ma in particolare per la tematica scelta quale filo conduttore per la manifestazione, che quest'anno e per questo appuntamento a Milano, città simbolo ed a buon diritto di quell'Europa laboriosa e creativa e tuttavia attenta alle problematiche riguardanti la qualità della vita coerenti con il concetto di sostenibilità per il pianeta. Il tema, lo ricorderanno tutti, era "Nutrire il Pianeta", che è stato ben sviscerato da tutte le nazioni partecipanti anche attraverso le decine di convegni sul tema che si sono tenute nell'arco temporale del periodo espositivo. Il successo della manifestazione è stato pienamente riconosciuto e pertanto il Commissario Unico Giuseppe SALA ha potuto annunciare con meritata soddisfazione il superamento dei 21 milioni di visitatori, concentrati in particolare dal mese di agosto ad oggi. Di questi, ben 7 provenivano dall'estero. L'indotto creato, pertanto, con ricaduta positiva sulla città meneghina si è aggirato intorno al miliardo di euro, non male per una manifestazione che è durata sei mesi! Tuttavia, corre l'obbligo di ricordare le migliaia di maestranze che hanno preso parte attiva per la realizzazione ed il puntuale funzionamento di Expo 2015 e tra questi i circa 20.000 volontari che a titolo gratuito hanno offerto la loro opera insieme al loro giovanile entusiasmo. Lo sforzo corale, quindi, ha vinto. Ha vinto la convinzione che l'unirsi per la concretizzazione di unico obiettivo avrebbe certamente dato i suoi buoni frutti. Questo, qualora non dovesse bastare, deve convincere tutti noi italiani che, smettendo di piangerci addosso e trovando gli obiettivi comuni da realizzare, possiamo farcela, ridando lo slancio economico e politico di cui il Paese ha assoluta necessità. Esattamente come i 1.000 che nel 1861 partirono da Quarto in Liguria per unificare il Paese sotto un'unica Bandiera.

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Pensieri, riflessioni, saggi / Che senso ha tutto questo?
« il: Settembre 20, 2015, 12:02:24 »
Che senso ha tutto questo?
Apro gli occhi, è già mattina. La luce del primo sole del giorno si insinua dalla finestra delle scale, vincendo ancora una volta la battaglia contro l'oscurità. Come sempre, anche oggi sarà giorno e sarà sera e poi notte. La notte, che tutto nasconde e protegge. La notte, con i suoi falsi miti e richiami, con le sue pie illusioni. Mi chiedo: che senso ha tutto questo?
Osservo il movimento delle onde che si infrangono sulla scogliera. Un gran rumore ne segue lo spumeggiare della risacca, che mi invita ancora una volta a nuotare in quel mare. Solo, con i miei pensieri, le mie ansie e le speranze. Ma quanti altri esseri umani, allo stesso modo, nuotando verso riva, nuotando disperatamente verso il traguardo hanno poi perso la vita? Perchè il destino non comune ci ha riservato vite diverse ed una fine diversa. Perchè io possso nuotare, solo per il piacere di farlo. Altri, invece, nuoteranno per sopravvivere. Che senso ha tutto questo? Viviamo circondati dalle informazioni, eppure lo scorso venerdì a Roma, una donna anziana è stata trovata, all'interno della sua abitazione, cadavere, a due anni dalla morte, Con buona pace dei vicini e condomini che nulla hanno fatto, se non sigillare la porta d'ingresso, per via del gran lezzo insopportabile che proveniva dall'abitazione dell'anziana signora! Che senso ha tutto questo? Stiamo assistendo ad una migrazione "epocale" di centinaia di migliaia di profughi, che fuggono dalla guerra, dalla povertà e dalla fame. Eppure, si alzano le barriere, si fortificano i confini, cercando di impedirne il passaggio e/o la permanenza. Loro devono continuare a morire affinchè noi si possa mantenere il nostro prezioso "modus vivendi": Mors tua, vita mea, si sarebbe detto nell'antica Roma. Che senso ha tutto questo?
La ricerca, le industrie farmaceutiche mettono a punto nuove molecole e principi attivi per le cure delle malattie, per migliorare la qualità della vita, ma non saranno destinate ai poveri della terra: loro continueranno a soffrire e a morire. Il fine è il guadagno, non il benessere dell'umanità. Che senso ha tutto questo? Potrei proseguire oltre... Ora sta giungendo la sera. Porta con sé i suoi falsi miti ed illusioni. Ho vissuto anche oggi, mi dico, cercando di fare meno male possibile all'essere umano che mi sta accanto. Ci sarò riuscito? Forse, il mio errore sta proprio nella presunzione di credermi nel giusto, quando invece dovrei essere capace di fare molto di più. L'umanità ha un gran bisogno di rinascere, di rivedere i suoi principi, lo stile di vita e gli obiettivi che tutti ci prefiggiamo nel corso della nostra esistenza su questa Terra. Non sono concepibili la povetà, la violenza, l'egoismo e le sopraffazioni. Oggi è domenica, moltissimi tra noi la trascorreranno nella serenità e nel benessere delle proprie famiglie, delle proprie abitazioni; siederanno intorno a tavole imbandite, festose e generose; incontreranno amici, parenti, conoscenti e colleghi scambiandosi saluti fraterni e pacche consolatrici. Nel frattempo, altri barconi pieni zeppi di umanità disperata, cercheranno di approdare nelle scogliere che stanno dall'altra parte del Mare Nostrum, verso nord, verso il benessere agognato. Quel Mediterraneo che unisce e bagna 22 Paesi, diversi per razza, cultura, religione ma con una storia che tutti accomuna. Mi chiedo: che senso ha tutto questo? Quale sarà il destino dell'umanità? Non abbiamo davvero imparato nulla dai due conflitti mondiali? Gli stessi pensieri del mattino, quando la luce trionfava sull'oscurità, ora mi avvolgono al sopraggiungere della notte. Questa alternanza, voluta dalle leggi della natura e dell'universo, mi inducono a pensare che sia quasi inevitabile che nella storia dell'uomo debba sopravvivere il desiderio di sopraffazione dell'uomo sui suoi simili. Una sorta di disegno evolutivo che vuole che solo il più forte sopravviva, a scapito del più debole. Ma tutto questo ha un senso?

