Visualizza post

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i post inviati da questo utente. N.B: puoi vedere solo i post relativi alle aree dove hai l'accesso.


Topics - .Mya

Pagine: [1] 2
1
15 minuti per creare / Fabio
« il: Gennaio 20, 2012, 01:18:06 »
Non voglio dormire, eppure il sonno mi cattura, le palpebre sono pesanti e senza accorgermene chiudo gli occhi, lentamente.
 
 
Sono felice.
E' la prima volta che organizzo un viaggio di gruppo: devo dire che mi è riuscito piuttosto bene.
Non conosco queste persone, o almeno non i loro volti, ma li chiamo per nome con una certa familiarità.
Scendo dal pullman.
La grassa risata di Madame Zelda mi investe, falsa ed acida. Non deve essersi accorta di me. Quando lo fa, mi scruta,
sotto ai suoi piccoli e antiquati occhiali da sole, rivolgendomi una sola frase, fredda e decisa:
«C'è tempo fino alle 13:30. Chi non c'è, resta qua» assapora le sue stesse parole.
Mi supera, urlando qualcosa al ragazzo che ci fa da guida. Sento i suoi cani abbaiarle contro, mentre mi allontano.
 
 
La spiaggia è movimentata, l'aria fresca. La mia sorellina mi passa due chiavi quasi identiche.
«Una è la casa vecchia, bianca e rossa. L'altra è dove andiamo.»
Sembra avere un senso. Metto le chiavi nella tasca posteriore degli shorts, passeggiando lungo sulla sabbia.
Improvvisamente ho fretta di tornare, penso alle 13:30. Al bar non vedo nessuno. L'ansia mi prende, le 13:30.
Sento abbaiare. Vedo una casina dalle finestre scure, entro, è tutta impolverata. Sono tutti lì, li incito a sbrigarsi.
Una ragazza dai capelli color rame mi guarda assonnata.
«Ci ha fatto mangiare questa roba imbottita di sonnifero» dice, mettendo in bocca una nocciolina.
Mi viene voglia di urlarle perchè diavolo ne mangia ancora, ma lei cade con lentezza, s'addormenta. Dormono tutti.
Vado in cucina e tre cani ringhiano.
American pitbull terrier red nose. Adorabili, arrabbiati, pitbull. Il loro padrone, la guida, dorme accasciato a terra.
Deglutisco. Mi abbasso a livello dei cani, permettendo loro di annusarmi e non aver paura.
Mi studiano con i loro dolci occhi nocciola. Dentro di me mi ripeto "Non fissarli, non si fissano i cani". La femmina mi lecca il braccio.
Ora siamo amici, mi rilasso.
Improvvisamente porta indietro le orecchie, aguzza lo sguardo, ed irrigidisce i muscoli.
C'è qualcosa dietro di me, e a lei non sembra piacere. Scatta con un'agilità che mi sorprende, facendo fuggire Madame Zelda.
La vecchia si nasconde dietro una porticina rossa. Prendo la chiave, pregando che sia quella giusta, chiudo la porta. La cagna resta di guardia.
Torno in cucina, svegliando il ragazzo.
I cani gioiscono, leccandolo. Mi racconta una strana storia, ma sento di dimenticare le parole subito dopo averle sentite.
Non penso più alle 13.30.
C'è molto cibo in giro, il ragazzo ed io pensiamo sia giusto non lasciarlo lì a marcire.
Trasportiamo tutto con calma nel pullman. E' timido, non parla. Uno dei suoi cani dorme su delle scatolette di piselli, la femmina è tornata e gioca con l'altro.
«Come si chiamano?» domando.
Apre la bocca per rispondere, ma mi sento come se gli stessi leggendo nel pensiero. Fabio.
«Si chiamano...»
Guardo i suoi occhi, azzurri, limpidi. Fabio, Fabio, Fabio. Mi sembra di conoscerlo. Lo interrompo.
«Blaze e Juvy» i pitbull maschi scodinzolano nel sentire i loro nomi. Fabio... Guardo la femmina. «Shayna. E tu sei Fabio»
Gli prendo il viso fra le mani e lo bacio.
Sento un brivido attraversarmi la schiena.
Chi sono?

