Autore Topic: C'è un'Italia che vuole sognare. http://espresso.repubblica.it/dettaglio/ce-unit  (Letto 270 volte)

Faber

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Questa mattina, scorrendo la stampa digitale sul mio pc, come faccio abitualmente da due anni a questa parte, mi è capitato di "incrociarmi" con le riflessioni di Roberto Saviano, che scrive e pubblica per L'ESPRESSO.
Condivido la sua analisi e, insieme, la sua riflessione: "C'è un'Italia che vuole sognare". Gli italiani, ma certamente anche gli altri cittadini europei soprattutto quelli più poveri, hanno voglia e bisogno di sognare.
Sognare un sistema politico più giusto, una società più giusta quindi più aperta e democratica, quando non anche garantista e attenta ai bisogni dei più poveri. Una società che investe sulla ricerca, ma al tempo stesso aiuta la "Famiglia" a crescere, pensando alle donne lavoratrici. Una società che crea le migliori condizioni per la salute mentale e fisica dei bambini e una società che non propone la violenza e i falsi valori nelle arti più rappresentative.
Siamo assai lontani dalla società "giusta e democratica" che immaginavano i filosofi greci, a cominciare da Socrate.
Si, è vero, siamo ancora lontani da tutto questo, pur tuttavia c'è una parte di noi che rifiuta anche solo l'idea della sconfitta e della resa. Anch'io, come Saviano, incrocio tutti i giorni gli sguardi delle persone che anelano ad una società più giusta e democratica. Anche mentre svolgo il mio servizio, quando qualcuno viene da me per cercare aiuto e conforto, non solo nelle parole...

Anch'io, come Saviano, penso e credo che gli italiani, come tutti nel mondo, attendono speranzosi che si realizzi il loro, il nostro sogno. Ma l'Alba del nuovo giorno ci condurrà ad una Vita nuova e, finalmente, serena.
Ma, nel frattempo, non dobbiamo smettere di sperare e di sognare, poiché non è vero che "niente può cambiare".
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/ce-unitalia-che-vuole-sognare/2206206
"Tutte le anime sono immortali. Ma le anime dei giusti sono immortali e divine" Socrate

L'uomo non può creare nessuna opera che sopravviva ad un libro