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La notizia è di quelle che ti fanno saltare sulla sedia mentre mangi o scrivi, oppure leggi o stai guidando la macchina: si, perché significa che il traguardo raggiunto è a dir poco epocale. Quindi, a detta degli analisti un abitante della terra su sette, lunedì 24 agosto 2015, era collegato alla rete (quella oramai famosa del www.facebook.com/) alla ricerca di notizie, curiosità, aggiornamenti degli amici ecc. Un gran bel risultato, si dirà. Certamente, pur tuttavia data la oramai irrefrenabile capacità del Social net. in argomento di raggiungere chiunque, di qualsiasi età, sesso, religione, nazionalità e colore della pelle, si impone da parte delle autorità, non solo nazionali, ovvero dei singoli paesi fruitori e ospitanti il social net. in argomento, di porre alcuni determinanti limiti, per quanto riguarda la diffusione dei messaggi, fotografie e filmati. A rinnovare la questione è, infatti, l'ultimo filmato andato in rete che riguarda il doppio omicidio avvenuto in Virginia (Stati Uniti), che ovviamente ha fatto discutere circa l'opportunità che simili scene possano essere fruibili senza che vi sia a monte un filtro. Difatti, i responsabili di Facebook sono immediatamente (o quasi) corsi ai ripari eliminando il profilo dell'assassino. Tuttavia, un numero, che è impossibile quantificare con esattezza, ha potuto visionare le terribili immagini. Tra questi, quanti bambini e adolescenti? Anche nella considerazione che spesso i computer o gli smartphone hanno l'opzione (attivata) per la partenza automatica dei video (autoplay). Così come nel giornalismo (sia su carta che in radio o video) occorrerebbe una verifica o un filtro che impedisca che il social network possa trasformarsi in strumento per la diffusione delle follie d alcuni, a danno dei più.
http://a.msn.com/01/it-it/BBmaExR?ocid=sf