2
Sentimentale / A te.
« il: Settembre 25, 2011, 17:48:42 »
Dedicato al mio migliore amico. :rose:


L’importante, certe volte, è essere equidistanti da tutto e tutti. Io la chiamo neutralità. Ai nostri occhi, questa è una terra di nessuno: per nulla mia, per nulla sua. Sicuramente di qualcuno, nostra no di certo.
L’unico capriccio è stato scegliere su quale suolo poggiare i piedi, in che periodo dell’anno. Io ho scelto la spiaggia, lui ha scelto il freddo di Gennaio. 
Cammino seguendo la linea regolare del bagnasciuga, ci incontreremo presto o tardi.  Ci incontriamo presto.
Il nostro saluto è un sorriso, un lungo istante nel quale ci osserviamo: i capelli scomposti dal vento, le mani nei jeans, tasselli di una realtà. Reale.
Nota che ho le scarpe in mano, i piedi nudi. A me piace camminare a piedi nudi in spiaggia, sentire i granelli di sabbia, anche a Gennaio. Ci sediamo vicini, non abbastanza da toccarci, però.
Affondo i piedi nella sabbia, nascondendoli sino alla caviglia. Prendo un pugno di granelli e lascio che scivolino sulle sue scarpe, quasi a coprirle. Lui fa lo stesso, e mi seppellisce una mano. Un gioco innocente.
Ci guardiamo, abbiamo così tante cose da dirci: i nostri occhi raccontano storie, ma è troppo presto per tramutarle in parole fluide. Non diciamo nulla. Sarà per la prossima volta.
Il tempo passa, troppo in fretta.
Ci alziamo, scuotendo via la sabbia dai jeans. Recupero le scarpe, ma non le indosso. Salutarsi non è mai un piacere, meno che mai ora. I nostri sorrisi sono molto diversi adesso: hanno il sapore della malinconia. Ci diamo la mano, come fanno i grandi uomini d’affari dopo un’incontro con i pezzi grossi. Quel contatto arriva fino all’anima, ma ancora una volta è troppo presto. Sarà per la prossima volta, di nuovo.
Ci voltiamo, ognuno per la sua strada.
Nessuna fretta, solo la certezza di esserci, quando non sarà troppo presto.

3
Cassonetto differenziato / Tanto per...
« il: Settembre 14, 2011, 16:18:57 »
Lo dico tanto per dire.
Nell'ultimo periodo ho notato, per caso, che utenti non registrati stampano racconti. La prima volta non ci ho dato peso, poi ho iniziato a farci attenzione rendendomi conto che vengono stampati molti racconti.
Magari penserete "Chi se ne frega".
Bhà, a me dà un po' fastidio, ecco tutto.
Scrivo per il mio piacere e condivido con voi perchè trovo che sia splendido. Se voglio stamparmi qualcosa almeno dico all'autore che il suo scritto mi piace.
Mi sembra un po' scazzante il fatto che le persone facciano i loro comodi senza calcolare minimamente chi con passione si è dato da fare per condividere un pezzo.

Va bien, sono una rompipalle  ;D

4
Erotico / Segui l'istinto.
« il: Settembre 14, 2011, 10:36:20 »
Non biasimo chi non lo leggerà per la lunghezza.
Lo condivido con voi perché ha la sua storia, lo dedico a chi ne fa (e faceva) parte. :rose:


Erano arrivati quel pomeriggio, in ritardo grazie all'Alitalia. Lui aveva sistemato le valigie nella stanza di Marzia, poi erano corsi al "meeting".
Dopo cinque ore di ininterrotto blaterale e troppi dati da tenere a mente, erano liberi. L'azienda li aveva aggiornati, istruiti, ora erano pronti a tornare
nelle loro rispettive sedi di Bologna e Bari, per portare a casa le novità ed incrementare le vendite.
Stupidi, inutili, meeting.
Il ristornate dell'albergo aveva chiuso i battenti e loro erano rimasti a stomaco vuoto.
Mentre Marzia passeggiava nel corridoio, provò quella strana e reale sensazione di déjà vu. Sei anni prima. Diciottenne, tentava di beffare il cameriere, anche quella
volta il ristorante era chiuso. Lei e quel ragazzo. Imparò il numero della sua stanza a memoria. Ovunque fossero, lui si guardava attorno, e la baciava,
lì, lontano da occhi indiscreti. In quella stanza passavano ore, a parlare della loro vita, a ridere. Stanza 117. Stavano per fare l'amore proprio in quel letto,
peccato per il "no" di Marzia, sorda alle suppliche di Federico.
Scosse la testa con un sorriso, studiando la porta. Stanza 482. Bussò.
Daniel le aprì, osservandola con sospetto.
Aveva la stessa camicetta bianca, attillatissima, gli stessi jeans stretti, scarpe diverse: ballerine in vernice, di certo più comode dei tacchi indossati fino ad allora.
Tra le mani due bicchieri con un liquido semi trasparente.

<<Chiedo perdono e asilo politico>> allungò la mano con un bicchiere <<questo è un segno di pace>>
<<Sputa il rospo, che hai combinato?>> rispose Daniel.
<<Ho dimenticato le chiavi in camera. Quell'idiota alla reception mi ha detto che se ne parla domattina... le tue valigie sono da me e non so dove dormire>> sorrise
<<Ti ho portato un po' di vodka alla pesca. Non avevano altro.>>
<<Maledetti svizzeri e la loro precisione. Il drink ti ha salvata.>>

Esaminarono la stanza. Un comodino, un letto ad una piazza e mezza, incollato al muro, l'armadio (vuoto), e il bagno. L'azienda ci teneva a loro, aveva scelto le stanze
più economiche in un albergo a quattro stelle.

