Autore Topic: Paesaggio  (Letto 2587 volte)

Doxa

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Re:Paesaggio
« Risposta #15 il: Giugno 12, 2023, 10:21:17 »
Paesaggi Italia

Paesaggi italiani: noti o sconosciuti, naturali o artificiali, rurali o urbani, artistici, ecc., comunque da proteggere, come detta l’articolo 9  della Costituzione, modificato l’11 febbraio 2022 per estendere la tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico della nazione all’ambiente, alla biodiversità e agli ecosistemi.
 
Paesaggio è ciò che si vede, ma  ha anche un valore culturale, sociale e identitario.

Il paesaggio culturale è un insieme di cose belle che suscitano ammirazione: opere d’arte, chiese, abbazie, castelli, le rovine dell’antichità, ecc..

Alcuni  siti eccezionali sono nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco.

In Italia sono numerosi i patrimoni culturali  tutelati da quell'ente.  Uno è Aquileia: per la sua architettura proto-romana è considerato “patrimonio mondiale dell’umanità”.


Aquileia, basilica di Santa Maria Assunta

Il paesaggio è anche  importante  per la qualità della vita  quotidiana delle popolazioni.

Il paesaggio amato da Giacomo Leopardi (1798 – 1837)  è descritto nella sua famosa poesia titolata “L’infinito”.

E’ un paesaggio ispirato dalla concezione panteistica della natura;  la realtà scompare, non c’è lo scorrere del tempo, tutto è immobile,  l’infinito irrompe nella finitudine, la quale trascende sé stessa nella visione dell’assoluto.

Il poeta guarda e immagina quello che non si vede,  perché  è nascosto dietro “la siepe che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”. In questo idillio il paesaggio evoca l’infinito, il superamento della realtà rappresentata dalla siepe.

L’infinito

“Sempre caro mi fu quest'ermo colle, e questa siepe,
che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno, e le morte stagioni, e la presente
e viva,
e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare”.

(Giacomo Leopardi)
« Ultima modifica: Giugno 12, 2023, 21:30:09 da Doxa »

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Re:Paesaggio
« Risposta #16 il: Luglio 03, 2023, 12:12:38 »
Nell’arte occidentale la “pittura di paesaggio”, dedicata  esclusivamente o prevalentemente alla rappresentazione dello scenario naturale, iniziò nel XVII secolo  come genere artistico autonomo, con le sue specificazioni di paesaggio ideale,  di locus amoenus o di veduta.

In precedenza, il paesaggio aveva sempre avuto  un ruolo secondario,  collocato come sfondo di ambientazione in dipinti di carattere laico o sacro.

Alla fine del XV secolo il fondo dorato delle pale d’altare cominciò ad essere sostituito dal paesaggio.

Nel XVI secolo nella pittura fiamminga il paesaggio diventa preminente nei dipinti religiosi e laici. Lo si può vedere, ad esempio, nel dipinto realizzato dal fiammingo Joachim Patinir: il riposo durante la fuga in Egitto.


Joachim Patinir, Riposo durante la fuga in Egitto, 1520 circa, olio su tavola, Museo del Prado, Madrid
In primo piano la Vergine e il Bambino, circondati dal paesaggio variegato.

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Re:Paesaggio
« Risposta #17 il: Luglio 03, 2023, 16:54:19 »
La riforma luterana iniziò nell’ottobre del 1517 e Patinir dipinse “La fuga in Egitto” in quel periodo. Fu influenzato dalla nuova dottrina ? Non lo so.

Da tener presente che Patinir conosceva le opere di Hieronymus Bosch, dal quale riprese la capacità di evocare scenari fantastici.

La tendenza al paesaggio  come ‘tema autonomo’ e non sfondo di una scena con figure fu facilitata dalla soluzione dei problemi della prospettiva. Come non pensare a Brunelleschi, Masaccio, a Piero della Francesca e al suo trattato titolato “De prospectiva pingendi”.



Nella pittura rinascimentale fu importante l’uso di colori più luminosi.

Leon Battista Alberti, nel suo trattato “De Pictura” del 1435-36, evidenziò come il colore non fosse una caratteristica propria del soggetto, ma dipendesse completamente dalla quantità di luce che investe il soggetto stesso.