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Politica / Islam: generatore di un effetto "Domino?"
« il: Giugno 27, 2015, 17:41:00 »
Siamo sulla soglia di un terzo conflitto mondiale? Le differenze religiose e culturali potranno diventare la causa di una destabilizzazione generale?
Cambiamenti epocali, rivoluzioni culturali e grandi scontri politico-religiosi gettano ombre sul futuro non solo dell'Italia, schierata al centro del "Mare Nostrum" a guardia dei confini continentali, ma bensì di tutto il sistema geopolitico europeo e, come in un effetto domino devastante, anche dell'intero pianeta.
Terzo millennio della storia occidentale dell'Europa e dell'Africa: migrazione di massa; conflitti etnico-religiosi; lotta per il controllo delle grandi risorse naturali, petrolio e gas naturale, sono le cause che stanno destabilizzando l'area mediorientale e la stessa Europa: una riflessione sulle cause che stanno determinando paura e fenomeni di xenofobia nell'intera Europa.
Islam: alla conquista dell'Occidente Cattolico e Liberale? O solo paura di essere colonizzati da una cultura ed una religione profondamente diversi dal nostro modo di concepire la realtà sociale ed il nostro modus vivendi.
La migrazione dai Paesi dell'Africa Centrale, oltre che da Etiopia, Somalia, Siria stanno mettendo in crisi non solo l'equilibrio politico dell'Europa, ma anche le economie occidentali, promuovendo fenomeni di xenofobia, non più strisciante ma palese, ed uno spostamento del baricentro politico verso una destra, sempre più aggressiva ed intollerante.
Per principio, per cultura o, se volete, formazione personale e professionale, cerco di spogliare il mio giudizio dai preconcetti e pregiudizi. Questo è necessario per lo svolgimento, sereno ed imparziale, dell'operatore di polizia, soprattutto nella fase delle indagini. E, devo notare, che in questo anche molte persone sono d'accordo e consapevoli della necessità di "rimanere sopra le parti" per assicurare la "giustizia".
Detto questo, pur tuttavia, come qualunque cittadino anch'io ho un parere sulla questione; un modo di vedere le cose, un giudizio da esprimere e un desiderio che vorrei poter vedere realizzato, in un tempo ragionevole.
Ritengo che le risposte le si possano cercare innanzitutto dalla storia, che molto ha da dirci ed insegnarci. L'Islam, come molte altre religioni e/o filosofie (si pensi in particolare a quelle orientali), ha una sua collocazione spazio/temporale ben definita ed individuabile, nella storia recente dell'umanità, che ha giocato da protagonista e che tutt'ora non cessa di esserlo negli accadimenti geopolitici ed economici, con particolare riferimento all'area del Medio Oriente e del Mediterraneo. Senza per questo escludere del tutto gli orrori riguardanti l'11 settembre 2001, "Le Torri Gemelle" di New York, con il loro carico di tragedia e morte, che hanno cambiato profondamente la storia, non solo degli americani, ma del mondo intero, per tutta una serie di considerazioni geopolitiche, economiche e strategiche, che qui sarebbe davvero lungo elencare o spiegare.
Fatta questa premessa, doverosa per l'importanza che la storia riveste anche nella vita attuale, prima di parlare di "invasione" o "paura", per quanto mi riguarda e con riferimento alle mie conoscenze storiche, politiche ed economiche ritengo che prima si debba focalizzare le ragioni che stanno alla base degli attuali conflitti, riferibili all'area africana e mediorientale. In particolare, la "Caduta" del dittatore libico Gheddafi, voluta da inglesi e francesi, ma non veramente osteggiata dagli altri alleati europei, noi compresi; la lotta atavica tra sciiti e sunniti nel mondo politico-religioso dell'Islam e, infine, la progressione delle "Primavere arabe" che sta cambiando non solo la politica ma anche il pensiero e la cultura di molti paesi che fanno parte del "maghreb", ovvero quell'area del nord ovest africano, che comprende i paesi più sviluppati, dal punto di vista economico, politico e ovviamente religioso, (Libia, Tunisia, Algeria, Marocco e Mauritania). Il cuore della questione, la "ratio" se si vuole di tutto questo fermento destabilizzante è, come sempre, nella storia dei popoli, il controllo delle enormi ricchezze dei giacimenti petroliferi e di gas naturale, che insistono nell'area geografica in disamina. Si deve parlare, ovviamente, anche di lotta religiosa (non disgiunta da quella politica) tra gli sciiti scissionisti dell'Iran e Iraq e i sunniti (Arabia Saudita e Qatar in particolare) della Penisola Araba. Per le cui radici del conflitto andrebbero ricercate nel periodo successivo la morte di Maometto, quando le due correnti di pensiero (ma soprattutto politiche) appunto sciita e