<<Prendi questa>> disse Daniel, porgendole la sua maglietta <<Se dormi con quella roba, morirai soffocata>>
Marzia la prese, cambiandosi in bagno. Le calzava talmente grande da sembrare un vestitino.
Daniel trovò la cosa incredibilmente divertente, abituato a vederla sempre impeccabile e femminile. Andarono a letto, dandosi le spalle, coperti solo da un lenzuolino.

<<Ehi...>> la voce di Daniel sembrò lontana nel buio <<dormi?>>
<<No... ho fame e freddo>>
<<Organizziamo un viaggio decente. Io, tu, Diego e la donna invisibile. Gnocca da svenire, magari simpatica>>
Nonostante il buio pesto, Daniel vide Marzia sorridere, spontanea e dolce. Gli si imprimeva nel cuore, ogni volta.
Di nuovo il déjà vu.
<<Stai pensando ancora a quella vecchia storia con quel tizio?>> le domandò.
<<Sì...>>
<<Vivi di più, pensa di meno, segui l'istinto e nessun rimpianto>>
Si abbassò sul suo viso, baciandola. Le labbra morbide avevano ancora il sapore forte della vodka, il dolce retrogusto di pesca.
<<Non provarci>> ribattè lei, senza rancore, quasi divertita.
<<Ho seguito solo l'istinto>> la guardò negli occhi, serio. Quello sguardo la scosse. Daniel viveva, senza lasciarsi l'amaro in bocca, senza rimpianti, nessun ricordo
velato di incompiuto. Le sorrideva. Daniel notò nei suoi occhi una scintilla che, dapprima, non riconobbe.
Marzia poggiò il gomito sul cuscino, alzò il viso, abbassandosi su quello di lui, a baciarlo. Con la mano sinistra gli carezzò i capelli. Si allontanò dalle labbra, gradualmente,
dandogli dei baci quasi svogliati. Scese lenta sul collo, fermandosi ad un certo punto. La bocca leggermente aperta, disegnò ghirigori con la punta della lingua sulla
sua gola. Lo sentì sospirare. Nessun rimpianto, si disse.
<<Voltati>> gli sussurrò. Lui eseguì. La sentì armeggiare qualche secondo, poi vide qualcosa cadere sulla moquette: la maglia-vestito, il reggiseno e qualsiasi
altro indumento indossasse. Divaricò le gambe,
posandosi su di lui. Daniel ebbe un fremito nel sentirle i seni, mentre lei si distendeva, avvicinando la bocca al lobo. Lo mordicchiò, passando i polpastrelli sulla spalla...
poi, decisa, puntò le unghie e lentamente le fece scendere lungo il suo fianco, arrivando ai jeans. Lasciò scorrere la mano sul materasso, passandogliela sotto il corpo.
Abilmente sbottonò i jeans, togliendoli con gesti rapidi. Lo voltò di nuovo, ammirando la sua eccitazione, baciandolo sopra i boxer. Tolse anche quelli.
Si portò all'altezza del viso di lui, lasciando che i capelli cadessero come una carezza su quel volto rilassato e in preda all'eccitazione.
Daniel la prese con fermezza, distendendola. Le baciò le guance, le labbra, il collo, le strinse i seni, tornò a tormentarle il viso di baci, passando le mani fra i capelli.
Scivolò tra le sue gambe, sentendone il calore. La penetrò con più foga di quanto avesse voluto, provocandole un gemito che riempì la stanza.
Con le mani le bloccò i fianchi, alzandola leggermente e tenendola ferma. Lei gli gettò le braccia al collo, persa sotto di lui, in balia della sua passione. Sentì
Daniel sussultare, il respiro sempre più pesante. Cercava, Marzia non capiva il perchè, di non rompere il silenzio. Decise di bloccargli
il viso tra le mani, baciandolo e allo stesso tempo spingendo il bacino. Di rimando, lui si mosse più deciso, serrandola come in una morsa, spingendo quasi fino
a farle male alle gambe.
Le lasciò i fianchi, passandole una mano dietro la schiena e trascinandola più su, a mezz'aria. Le morse le labbra, abbracciandola con forza per tenerla stretta.
Il corpo di lei sembrava andare a fuoco. Si voltò, piano, stavolta passando sotto di lei. Marzia allungò la mano tastando il letto, trovò il lenzuolino e lo lasciò
cadere su loro due.
Daniel la fissò per un lungo secondo, trattenendo a stento il desiderio, con una sola domanda negli occhi. "Nulla di incompiuto" si disse lei. Sorrise maliziosamente,
e lui capì. I movimenti divennero decisi, Marzia tuffò il viso nel cuscino, gemendo.
<<Dio mio... quanto ti amo>> fu quasi un sussurro, prima di abbandonarsi completamente, esausta. Daniel si sentì invadere da lei. La fece sua, definitivamente, rompendo
il silenzio con la voce traboccante di piacere.
Non si mossero. I battiti di Daniel erano ancora frenetici, ma forse dipendeva anche da altro. La guardava, compiaciuto e frastornato allo stesso tempo da quelle parole.
<<Come disse un tizio di mia conoscenza "segui l'istinto, nessun rimpianto">> disse lei, quasi a leggergli nel pensiero. <<Ti ho spaventato?>>
<<Sì. Avevo la testa altrove...>> risero insieme. Le sorrise, dolce. <<Ti amo>>