E mi sovvengono alla mente i vedutisti veneziani del ‘700 (Canaletto, Bellotto ed altri); per l’arte olandese la pittura di paesaggio significò realismo ma anche la creazione di un mondo immaginario, da cui nacque, nella pittura francese, l’impressionismo: Monet, Manet, Renoir, Sisley, Pissarro. Furono questi  a insegnare a guardare in modo nuovo il mondo circostante: per loro, il paesaggio, studiato nei suoi aspetti più labili di luce e di colore,  fu una delle massime prove della pittura. Dopo di loro anche il paesaggio si configura secondo le esigenze delle nuove correnti artistiche (Seurat, Cézanne, Van Gogh).

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Re:Paesaggio
« Risposta #18 il: Luglio 04, 2023, 08:32:35 »
Nell’arte occidentale, alla fine del XIV secolo,  la pittura paesaggistica o di paesaggio  cominciò ad essere oggetto di attenzione degli artisti, ma come sfondo,  non come tema autonomo.

Dipinti in affresco con paesaggi, attribuiti a Giotto, sono ad Assisi nella basilica superiore, nel ciclo pittorico con le “Storie di San Francesco” e in quello con le “Storie dell’Antico e Nuovo Testamento”.

Le scene non  hanno tutte la stessa qualità esecutiva, furono  dipinte da più mani con la supervisione di un protomagister.


Pareti affrescate all’interno della basilica superiore di Assisi



Giotto, San Francesco dona il mantello a un povero, Assisi, Basilica Superiore

In questa scena il paesaggio  attrae subito l’attenzione dell’osservatore. E’ evidente che la resa prospettica non è ancora definita: secondo gli studiosi san Francesco, il povero e il cavallo non poggiano i piedi direttamente sul terreno ma restano ‘sospesi’. A me non sembra.

Un’altra interessante scena è quella della  “Predica agli uccelli”.


Giotto: San Francesco predica agli uccelli, affresco, 1290 – 1295 circa, Basilica superiore, Assisi

Questo episodio è descritto nella “Legenda maior”: è una biografia di san Francesco d’Assisi scritta da Bonaventura da Bagnoregio: "Andando  Francesco dal castello di Cannara  verso Bevagna insieme ai confratelli,  venne circondato da uno stormo di uccelli. I frati lo videro rivolgersi ai volatili, che lo ascoltavano con attenzione”. 

San Francesco è raffigurato con il saio, scalzo, con  l’aureola della santità, nell’atto di benedire gli uccelli con la mano destra.   

A sinistra un compagno osserva la scena, ambientata in un paesaggio verdeggiante organizzato su due piani. Il primo piano è occupato dai personaggi mentre nel secondo piano sono disposti gli alberi.

Il leggendario episodio è molto amato dalla devozione popolare.

I colori originali dell’affresco sono sbiaditi. In passato l’opera  subì danni perché collocata sulla controfacciata ed esposta ad eccessiva umidità proveniente dall’esterno della basilica.

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Re:Paesaggio
« Risposta #19 il: Luglio 05, 2023, 08:45:06 »
Stamane vi offro come "colazione spirituale" la visione di due dipinti di Pieter Bruegel il Vecchio.

Le scene mostrano figure in primo piano dedite  alla mietitura di cereali e panorami.


Pieter Bruegel il Vecchio, Mietitura, olio su tavola, 1565, Metropolitan Museum, New York

Questa opera fa parte della serie “Mesi”, rimasta incompleta:  dipinse soltanto cinque tavole.

La scena raffigura il lavoro e il riposo dei contadini durante la mietitura. Domina il  colore giallo degli steli e delle spighe del grano, invece  lo sfondo ha tonalità verdastre, grigie o grigio-azzurro come il luminoso cielo.

In primo piano due contadini tagliano le lunghe spighe di grano con le falci, mentre un terzo attraversa il campo tramite un varco, porta una brocca con l’acqua (il vino ?)  e  si dirige verso l’albero frondoso dove ci  alcuni contadini seduti in terra  che mangiano, bevono o riposano.

Più dietro, a destra, alcune donne legano i covoni e raccolgono le spighe tagliate.

