Autore Topic: La camera  (Letto 1890 volte)

Rubio

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La camera
« il: Aprile 29, 2012, 12:22:29 »
La camera

     Girovagavo senza meta in quella città sconosciuta. Al crepuscolo che disegnava di tinte pastello ogni angolo, ogni scorcio, ogni dettaglio. Tra poco sarebbe arrivata la sera, e poi la notte, e l’istinto mi avrebbe guidato verso un rifugio sicuro: quella notte la mia camera d’albergo, anonima, vuota. Era spesso per me così, il mio lavoro mi conduceva ogni settimana in un posto diverso, belle cittadine, perlopiù medievali, dell’ovest francese, fino al confine con la Spagna, in cui è piacevole perdersi.
    Già m’immaginavo la scena che avevo visto mille volte e più e che sicuramente si sarebbe ripetuta uguale anche quella notte: i miei passi solitari, le luci gialle al sodio (che i sindaci di queste parti, o i loro architetti urbani, pensano ricreino l’atmosfera perduta) e, piano, uno alla volta, i piccoli camion lavastrade che invadono, come una divisione corrazzata, tutto lo spazio lasciando, dietro di sé, scie bagnate sull’acciottolato. Il messaggio è chiaro, che ci fai lì? perché non sei a casa? la notte è per noi, che vincendo i ritmi naturali lavoriamo a che voi domani possiate godere della nostra città, non per te, parte della parte attiva che vive di giorno e riposa di notte e non ci ostacola; che non impedisce l’efficacia del nostro sacrificio.
    Fuori posto e, soprattutto, l’unico ad esserlo. Nessuno in giro con cui condividere la trasgressione, una città di morti o, perlomeno, di dormienti, tutti rintanati nei loro loculi, a rinfrancarsi per le fatiche prossime. Nessuno. Non uno che torna dal turno, non una coppia che si è attardata a far l’amore, non una combriccola di scalmanati intenzionati a marinare la scuola l’indomani. Come è possibile che sempre resto solo poco dopo l’imbrunire? È la provincia che è riuscita, così, naturalmente, ad ottenere l’ordine che a comunità più complesse è precluso? Ogni volta non mi capacito anche, forse, perché la città io la vedo a quest’ora, poi, di giorno sono fuori, nelle campagne, con altri scenari, altri ritmi, altri odori.
   Qui nuoto contro corrente e, a rammentarmelo, è solo la mia solitudine e la coscienza di non essere in un villaggio abbandonato: le insegne dei negozi diffondono i loro messaggi accattivanti, così come i manifesti pubblicitari ordinatamente incollati nelle apposite bacheche e la targa del dentista che ricorda l’orario, dalle 9 alle 16 dei giorni feriali, per appuntamento, lasciano presagire che altri esseri popolino quei luoghi, che tra loro intessino relazioni, commerci, financo affetti.
    Ma si ricava da indizi, da presunzioni, non ne ho prove provate, non l’ho visto con i miei occhi, l’ho solo immaginato, l’ho dedotto. Un po’ poco. La sensazione di un inganno ordito a mio danno riposa in un angolo della mia mente e lavora, come un tarlo, a minare le mie certezze. Potrei, cioè, trovarmi su un set, ed ogni dettaglio essere lì posto da un regista, uno scenografo apposta per dare l’illusione.
    Ma poi faccio due calcoli e mi ritrovo razionale a convincermi che sarebbe assai improbabile che centinaia di persone avessero speso tante energie per illudermi: la gente ha altro da fare, pensa a sé, persegue i suoi fini e da me non ricaverebbe alcunché.
    È ben triste, allora, che questa non sia un’illusione, è la realtà, che sono solo in una città deserta, che con le sue strade vuote mi allontana e mi spinge verso la mia camera, anch’essa solitaria, ma chiusa ad ogni sguardo.
    Il portiere di notte accenna a un «buona notte» mentre mi porge la chiave con l’urgenza di ritrovare il suo riposo. Salgo quei gradini stancamente, insoddisfatto di ritrovarmi al sicuro, ma solo con me stesso.
    È troppo tardi per telefonare a qualcuno anche se avrei bisogno di una voce amica per lenire le mie ansie. Poi, in questi alberghetti del centro non c’è neanche la rete a darti l’illusione di essere cittadino del mondo. C’è la TV, magra consolazione. Passo da un canale all’altro con tedio e non mi risveglia neanche quel siparietto osè, anzi mi annoia come e più dell’altro.
    Avrei fatto meglio a camminare ancora? a non farmi ricacciare qui? non ho saputo resistere a sufficienza, non ho saputo bearmi di quanto di incomparabile c’è lì fuori, ho visto solo quello che manca, non ho goduto di quanto ci fosse. Ancora una volta il problema è in me, non ringrazio abbastanza per quanto ho e passo l’esistenza a misurare quanto mi manca.

