Autore Topic: Il pericolo shutdown negli Stati Uniti e la “Obamacare”  (Letto 425 volte)

Faber

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Gli Stati Uniti, come ben si sa, hanno un Presidente (eletto direttamente dal popolo sovrano), il quale esercita le stesse funzioni rispettivamente del nostro Presidente del Consiglio e del Capo dello Stato.
Un bel giorno, Mr.Obama decide che è giunta l’ora di mostrare i muscoli nei confronti di un avversario che vuole continuare ad imporre un sistema che non aiuta i concittadini più poveri a curarsi.
Di cosa si tratta? Da una parte ci sono i repubblicani che, forti del loro numero nella House of Representative (la camera “bassa”) non ne vogliono saper nulla di approvare la proposta del Presidente Obama di estendere a tutti i cittadini americani (soprattutto quelli più poveri) una sorta di assicurazione sulla sanità, che naturalmente avrebbe un costo notevole, il quale dovrebbe essere sostenuto dal bilancio federale. In buona sostanza, dicono i repubblicani, si ravvisano ben due ragioni che si frappongono: una di principio e l’altra di sostanza. Orbene, quella di principio sarebbe quella del governo che non deve interferire con la sfera delle scelte personali; quella di sostanza sarebbe che la riforma di Obama aumenterebbe il costo del lavoro, danneggiando l’economia.
Al contrario, i democratici del Senato (la camera “alta”) affermano che esistono, invece, ben due ragioni per votare la riforma della sanità voluta dal Presidente Obama: una di principio e l’altra di sostanza!
Vediamo, la ragione di principio secondo la quale tutti i cittadini hanno il diritto alla salute e quella di sostanza è che la riforma metterebbe in atto un meccanismo virtuoso il quale migliorerebbe il risultato economico della sanità, poiché ridurrebbe in modo considerevole il potere delle assicurazioni private, stimolando viepiù la competizione tra organizzazioni sanitarie.
Da qui lo scontro fra i due rami del Parlamento americano, in buona sostanza tra chi sostiene che il benessere dei cittadini passa anche dal concetto che il bilancio federale può e deve essere appesantito da quei costi “sociali” che assicurano un livello di vita dignitoso per tutti, e tra chi, invece, sostiene il contrario, ovvero che il bilancio deve rispettare rigorosamente i parametri di stabilità proprio ben garantire la governabilità ed il benessere di tutti.
Strano, no? Due modi diametralmente opposti di volere (a parole) il benessere dei cittadini.
Ma, la questione vera stavolta è che il Presidente Obama non ci sta, e pur rischiando di fatto lo “shutdown”, l’ultimo risale al 1995 che durò ben 21 giorni con un costo di almeno 20 milioni di dollari, ha preferito proseguire dritto per la sua strada, convinto com’è che questa è una battaglia per l’affermazione della civiltà e dei diritti dell’uomo. Soprattutto di quello più povero.
Ma cosa sta accadendo, ora, negli Stati Uniti? Semplice, nella speranza che nel frattempo si raggiunga un accordo onde consentire il licenziamento della Legge federale di bilancio, negli USA la legge entra in vigore il 1° ottobre e scade il 30 settembre dell’anno successivo, ben 800 mila impiegati statali (meglio dire federali) sono stati sospesi dal lavoro. Ciò che, comunque, continua a funzionare sono  i dipendenti delle Forze armate (circa 1 milione e mezzo) quelli dei servizi postali. Il resto dei dipendenti federali come ad esempio quelli che si occupano di musei e parchi hanno dovuto incrociare le braccia. Tuttavia gli stipendi, per ora e con qualche ritardo, sono assicurati. Purchè non si giunga al “default del sistema federale”, che accadrà inesorabilmente se la legge federale di bilancio non verrà promulgata nei prossimi giorni.
Per questa ragione sostanziale, il Presidente Obama ha accettato di sedersi attorno al tavolo per trovare un accordo con i repubblicani, nell’attesa di ripresentare la sua riforma della sanità il prossimo anno, nella forma completa, non accontentandosi di quella parziale che, sicuramente, verrà votata a giorni dai due rami del parlamento, al solo scopo di non precipitare gli USA nel baratro del default finanziario ed economico.
Mario Draghi, Presidente della Banca Centrale europea, ha commentato di recente la questione c.d. dell’Obamacare affermando che sicuramente la crisi del sistema americano non può non incidere pesantemente sull’economia europea, proprio ora che si stanno cogliendo i primi frutti della politica comune del governo europeo, volta alla stabilità di bilancio e, nel contempo, al rilancio dell’economia e al sostegno della imprenditorialità.
Tutto questo accade lontano, oltre oceano. Una lontananza, questa,  non solo fisica ma soprattutto ideologica.
In Italia, chi si batte più per una maggiore efficienza della sanità o, più in generale, dei servizi pubblici? Chi si preoccupa di garantire a tutti una livello di vita più dignitoso, a fronte di milioni di disoccupati o pensionati ridotti alla fame?
Nel bel “Bel Paese” non si assiste quasi più alle lotte ideologiche e di principio, ma solo ai tatticismi politici, per la risoluzione delle beghe di partito. Tranne nei periodo pre-elettorali, quando tutti sono bravi a tirar fuori dal cilindro idee, principi e soluzioni. Si, ma per chi?
"Tutte le anime sono immortali. Ma le anime dei giusti sono immortali e divine" Socrate

L'uomo non può creare nessuna opera che sopravviva ad un libro