Tornando sulla sinistra, nel varco in mezzo al campo di grano si vedono altre figure intente a mietere, mentre due uccelli sorvolano il podere.

In fondo, un carro agricolo carico degli steli di grano,  il campanile di una chiesa tra le fronde degli alberi; più a destra  ancora persone,  un'abitazione rurale, il castello, un bacino idrico.

--------

Il pittore olandese Pieter Bruegel il Vecchio purtroppo morì  nel 1569 in giovane età: aveva circa 40 anni. E’  noto come paesaggista e per le scene di contadini al lavoro.


Pieter Bruegel il Vecchio, La fienagione, olio su tavola, 1565, Lobkowicz Collections, Praga

La scena è ambientata  nel mese di giugno o luglio, nel tempo della raccolta del grano.

In primo piano, nell'angolo inferiore sinistro, un uomo  seduto sta affilando la falce;  al centro, tre ragazze si dirigono verso il sentiero che conduce in basso; poco dietro di loro, a destra, ci sono cinque contadini  in fila  che camminano, ognuno ha poggiato sulla testa il cesto con le spighe di grano, un altro, col cappello di paglia e la camicia rossa  è su un cavallo bianco con la cesta porta vivande che regge con il  braccio sinistro.

Nei due grandi cesti in primo piano non riesco a distinguere cosa contengono.

Tornando sulla sinistra, nella sottostante valle ci sono contadini intenti al taglio e alla raccolta degli steli di grano che caricano su un carro trainato da due cavalli.

Nello sfondo, sulla collina si vedono alcune case, una chiesa; a sinistra, lo sperone roccioso con un castello su una delle sommità.

Sulla destra la veduta della vallata traversata da un fiume, un  castello su una delle colline circostanti.
 
I differenti piani sono esaltati dai contrasti coloristici di toni caldi (primo e medio piano) e freddi (sfondo).

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Re:Paesaggio
« Risposta #20 il: Luglio 08, 2023, 21:43:15 »
Offro alla vostra visione un altro quadro dedicato alla fienagione dal pittore francese Camille Pissarro  (1830 – 1903), che  dal 1885 si dedicò anche alla pittura “impressionista”.


Camille Pissarro, Le raccoglitrici di fieno, olio su tela, 1889, Kunstmuseum di Basilea.

Questo dipinto mi lascia perplesso. Ci sono contadine che raccolgono il fieno (o gli steli del grano ?) e lo avvolgono nel telo. Altre che raccolgono il fieno (?) con una sola mano mettendolo nelle ceste. A me sembra che raccolgano le spighe di grano rimaste in terra dopo la mietitura.

Nel passato i mietitori non potevano perdere tempo a raccogliere le spighe cadute sul terreno. Dopo di loro entravano in azione le spigolatrici e gli spigolatori: persone povere che raccoglievano quello che i mietitori lasciavano sul campo. La quantità di grano che riuscivano a raccogliere era esigua. I chicchi di grano che sfuggivano alla loro raccolta diventavano cibo prelibato per numerosi uccelli.

“Le spigolatrici” mi evocano il bel dipinto realizzato nel 1857 da Jean-François Millet, al quale dedicherò un post. Mi fanno anche ricordare la famosa poesia risorgimentale di Luigi Mercantini titolata “La spigolatrice di Sapri”, dedicata alla spedizione “militare” di Carlo Pisacane nel 1857. Tale spedizione aveva lo scopo di cominciare una insurrezione armata antiborbonica nel Regno delle Due Sicilie.

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« Ultima modifica: Luglio 14, 2023, 18:46:09 da Doxa »

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Re:Paesaggio
« Risposta #21 il: Luglio 08, 2023, 21:51:20 »
Luigi Mercantini nella poesia “La spigolatrice di Sapri”, composta nel 1858, assume il punto di vista di una ragazza, addetta alla spigolatura del grano, che casualmente assiste allo sbarco dei rivoltosi. Lei incontra Pisacane, e tra i due nasce l’infatuazione. La donna parteggia per i cosiddetti “trecento” e li segue in combattimento, ma impotente assiste alla loro uccisione da parte dei contadini locali e delle truppe borboniche.

Testo della poesia:

“Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!

Me ne andavo al mattino a spigolare
quando ho visto una barca in mezzo al mare:
era una barca che andava a vapore,
e alzava una bandiera tricolore.