presenza

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Re:La camera
« Risposta #1 il: Aprile 29, 2012, 12:53:58 »
L'amore vero non è una ricerca per cauterizzare l'isolamento. Il vero amore è trasformare l'isolamento in solitudine. Solitudine significa purezza, significa che sei solo te stesso e nessun altro, semplicemente te stesso, basti a te stesso.
Ci sono due tipi di amore: nel primo si tratta dell'amore che provi quando ti senti isolato, senti la necessità di andare verso l'altro. Nel secondo caso si tratta dell'amore che provi quando sei in solitudine. Nel primo caso andrai in cerca di qualcosa, nel secondo cercherai di dare qualcosa. E colui che dà è un imperatore.

Se l'altro è presente, ne puoi gioire; se non lo è, gioisci lo stesso. Per l'uomo che non è in grado di vivere con se stesso l'altro è un bisogno, un bisogno assoluto poiché, quando si trova da solo con se stesso si annoia: è così annoiato della propria presenza che vuole un qualsiasi impegno con qualcun altro. E poiché è un bisogno, diventa una dipendenza. Se un uomo e una donna sono annoiati da se stessi entrambi pensano che l'altro li aiuterà a liberarsi dalla noia. Certo, all'inizio sembrerà così. Mano a mano che la relazione si stabilizzerà, i due vedranno che la noia non è affatto stata distrutta.

Finché le cose scorrono è qualcosa di bello che condividete. E se vedete che  è venuto il momento di lasciarsi, poiché i vostri sentieri giungono a un crocevia e prendono strade diverse, vi salutate con profonda gratitudine per tutto ciò che avete rappresentato l'uno per l'altra, per tutte le gioie e i piaceri e tutti i bellissimi momenti che avete condiviso... e vi separate semplicemente, senza infelicità, senza dolore. Nessuno potrà garantire che due persone saranno felici di stare insieme per sempre, perché le persone cambiano. Si è simili ad un fiume, l'acqua scorre continuamente. Questo mondo è sconfinato: perché confinarlo a ciò che si prova oggi? Tenete le porte aperte, lasciate spazio a tutte le alternative.
Evitando le esperienze che la vita ti offre non crescerai mai. Devi accettare la sfida.
Quando cominci a donare amore con un profondo senso di gratitudine per tutti coloro che lo accettano, avrai una sorpresa: sarai diventato un imperatore, non sei più un mendicante che implora l'amore con una ciotola, bussando ad ogni porta. I mendicanti si chiedono amore l'un l'altro e provano rabbia e frustrazione, perché l'amore non arriva. Ma questo è inevitabile. L'amore è degli imperatori, e un uomo è un imperatore solo quando è così colmo d'amore da poterlo donare senza condizioni. E non c'è bisogno di dire una sola parola... può essere trasmesso nel silenzio più assoluto. Innanzitutto sii ricolmo di amore, poi la condivisione accadrà.
L'amore non conosce conclusioni: gli amanti finiscono, l'amore continua. Questa è la gioia dell'amore: l'esplorazione della consapevolezza. Entra in contatto con l'altro, relazionati con lui e così facendo non ti limiterai a vivere una relazione. 

