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Post - Chicchessia

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Sentimentale / Cronaca di un amore - Parte I: Idillio
« il: Settembre 13, 2011, 16:39:24 »
Cronaca di un amore - Parte I: Idillio

La luce del megaschermo illuminava di un chiarore livido e innaturale la piccola stanza, e il ragazzo fissava pensieroso le parole sul video, cariche di speranze troppo spesso deluse o fraintese.
Il messaggio che gli era arrivato risuonava di un entusiasmo giocoso e infantile. Quelle frasi sembravano portare con sé l'eco di un respiro affannato dopo una lunga corsa, ed anche l'urgenza di non poter rinviare nemmeno di un istante la loro consegna.
Eppure lui frequentava quel forum solo per passatempo, e dopo una ingannevole e dolorosa relazione on-line, si era ripromesso di non cadere più nelle lusinghe di questo o quell'avatar femminile che potesse suscitargli un qualche interesse.
Il mondo reale era già abbastanza complesso e dalla difficile interpretazione perché lui si ritenesse in grado di penetrare gli ulteriori veli che inevitabilmente introduce una conversazione con interlocutori elettronici.
Aveva pubblicato sul web quei due profili solo per gioco - o meglio, aveva scritto una pagina che lo ritraeva in vesti così caricaturali che nessuno avrebbe potuto ritenerle credibili. Però si era anche premurato di inserirvi un collegamento all'altra pagina, quella molto più aderente alla sua persona, tanto schietta da non essersi fatto alcuno sconto: così era e così si era descritto, senza falsi pudori o abbelimenti del caso.
E adesso c'era qualcuno che gli esprimeva interesse, e proprio per quella serie di caratteristiche certo non molto amabili.
Era il caso di rispondere? Di approfondire la conoscenza?
Non era forse meglio lasciar cadere quell'inaspettato invito a comunicare?
La sua vita era piena di impegni: il lavoro, i genitori, gli amici, la palestra, una ex-moglie da mantenere...
Sì, tutto vero, ma quel senso di completezza e realizzazione che aveva provato quando si era sentito parte di un tutto più grande, quando il cuore era gonfio di un sentimento verso il partner, quello era ancor meglio di una vita soddisfacente ma nulla più.
"Buttiamoci" si era detto, e aveva risposto, sebbene in modo molto guardingo. Delle due l'una: o ci si manteneva su un tono ossessivamente impersonale (ma il recente passato gli diceva che nemmeno quello era sufficiente a tenersi del tutto al riparo da coinvolgimenti emotivi) oppure avrebbe preteso quanto prima una comunicazione fatta di elementi tangibili, prove di una sincerità indiscutibile.

Accidenti che bella personalità gli si stava spiegando dinanzi!
Poteva quasi assaporare il profumo e i sapori della sua terra: le descrizioni che la ragazza gli aveva inviato erano talmente vivide da assumere una consistenza materica.
Eppure rimaneva scettico: era mai possibile che rivelando solo pochi elementi di sé avesse colpito a tal modo la ragazza? Che lei gli dimostrasse attenzione e interesse era fuor di dubbio, però la sua fiducia era già stata scossa in passato e quindi non si sentiva pronto a riporla in qualcuno di incorporeo. "O cambiamo livello di comunicazione, oppure è inutile che mi parli del tuo paese", le aveva intimato.
Sembrava ci fosse rimasta male, ma subito dopo si era adeguata con entusiasmo a questo dialogo più evoluto, quasi non aspettasse altro: "Ti chiamo sabato".
Il ragazzo aveva sussultato di gioia nel percepire in lei una forma di ritrosia verso i mezzi informatici, e a scorgere nel suo animo una sana, calda e solida natura di donna vera, un po' all'antica, come il profumo del pane appena sfornato.
Quella telefonata poi, sembrava si conoscessero da un'eternità, e dopo qualche minuto di imbarazzo avevano cominciato a chicchierare piacevolmente come due vecchi amici. Era stato un riconoscersi affini, simili eppure diversi, complementari.
"Voglio incontrarti" aveva concluso la ragazza, e anche a lui sembrava inevitabile che quell'intesa si sviluppasse guardandosi negli occhi.
L'incontro era stato preceduto da una serie frenetica di messaggi e telefonate, quasi a voler confermare la certezza cghe sarebbe andato tutto bene, che potevano fidarsi ciecamente l'uno dell'altra; eppure c'era una diffusa tensione fisica, quasi un fremito epidermico che diceva loro di avere in aggiunta anche un interesse molto poco intellettuale...