5
Erotico / Dahlia e Manuel (parte I e II)
« il: Settembre 09, 2011, 22:49:58 »
Che titolo cretino  dharmas
Lo divido in due parti perchè è lungo e chiedo scusa  :rose: ma a mio avviso se questo genere di racconto non è dettagliato non trasmette le giuste emozioni.  :rose:

----

I


Il famoso cliché sulle "figlie di papà" prevedeva che comprassero scarpe costose e guidassero auto di lusso, guardando tutti dall'alto in basso. Volendo, era quasi sempre vero. Ma non per Dahlia. Sua padre le avrebbe regalato la luna, se solo
lei l'avesse chiesta. Invece, aveva desiderato solo quella villetta, per viverci da sola e soddisfare le sue strane abitudini, come quella di ascoltare canzoni d'amore datate, possibilmente di italo-americani.

Le lancette dell'orologio segnavano mezzanotte e tredici.
Accese lo stereo, canticchiando a bassa voce.

"I sing amore, per dirti "Darling I love you" "... tolse l'accappatoio e indossò una vestaglia corta di raso, color verde acqua.
"Do you capire? My love tu dare solo un kiss"...

<<Credevo che il tuo inglese fosse migliore>> disse una voce alle sue spalle. Era Mauel, con addosso solo un pantaloncino.
<<Prego, non esitare a bussare>> rispose Dahlia, con ironia.
<<Scusami...>>
<<Scherzavo. Vieni.>> Spense lo stereo.

Si sedettero sul divanetto.
Lui cominciò a parlarle, di quanto gli mancasse la madre, di quando fosse difficile seguire due gemelle adolescenti, di quanto fosse difficile tutto.
Era stanco e stressato. Lei lo ascoltò con pazienza, carezzandogli il braccio.

<<Dovresti prendere un po' di tempo per te, per fare ciò che ti piace e riposarti>> lo rimproverò Dahlia con dolcezza.
<<E' vero>> le baciò la guancia <<Ma non posso...>>
<<Non dire idiozie!>> scattò in piedi. Accese di nuovo lo stereo e tornò a sedersi vicino a Manuel.
<<Ora chiudi gli occhi e non dire una parola.>>
Dahlia appoggiò la tempia alla sua guancia, chiudendo gli occhi a sua volta. La musica si diffuse per la stanza. Nel silenzio ogni nota risvegliava emozioni diverse,
ora tranquille e rilassanti, ora divertenti e scatenate.
Il profumo dei capelli di lei inebriò il ragazzo. Aprì leggermente gli occhi a guardare. Erano riccissimi, color tabacco. Profumavano d'arancia. Istintivamente li
carezzò. Come si aspettava, erano morbidi al punto da sembrar seta.
Quel gesto portò Dahlia a spostarsi, si avvicinò all'angolo della bocca e lo baciò. Ridendo, lo ribaciò nello stesso punto. Si accorsero quasi assieme dell'intimità
di quel momento.
Erano stati spesso abbracciati o molto vicini, ma mai con tanta pelle scoperta. La musica aveva un ritmo forte e coinvolgente. Manuel le cinse la vita con il braccio,
sentendo il corpo di lei sotto la sottile vestaglia.
Dahlia passò le dita sulla mascella di lui, spostandogli il viso. Gli baciò lentamente le labbra, sentendolo sussultare per lo stupore. Erano calde e morbide.
Spostò una mano sulla nuca, mentre con l'altra premette leggermente il petto, suggerendogli di distendersi sulla schiena. Lo baciò ancora, inebriandosi del profumo della sua pelle.
Si erano spinti un po'oltre, e lei lo sapeva. Ma c'era rimedio, erano abbastanza adulti da superare un piccolo bacio. La canzone finì.
Passarono pochi secondi, quando la stanza si riempì di note sublimi...il suono di violini magici le andrò dritto al cuore. Sentì batterlo più forte, mentre guardava
il viso di lui, ancora stupito ed evidentemente felice.
La voce di Sinatra la risvegliò. Lo desiderava. Manuel le scostò i capelli dal viso, non sapendo che fare.

6
Horror / La damigella - parte II.
« il: Settembre 05, 2011, 22:50:04 »
La stanza era ampia, con due finestre non troppo grandi.
Le pareti erano tappezzate con fine carta di un rosa pallido, in alto vi erano decorazioni con stucchi dorati e piccoli smerli.
Un enorme letto occupava buona parte del lato nord, mentre nel resto della stanza erano ordinatamente posizionati uno scrittoio, un tavolino da toeletta con uno specchio e varie sedie con lo schienale e la seduta in seta.
Tutto era rivestito da un pesante velo di polvere scura.