Quando sei assolutamente felice nella tua solitudine, quando non hai affatto bisogno dell'altro, allora sei in grado di amare. Se hai bisogno dell'altro, puoi solo usare, manipolare e dominare; non puoi amare. Oggi l'altro sta con me, domani potrebbe non starci più. Chi può predire il prossimo istante? A causa di questa paura del futuro diventi molto possessivo. Ma l'amore è assenza di possessività e dona libertà. Questo è possibile solo se il tuo amore è basato sulla condivisione e non sul bisogno.

La prima cosa da comprendere, che tu lo voglia o no, è che sei solo. Puoi cercare di dimenticarla, puoi sforzarti di non essere solo stringendo amicizie, trovando amanti, mischiandoti nella folla... ma qualunque cosa tu faccia resta alla superficie. E l'uomo non scopre mai la bellezza della solitudine proprio perché la paura glielo impedisce. La solitudine sembra quasi una morte, e in un certo senso è così: è la morte della personalità che hai creato nella folla, quando esci dalla folla, esci anche dalla tua personalità. Nella folla sai esattamente chi sei: conosci il tuo nome, il tuo titolo di studio, la tua professione. Ma quando esci dalla folla, qual'è la tua identità? Chi sei? Improvvisamente ti accorgi di non essere il tuo nome: ti è stato dato. Non sei la tua razza: che rapporto ha con la tua consapevolezza? Il tuo cuore non è né hindu né musulmano, il tuo essere non è limitato ai confini politici di una nazione. Chi sei? Così la tua personalità comincia a disperdersi. Questo è ciò che fa paura: la morte della personalità. Adesso dovrai interrogarti per la prima volta, dovrai scoprire di nuovo chi sei. Dovrai cominciare a meditare sulla domanda: “chi sono io?” E c'è il timore che potresti non essere affatto. Nessuno vuole essere un nulla, un nessuno, ma di fatto tutti sono un nessuno. Coloro che hanno raggiunto la solitudine hanno scoperto che non c'è nessuno: nessun nome, nessuna forma, ma una semplice presenza.
Nasciamo, viviamo e moriamo da soli. La solitudine è la nostra stessa natura, ma non ne siamo consapevoli. E invece di vedere la nostra solitudine come bellezza, estasi, pace e silenzio straordinari, la fraintendiamo scambiandola per isolamento. La solitudine ha una sua bellezza, grandiosità, positività, mentre l'isolamento è vuoto e negativo.
La gente ha così paura di stare con se stessa che fa ogni sorta di stupidaggini. Soltanto dopo essere entrato in sintonia con te stesso, puoi metterti in relazione: allora relazionarsi porterà molta gioia a entrambi, perché non nasce dalla paura. Una volta trovata la tua solitudine, puoi creare, coinvolgerti in tutto ciò che desideri, perché tale coinvolgimento non sarà più una fuga da te stesso. Adesso sarà una tua espressione, la manifestazione del tuo potenziale. Ma la prima cosa fondamentale è conoscere fino in fondo la tua solitudine.
Gesù ha detto: “Beato il solitario...” chi è il solitario? Una persona il cui bisogno di essere necessario è caduto, che è totalmente soddisfatta di se stessa per ciò che è. Una persona che non ha bisogno di sentirsi dire: “sei importante”. La sua importanza risiede dentro di lei, non viene dagli altri. Non la mendica, non la chiede; il suo significato nasce dal suo essere. Non è un mendicante e sa vivere con se stessa. Tu non sai vivere con te stesso. Ogni volta che sei solo, ti senti a disagio; immediatamente cominci a provare un senso di fastidio, di imbarazzo, di profonda inquietudine. Cosa fare? Dove andare? In qualunque posto, basta che incontri gli altri. Essere soli è molto difficile, perché ogni volta che sei solo perdi completamente di significato. Il solitario è una persona il cui bisogno di essere necessaria è scomparso, che non chiede alcun significato da te, dai tuoi occhi, dalle tue risposte. No! Se dai il tuo amore sarà riconoscente, ma se non lo dai, non si lamenterà e sarà felice come sempre. Che tu vada a trovarla o no, sarà sempre felice. Non puoi rendere infelice un solitario, perché ha imparato a vivere e a essere felice da solo.  Nella sua solitudine basta a se stesso. Un “sannyasin”, un ricercatore del vero, è una persona che basta a se stessa, che non ha bisogno di nessuno e non è in alcun modo dipendente. Ma ciò provoca paura: a quel punto diventi inutile, tutta la tua esistenza ruota intorno al suo bisogno di te; senza di te l'altro non era nessuno, la sua vita era futile, un deserto. Solo in tua compagnia sbocciava; ma se vieni a sapere che può sbocciare nella sua solitudine, sarai turbato perché il tuo ego sarà ferito. Chi è il solitario? E' la persona in grado di vivere da sola come se fosse in compagnia del mondo intero, che si diverte con se stessa come un bambino piccolo, che è arrivata ad essere assolutamente felice con se stessa, che è in grado d'essere del tutto sola su questa Terra senza cambiare umore. Un solitario diventa in tal modo eletto, perché non desidera nulla di questo mondo. Non ne ha bisogno. Ha scelto solo il suo essere.
Un “sannyasin”... un solitario, un viandante, totalmente felice nella sua solitudine. Se qualcuno cammina a suo fianco, va bene; ma anche se qualcuno se ne va, va bene. Egli non aspetta mai nessuno, né si guarda indietro. Da solo è completo. Questo essere, questa integrità, lo trasformano in un cerchio: l'inizio e la fine. Il solitario è come un cerchio, il suo inizio e la sua fine coincidono.
La solitudine è la realtà assoluta. Si viene al mondo soli, soli lo si lascia. Solitudine, non indica che ti manca qualcuno, ma che hai trovato te stesso. Trovando se stessi, si trova il significato, il senso, la gioia e lo splendore della vita. Trovare se stessi è la più grande scoperta nella vita di un uomo, ma è possibile solo quando sei solo. Quando la tua consapevolezza non è affollata da niente e da nessuno, ma è profondamente vuota. Quando la tua consapevolezza non ha nient'altro di cui essere conscia, si rivolge a se stessa. Diventa un cerchio. Nella tua solitudine ricordi per la prima volta chi sei.
Devi riconoscere, per quanto sembri doloroso all'inizio, d'essere solo in terra straniera. Accettando questa realtà, il tuo dolore scompare, e nascosta dietro il dolore c'è la conoscenza di te stesso. E la tristezza arriva quando sei solo, e arriva per darti l'opportunità per scendere più in profondità nella tua solitudine. E' un'amica, schiude la soglia della tua solitudine eterna.
E' bellissimo essere soli, ma è bellissimo anche essere innamorati e stare con la gente. Quando stai con gli altri, godi al massimo della loro presenza, non occorre pensare alla solitudine. E quando sei stanco degli altri, passa alla solitudine e apprezzala più che puoi.
In realtà i più grandi momenti di silenzio sono seguiti dall'amore, da grande amore, da vette d'amore. E le vette d'amore sono sempre seguite da intensi momenti di silenzio e solitudine. Devi imparare a perderti e poi ritrovarti, per poi perderti ancora.   