All’isola di Ponza si è fermata,
è stata un poco e poi si è ritornata;
s’è ritornata ed è venuta a terra;
sceser con l’armi, e a noi non fecer guerra.

Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!

Sceser con l’armi e a noi non fecer guerra,
ma s’inchinaron per baciar la terra.
Ad uno ad uno li guardai nel viso:
tutti aveano una lagrima e un sorriso.

Li disser ladri usciti dalle tane,
ma non portaron via nemmeno un pane;
e li sentii mandare un solo grido:
“Siam venuti a morir pel nostro lido”.

Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!

Con gli occhi azzurri e coi capelli d’oro
un giovin camminava innanzi a loro.
Mi feci ardita, e, presol per la mano,
gli chiesi: “Dove vai, bel capitano?”.

Guardommi, e mi rispose: “O mia sorella,
Vado a morir per la mia patria bella”.
Io mi sentii tremare tutto il core,
né potei dirgli: “V’aiuti il Signore!”.

Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!

Quel giorno mi scordai di spigolare,
e dietro a loro mi misi ad andare:
due volte si scontrâr con li gendarmi,
e l’una e l’altra li spogliâr dell’armi:
ma quando fûr della certosa ai muri,
s’udirono a suonar trombe e tamburi;
e tra ’l fumo e gli spari e le scintille
piombaron loro addosso più di mille.

Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!

Eran trecento e non voller fuggire,
parean tre mila e vollero morire;
ma vollero morir col ferro in mano,
e avanti a loro correa sangue il piano:
fin che pugnar vid’io per lor pregai,
ma a un tratto venni men, né più guardai:
io non vedea più fra mezzo a loro
quegli occhi azzurri e quei capelli d’oro.

Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!”.




Statua bronzea dedicata alla “Spigolatrice di Sapri” sullo “scoglio dello Scialandro, a Sapri (prov. di Salerno), golfo di Policastro. Fu collocata il 25 giugno 1994 a circa un chilometro dal porto, verso Maratea.

Nel mese di settembre del 2021 nel centro città di Sapri fu collocata un’altra statua bronzea dedicata alla “spigolatrice” di questa località.


 

Secondo le detrattrici la statua è una versione sessista della lavoratrice dei campi, addetta alla spigolatura.

Nella scultura realizzata da Emanuele Stifano è evidente l’abito trasparente, ma questo ha suscitato le ire di alcune femministe che hanno considerato la statua diseducativa e fuorviante perché rappresenta la donna in modo “sessualizzato” anziché capace di autodeterminazione, che sceglie di non andare a lavoro per schierarsi contro l'oppressore.

Ma chi era la “spigolatrice di Sapri” ? Un personaggio inesistente, ideato dal poeta Luigi Mercantini. Quando scrisse la poesia le spigolatrici erano diffuse in tutta Italia la cui economia era quasi completamente agricola.

Spesso nel passato le spigolatrici erano considerate “trasgressive”: andare da sole o in compagnia di altre donne nei campi di grano dava occasioni di incontri che altrimenti non sarebbero stati possibili nella società contadina del tempo.

Nell’Antico Testamento c’è la storia di Ruth la Moabita (vedi Libro di Ruth), vedova che va a spigolare in un campo di grano e finisce con lo sposare il proprietario.

Quindi, si spiega come nella poesia sui “300” si parli di un incontro con una spigolatrice locale che si rivolge a Carlo Pisacane chiamandolo “Bel Capitano”.
« Ultima modifica: Luglio 14, 2023, 18:45:44 da Doxa »

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Re:Paesaggio
« Risposta #22 il: Luglio 10, 2023, 21:43:36 »
Quasi alla fine del  precedente post ho scritto:

Citazione
Nell'Antico Testamento c'è la storia di Rut la Moabita (vedi Libro di Rut), vedova che va a spigolare in un campo di grano e finisce con lo sposare il proprietario.


Julius Schnorr von Carolsfeld, Rut nel campo di Booz, olio su tela, 1828, National Gallery, Londra.

Nel campo di grano di Booz alcune donne stanno “spigolando” (raccolta delle spighe del grano rimasto in terra dopo la mietitura), fra queste c’è Rut, immaginata dal pittore mentre conversa con il proprietario, Booz.   