Tutto era andato molto al di là delle più rosee previsione, oltre qualunque ardita fantasia: chi avrebbe mai immaginato una tale intesa personale, cominciata con una serie di sorrisi spontanei e convinti, proseguita con una palpabile e crescente attrazione, e conclusasi infine tra lenzuola sudate?
Non appena si erano ripresi, si erano guardati a lungo, stupefatti e felici.
Certo,il cammino si prospettava lungo, difficoltoso e con numerosi ostacoli, ma l'importante era essere partiti per quella che sembrava proprio la strada del cuore.
Dall'esterno potevano sembrare due pazzi: intraprendere una relazione con la distanza che li separava, i giudizi delle rispettive famiglie tutti da verificare, dei legami preesistenti da sciogliere e l'incognita più grande di tutte, i figli di lei, piccoli e quindi bisognosi di stabilità. Ma erano insieme, innamorati e, forse per la prima volta, senza alcuna vocina da Grillo Parlante che sussurrasse loro all'orecchio "Stai facendo una fesseria...".
No, nessuna voce si levava ad impensierirli, l'idillio era totale e cresceva ad ogni loro incontro, ad ogni telefonata, ad ogni videochiamata: la fame reciproca li divorava e cominciavano a fantasticare un futuro insieme, una nuovoletta rosa su cui costruire il loro rifugio.
E così parlavano di arredamento, giardinaggio, colori, materiali, tessuti e di tutti i dettagli che rendono concreti i sogni.
Dopo un iniziale contatto, i rapporti con i figli di lei si erano rarefatti, non però per malanimo o timori, ma solo perché non volevano nulla a distoglierli dalla loro bruciante passione, i loro weekend romantici, quella settimana trascorsa praticamente sempre a letto.
Insomma, nulla sembrava poter fermare la loro trionfante avanzata verso un futuro radioso e i due non potevano scorgere quelle imprevedibili nubi oscure, minacciose e devastanti, che di soppiatto cominciavano a profilarsi contro l'orizzonte.

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Sentimentale / Cronaca di un amore - Parte IV: Epilogo
« il: Settembre 11, 2011, 16:50:24 »
Cronaca di un amore - Parte IV: Epilogo

L'aveva messa proprio a posto, quella ragazza tanto strana: glie ne aveva cantate quattro, o almeno aveva provato a farlo.
D'altronde non riusciva proprio a concepire come potesse essere tanto sicura di far bene, di essere nel giusto dando ai suoi figli quell'impostazione, quell'iperprotettività autarchica e slegata da ogni concetto di sfida, di spartano allenamento ai problemi e alle difficoltà della vita.
Ogni fibra del suo essere si ribellava ad un tale concetto: per lui la vita era tenzone, desiderio, ambizione che giornalmente dovevano confrontarsi con le contrarietà dell'esistenza.
Lei aveva esposto con fin troppa chiarezza le sue convinzioni: nel momento in cui un essere umano sceglie di mettere al mondo un figlio (ma poi la sua era stata davvero una scelta consapevole?), ogni aspetto della sua esistenza deve venire sovvertito, e ogni singola sfumatura deve cominciare a ruotare intorno a quella creaturina.
L'esempio più lampante l'aveva chiarito parlando dei viaggi: l'intera famiglia avrebbe scelto solo mete compatibili con la limitata capacità di sopportazione che il bimbo avesse tollerato, allargando il raggio delle possibili mete solo quando questo "reuccio" avesse manifestato maggiore assuefazione agli spostamenti.
"E quindi montagna, mare, posti esotici, villaggi-vacanze all'estero, tutto questo andrebbe abolito?" aveva domandato lui, esterrefatto.
"Certamente" aveva risposto lei, recisa e fiera del suo integralismo di lupa.
"Ma così facendo distruggeresti anche il più solido dei matrimoni: nessun genitore potrebbe mai accettare una serie tanto stringente di limitazioni! Infinite generazioni di pupi sono stati scarrozzati a destra e a manca, e se concordo con te che certamente non è sano né saggio sballottare un bebè al ristorante, o sulla spiaggia sotto il sole cocente del mezzodì, o in discoteca fino a notte fonda, tutt'altra cosa è fargli compiere un comodo viaggio, per quanto lungo e noioso possa essere".
"C'è il mondo degli adulti e quello dei bambini" aveva ribattuto la ragazza, "i piccoli hanno una minore capacità di adattamento e non vanno mai obbligati a far qualcosa che non sentano adeguato a loro, quindi saranno gli adulti a piegarsi alle loro esigenze".
"E poi tu non sei padre, e tanto meno dei MIEI figli" aveva chiosato lei.
A quel punto ogni residuo di romantiche speranze si era bruscamente annichilito in lui, che vedeva la ragazza con occhi sgranati e stupefatti: era quella la persona per cui avrebbe buttato all'aria la sua vita? Era quell'erinni inferocita e possessiva cui voleva affidare la propria esistenza?
Ben altro ci sarebbe voluto che un viso d'angelo, un corpo flessuoso, una mente sveglia e colta, un eloquio forbito e carezzevole per farlo recedere dalla decisione presa. Fuggire via, non voltarsi indietro, lasciare quell'antro di Circe, tornare al sole di un mondo normale dove c'è un unico pianeta e non due, dove i cuccioli d'uomo vengono portati con mano ferma dove è meglio per loro, lontano da questo pazzo universo fatto di gerarchie e regole sovvertite.
"Attenta", la aveva ammonita, "ho il timore che perseguendo questa via creerai due persone profondamente infelici, che di certo non ringrazieranno il cielo di averti avuto per madre".
Quello che era stato posto come avvertimento, era invece la più atroce delle offese che potessero venirle rivolte, e tutto il corpo della ragazza si era fatto come di pietra, dai capelli ai piedi tutto era freddo e duro, e bruscamente ogni comunione tra loro era crollata in terra, e come un cristallo si era infranta in mille pezzi. Erano volate parole grosse, e aspre, che si erano concluse con un "buona notte" a dir poco glaciale.
Il ragazzo continuava a rimuginarci sopra mentre, l'animo ancora sovraeccitato per quell'acceso scambio verbale, si rigirava sul divano (di certo non desiderava dormire accanto a una persona tanto differente da lui), tentando con difficoltà di prendere sonno.
Un soffio d'aria gli aveva sfiorato il viso: "Strano", aveva pensato, "le finestre sono ben chiuse, ci ho fatto attenzione".
I suoi occhi si erano aperti in tempo per vedere quel viso, una volta amato, animato da un'espressione raggelante, quella bocca a lungo baciata, contorta in una muta risata sarcastica, quelle mani così spesso carezzevoli, contratte intorno ad un manico di legno.
Il luccichio di una lama affilata -che ironia, un coltello da pane-, e poi il buio.