sunnita cominciarono il loro scontro, soprattutto sanguinoso, per la supremazia. Scontro che, 1500 anni dopo la morte del suo fondatore o profeta è ancora più viva che mai. Sono sicuro, però, che l'Islam è una religione di "pace e tolleranza" e non di scontro con le altre religioni e filosofie. Lo scontro, quando c'è, è cercato, voluto, mistificandone i significati, il pensiero e la filosofia che stanno alla base di questa fede monoteistica. L'Isis, ovvero la nazione islamica non può essere considerato come il rappresentante dell'intero universo musulmano, ma unicamente come la materializzazione di un potere forte, mascherato da spirito religioso, alla conquista di un suo spazio, soprattutto africano e mediorientale, capace di imporsi all'attenzione internazionale, imponendo i suoi diktat per il controllo delle ricchezze naturali di quei territori. Insomma, un colonialismo al contrario, questa volta, non controllato o gestibile dai "soliti" paesi di cultura (e religione) occidentale. Ancora, il bisogno, legittimo, di ogni uomo (nero, bianco, giallo che sia) di migliorare la propria condizione di vita, sta facendo il resto: la fiumana di "disperati", evento questo si epocale, che muove dai paesi del centro Africa verso quelli più benestanti (area nord europea) è e sarà inarrestabile. Possiamo stanne certi. Ed anche in questo la storia dell'umanità testimonia che è accaduto in ogni era che l'uomo possa ricordare. Anche gli italiani, nel recente passato (ma anche prima dell'unificazione del 1861) è stato un popolo di migranti verso aree geografiche che tutti conosciamo: dalle Americhe, all'Australia e, ancora, nel nord Europa e persino nelle migrazioni nazionali verso le regioni del nord ovest, dagli anni 60' in avanti (gli anni del cd. boom economico). A conclusione di questa disamina, ritengo che l'Islam in sé non sia un pericolo. E' pericoloso, invece, chi cerca le ragioni del conflitto nella religione (questo è accaduto anche durante le "Crociate" in Terra Santa); non è pensabile arrestare le migrazioni "epocali" di interi popoli che sono alla ricerca di un'esistenza più dignitosa. Costretti a fuggire, il più delle volte, dalla miseria assoluta, dalle violenze e prevaricazioni, di ogni genere e tipo; non è alzando le barriere lungo i confini territoriali che risolveremo questa grave crisi. Penso sia, invece, auspicabile che tutti i Paesi, a cominciare da quelli europei, facciano fronte comune nella risoluzione dei problemi, senza giocare allo "scarica barile", che nulla risolve e tutto complica, rinviando la soluzione a tempi successivi. Dovremmo, credo, per rimanere con i piedi per terra e per affrontare davvero la questione se vogliamo o no aiutare queste genti, questi popoli, verso i quali abbiamo l'obbligo morale di aiutare, se non altro perché sono stati sottomessi e sfruttati, nei secoli scorsi, con politiche di tipo "colonialistico". Si dovrebbero intavolare negoziati internazionali per avviare un nuovo "Piano Marshall", che similmente a quello americano, che al termine del secondo conflitto mondiale fece ripartire l'economia europea, anemizzata da sei anni di guerra e distruzione, dovrebbe funzionare da volano per lo sviluppo economico-sociale di quei paesi, attraverso politiche di sostegno e sviluppo. Politiche realizzabili cominciando da un "piano generale" voluto da tutti: penso ad esempio ad un fondo di sviluppo economico al quale tutte le nazioni industrializzate del pianeta prendono parte attiva attraverso la concessione di prestiti a lungo termine e a tassi bassissimi. Sarebbero, questi ultimi, piani che a lungo termine darebbero dei benefici a tutti, nella considerazione che gli attuali problemi, trovando un loro naturale sbocco, garantirebbero un enorme risparmio, non solo in termini di danaro. Nello scontro, alzando le barriere e le trincee, nella chiusura o avversione culturale predomina la paura dell'"Altro". La paura uccide la mente e genera, quasi sempre, nuovo odio e violenza. Tutto questo non aiuta nessuno: né i ricchi paesi industrializzati né quelli che detengono le ricchezze naturali del pianeta e, tanto meno, si può continuare a pensare che le genti povere e sfruttate, private di ogni diritto, persino della vita, possano o, peggio, debbano continuare a vivere nella miseria e nel degrado. Si impone quindi ad ogni nazione civile un cambiamento storico - culturale, un diverso approccio verso le politiche relative all'economia e allo sviluppo che devono divenire sostenibili e rispettose dell'"Altro" del "Diverso" oltre che del "Nuovo". Se ciò accadesse davvero, credo che si realizzerebbe la cd "Era del Cinghiale Bianco", una nuova era Aurea, foriera di benessere e, finalmente, di Pace tra i popoli.

