Autore Topic: Lazzaretto  (Letto 1328 volte)

Doxa

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Lazzaretto
« il: Marzo 30, 2020, 09:27:28 »
Per emarginare il post del "killer anger" scrivo questo post culturale

Il Lazzaretto di Milano venne costruito tra la fine del ‘400 e l'inizio del ‘500 fuori da Porta Orientale, come ricovero per i malati durante le epidemie.
Era costruito a forma di quadrilatero lungo 378 metri e largo 370 e occupava un'area delimitata dalle odierne via San Gregorio, via Lazzaretto, viale Vittorio Veneto e corso Buenos Aires.


Il lazzaretto negli anni 1880, attraversato dalla ferrovia

Alessandro Manzoni “I promessi sposi”, capitolo XXXV):

“S'immagini il lettore il recinto del lazzeretto, popolato di sedici mila appestati; quello spazio tutt'ingombro, dove di capanne e di baracche, dove di carri, dove di gente; quelle due interminate fughe di portici, a destra e a sinistra, piene, gremite di languenti o di cadaveri confusi, sopra sacconi, o sulla paglia; [...] e qua e là, un andare e venire, un fermarsi, un correre, un chinarsi, un alzarsi, di convalescenti, di frenetici, di serventi”.

La storia raccontata dalla parola lazzaretto

Lorenzo Tomasin: "Non la chiamiamo più peste, forse perché il termine oggi tecnicamente più appropriato pandemia ce la fa apparire devastante, sì, ma anche più razionalmente descrivibile, riconducibile - con quel tipico grecismo - a una controllabile patologia.

E non parliamo più di lazzaretti: «non abbiamo voluto creare un lazzaretto», ha detto qualche giorno fa un consulente della Regione Lombardia, chiarendo: «non abbiamo voluto creare capannoni con brandine per mettere lì chi non aveva più speranza».

Tanto può, nell'immaginario generale, il topos romanzesco del lazzaretto come luogo caotico della incurabile disperazione. È un altro nome da non evocare, un' altra parola da evitare, in italiano almeno, perché ormai carica di un' inguaribile negatività. Ai lombardi di oggi, il nome ricorda il lazzeretto milanese descritto dal Manzoni dei Promessi sposi: luogo sciagurato in cui le duecento e ottantotto stanze previste «o giù di là» erano state stipate con diecimila accattoni raccolti spesso a forza dagli angoli delle strade.

A dire il vero, il nome lazzaretto (oggi definitivamente impostosi in una forma diversa da quella toscaneggiante preferita da Manzoni) non viene dalla Milano di Renzo e fra' Cristoforo, bensì da una Venezia più antica, in cui i Lazzaretti - ce ne sono due: il Vecchio e il Nuovo - erano luoghi più ordinati ed efficienti.

La storia dei lazzaretti inizia su un' isola della Laguna posta di fronte al Lido, sede dal tardo Medioevo di un monastero dedicato a Santa Maria di Nazareth, detto appunto popolarmente nazaret(o). Nella prima metà del Quattrocento il luogo fu scelto come ricovero per i malati, e qualche decennio più tardi un' altra isola poco lontana - che ospitava la vigna dei Benedettini di San Giorgio: oggi Lazzaretto nuovo - fu destinata alla pratica della contumacia per merci e marinai sani provenienti da porti infetti. È quella che chiamiamo oggi quarantena, termine quest' ultimo di origine religiosa (in origine indicava periodi di penitenza e preghiera) che però qui non era usato, sebbene oggi molti lo ritengano di origine veneziana: nel senso di 'isolamento sanitario' pare lo si sia introdotto per la prima volta in Lombardia, durante la cosiddetta peste di San Carlo (1566-1567: lo usa anche Torquato Tasso in una sua lettera di quegli anni).

La denominazione dell' isoletta lagunare oscillava dunque tra nazareto e lazareto, e quest' ultima forma era certo influenzata dal nome del Lazzaro lebbroso menzionato nel Vangelo (per cui termini simili riferiti a persone indicavano già in generale i malati, i derelitti, gli emarginati: si pensi al fortunato lazzarone, di origine meridionale), oltre che dalla vicinanza di un' altra isola, dedicata appunto a San Lazzaro (oggi degli Armeni) e adibita da tempo ad analoghe funzioni. Nei decreti della Serenissima emanati durante il Quattrocento per fronteggiare le pestilenze si può osservare quasi in diretta l' evoluzione dell' uso dal Nazareth ancora impiegato nelle prime leggi in materia al Lazzareto invalso verso la fine del secolo.

La parola veneziana vagò per l' Europa, andando a indicare in alcune lingue il ricovero per gli ammalati, senza un necessario nesso né con le pratiche di contumacia, né con le pestilenze: per questa via, ancora oggi in alcune lingue la parola corrispondente a 'lazzaretto' indica semplicemente l' ospedale, come càpita nei Paesi scandinavi: in svedese e norvegese, lasarett, in danese lazarett, che (come in tedesco e in inglese) è l' ospedale da campo, ciò che fa supporre una circolazione del termine in ambiente militare, lontano dalle pagine della letteratura. (Il Sole 24 Ore, 29 – 3 - 2020)
« Ultima modifica: Marzo 30, 2020, 09:29:38 da dottorstranamore »

nihil

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Re:Lazzaretto
« Risposta #1 il: Marzo 30, 2020, 10:20:10 »
interessantissimo. Io credo che la parola lazzaretto derivi da Lazzaro, il risorto. E' un sintomo di speranza. E allora speriamo.

Doxa

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Re:Lazzaretto
« Risposta #2 il: Maggio 01, 2020, 19:51:57 »
https://www.bing.com/videos/search?q=angelo+branduardi%2c+canzone%3a++Ballo+In+Fa+Diesis+Minore&docid=608007097717558885&mid=CCAE642AD803BF26578CCCAE642AD803BF26578C&view=detail&FORM=VIRE

cliccare sul link per ascoltare la canzone di Angelo Branduardi


 Pieter Bruegel il Vecchio: “Trionfo della morte”, olio su tavola, 1562 circa, Museo del Prado, Madrid.

In basso a sinistra, in terra c’è un re morente con la corona sul capo, il mantello purpureo, mentre uno scheletro  gli mostra la clessidra, simbolo della fine del suo tempo; con la mano sinistra il sovrano indica uno scheletro con l'armatura che affonda le mani in barili pieni di monete, inutilmente accumulati. Dietro di lui passa il carro della morte, carico di teschi, guidato da uno scheletro che suona  la ghironda , un altro scheletro è sul magro cavallo, vicino c’è  un corvide. Sotto il carro alcune persone cercano vanamente di nascondersi per trovare scampo.





mr.blue

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Re:Lazzaretto
« Risposta #3 il: Maggio 02, 2020, 15:19:13 »
Beh direi che il tema è contemporaneo.  :)