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Sentimentale / Re: Cronaca di un amore - parte II: Alfa dall'omega
« il: Settembre 06, 2011, 10:23:53 »
Una pagina di vita, costante una presenza e... "dalla morte l'amore", proprio così...
L'amore... quello che continua ad esserci  malgrado il silenzio, malgrado tutto.

Non capisco se è un parere positivo o negativo :saywhat:; mi piacerebbe avere un giudizio sulla forma e sui contenuti, margini di miglioramento e altro, grazie.

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Sentimentale / Cronaca di un amore - Parte II: Alfa dall'omega
« il: Settembre 05, 2011, 19:01:42 »
Cronaca di un amore - Parte II: Alfa dall'omega

Sono rientrati dalle vacanze quel giorno di settembre, finalmente a casa tutti insieme.

Loro hanno trascorso gli ultimi mesi in giro per l'Italia e poi nella villa al mare, a godersi le loro pensioni a lungo attese, infine senza occupazioni se non quella di ammazzare il tempo.

Lui, il figlio, è invece rimasto in città, a dividersi tra il lavoro e quella ragazza che gli piace tanto e che, inaspettatamente, ha perfino ricevuto l'approvazione materna.
Ed eccoli lì, tutti e tre alla stessa tavola, cosa che non avviene da tempo immemore, ognuno preso dai propri ritmi e impegni.
Una famiglia normale, come ce ne sono tante, che passa qualche ora a raccontarsi gli ultimi fatterelli, a comunicarsi le proprie impressioni, per poi ripartire da quel nido ormai consueto, rassicurati di avere sempre e comunque un rifugio indistruttibile.

Una buona notte detta ad alta voce, lanciata come una pallina di carta da una stanza all'altra, un'ultima domanda: "Hai bisogno di qualcosa?" e la consueta risposta "Nulla, grazie" e poi a dormire, o almeno a provarci: c'è quel sassolino nella scarpa che va levato assolutamente.

E' mattina e suona la sveglia, non certo all'alba, ché non ce n'è bisogno: il lavoro del figlio comincia tardi. E poi va prima chiarito quel punto con la ragazza: comprende il suo pudore ma la sincerità, tra due che stanno insieme, viene prima di tutto.
Le telefona e comincia ad aggredirla, freddezza e delusione lo assalgono e non ci può far nulla: si è messo assolutamente e sconsideratamente a nudo, e da lei pretende altrettanto, costi quel che costi.
La paura di aver preso un abbaglio alla fine prevale e la decisione è presa, non riesce più a darle la fiducia che sente imprescindibile in una storia seria, ancor più se a distanza. Gli dispiace infinitamente, perché lei sembra davvero perfetta, e forse lo è, ma come si fa ad amare se non ci si fida? La sta lasciando, forse non con le parole, ma il gelo nella voce non inganna nessuno: è finita...