Qualcosa sullo scrittoio attirò l'attenzione di Laura. Era un quadro della Principessa Flora di Lanza.
La sua bellezza le tolse il fiato.
Aveva i capelli biondo cenere, cotonati, raccolti in una pettinatura alta, impreziosita da un filo dorato. Gli occhi chiari come il ghiaccio si sposavano con la carnagione candida, che però lasciava spiccare le labbra carnose color pesca. Laura osservò l'abito scollato e pomposo. Solo dopo qualche minuto si accorse dell'altra donna.
Altrettanto bella, altrettanto giovane.
Una ragazza dai capelli corvini e gli occhi verde smeraldo, sedeva accanto alla Principessa. Sua figlia? Impossibile, erano coetanee quasi. Eppure aveva un'aria familiare.... ma certo! Somigliava a lei, proprio a lei.

Laura si sedette, aprendo i cassetti, cercando informazioni su chi fosse quella donna.
Trovò un diario. Lesse, ad alta voce:

" 4 Giugno

Come mi è infelice questa vita, rinchiusa nella mia stanza ad attendere un evento alla quale non vorrei partecipare. Eppure, nella mia posizione, rispetterò i miei ospiti presentandomi al ballo di stasera. Greta, mia dolce damigella, mi preparerà un'acconciatura degna di una padrona di casa
"

Dunque era Greta, la sua damigella?
Mentre leggeva, si sentì rilassata.
I capelli sciolti si muovevano come spinti da un leggero vento. Non si rese conto che, però, tutte le finestre erano chiuse. Continuò:

"15 Luglio

Costui che chiamo marito mi ripugna. Odio la sua vista, la sua presenza, il suo sguardo. Ah maledetto fu il giorno in cui m'imprigionarono il cuore. [...] solo tu, angelo mio, allevi le mie sofferenze
"

Greta, doveva essere una confidente, fidata e amata dalla Principessa Flora.
Laura sentì una carezza lungo il collo, e rabbrividì. Era solo un'impressione, si disse.

"23 Ottobre

Via! Ha portato via l'unica ragione della mia esistenza, ed io ne morrò. Vuole vedermi sfiorire lentamente, ma non ci riuscirà. Ovunque ella sia, non sarà mai fedele a nessun'altra come a me. Ma io, oramai, non voglio più vivere.
"

Terminava il diario della Principessa.
Laura aveva studiato quella famiglia, sapeva dell'odio dei coniugi e del suicidio della Pricipessa Flora, ma nessuno ne aveva mai scoperto i motivi. Adesso lei sapeva.
Il Principe di Lanza le aveva portato via la sua damigella, probabilmente l'aveva uccisa.

Inorridita, Laura fece per alzarsi.
Sentì un vento gelido correrle sul viso, fra i capelli. Una forza invisibile la strinse in vita, come un abbraccio surreale. Le si gelò il sangue nelle vene.
Sentì un fetore di putrido che le provocò quasi il vomito.

Una voce metallica le risuonò nell'orecchio.

"Non andartene, Greta, non lasciarmi."

Qualcosa le bagnò il viso. Erano lacrime invisibili. Cercò di divincolarsi, di liberarsi, ma le fu impossibile.

"Non ti farà più del male. Non sarà più geloso di te, vieni con me, Greta".

Laura sentì le gambe molli, il respiro la stava abbandonando. Smise di tremare. L'odore di decomposizione le fece venire mal di testa, si insinuò nei polmoni fino a bloccarle la gola.

Una mano gelida le carezzò i capelli, le prese la mano. Gli occhi di Laura guizzavano in giro per la stanza, in cerca di aiuto. Si posarono sullo specchio.

Laura vide Flora che l'abbracciava, piangendole sul viso, stringendole la gola.

"Vieni via con me."

Un ultimo respiro, poi furono insieme, per sempre.



7
Horror / La damigella - parte I.
« il: Settembre 05, 2011, 22:16:39 »
Laura e Margherita sistemarono le attrezzature su uno dei vecchi ed impolverati tavoli di legno, mentre i ragazzi ispezionavano la villa.

Il bis nonno di Laura era stato, a suo tempo, uomo di fiducia del Principe di Lanza.
Lo stesso Principe gli aveva dato in dono quella villa, adiacente al suo palazzo, in modo che il suo più fedele amico e consigliere potesse abitarvi con la famiglia.

Per la prima volta nella sua vita, Laura vi entrava. Con i colleghi aveva ottenuto uno speciale permesso per condurre degli studi e pianificare un progetto per il restauro del palazzo principesco.
Passarono molti giorni prima che il gruppo potesse seriamente visitare e osservare ogni singola stanza: prima, toccava fare le dovute misurazioni ed i controlli standard.

Finalmente, dopo un paio di settimane, si divisero i compiti: le ragazze al piano superiore, Margherita al lato ovest, Laura al lato est, i ragazzi al piano inferiore.

Nonostante gli anni avessero sciupato lo splendore iniziale, ogni angolo di quel luogo portava alla mente immagini di un'antica regalità.
A Laura era toccata la parte con le stanze del Principe e di sua moglie.
Esaminò prima lo studio di lui, la sua stanza privata ed in fine quella matrimoniale. Le ci vollero due settimane per catalogare con precisione ogni parte, fotografare, scrivere e studiare le stanze.