Osho - Con te e senza di te

Rubio

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Re:La camera
« Risposta #2 il: Aprile 29, 2012, 14:28:53 »
    Il punto di vista è chiaro.
    Piccola digressione: negli anni '60 era in voga nelle scuole l'idea del "lavoro di gruppo". Io, studente quindicenne, scrissi che "prima di fare un lavoro di gruppo bisogna aver fatto un lavoro individuale".
    Qui è la stessa cosa, se vuoi amare devi aver raggiunto un equilibrio interiore che non ti spinge verso l'altro per necessità, ma per gioia. E questo mi sembra giusto. Giusto è anche prendere quello che di buono arriva. A questo equilibrio interiore si arriva ma, da parte mia, il pericolo è che, arrivati a questo stadio (diremmo di ataraxia) sei meno capace di dare. Questo lo sento molto come contraddizione in questa filosofia.
    E poi qui stiamo parlando solo a livello di testa; poi c'è il corpo che non è bene piegare ai voleri della ragione. Ma questa è un'altra storia.

presenza

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Re:La camera
« Risposta #3 il: Aprile 29, 2012, 16:20:02 »
Dhananjay Kulkarni scrive:

Un buddista non discute questioni di giusto e sbagliato e sarebbe molto inusuale per un buddista dire agli altri come comportarsi. Invece, il Buddha ha incoraggiato la gente per l'introspezione e trovare la verità per se stessi (anche se questo significava ignorare il suo insegnamento) e di metterlo in pratica per se stessi.