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Pensieri, riflessioni, saggi / L'eternità in una foto
« il: Maggio 30, 2015, 10:31:40 »
Guardo una foto, intuendone l'emozione di quel momento, la voglia irrefrenabile di esserci e, soprattutto, di non essere dimenticati. L'immagine, che ferma l'emozione del soggetto e la bellezza di quel che si vive e si vede, che si vuole condividere. Rifletto, tuttavia, e mi sovviene una certezza: vogliamo esserci, ora e sempre, poichè è dell'oblio che abbiamo paura. Una sorta di lascito della nostra essenza, durante il passaggio in questa vita: un modo per essere eterni...nella memoria di chi vede, appunto, quella fotografia che ci ritrae.

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15 minuti per creare / L'Eternità in un momento
« il: Maggio 28, 2015, 15:58:59 »
Accade allora che guardi un tramonto, mentre gli ultimi raggi illuminano l'orizzonte, immaginando un viaggio oltre l'orizzonte. Un viaggio che ti conduca oltre quella corona di montagne che da sempre limitano lo sguardo e sembra che nascondano terre e oceani...o forse una nuova vita, un nuovo amore...oltre il confine, là dove il sole va a riposare.

La vidi in sogno, era bruna di capelli, grandi occhi scuri da cerbiatta, la pelle olivastra e profumata, di un profumo che sa di foresta e piante di sottobosco. Fresca come l'acqua di un torrente, quando scende gorgogliante e vociante, come le creature di quel bosco a cui dà vita.

Lei mi parlò della sua terra, del sole che la illumina e del mare che promette la vita con i suoi frutti.

Ma mentre parlava, ecco che d'improvviso mi colse un bisogno irrefrenabile di stringerla a me, sentirla nella sua fisicità fino ad avvertirne il fremito del corpo che si accostava a me, fiducioso e desideroso di me, di noi.

Fu un tempo che durò un'eternità, o forse pochi istanti, ma che importa se quello fu il mio tempo, il nostro tempo.
Fu l'incanto di un incontro o la condivisione delle nostre esistenze, che in quella dimensione ed in quel luogo poterono essere un tutt'uno.

Le lacrime sgorgarono, ad un tempo liberatorie e dolorose, nel momento in cui la lasciai per compiere il viaggio del ritorno alla vita.

Ora che sono sveglio, mi rendo conto che Lei non c'é al mio fianco. O forse non c'è mai stata.
Mi attende solo quel viaggio.
Oltrepasserò la corona di montagne e navigherò quel mare per ritrovarla.

In un momento, che sarà l'Infinito, nel ritrovarla coglierò l'essenza stessa dell'Amore che tutto muove.
Ritroverò me stesso e non avrò più bisogno di altro tempo.

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Una foto del 1896. Una riflessione storica.

