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Rainbow

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Doxa:
Arcobaleno e pittura


 

Marc Chagall: “Noè e l’arcobaleno”, 1961 – 1966, olio su tela, Musée National Message Biblique Marc Chagall, Nizza.

Il pittore d’origine russa naturalizzato francese Marc Chagall, in questa complessa raffigurazione rappresenta alcuni animali e dei personaggi biblici.

L’arcobaleno lo ha dipinto di bianco (con alcune piccole macchie di altri colori) per simboleggiare la luce divina.

Sopra l’arco, al centro, c’è un angelo alato ma il viso è barbuto e rappresenta Dio.

L’arcobaleno simbolicamente unisce due gruppi di persone che sono alle sue estremità.

Noé è in primo piano in basso a destra, sdraiato in terra, si sorregge la testa con la mano sinistra, il braccio destro adagiato sul corpo.


Doxa:
Arcobaleno e poesia

Dello scrittore sudafricano Richard Moore Rive : “Dove termina l’arcobaleno”

“Deve esserci un luogo, fratello,
Dove si potrà cantare ogni genere di canzoni,
E noi canteremo insieme, fratello,
Tu ed io, anche se tu sei bianco, e io non lo sono,
Sarà una canzone triste, fratello,
Perché non sappiamo come fa,
Ed è difficile da imparare,
Ma possiamo riuscirci, fratello, tu ed io.

Non esiste una canzone nera.
Non esiste una canzone bianca.
Esiste solo musica, fratello,
Ed è musica quella che canteremo
Dove termina l’arcobaleno”.


Del pedagogista e poeta italiano Gianni Rodari: “Arcobaleno”

“Dopo la pioggia viene il sereno,
brilla in cielo l’arcobaleno:
è come un ponte imbandierato
e il sole vi passa, festeggiato.

È bello guardare a naso in su
le sue bandiere rosse e blu.
Però lo si vede, questo è il male,
soltanto dopo il temporale.

Non sarebbe più conveniente
il temporale non farlo per niente?
Un arcobaleno senza tempesta,
questa sì che sarebbe una festa.

Sarebbe una festa per tutta la terra
fare la pace prima della guerra”.


Dallo scrittore inglese William Wordsworth la sua poesia titolata “Arcobaleno”

“Il mio cuore esulta al cospetto
dell’arcobaleno nascente:
come nel venire al mondo;
come nel sapersi uomo;
Così, nello scoprirsi vecchio,
o mi sia data la morte!

Il Bambino è padre dell’Uomo
e siano i miei giorni
l’uno all’altro stretti
dal sentimento della natura”.

Doxa:
Nel post n. 4 ho scritto 
--- Citazione ---“L'Iris è un bel fiore, che gli antichi Greci usavano piantare vicino le tombe perché l'omonima dea dell'Olimpo era connessa anche con la morte. Accompagnava le anime delle donne defunte  nel regno dei morti. Infatti fu lei a prendere l'anima della regina Didone di Cartagine, suicida per amore di Enea che l'aveva abbandonata, come racconta Virgilio nell'Eneide (versi 688-705).
--- Termina citazione ---

Di solito il suicidio causato dall’amore non corrisposto avviene nell’età adolescenziale.

Poi l’individuo matura, entro di sé riesce a creare la “corazza psicologica” ed affronta altre relazioni di coppia, altre delusioni, abbandoni, periodi di lutto psicologico, successivamente si apre di nuovo alla vita e a nuovi amori, senza pensare al suicidio.

Il mito e l’antica letteratura greca narrano che la fenicia Didone o Elissa (altro nome di quella sovrana) non era una pùbere quando incontrò il troiano, Enea, degno figlio di Troia.  :)

Prima di diventare regina di Cartagine (fondata secondo il mito nell’814 a. C.) era stata regina di Tiro (città nell’attuale Libano) ed aveva un marito, di nome Sicheo.

ll fratello di Elissa, Pigmalione, desideroso del trono di Tiro, fece uccidere Sicheo e prese il potere.

La donna, con altri fuggiaschi, dopo varie peripezie sulle coste del Nord Africa, dal re dei Getuli (popolo nomade nell’antica Libia), di nome Jarba o Giarba, ebbe il permesso di insediarsi nel territorio dove fondò la città di Cartagine.

Durante la propria vedovanza, Didone venne insistentemente richiesta in moglie da alcuni capi tribù della Numidia, ma scelse di sposare in seconde nozze Barca, uno dei suoi seguaci fuggiti con lei da Tiro.

Dopo aver finto di accettare le nozze, Didone si uccise con una spada, invocando il nome di Sicheo, il suo primo marito.

La mitologia riguardante Didone venne rielaborata da alcuni storiografi romani per dare la giustificazione all’origine delle guerre tra Roma e Cartagine. Successivamente il poeta Virgilio scrisse la sua versione del mito, diventato celebre nei secoli.

Nella versione virgiliana, Cupido, istigato da Venere, fa nascere l’amore tra Didone ed Enea, giunto naufrago a Cartagine con i suoi seguaci (I e IV libro dell'Eneide).

“Improbe amor, quid non mortalia pectora cogis! (= Amore ingiusto, a cosa non spingi i cuori dei mortali !)

(Virgilio, Eneide, IV, 412). Questo verso riassume il dramma raccontato nel IV libro dell’Eneide, che narra la triste vicenda dell’amore della regina Didone per Enea.


 Enea e Didone, affresco nella “Casa del citarista”, Pompei, III stile: 10 a. C. – 45 d. C..

Dopo un po’ di tempo il fato volle l’interruzione di quel rapporto d’amore.

Giove, tramite Mercurio, impose all’eroe troiano la partenza da Cartagine per giungere con i suoi compagni sulla costa laziale.

Enea lascia Didone. Lei prima lo supplica, poi lo maledice ed infine, disperata, si trafigge con la spada che l’eroe troiano le aveva donato e si getta nel fuoco di una pira sacrificale, questa la versione dell’Eneide virgiliana.

mr.blue:
Doxa, i tuoi scritti, denotano un'immensa cultura.

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