La voce del padre lo riscuote dalla sua sofferenza, ma solo per precipitarlo in un abisso vuoto, nero e cristallizzato, l'orlo di un precipizio in cui cadere all'infinito: "Non riesco a svegliare mamma...".
E l'orrenda verità è lì, a portata di dita: dal sonno alla morte, senza un perché, e d'altronde a che serve conoscere le ragioni, quando quel corpo rimarrà comunque freddo, se quelle labbra non torneranno mai più rosee, se le braccia dell'unica persona di cui ormai ti fidavi resteranno rigide per l'eternità?

La bacia e grida, un urlo che ha dentro tutta la disperazione che conosce, l'ineluttabilità di un'immediata comprensione (mamma non c'è più...), e subito si preoccupa del padre, che gli ha appena rivolto una domanda cui non sa rispondere: "... e adesso come facciamo?".

Inizia quell'odiosa trafila, e per fortuna, perché occorre muoversi, non pensare-non sentire-non soffrire (mamma non c'è più...).

L'ambulanza è in arrivo, ma l'attesa è troppa per starsene lì, in mezzo alla strada, ad aspettare un'inutile conferma (mamma non c'è più...).

E deve comunicarlo a qualcuno, deve esprimere questa marea crescente (mamma non c'è più...) che rischia di soffocarlo, deve a tutti i costi appoggiarsi a una persona calda, viva, il cui sangue scorre, la cui pelle morbida possa avvolgerlo.
Sente rinascere il richiamo dell'intesa, della profonda unità che li lega, la fede in lei.
La chiama, e le uniche parole che le dice sono quel mantra che gli rimbomba in testa incessantemente "mamma non c'è più...".

Mamma lei stessa, la ragazza lo capisce, lo soccorre, lo accoglie, ... e dalla morte l'amore.




Vorrei specificare come la "Cronaca di un amore" sia un'autobiografia, seppure romanzata, i cui vari capitoli verranno scritti ogni qual volta ne avrò l'ispirazione.

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15 minuti per creare / Per aspera ad astra
« il: Settembre 05, 2011, 15:05:14 »
Non è dai libri che troveremo conforto, né in poesie di gente morta, e la filosofia degli antichi sarà di qualche aiuto? Ne dubito...
L'uomo è nell'uomo, nel suo animo e nella sua esperienza; con il proprio occhio guarda se stesso e gli altri: se imparziale e assennato forse riuscirà a scorgere un barlume del Vero, ma per lo più il suo vedere sarà appannato da condizionamenti infantili, da reazioni a ciò che gli fu imposto, da bieche credenze superstiziose.
E in base a quanto gli è stato versato sopra, come una spessa e densa glassa, allora crederà che la sua visione è l'unica possibile, l'unica giusta, la sola realtà.
Ed invero è così, per lui: finché non saprà allontanarsi da sé, da quel che è diventato, per lui non esiste altro che il suo sentire, e si farà alfiere della propria crociata santa, baluardo dell'unico mondo che percepisce, inquisitore di chi sente, vede, pensa diversamente.
Anch'io certamente porto le mie cataratte, e ce ne sono alcune che di sicuro non scorgo, talmente mie, così incistate da appartenermi intimamente, come parassiti obbligati che alla fin fine mi giovano.
Chi siamo davvero? Quel che potevamo diventare privi di sovrastrutture esogene? C'è qualcuno che davvero può dirsi scevro dai condizionamenti esterni? Oh sì, qualcuno c'è, ma non sono belle persone e per lo più vengono rinchiusi in carceri o case di cura, perché la comunicazione vicendevole con il mondo è fondamentale per l'uomo sociale, per la vita civile e per l'evoluzione umana.
E allora cos'è questo tendere al nirvana, questo volersi sciogliere dalle catene di ciò che ci rende in effetti noi, unici e irripetibili?
Voler cambiare il modo di sentire, di vedere, di amare, è davvero giusto? E tutto questo solamente perché soffriamo? Certamente la spinta è quella: non consco chi vorrebbe mai cambiare uno stato di assoluto benessere...
Cosa c'è di sbagliato nel provare dolore? Non sarà poi più gradevole il suo cessare? E in questo modo non verranno percepite ancor meglio le sensazioni piacevoli?
Poffarbacco, la filosofia orientale allora potrebbe perfino non essere una fola completa: la teoria degli opposti, il bianco e il nero, lo Ying e lo Yang hanno una loro valenza concreta. Solo mediante le sofferenze riusciremo ad apprezzare la gioia; prima lo impariamo (e cerchiamo di mostrarlo a coloro che sono privi d'esperienza del mondo, come i cuccioli d'uomo) e più intensamente e compiutamente avanzeremo su quella giostra impazzita che è l'esistenza.

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