La scena evidenzia sulla sinistra un centro abitato, poi il proprietario del podere, Booz,  che è insieme ad un  aiutante,  il collinare campo di grano e lo sfondo montano.

Il quadro  fu dipinto a Monaco di Baviera, sulla base di disegni che Schnorr von Carolsfeld aveva realizzato alcuni anni prima durante il suo decennale soggiorno in Italia. Era un pittore che emergeva nel gruppo di artisti tedeschi e austriaci chiamati i “Nazareni”, attivi a Roma all’inizio del XIX secolo. Essi rifiutavano nella pittura il “classicismo accademico”. Volevano l’arte rinnovata su basi religiose e patriottiche, stilisticamente arcaicizzante.

Tornando alla principessa moabita Rut, rimasta vedova del figlio di Elimelech, un ricco mercante ebreo trasferitosi con la famiglia a Moab per scampare ad una carestia in Israele, dopo la morte di questo e dei figli, la moglie Naomi, suocera di Rut, decise di tornare in Israele, nonostante l’incerto futuro, ma pronta ad affrontare povertà e difficoltà.

Rut preferì lasciare la sua agiata famiglia di origine per rimanere con la suocera. e le dice: “Non insistere con me che ti abbandoni e torni indietro senza di te, perché dove andrai tu, andrò anch’io, e dove ti fermerai, mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio. Dove morirai tu, morirò anch’io e lì sarò sepolta” (Rut 1,16-17).

Le due donne si stabilirono a Gerusalemme, ma la loro vita era economicamente precaria, si adattavano a fare vari lavori, anche le spigolatrici sui campi di grano, raccogliendo le spighe cadute o lasciate dai mietitori.  La legge ebraica imponeva questo atto di carità nei confronti dei poveri: “Quando mieterai la messe della vostra terra, non mieterai fino al margine del campo e non raccoglierai ciò che resta da spigolare del tuo raccolto; lo lascerai per il povero e per il forestiero” (Levitico 23,22).

Rut e Booz si sposarono. Dalla loro unione nacque Obed, che diverrà il nonno del re d’Israele, Davide, e da questo ebbe origine la discendenza, che comprende  pure Giuseppe, il padre putativo di Gesù di Nazaret.

Dio promise al re Davide che la sua discendenza regnerà per sempre su Israele e che da questa discendenza nascerà il Messia.

La genealogia che conclude il libro di Ruth viene ripresa e citata nel versetto 5 del primo capitolo del Vangelo di Matteo.
« Ultima modifica: Luglio 16, 2023, 22:00:14 da Doxa »

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« Risposta #23 il: Luglio 14, 2023, 18:05:12 »

Camille Pissarro, La raccolta del fieno,  olio su tela, 1882, The National Museum of Western Art, Tokyo. 

Restiamo nel mondo rurale, con quest'altro interessante dipinto realizzato  da Pissarro.

Sulla sinistra e centro della scena ci sono 8 contadini, quattro donne e quattro uomini  intenti a formare covoni di grano.

La donna in primo piano, con il cappello con strisce rosse,  è quella che per prima attrae lo sguardo dell’osservatore.

Prospetticamente più lontano si vedono case nei pressi e sul rilievo collinare con alberi; un altro edificio si vede in lontananza al limite della zona pianeggiante; sulla destra, dopo l’uomo isolato che unisce i covoni, c’è un cavallo col manto bianco staccato dal carro, poi altri alberi.
« Ultima modifica: Luglio 14, 2023, 18:27:04 da Doxa »

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« Risposta #24 il: Luglio 15, 2023, 16:31:32 »

Camille Pissarro, La raccolta di fieno a Montfoucault, olio su tela, 1876, Musée d'Orsay, Parigi

Montfoucault al tempo di Pissarro era un villaggio nei pressi di Lassay-les-Châteaux, nel nord della Francia, non lontana da Le Mans.

In questo dipinto prevalgono i colori giallo e verde.

Il cielo è  quasi coperto da nubi bianche. 

I contadini sono sei: tre donne e tre uomini. 

In primo piano, sulla sinistra un alto albero, un pagliaio, tre contadine con le tipiche cuffie bianche intente a rastrellare il fieno.   

