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Tempo di Carnevale

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Doxa:
 :rose: :rose:Alcuni anni fa in altro topic ho discettato sul Carnevale. Non so dov'è quel thread, perciò comincio questo  :happy:

Oggi vi voglio raccontare un po’ di storia del Carnevale di Venezia. Il primo documento che lo cita come usanza è dell’anno 1094, firmato dal doge Vitale Falier. Ma fu un editto del 1296 del Senato della “Serenissima” ad istituirlo come festa pubblica autorizzata.

Dopo circa 700 anni, nel 1797, a seguito del “Trattato di Campoformio”, Venezia venne ceduta all’Austria, che bandì molte usanze, fra le quali il Carnevale. Questo fu ricominciato nel 1979 da alcune associazioni cittadine ed è ormai famoso in tutto il mondo.

Il travestimento tipico veneziano,  che risale al '700, veniva indossato sia dagli uomini che dalle donne: si compone di tre elementi: una particolare maschera bianca denominata  baùta (si pronuncia con l’accento sulla ù),  il tricorno di colore nero  (= cappello a tre punte), il mantello nero, detto anche tabarro o jabod.


La baùta,  di colore bianco, è la maschera  tradizionale del Carnevale veneziano.

La conformazione della maschera permette anche di bere e mangiare senza  doverla togliere e mantenere l’anonimato.

Nel passato il carnevale veneziano  attirava chiunque avesse denari da spendere e voglia di vivere situazioni fuori dall’ordinario. Non solo nelle feste dei palazzi ma anche nelle sale da gioco.  La più antica, gestita dallo Stato, era quella nel Palazzo Dandolo. Ricchi giocatori, non solo veneziani ma anche  stranieri,  spendevano molti soldi nei tavoli da gioco proprio perché si sentivano tutelati dall’anonimato della maschera, che era obbligatoria.

La baùta veniva indossata da ricchi e poveri, uomini e donne, aristocratici, borghesi e religiosi, che si confondevano celando la propria identità.

Immaginate  la scena: individui avvolti dal tabarro, il viso nascosto dalla maschera, sul capo il tricorno. Camminano tra le calli avvolte nella nebbia ed entrano in un palazzo illuminato dalle candele. Si levano il mantello svelando qualcosa di sé dagli abiti che indossano e dalla forma del corpo che si intuisce sotto i vestiti.

Si scrutano a vicenda attraverso le fessure della maschera cercando di indovinare la persona che si cela.
 
Solo il Carnevale consentiva di vivere situazioni come queste, irresistibili agli occhi dei visitatori stranieri. Il fascino della città sospesa tra terra e acqua unita alla trasgressione resa possibile dall’anonimato. 

Le donne come maschera per il viso anziché la bianca baùta usavano la “moreta” (o moretta) cosiddetta perché di colore nero.   

Ci sono numerosi  dipinti a Venezia che testimoniano l’utilizzo di questi indumenti. Appaiono, in particolare nelle opere pittoriche di Pietro Longhi e Francesco Guardi.  Ne posterò alcune.

mr.blue:
Molto interessante Doxa.

Doxa:
Buongiorno Nina,  stamane  di Venezia ti offro la veduta della Ca’ Rezzonico.


 
L’edificio prospetta sul  Canal Grande. Fu progettato da Baldassarre Longhena su incarico della nobile famiglia Bon. Il cantiere venne aperto nel 1667 ma per difficoltà economiche dei committenti la costruzione venne  lasciata incompiuta.

Nel 1751 Giambattista Rezzonico l’acquistò e lo fece completare. Il cantiere chiuse nel 1758.

Lo so, la tua curiosità ti motiva a chiedermi chi erano i Rezzonico, ed io brevemente ti dico che un primo  Rezzonico documentato a  Venezia si chiamava Aurelio, ed era l'anno del Signore 1638. Era, originario della provincia di Como e dedito all’attività finanziaria e al commercio.  Era un discendete dei conti Della Torre di Rezzonico, da cui il cognome.


 
Castello di Rezzonico, costruito nel 1363 dal feudatario Della Torre, poi Della Torre-Rezzonico.
Il maniero è situato nella sponda nord-occidentale del Lago di Como.

Dal 1687 il ramo veneziano dei Rezzonico entrò a far  parte del patriziato della città lagunare. Di questa famiglia faceva parte Carlo Rezzonico (1693 – 1769), che il 6 luglio 1758 fu eletto al soglio pontificio col nome di  Clemente XIII.