Accade di guardare una foto, magari di quelle antiche, in bianco e nero, di quel bel nero di seppia, che da subito ti rimanda a quel "Mondo antico" di De Amicis. Un mondo fatto di immagini e pensieri che abbiamo imparato ad apprezzare, sin dalla nostra primissima carriera scolastica. La foto che ha galvanizzato la mia attenzione, alcune sera fa nel corso di una cena in ristorante, volutamente pieno di mobili antichi, attrezzi agricoli tutti risalenti al secolo scorso, e foto, tante foto, datate fine 800. Tra queste, una in particolare: un maestro di scuola elementare, impettito, vestito rigorosamente con vestito e gilè, baffoni e...uno sguardo severo che, nonostante il tempo passato (e le mode diverse) ancora oggi sembra che ti dica: "Se non hai fatto i compiti a casa, saran guai per te! Qui le mani, chè ho da bacchettartele, dimodoché la prossima volta ci penserai due volte, prima di decidere di non studiare!". Lui é circondato da sei dei suoi scolari, tutti ben vestiti, seri, quasi spaventati. Non si sa bene se dalla macchina fotografica o se dal loro insegnante. La foto è datata 1896, e quei bimbi, all'incirca tutti intorno ai sei anni, nel 1915, anno in cui l'Italia entrò in guerra, per partecipare al primo conflitto mondiale, avrebbero avuto ben 25 anni; quindi certamente pronti per essere arruolati, volontari o meno. Mi chiedo ora se quei bambini successivamente, furono tra gli ottocentomila soldati italiani morti sul fronte occidentale, o se furono più fortunati, entrando nella contabilità di quelli che rimasero invalidi di guerra o feriti gravemente.Tra questi ultimi, più di un milione alla fine del conflitto (nel novembre del 1918). Sta di fatto che, comunque andarono le cose, quei giovani, compresi i "Ragazzi del "99, non ebbero una vita ed una giovinezza invidiabile, visto che la maggior parte di loro, vissero anni tremendi nelle centinaia di trincee costruite, praticamente, dal Trentino Alto Adige (anche a quote impensabili oggi) al Friuli Venezia Giulia, perchè in quel periodo la guerra era immaginata e realizzata dai Generali (Cadorna, Diaz i Capi di Stato Maggiore delle FF.AA che si alternarono al comando, subito dopo la disfatta di "Caporetto") come "guerra di posizione". Il resto non occorre qui descriverlo ancora una volta...Ma quella foto, in nero di seppia, quei volti, che mi guardano dal passato, hanno riportato la mia mente a quel tempo, alla guerra che i nostri bisnonni dovettero affrontare in nome di un ideale, più o meno consapevolmente, questo è fuor di dubbio! Tuttavia, di una cosa erano certi, che i confini già più volte violati dalle scelte politiche o di convenienza dei molti, troppi, popoli che avevano prosciugato le nostre ricchezze, impoverendo le nostre terre, prosperando sul lavoro dei contadini e dei lavoratori italiani. I giovani combattenti italiani, provenienti da tutti gli angoli dello "Stivale", pur parlando almeno venti dialetti diversi e, a volte, incomprensibili tra loro, vollero unire i loro sforzi in un estremo rigurgito di orgoglio nazionale, per dire basta e per affermare l'ideale di Unità nazionale, che avesse come scopo primario il recupero dei territori "espropriati" dall'Impero Austro-ungarico. Mi si consenta ancora una nota storica: Nell'ottobre del 1917 (circa un anno prima della fine del 1° conflitto mondiale) il popolo russo, aderendo quasi all'unanimità allo slancio rivoluzionario di Lenin, da Pietroburgo diede inizio alla prima grande rivoluzione che la storia ricordi, quella Bolscevica. Da quel momento anche il futuro dell'Europa, prima, e del pianeta poi, subirà una svolta a dir poco epocale. Vent'anni più tardi, infatti, sempre sul suolo europeo le istanze dei grandi sistemi politici ed economici, inevitabilmente, si sarebbero confrontati, generando la seconda guerra mondiale, i cui esiti drammatici e apocalittici tutti ben conosciamo. Tuttavia, quella foto, datata 1896 nei suoi colori un po' sfumati dal tempo, con quei visi che mi guardano ancora severi e compiti, mi riportano con la mente a quel "Mondo antico" immaginato, ben descritto, e forse desiderato dal grande scrittore Edmondo De Amicis, i cui valori sono i medesimi che vengono insegnati oggi nelle nostre aule scolastiche. Così come ieri, come domani. In un filo ideale che ci lega, quello del sangue dei giovani che seppero sacrificare tutto e oltre, nel nome di un ideale superiore. Ma quanti dei nostri ragazzi di oggi ne ricordano gli eventi e tutto ciò che ha significato il nostro passato?

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Pensieri, riflessioni, saggi / Storie di ordinaria amministrazione
« il: Aprile 30, 2015, 16:01:01 »
Storie di ordinaria amministrazione.
Lo vedevo giungere a cavallo della sua bicicletta, avanzava sicuro nella nebbia della provincia lombarda. Era giunto sino lì, lontano dalla sua terra natia, partendo dalle colline del suo Abruzzo, quand'era poco più che un giovane ragazzo, per un lavoro più sicuro, con qualche prospettiva in più per, la sua giovane moglie ed un figlio nato da poco. Quell'uomo che avanzava nel paesaggio sapientemente descritto da Cesare Pavese, sempre sorridente e disponibile, era mio padre. Indossava la divisa di Vigile urbano, quella che oggi tutti chiamano Polizia municipale, che comportava, ovviamente, il dovere di essere a disposizione dei suoi concittadini e di quella Amministrazione comunale, che ha servito per oltre vent'anni. Storie di ordinaria amministrazione, si potrebbe dire. Certamente è così! Ma, mi chiedo quando scorgo nell'Italia di oggi, anch'io nella posizione di "Cittadino al servizio della Repubblica", quindi dell'intera collettività, le molte cose che non funzionano, le amministrazioni che dilapidano e sprecano, negando spesso ai più un servizio dignitoso e puntuale, dove è andato a finire lo spirito di servizio, il senso dello stato e di appartenenza, che hanno caratterizzato appunto "le storie di ordinaria amministrazione" che hanno fatto crescere e sviluppare il nostro Paese. I cambiamenti, in positivo o in negativo, dipendono solo da noi cittadini. La capacità, la volontà di uscire da una crisi generale, che non è solamente economica, dipende anche da tute quelle di "ordinaria amministrazione" che mancano o che sono troppo rare perchè possano fare la differenza. Un grande esempio ci è stato dato dai nostri padri, i quali hanno saputo costruire, tra mille privazioni e sofferenze, un Paese grande e democratico. Una Nazione che si rimetteva in piedi, con grande fatica, dopo la fine del periodo bellico, che tutti noi ricordiamo per averlo studiato a scuola: ma non vissuto in prima persona! E' forse questa la condizione che ci rende così indifferenti e irriconoscenti, verso chi ci ha preceduto nel tempo, facendoci il dono più grande per il quale essi stessi, e a caro prezzo, avevano lottato, perdendo spesso il dono della vita: La Libertà in uno Stato Libero. Storie di ordinaria amministrazione, storie realizzate da uomini comuni, che hanno reso l'Italia pienamente in grado di sedere nel consesso mondiale, vicino e alla pari di altre grandi Nazioni. Concetti, questi, che a mio modesto avviso noi tutti, a cominciare dai politici, non dovremmo mai dimenticare: per non perdere definitivamente le nostre radici, la nostra cultura, insieme al senso delle cose. Torniamo a rimboccarci le maniche, cominciando dalle cose semplici: ad esempio Amministrando con senso dello stato la "Res publica" (che non è poco!). Torniamo ad essere un territorio con un popolo, una lingua ed una cultura comune fatta di "Storie di ordinaria amministrazione".