Lasciò per ultima quella che credeva essere lo stanzino delle damigelle della Principessa. Una porta bianca, con delicate rose dipinte al centro.
Nell'entrarvi, si rese conto d'essersi sbagliata. Quella, in realtà, era la stanza privata della Principessa.
Ora si spiegava l'assenza dei suoi oggetti più intimi e preziosi nella camera matrimoniale.



8
Introspettivo / Un attimo per sè
« il: Settembre 02, 2011, 23:18:19 »
Girò la chiave tre volte prima di udire lo scatto della serratura.
La casa era avvolta nel buio, il silenzio regnava sovrano. Accese la luce, dispiacendosi quasi di interrompere quel flusso di tranquillità con la sua frenesia.
Aveva fretta, Elaine, aveva sempre fretta.

Sorridendo, si lasciò sprofondare nella poltrona in pelle del salotto.
Solo cinque minuti di pausa prima di riprendere... no, un momento: c'era un messaggio in segreteria. Era Kevin, il suo fidanzato.
Avrebbero saltato la cena insieme, c'era stato un problema in ufficio e non poteva muoversi.

Era libera, quella sera: avrebbe potuto portarsi avanti con qualche pratica, o sbrigare delle faccende.. ma aveva bisogno di riposo. Era da troppo che non se ne concedeva: non faceva altro che correre a destra e a sinistra per tutti, sacrificando ogni istante libero per fare una qualcosa a chiunque altro.

Si alzò con un balzo, quasi qualcosa l'avesse spaventata, poi, con metodica calma, sbottonò la camicetta bianca, lasciandola cadere sulla poltrona. Vi si sedette sopra, stropicciandola  - non era affatto da lei - sfilandosi le decolletè. I piedi le facevano un male atroce, ma il lavoro le imponeva un certo abbigliamento. Di nuovo in piedi, slacciò la cintura, lasciando che la gonna cadesse da sola.
Si sentiva libera, in un certo senso. Libera da quella divisa, libera dal lavoro. Staccò il telefono e spense il cellulare, avviandosi in bagno.

Riempì la vasca d'acqua calda e bagnoschiuma al latte di cocco.
Mentre l'acqua scorreva, si liberò del reggiseno, delle mutandine e dell'elastico, lasciando i capelli ad accarezzarle la schiena nuda.
Inspirò con soddisfazione il profumo del cocco mentre si diffondeva nel bagno. Lentamente entrò nella vasca colma, senza sedersi ancora. Prima, riempì il tappo di bagnoschiuma, alzò il viso mostrando bene il collo, e lasciò che la crema le scorresse a filo lungo il corpo. Con i polpastrelli la stese, prima sulla gola, poi sui seni e sul ventre. Voleva che il profumo le impregnasse la pelle.
Si distese, col viso quasi nell'acqua, per un infinito lasso di tempo, carezzandosi le braccia e le gambe.

Dopo mezz'ora l'acqua era più che tiepida.
Sì alzò, lasciando che le goccioline le scorressero lungo tutto il corpo, colando da sole insieme alla schiuma. Si avvolse per qualche istante nell'accappatoio, poi lasciò stare anche quello. Nuda, con i capelli umidi, si distese a letto, guardando il soffitto, carezzandosi i seni ed il ventre. La pelle era morbida, liscia e profumata.

Ripromise a sè stesse che meritava più spesso qualche momento di relax assoluto, poi sprofondò in un tranquillo sonno.

9
Altro / Universitari.
« il: Agosto 16, 2011, 18:19:33 »
Quando stavo per diplomarmi, tutti mi chiedevano a quale facoltà mi sarei iscritta.
La mia risposta era sempre la solita: "Non andrò all'univeristà".
La cosa scatenava risposte irritanti sul perchè, sul come avrei sprecato le mie capacità e su eventuali futuri pentimenti... ebbene, dopo qualche anno, ho tirato le somme.
Ho capito come nel mondo attuale, specialmente quello lavorativo, l'unica cosa che ti serve è solo una gran botta di c... fortuna. Ma più di qualsiasi altra cosa, ho capito di essere scampata ad un pericolo letale: diventare un'universitaria.

Sì.
Gli universitari, competitivi per natura, si classificano tra di loro, come si fa con le categorie animali.
Anch'io ho imparato a classificarli, ma in maniera diversa, e anche voi potete imparare.

Il metro di giudizio è la loro ossessione disumana per l' UNIVERSITA' (parola che va detta inchinandosi ripetutamente).

La prima fascia è abbastanza ristretta e di breve durata: vi appartengono tutti coloro che si iscrivono ma non venerano l'istituzione, abbandonandola poco dopo per dedicarsi ad una vita migliore.

La seconda fascia già è una cosa seria.
Prendiamo mio fratello.
Se tu,si, proprio tu lettore, che hai lavorato per 17 ore, ti se è rotta la macchina e sei tornato a piedi a casa, gli chiedi un qualsiasi favore, avrai come risposta "Ma io sto studiando".