Rubio

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Re:La camera
« Risposta #4 il: Aprile 29, 2012, 16:24:22 »
     Forse "condivisibile" è meglio, "in sintonia con le mie riflessioni" ancora meglio. Questo era il senso, parlavo per me (non per altri). Rimangono i quesiti su come tacitare il corpo che scalpita, nella mia esperienza, ridurlo al silenzio è pericoloso. Saluti
                                                            R.

presenza

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Re:La camera
« Risposta #5 il: Aprile 29, 2012, 18:14:02 »
     Forse "condivisibile" è meglio, "in sintonia con le mie riflessioni" ancora meglio. Questo era il senso, parlavo per me (non per altri). Rimangono i quesiti su come tacitare il corpo che scalpita, nella mia esperienza, ridurlo al silenzio è pericoloso. Saluti
                                                            R.

... quanto al ridurre il corpo al silenzio è una forzatura di pensiero. Accettare ciò che è così com'è è l'unica via che non produce sofferenza, dunque non è necessario imporsi un silenzio.

squarcio88

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Re:La camera
« Risposta #6 il: Maggio 15, 2012, 18:24:26 »
Sono come abbracciata da questa dolce e forte malinconia. Da questo soffio di purezza, di ricerca.
 
"Salgo quei gradini stancamente, insoddisfatto di ritrovarmi al sicuro, ma solo con me stesso."
Questa frase mi ha colpito molto...

Wow  :rose:
"Il fine giustifica i mezzi? E' possibile. Ma chi giustificherà il fine?"
Albert Camus

Rubio

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Re:La camera
« Risposta #7 il: Maggio 15, 2012, 23:35:02 »
Grazie di cuore, Squarcio, mi ci voleva. Un saluto
                                                   Rubio

nihil

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Re:La camera
« Risposta #8 il: Settembre 30, 2012, 08:14:12 »
wow, che be pezzo, mi era sfuggito. Hai descritto perfettamente le sensazioni che ti si aggrappano al cuore quando si cammina per strade diverse, sembra di essere nella vita di altri, appunto in un set. Ma anche ci sentiamo veri protagonisti, la città sembra più disponibile a prestarsi, la vediamo nei suoi particolare, che il giorno si tengono nascosti. E la camera? solo qualcosa che circoscriva una solitudine che aspetta un contatto. :rose:

Rubio

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Re:La camera
« Risposta #9 il: Ottobre 12, 2012, 08:33:54 »
Grazie, Nihil, gentile come sempre. R.

nihil

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Re:La camera
« Risposta #10 il: Ottobre 12, 2012, 09:13:16 »
bentornato!  Finito il libro? abow

Rubio

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Re:La camera
« Risposta #11 il: Ottobre 26, 2012, 19:21:47 »
Ne sto finendo un altro, discalculia, quello di cui avevo parlato (meccanica quantistica) non ha ancora un editore. Saluti
                                                        Rubio

nihil

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Re:La camera
« Risposta #12 il: Ottobre 26, 2012, 20:24:17 »
ed io nel frattempo ho letto anche La cura Schopenhauer e presto inizierò Le lacrime di Nietzsche! grazie a te per avermi fatto conoscere questo autore. :)

Rubio

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Re:La camera
« Risposta #13 il: Ottobre 26, 2012, 20:54:51 »
Ho letto il secondo che hai citato ma non il primo. Saluti
                                            Rubio

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Re:La camera
« Risposta #14 il: Ottobre 27, 2012, 07:19:52 »
Il mio primo è stato Il problema Spinoza. abow