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Pensieri, riflessioni, saggi / La valigia
« il: Marzo 24, 2015, 15:46:59 »
Nella valigia c'era tutta la mia vita. Quella vissuta, quella desiderata e quella non realizzata.
L'ho portata con me per mostrarvela, nel prendere congedo da voi.

Non ho rimpianti, almeno credo, solo un desiderio esprimo ora che sto per lasciarvi: Amore.

Amore per la vita, Amore per l'umanità, Amore per tutti gli esseri viventi e per l'universo.

Prendo congedo dalla mia esistenza, con la certezza di non averlo provato sempre e in ogni luogo.
Negli anni trascorsi, nella storia dell'uomo quanto odio ho visto e, a volte, sperimentato sulla stessa mia pelle.

Nella valigia che vedete, quanti desideri e delusioni ho accumulato, senza mai avere la certezza che le cose sarebbero andate meglio. Sperare in un cambiamento, si forse avrei potuto attenderlo e potuto realizzarlo, ma a quale prezzo?

Chi mi ha accompagnato negli anni, non sempre ha compreso e a volte, malgrado tutto, mi ha solo ostacolato rendendo il mio e il nostro cammino ancor più doloroso, se possibile.

Mostrerò la valigia ed il suo contenuto a Colui che mi dovrà giudicare, se quel che è scritto è vero. Se i padri non ci hanno ingannato, nella speranza di realizzare un mondo migliore e più giusto, governato da sani principi e leggi inderogabili.

Gli parlerò dell'odio delle genti verso i propri simili. Delle stragi e dei genocidi, del ricco che sottomette il povero, delle guerre di religione e di Caino che continua a uccidere il proprio fratello.

Quale speranza, in quale dio o religione l'umanità si deve rivolgere. A chi volgere le proprie preghiere affinchè il Creatore rivolga, benevolo, il suo sguardo, se mi giro intorno e non vedo altro che menzogna e mistificazione?

Prendo congedo dall'umanità che mi ha allevato e guidato, dalle sue leggi e da questa esistenza imposta dalle abitudini e quasi mai dalle buone intenzioni.

Ora mostro a voi la mia valigia, quello che mi sono trascinato per tutta un'esistenza, senza mai troppo lamentarmi, ma sempre con la certezza che il suo carico fosse sproporzionato alla mia volontà e fermezza.

Nell'aprirla guardo all'interno e non scorgo nulla. Tutto il suo carico è volatilizzato, errori, cattiverie ma anche ciò che di buono ho saputo realizzare durante la mia esistenza.

Tutto è stato perdonato, nel momento del "passaggio". Ora intravedo una nuova luce dinanzi a me che mi invita a proseguire nel nuovo cammino, nella nuova vita, poichè l'Anima non si distrugge con il corpo, come energia trasmigra nell'universo e in esso riprende vigore e vitalità, in una nuova forma ed essenza.

Questo, riconosco essere quell'Amore universale a cui tutti anelano.