Ecco. Lui sta studiando. Tu, persona qualsiasi, potresti morire dissanguato, potresti patire la fame o avere un parto prematuro, scordati il suo aiuto, perchè lui sta studiando. Una risposta alternativa allo "sto studiando" è "ma io sono andato all'università".

Esempio:

Tu: "Non ho più le gambe, ho fatto la Salerno-Reggio Calabria a piedi"
Universitario: "Eh... ma io sono andato all'UNIVERSITA'"

E qui siamo ancora al livello medio!
Esiste, incredibile ma vero, di peggio. Come mia cognata. Lei, cara, respira università, mangia, beve, dorme, sogna università.
Quando fai una domanda su cosa sta studiando, la risposta è un dedalo di paroloni.

"Storia dell'architettura, dell'urbanistica e facoltatice dell'arte"

Anche mio fratello, che sta per passare dalla seconda alla terza fascia di rompicazzosità, dà risposte del genere.

"Cosa studi?"
"Storia del pensiero economico"
"Ah, Smith, Keyness, Say..."
"No! STORIA DEL PENSIERO ECONOMICO"  - precisa lui.

Embè, io che ho detto?

E poi parlo con la mia collega, adorabile ragazza, intelligente, laureata, che a tale racconto mi riponde "Ma che andassero al diavolo, guarda che lavoro del caspio faccio io, non hanno capito niente".

 

 

10
Altro / Piccolo uomo
« il: Agosto 11, 2011, 00:03:36 »
Nessun giorno di lavoro è come il sabato, benedetto, silenzioso, sabato: Lise e Louis sono già andati via, Pascal è assente. Inumidisco lo straccio, cancellando dalla lavagna bianca gli scarabocchi dei bambini.

«Maè, vien nu poc cà, parlamm»
 «Se mi parli in italiano, ci vengo» dico a Mikkael. Lui mi sorride, sapendo di non avere scelta.
«Va bene, però vieni qua ti devo dire una cosa.»
Abbandono le pulizie, mi avvicino al banchetto e mi siedo su una sedia talmente bassa da sentirmi quasi a terra.

«Allora, di che parliamo?» gli domando. Mi guarda seriamente, preparandosi la domanda.  Lo show dei record lo hanno visto giovedì sera – lui e gli amici - , le domande me le hanno fatte venerdì, quindi si tratterà di qualche altra cosa.
«Maestra maè lo sai, mio zio ma si fa la droga.»
Ha quel suo modo di parlare, pieno di “maè” cioè “maestra”, e pieno di “ma”. Questi piccoli difetti mi ricordano ancora di più quanto piccolo sia. So che vuole continuare.
«Oh» dico, annuendo.
«Sta sempre tutto nervoso. Ma po’ c rè sta drog? Cioè perché se la fa?»

Bang. Lo sapevo dove voleva andare a parare.
Mi chiedo se abbia fatto la stessa domanda a sua madre, se gli abbia dato soddisfazione rispondendogli. Probabilmente no. Cerco le parole giuste.
«Vedi, la droga è una cosa brutta. Hai presente la polvere? Certe volte è come la polvere...»
«Ahahah a povr!» ride, è pur sempre un bambino.
«Parla bene, Mik. Si, diciamo che alcune droghe sono così. Le persone se la fanno perché non lo sanno che è una cosa bruttissima, nessuno glielo ha spiegato. La provano e poi non sanno smettere.»

Non posso dirgli tutta la verità, della morte e via discorrendo, stiamo pur sempre parlando di suo zio, e lui ha solo sette anni. Devo addolcirgli la pillola.
«Ah… eh, però vedi, io non capisco perché se la fanno se è brutta! Ma… ma che si prova?»
Maledizione.
«Non lo so bene. Ti senti tutto strano, vedi cose strane…»
«Vedi tante farfalle e i mostri!» dice lui eccitato.
«Sì, insomma. Ci pensi che brutto? Poi ti viene male alla testa e da tutte le parti, è davvero orribile, puoi andare all’ospedale.»
Spero di averlo spaventato abbastanza.

«Lo sai, il vero uomo, l’uomo forte, non si fa la droga» questo glielo dico in dialetto. «E tu sei un giovane uomo. Ricorda che devi diventare pompiere…»
«Nun o sacc maè… pompiere o carabiniere»
«Già…sei un giovanotto, devi stare vicino alla mamma finchè papà non esce dal carcere e poi lo sai, appena ti vedrà penserà “Marò comm è bell o figl mi”! Per fare tutte queste cose devi crescere bene… capisci che voglio dire?»

«Io sono uomo! Non me la farò mai, te lo prometto!»
E mi allunga la mano in segno di promessa.

