Autore Topic: Gino faceva il ferroviere  (Letto 1688 volte)

marisa alberti

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Gino faceva il ferroviere
« il: Novembre 05, 2012, 18:56:53 »
Gino lavorava nelle ferrovie dello stato.
Di notte, quando i treni, restavano in sosta sugli unici tre binari, della piccola stazione di Borgovecchio, puliva vagoni impregnati di fumo di sigaretta e puzza di urina. Che ci fosse pioggia, neve o vento a intirizzirgli le mani e a penetrargli nelle ossa, non aveva nessuna importanza. Il turno andava dalle undici di sera fino alle quattro del mattino e mai una volta si era dato malato.
Era già una benedizione poter lavorare, e Gino, risucchiato nella sua tuta cerata, non aveva né tempo, né bisogno di lamentarsi. Ogni tanto, le mani ben salde sulla scopa di saggina, si fermava a imprecare contro qualche santo che non conosceva, così era certo di non tirarsi dietro le maledizioni di nessuno.
 Se il freddo era proprio insopportabile si consolava pensando ai turni estivi. In quei cinque mesi la brezza marina entrava nelle cabine arroventate dal sole e portava altrove l’odore pregnante dei sedili e quello di petrolio delle traverse di legno. Allora, gli piaceva affacciarsi ai finestrini del treno, guardare ora il cielo, ora il mare, quelle due grandi distese blu notte che sembravano sovrapporsi. Quando la luna lasciava l’acqua per accoppiarsi al cielo, fissava il cono di luce che l’accompagnava, con la stessa curiosità di quando era bambino, con lo stesso desiderio, invecchiato con lui, di potersene andare. Partire  su una di quelle navi, che raramente passavano al largo, seppur non sapesse chiaramente verso dove. L’importante era allontanarsi da questo posto di vecchi pescatori e femmine sempre curve per il peso di un figlio che non sarebbe stato l’ultimo.
Eppure, a Gino, piaceva il suo paese, arrampicato sulla scogliera a strapiombo sul mare. Lunghi budelli di case, dalle pareti scrostate, a cui nessuno sembrava fare più caso, divise da un centinaio di vicoli, qualcuno largo appena da far passare due persone insieme. E gli piaceva l’odore di aglio fritto e di pesce che arrivava dalle finestre aperte, così come le voci, dai toni per lo più alti che rimbalzavano  come echi nella casa di fronte per disperdersi poi in fondo al vicolo, dove entrava prepotente l’aria del mare.
 La sua casa, alta e stretta, come tutte le altre, era in fondo a vicolo S. Teresa, dalla parte della collina. Da lì il mare si sentiva soltanto nelle giornate di burrasca, quando fermava la sua corsa sbattendo contro gli scogli. Pochi attimi di silenzio poi di nuovo lo stesso schiaffeggiare violento.
 Era sposato con Antonia, una donna minuta, ma avvezza alla fatica, che riparava le reti dei pescatori. La paga di un operaio delle ferrovie non era un granché  e quel figlio, che per la certezza del lavoro sicuro a vent’anni se ne era andato in Germania, aveva bisogno di essere aiutato. Ogni mese Gino andava all’ufficio postale, una piccolo buco lungo e buio, attaccato alla biglietteria del porticciolo, per inviargli un vaglia di duecento euro.
Era partito ormai da tre anni e solo tre o quattro volte si era degnato di scrivere due righe di ringraziamento, e di far sapere come se la passava. Avrebbe potuto fare di più, non fosse altro che per quella poveretta di sua madre, che ogni giorno , dopo aver sperato che il postino bussasse alla loro porta, prendeva in mano il rosario e, tra una litania e l’altra, alzava la testa, e cercava nel marito una qualche risposta.
-Mi basterebbe sapere solo che sta bene-, poi tornava a biascicare le sue preghiere. Gino avrebbe voluto consolarla ma, per quanto si sforzasse, non riusciva mai a trovare le parole. Forse perché quel figlio aveva fatto ciò di cui lui non ne aveva mai avuto il coraggio: allontanarsi il più possibile da questo paese di mani screpolate dall’acqua salata e di femmine già vecchie a trent’anni.
Guardò per un momento, quella femmina con cui da tanto ormai divideva il letto, il pane e le burrasche e non poté fare a meno di confrontarla con la foto patinata di una del cinema, attaccato su uno sportello dell’armadio, nella rimessa degli attrezzi. - Un paragone dei più stupidi-, pensò. Come se non sapesse anche lui quanti solchi è capace di scavare la fatica e il dover tirare avanti sempre e comunque. La partenza dell’unico figlio, in mezzo a chi non ne contava meno di tre o quattro, aveva reso la pelle del suo viso ancora più grigia e levato dagli occhi neri e penetranti, quelle pagliuzze di luce che li rendevano vivi.
Il tempo, alle ragazze del paese, toglieva presto la pelle levigata e i sorrisi di speranza per lasciare sempre più spazio a corpi sformati e a facce dallo sguardo rassegnato di chi sa bene come sarà il giorno a venire e quello a seguire.
Così era stato anche per Antonia. 
Gino, l’uomo a cui un giorno si era promessa sposa, forse per amore, o forse perché  così si doveva, per non correre il rischio di ritrovarsi zitella, era diventato con gli anni solo il marito a cui doveva preparare i pasti, lavare le tute da lavoro e con cui, ogni tanto, bisognava sbrigare quei doveri di moglie che la facevano arrossire di vergogna. Tutto l’amore, di cui era capace l’aveva da tempo riversato su quel figlio, il maschio, che un giorno le avrebbe riempito la casa di profumo di gioventù e di neonati. Dopo di lui non era sta in grado di averne altri e questo, che la faceva sentire arida e inferiore  di fronte alle altre donne del paese, le aveva però dato la possibilità di non dover dividere a pezzi il suo cuore.
Purtroppo in quella casa non era ancora entrato profumo di gioventù e di neonati.
Ora poi, la possibilità che questo potesse accadere si allontanava sempre di più.
Dall’estero, si tornava solo se arricchiti e verso i cinquant’anni, perché così era stato da sempre e per tutti.
Per quel tempo lei e Gino avrebbero vissuto da soli, nella casa in fondo a Vicolo S. Teresa, aspettando  che il postino, sbattesse il batacchio della loro porta per consegnare una lettera proveniente dalla Germania.