Dietro la raccoglitrice al centro delle tre c’è  un altro pagliaio.

Sulla destra  si vede un uomo alla guida del carro carico di fieno trainato da due cavalli bianchi,  un altro uomo è vicino ai cavalli  un altro ancora è sul retro del carro agricolo.

Sullo sfondo la collina boscosa.

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« Risposta #25 il: Luglio 17, 2023, 08:16:50 »
Stamane oltre al virtuale caffè vi offro come pasticcino un noto dipinto di Vincent van Gogh, che prima di dedicarsi alla pittura preferì seguire il lavoro religioso paterno:  pastore protestante. Con tale ruolo trascorse alcuni mesi tra i minatori poi rivolse la sua attenzione ai contadini, ai poveri e ai diseredati. A questi dette dignità artistica in numerosi suoi quadri.

Nei precedenti post ho descritto alcuni paesaggi realizzati da Camille Pissarro.  Questo pittore tra il 1886 e il 1887 impartì lezioni sull’uso del colore all’olandese Vincent  van Gogh (1853 – 1890), purtroppo morto in giovane età: 37 anni !.

Nel febbraio del 1888 Vincent si trasferì ad Arles, in Provenza, per dedicarsi alla raffigurazione dei suoi soggetti preferiti:   paesaggi, nature morte con fiori, alberi di cipresso, campi di girasole o di grano.

Un bell’esempio paesaggistico è il suo dipinto titolato: “Il raccolto”.


Vincent van Gogh, Il raccolto,  olio su tela, 1888, Van Gogh Museum,  Amsterdam

Questo dipinto raffigura la campagna di Arles, in Provenza, dove Vincent trascorse due anni, dal 1888 al 1890. Artisticamente furono per lui molto prolifici: dipinse centinaia di quadri per trasferire su tela la bellezza paesaggistica della zona.

“Il raccolto” lo realizzò nel giugno del 1888 dopo alcuni disegni preparatori.

In questo dipinto ci sono elementi del paesaggio che permettono di individuare la zona.

In alto, sulla sinistra, l'Abbazia di Montmajour, con la torre di vedetta del XIV secolo.

Sullo sfondo,  la piccola  catena montuosa delle Alpilles, estrema propaggine delle Alpi nella bassa valle del Rodano.

Il cielo è sereno, i contadini sono al lavoro.

La disposizione delle varie tonalità del colore giallo  permette di individuare il susseguirsi dei campi di grano nella pianura.

In primo piano c’è il grano maturo da mietere, il recinto del piccolo podere alberato entro il quale  si vede un cavallo morello (= mantello equino nero) con sottosella bianco,  intento a brucare l'erba.
 
Al di là dello steccato, sulla sinistra, il pagliaio con addossate due scale,  covoni di grano in terra, un contadino con la camicia azzurra intento al lavoro, un carro agricolo con le sponde azzurrognole e un carrello di tonalità marrone.

Sulla destra, verso l’alto, un edificio bianco, alcuni alberi, un uomo su un carro agricolo trainato da un cavallo, col manto scuro. 

Più al centro un altro uomo su un carro agricolo trainato da un cavallo col manto bianco.

Due contadini percorrono il sentiero davanti i due bianchi edifici rurali.

I colori prevalenti nella tela: il giallo del grano, il verde  degli alberi  e il blu del cielo.
« Ultima modifica: Luglio 17, 2023, 13:52:38 da Doxa »

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« Risposta #26 il: Luglio 19, 2023, 09:22:46 »
Adesso vi mostro due famosi dipinti "spirituali" di Vincent van Gogh, rimanendo in tema: anche le notti stellate sono paesaggio.


Vincent van Gogh, Notte stellata, olio su tela, 1889, Museum of Modern Art, New york

Vincent ritrasse  questo paesaggio dalla finestra della stanza nell’ospedale psichiatrico  di Saint-Rémy-de-Provence che prospetta  sulla vallata dove c’è il villaggio di Saint-Rémy; sullo sfondo la catena montuosa  delle Alpilles. 