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Pensieri, riflessioni, saggi / Sono di un'altra generazione.
« il: Gennaio 22, 2015, 19:55:25 »
Sono di un'altra generazione.
Di quelli che scrivevano con la penna, su di un foglio rigorosamente bianco.
Alla prima elementare, frequentata in un paesino dell'interland milanese (era il 1966) appena seduto nel banco (la parte superiore dove venivano appoggiate le varie cose per l'attivotà giornaliera) prendevano posto il calamaio, con l'inchiostro bleu, e la penna. La bidella, quindi, tutte le mattina passava per riempire di inchiostro il calamaio, per noi bambini era inevitabilmente motivo per far chiasso, felici nell'attesa di sporcarci le manine nel tentativo di scrivere qualcosa!!
Altri tempi, altra storia e, forse, un'altra Italia, e non solo per la sua posizione geografica!
Oggi, tutto questo è impensabile, oltre che improponibile: l'era digitale impera e non lascia più spazio neanche alla immaginazione, oltre che alla creatività.
La mia, successivamente, è stata la generazione dei possessori di un diario, sempre rigorosamente scritto su carta e con la stilografica o con una semplice biro! Ma alla attività di provetto "scrittore" non tutti vi si accostavano, non nel quotidiano, non con la dovuta continuità.
I tempi son cambiati!
Oggi, osservando quel che accade sui social network, in particolare su FB, se non altro perchè risulta essere il più diffuso nel pianeta terra (al momento l'unico abitato nel nostro sistema solare, ci assicura dagli schermi televisivi l'oramai arcinoto Dr.Piero ANGELA &Son) pare che tutti gli esseri umani in grado di pigiare una tastiera, si prendono la briga di scrivere, scrivere e scrivere.
Si scrive di tutto, si commenta di tutto e...si legge e si vede di tutto.
Non per questa ragione si può dire che tra le centinaia di pagine che si sfogliano si possa sempre "intravedere" la notizia del giorno o la pillola di saggezza che tutti, o forse molti, vorrebbero (finalmente!) poter intravedere. Quasi fossimo come dei novelli marinai appartenenti all'equipaggio di Cristoforo Colombo che osservano l'orizzonte, alla ricerca della terra (tanto agognata).
Mi chiedo, alle volte, se tutto questo scrivere o pubblicare (come se tutti noi fossimo dei piccoli giornalisti, o free-lance, o addirittura capiredattori di un quotidiano locale) ci aiuti a crescere, ad aumentare la qualità della vita, a rendere la società più informata, quindi più aperta, trasparente e, infine, democratica.
Tuttavia, siamo forse migliori per questo? Ci fermiamo mai a riflettere un momento, non solo prima di scrivere e pubblicare, su ciò che rendiamo disponibile o fruibile alla platea, spesso numerosa, che ci segue nelle nostre prodezze artistiche o, proditoriamente letterarie?
Lo scritto o meglio il pensiero fermato (un tempo sulla carta) su di un file che viene stoccato su di un server, chissà in quale luogo dei cinque continenti, dovrebbe aiutarci (se e quando riletto) a capire meglio cosa siamo o casa stiamo o chi stiamo diventando, nel corso della nostra evoluzione interiore personale.
Ma chi lo fa? Chi ha la pazienza (e a volte il tempo) per tornare a rivedere i propri pensieri, così come si faceva con i diari scritti sulla carta, che per la mia generazione, al pari di un libro scritto da un vero scrittore, ti aiutava a crescere, a riflettere e a migliorare, non solo come individuo, ma anche come cittadino consapevole.
La società che ci circonda, con i suoi pregi e difetti, è ovviamente il risultato della somma delle singole azioni che tutti noi realizziamo nel quotidiano.
Facciamo pertanto più attenzione a tutto ciò che scriviamo e pubblichiamo, consapevolmente e nel pieno rispetto "dell'altro", tenendo presente che la nostra libertà di divulgazione si deve limitare laddove inizia quella di chi ci segue.
Quando si scriveva nei quaderni, sui fogli o nei diari, appunto, prima di far conoscere qualcosa di più di noi stessi agli altri, si doveva scrivere, rileggere, imbustare e, infine, spedire. Oggi, tutto questo si realizza velocemente, troppo, perchè ci si possa rendere sempre conto delle nostre azioni.
Forse, sarebbe auspicabile un rallentamento delle azioni, soprattutto quando attengono alle attività divulgative. In barba a coloro i quali ci spingono ad essere ciò che non siamo per natura: sempre e comunque veloci.
L'era della digitalizzazione sta rendendo la vita più comoda, per alcuni aspetti, questo è innegabile. Ma trovo che l'esigenza di essere sempre e comunque informati, di dover comunicare tutto a tutti, qualunque cosa si faccia o si veda, spesso con la convinzione (errata) che possa risultare d'interesse comune, sia contraria ad uno stile di vita che viaggia nella direzione sbagliata: proprio perchè corre su di un treno troppo veloce, rispetto alla linea ferroviaria a sua disposizione.

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