Ora Nina virtualmente saliamo lo scalone d’onore per poi entrare in quel che fu il bel salone da ballo, ancor oggi ornato con gli affreschi e i lampadari di Murano.



Nei tre piani dell’edificio si dipana il Museo del Settecento Veneziano. Possiamo ammirare i mobili, le porcellane i lampadari, ecc., ma in particolare i capolavori di Giambattista e Giandomenico Tiepolo. Nella collezione di quadri ci sono i dipinti dedicati a Venezia da Guardi, Canaletto e Longhi.

Nel prossimo post  ti offro la foto di un dipinto di Francesco Guardi riguardante il Carnevale di Venezia.

segue

Doxa:

Francesco Guardi, Il Ridotto, olio su tela, 1746 - 1750, Museo del Settecento Veneziano,  Ca’ Rezzonico, Venezia

(purtroppo l'immagine è parziale, cliccare sulla foto  per  averne il link e vederla intera)

Non sono riuscito a trovare un'altra foto con meno pixel.

[mister, come in altri forum ci sarebbe bisogno di far entrare tutta l'immagine anziché far "straripare" una parte. Grazie dell'attenzione]


In questo dipinto è raffigurata la sala grande del Ridotto. Si vedono anche altre sale più piccole con i giocatori.

Il “Ridotto” era la sala da gioco nel  Palazzo Dandolo a San Moisé. Era frequentato anche da Giacomo Casanova.
Veniva aperto in occasione del lungo periodo di Carnevale veneziano, che  nel ‘700 si dilungava dal 26 dicembre al mercoledì delle Ceneri. 

Poiché il gioco d’azzardo era per legge illegale, il Ridotto di San Moisè, aperto nel 1638, era l’unico ad essere considerato legittimo, ed era gestito dallo Stato: la Repubblica di Venezia.

I frequentatori erano obbligati ad indossare la maschera, di solito la baùta: bianca per gli uomini, nera per le donne. Erano esclusi dall’obbligo i nobili addetti ai banchi di gioco (i croupiers) che dovevano indossare la parrucca e la toga nera;  venivano stipendiati dal governo.  Erano nobili impoveriti,  appartenenti alle famiglie meno ricche;  venivano denominati  “Barnabotti”, nome che deriva dalla parrocchia di San Barnaba.

Questa casa da gioco  accoglieva  veneziani e stranieri, nobili e gente comune, ricchi e poveri.  Fu quindi quasi naturale che in tale ambiente iniziassero a diffondersi attività come la prostituzione e l’usura.  La presenza continua nelle sale di usurai e meretrici, il problema della dissipazione dei capitali con il gioco d’azzardo, gli oscuri rapporti d’affari tra gli usurai e i Barnabotti, motivarono la magistratura più temibile della Serenissima, il Consiglio dei X,  a decretare la chiusura  di questo Ridotto nel 1774.


Ed ora passiamo all’immagine.

E’ evidente la promiscuità degli strati sociali osservando i loro vestiti.

A destra,  c’è una donna che indossa un abito bianco  tiene in mano un fuso e una conocchia  (attributo distintivo delle prostitute) vicina ad un Barnabotto che sembra dare  ad un uomo una chiave, presa dal mazzo di chiavi: un fatto di facile interpretazione.

Sull’estrema sinistra  un altro Barnabotto è intento a prestare denari ad un nobiluomo mascherato.

Un bambino gioca con il cagnolino.

p. s. La sorella di Francesco Guardi,  Maria Cecilia, nel 1719 si unì in matrimonio col famoso pittore Giovan Battista Tiepolo.

Doxa:
Concludo  questo thread con due dipinti del pittore veneziano Pietro Longhi (1702 - 1785), custoditi a Venezia nella pinacoteca della Fondazione Querini-Stampalia,  nell’omonimo palazzo del XVI secolo.


Venezia: Palazzo Querini Stampalia



Palazzo Querini-Stampalia, una veduta d’interno



Pietro Longhi, Il Ridotto, olio su tela, 1750 circa, Pinacoteca Querini-Stampalia, Venezia

Questa composizione fu ispirata al Longhi  da un precedente dipinto realizzato da Francesco Guardi, custodito alla Ca’ Rezzonico (vedi precedente post).
La scena si svolge nel salone centrale del Ridotto di Palazzo Dandolo a San Moisé.
La scena del "Ridotto" occupò la fantasia del Longhi in numerose versioni. 



Pietro Longhi, il Ridotto di Ca' Giustinian, olio su tela, 1750 circa, pinacoteca Querini-Stampalia
Una copia è a Bergamo all'Accademia Carrara









 

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