In una lettera al fratello Theo scrisse: “…guardare le stelle mi fa sempre sognare, così come lo fanno i puntini neri che rappresentano le città e i villaggi su una cartina. Perché, mi chiedo, i puntini luminosi del cielo non possono essere accessibili come quelli sulla cartina della Francia?” Inoltre, riferendosi a questo dipinto, scrisse: “…come se il cielo, passando attraverso i suoi gialli e i suoi azzurri, diventasse un irradiarsi di luci in moto per incutere un timor panico agli umani che sentono il mistero della natura”.

Bella e luminosa la “falce” di luna in alto  sulla destra (“gobba a levante, luna calante…).

In primo piano uno strano cipresso,  il villaggio e la chiesa con campanile  cuspidato, alberi sulla destra, sullo sfondo le montagne. Si vedono le luci dalle finestre di alcune case.

La contemplazione di questo cielo stellato con alcuni vortici è affascinante e inquietante.

Varie tonalità dei colori blu e azzurro riempiono tutta la superficie dipinta. Come colore complementare il giallo della luna, delle stelle , delle luci evidenti dalle finestre di alcune case.

L’orizzonte è molto basso e la maggior parte della composizione è occupata dal cielo che rappresenta lo schermo emotivo e drammatico di van Gogh.

La profondità è evidenziata dal contrasto tra il grande cipresso in primo piano e il paesaggio con le case e gli alberi che si sovrappongono e diventano più piccoli in lontananza.

Ecco un’altra bella notte stellata dipinta da van Gogh


Vincent van Gogh, Notte stellata sul Rodano, olio su tela, 1888, Musée d’Orsay, Parigi

Ad Arles, tra le sponde del fiume scelse il punto che reputò adatto per  rappresentare “Notte stellata sul Rodano”.

In una lettera scrisse: “Sto lavorando [...] a uno studio del Rodano, della città illuminata dai lampioni a gas riflessi nel fiume blu. In alto il cielo stellato con il Gran Carro, un luccichìo di rosa e verde sul campo blu cobalto del cielo stellato, laddove le luci della città e i suoi crudeli riflessi sono oro rosso e verde bronzeo...”.

Questo dipinto mi evoca una celebre frase del filosofo tedesco Immanuel Kant:

“Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me”.

(dalla “Critica della ragion pratica”).
« Ultima modifica: Luglio 19, 2023, 21:41:46 da Doxa »

Regina D'Autunno

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Re:Paesaggio
« Risposta #27 il: Luglio 21, 2023, 23:01:53 »
Sono entrambi stupendi ma il primo è più conosciuto!

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Re:Paesaggio
« Risposta #28 il: Luglio 22, 2023, 17:21:48 »
Mia regina, ti prego di gradire  un altro interessante dipinto riguardante le spigolatrici nel paesaggio,  fu realizzato dal pittore francese Jean-François Millet (1814 – 1875).


Jean-François Millet, Le spigolatrici, olio su tela, 1857,  Museo d'Orsay, Parigi

In primo piano tre donne del proletariato rurale sono  intente alla raccolta delle spighe di grano rimaste sul terreno dopo la mietitura. Nel cielo con nuvole bianche  vola uno stormo di uccelli (in alto sulla destra).

Sul fondo, a sinistra, due pagliai: vicino al primo pagliaio c’è un uomo a cavallo;  un altro uomo è sul carro carico di steli di grano trainato da due cavalli; numerosi contadini (indossano abiti prevalente bianchi) sono dediti alla mietitura, controllati dal fattore (massaro) su un cavallo col manto nero; verso l’orizzonte abitazioni, magazzini e alberi.

Questo quadro è considerato un capolavoro del “realismo” o  “verismo”: movimento pittorico e letterario sviluppato dagli anni ’40 del XIX secolo anche in Italia.

Il realismo tentava di cogliere la realtà sociale, senza allegorie.  E Millet, figlio di poveri contadini, nella vita agreste ebbe la sua ispirazione artistica. Nel febbraio del 1851 scrisse: “… Ciò che di più allegro conosco è questa calma, questo silenzio di cui si gioisce così intimamente all'interno del bosco o sui campi arati. Mi direte che questo discorso è molto da sognatore, di un sogno triste, anche se certo dolcissimo [...] ma è lì, secondo me, che si trova la vera umanità, la grande poesia”.