   
« Ultima modifica: Novembre 06, 2012, 15:24:23 da marisa alberti »

patriziagiangregorio

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Re:Gino faceva il ferroviere
« Risposta #1 il: Novembre 05, 2012, 19:36:48 »
Com'e' triste la vita a volte...
 :'(

piccolofi

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Re:Gino faceva il ferroviere
« Risposta #2 il: Novembre 05, 2012, 23:08:41 »

Ben scritto, un ambiente e una storia veri. Grazie per averceli raccontati.

nihil

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Re:Gino faceva il ferroviere
« Risposta #3 il: Novembre 06, 2012, 08:59:32 »
Una storia ferma nel tempo, che si ripete e si ripeterà in qualche angolo del mondo, perchè il mondo è uguale dappertutto, cambiano i nomi dei paesi, ma non la tristezza e la rassegnazione della gente è la stessa.

marisa alberti

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Re:Gino faceva il ferroviere
« Risposta #4 il: Novembre 06, 2012, 15:38:07 »
Mi piacerebbe, almeno una volta, riuscire a scrivere   racconti  "gioiosi" e non sempre storie tristi e lacrimevoli. Con rassegnazione, penso però, che scrivendo, si riesca a dar vita solo a personaggi che ci assoligliano.
E io mi riconosco solo nei "tristi", nei "rassegnati", nei "pessimisti" 
« Ultima modifica: Novembre 06, 2012, 17:35:31 da marisa alberti »

nihil

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Re:Gino faceva il ferroviere
« Risposta #5 il: Novembre 06, 2012, 17:02:58 »
accade anche a me, i primi tempi scrivevo pezzi umoristici, poi, piano piano, senza accorgermene, sono diventata melanconica. Non credo sia colpa nostra, ma piuttosto della società che ci circonda e che alla fine assorbiamo o che ci assorbe. Descriviamo la realtà. Speriamo in tempi migliori. ;)

marisa alberti

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Re:Gino faceva il ferroviere
« Risposta #6 il: Novembre 07, 2012, 16:04:44 »


Mucca Trombettista

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Re:Gino faceva il ferroviere

« Risposta #2 il: Novembre 05, 2012, 23:08:41 »

Citazione



Ben scritto, un ambiente e una storia veri. Grazie per averceli raccontati.

Sentirsi dire grazie per aver raccontato qualcosa e, lasciamelo dire, neanche tanto bene, scalda l'anima



D@ffy

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Re:Gino faceva il ferroviere
« Risposta #7 il: Novembre 09, 2012, 21:55:41 »
Questo racconto è meraviglioso! ma che dico meraviglioso: " bello "

''sii come una papera. Calma sulla superfice dell'acqua e, sotto, sempre con le zampe in movimento.

marisa alberti

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Re:Gino faceva il ferroviere
« Risposta #8 il: Novembre 10, 2012, 09:08:43 »
Grazie!

lascalanellacqua

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Re:Gino faceva il ferroviere
« Risposta #9 il: Novembre 10, 2012, 10:57:48 »
e' triste però.....
prova a prendere un taccuino ed andare in un parco, siediti su una panchina ...
mi raccomando al sole....e poi così piena di sole prova a vedere come ti riesce meglio scrivere cose belle...non tristi...
prova ....

piccolofi

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Re:Gino faceva il ferroviere
« Risposta #10 il: Gennaio 09, 2013, 23:30:44 »

Ribadisco : e' bello, molto umano, e si desidera continuare a leggere, cosa che non e' affatto di tutti.
Brava Marisa, tu sai cogliere l'intimita' e le sfumature.

marisa alberti

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Re:Gino faceva il ferroviere
« Risposta #11 il: Gennaio 10, 2013, 17:26:51 »
Cara Piccolofi sei davvero gentile!

piccolofi

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Re:Gino faceva il ferroviere
« Risposta #12 il: Gennaio 10, 2013, 18:00:20 »

  No, sono solo sincera e percio' devo dirlo che leggerti e' un piacere.
  Evviva l'umanita' vera, che tu hai e sai trasfondere in un racconto.
  Buon anno.

        Pf