Questo pittore dipinse con vicinanza affettiva la vita dei contadini, dei pastori, dei taglialegna, la loro faticosa quotidianità dall’alba al tramonto, la loro non voluta austerità, il senso religioso della vita e del lavoro.

“Perché mai – scrisse – il lavoro di un piantatore di patate o di un piantatore di fagioli dovrebbe essere meno interessante o meno nobile di qualsiasi altra attività? Si dovrebbe riconoscere che la nobiltà o la bassezza risiedono nel modo in cui tali cose vengono comprese o rappresentate, non nelle cose in sé”.

I soggetti più ricorrenti della sua pittura: la famiglia e la figura della donna rappresentata nella propria abitazione, mentre spazza la casa, inforna il pane, rammenda un vestito alla luce di una lampada, fila la lana, prepara il burro, si pettina accanto a una finestra, imbocca i figli piccoli.

Millet  presentò  il lavoro delle madri come forma di amorevole servizio e non come faticoso dovere. Alcune volte nei suoi dipinti ci sono madri che  insegnano ai propri bambini a leggere o a lavorare. Compito della donna non è solo occuparsi della cura del corpo ma educare. Spesso collocò una madre con il bimbo in braccio accanto al compagno che innesta un albero o aggiusta un attrezzo.

La raffigurazione del lavoro rurale e la religiosità nella vita domestica diedero a Millet l’apprezzamento del pubblico. Furono soprattutto gli americani ad amare il suo talento: infatti gran parte delle sue opere si trovano oggi in musei e collezioni degli Stati Uniti.

Doxa

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Re:Paesaggio
« Risposta #29 il: Luglio 24, 2023, 08:22:33 »

Jean-François Millet, Angelus, olio su tela, 1858 – 1859, Museo d’Orsay, Parigi
 
 “Angelus” è una preghiera. Veniva (viene ?) recitata tre volte al giorno (alba, mezzogiorno, tramonto). La rammento perché quando ero adolescente la domenica mattina frequentavo la parrocchia, anche per giocare a pallacanestro con gli amici nel campetto della chiesa.
 
 Quando mancava 5 minuti a mezzogiorno, don Egidio ci faceva smettere di giocare, dovevamo attendere il suono delle campane delle ore 12, e subito dopo dovevamo recitare la preghiera dell’Angelus intercalata da varie Ave Maria.
 
 Ancora mi ricordo l’incipit:
“Angelus Dòmini nuntiàvit Mariæ et concépit de Spiritu Sancto"” (= “L’angelo del Signore” ha annunciato a Maria…. Ed ella concepì per opera dello Spirito Santo”).
 
 Questa preghiera invita i fedeli a pregare in ricordo dell’incarnazione del Figlio di Dio. Ed è ciò che stanno facendo i due contadini raffigurati nel dipinto al suono delle campane della chiesa (accennata sullo sfondo, nel Comune di Chailly-en-Bière, nel Cantone di Fontainebleau): hanno sospeso la raccolta delle patate per pregare, col capo chino e le mani giunte raccolte verso il petto.
 
 Accanto all’uomo c’è il forcone conficcato nel terreno, nella parte destra della donna si vede la carriola con dentro i sacchi pieni, invece vicino al suo piede sinistro c’è il cesto di vimini con le vivande.
 
 Millet sembra aver dato monumentalità ai due contadini in preghiera durante il tramonto. In alto a destra si vede lo stormo di uccelli in volo.
 
 Per questa opera l'artista trasse ispirazione da un ricordo infantile in Normandia.
 
 Egli nel 1865 scrisse:
“L'Angelus è un quadro che ho dipinto ricordando i tempi in cui lavoravamo nei campi e mia nonna, ogni volta che sentiva il rintocco della campana, ci faceva smettere per recitare l'angelus in memoria dei poveri defunti”.

Il suo scopo non era quello di esaltare un momento religioso (egli non era un praticante), ma di illustrare con la pittura una delle fasi che segnano periodicamente lo scorrere della vita agreste.

Nel 1910 quest'opera entrò a far parte delle collezioni del museo del Louvre. Fu sfregiato da un folle nel 1932.

Nel 1986 il dipinto fu trasferito nel museo d'Orsay, dov'è tuttora esposto.