11
15 minuti per creare / Il giocattolo nuovo
« il: Luglio 26, 2011, 22:30:02 »
Come ogni mattina, mi sveglio presto.
Mentre mamma prepara il caffè, mi lavo con cura, sbadiglio due o tre volte, poi pigramente mi stiracchio.
La mia padroncina è più lenta, borbotta e si gira molte volte prima di uscire dal letto: a quanto pare deve andare in un posto che si chiama lavoro, e non sembra contenta.
Aspetto che esca per dedicarmi alle mie piccole faccende: faccio colazione con i croccantini, passeggio in giardino per controllare se ci sono gatti, ed in fine, ispeziono le stanze alla ricerca di qualcosa di bello.

Nella stanza mia e di Tea, trovo il mio nuovo tesoro.
Antonio ha lasciato i giocattoli - lui le chiama infradito - vicino al letto.
Antonio vive qui da quando sono nato, ma non siamo mai stati grandi amici: a volte litiga con la mia padrona, a volte mi ignora, raramente mi porta fuori. Che strano animale.
Decido di prendermele, anche perchè il mio giocattolo ciabattina è rotto e io sono triste. Le porto nella cesta e faccio la guardia, finchè mamma non si avvicina con un pezzo di formaggio, mi distrae e me le ruba.
Sono seccato, vado sotto al letto a dormire.

«Lucky, vieni!».
Lucky sono io. La mia padrona mi sta chiamando e corro da lei.
«Tieni tesoro, questa è tutta tua» dice, facendomi vedere una cosa rotonda.
La annuso.
Non ha il suo odore e nemmeno il mio. Decido che non mi piace, non fa per me. Vado via, quando sento un rumore fantastico. E' la palla nuova senza odore a produrre un suono così bello? Corro ad annusarla ancora, la prendo in bocca e scappo felice.

La mia padrona torna dopo molto tempo.
«Odio questo suono infernale, non avrei dovuto comprartela» mi dice. Dal tono dolce della sua voce, immagino abbia detto qualcosa di bello.
Forse le piace il suono del mio nuovo giocattolo?
Mordo ancora più forte, così suona di più e io posso ringraziarla.

12
Introspettivo / Dolce vendetta
« il: Luglio 26, 2011, 00:16:56 »
Sciolse la lunga treccia e pettinò con cura i capelli, prima di raccoglierli in una semplice e sobria coda di cavallo.

«Buongiorno» disse Ilenia, quasi in un sussurro, salendo sul pulmino della scuola. Nessuno rispose al suo saluto, tranne l'autista.

Come al solito, andò a sedersi in fondo, da sola, ad osservare la strada fino all'arrivo a scuola. Non che lì fosse più in compagnia, pensava. Ogni volta attendeva il suono della campanella, restando nel rettangolo disegnato assegnato alla sua classe. Probabilmente, era l'unica in tutto il cortile a considerare quelle quattro linee bianche.

Non amava quella vita. Avrebbe voluto dire molte cose, lei; avrebbe voluto mostrare di più ciò che aveva dentro, e invece si nascondeva come una bimba impaurita.

Le sue compagne di classe cominciavano ad usare i primi trucchi, accenni lievi di ombretti celesti e lillà. Ilenia non avrebbe mai avuto il coraggio di farlo.

Nica e Nancy non facevano altro che prenderla di mira, più delle altre. Perchè era diversa. Perchè a lei non piaceva il bello della classe, ma il ragazzo silenzioso e bravo in matematica del primo banco. Perchè lei non vestiva alla moda nè ascoltava musica.
Taceva, silenziosa, reprimendo il dispiacere, vivendo nel suo mondo.


----

La cartolibreria era affolata da mamme in lotta per avere i nuovi libri per i loro bambini, e quindi il cartolaio, un tipo poco paziente, alzò gli occhi al cielo appena s'accorse di avere un'altra cliente.
Gli bastò un istante però, per rendersi conto che non era una mamma ansiosa e urlante.
La ragazza poteva avere massimo vent'anni: il viso dolce, sapientemente truccato, era incorniciato da una morbida chioma castana. Vestiva in maniera semplice e sofisticata: maglietta nera, jeans stretti scuri, francesine nere, un bel cardigan rosso vivo e borsa grande. Guardava gli scaffali in attesa del suo turno.
Entrarono altre due ragazze.

«Carissime!» salutò con voce squillante la prima arrivata.
Le due la osservarono per un attimo. Ilenia sapeva cosa stavano pensando e sorrise tra sè.
Era cambiata molto. Adesso era sbocciata in una giovane donna. Bella, solare, fine. Nica e Nancy, invece, erano sempre uguali: due ragazze superficiali e insipide.
«Ciao» rispose Nica, continuando ad osservarla.
«Da quanto tempo, cosa si dice di bello? Che fate ragazze?» con tutta l'ipocrisia possibile, Ilenia sfoggiò il suo nuovo carattere.
«Andiamo all'università» disse Nancy «tu? Sei fidanzata?»
«Niente università per me, lavoro, faccio la maestra. Sì, sono fidanzata da molti anni, mi sposerò presto» Ilenia evitò di scendere nei particolari. Non si sarebbe sposata presto e il suo lavoro in verità faceva schifo. Ma il destino le aveva regalato un vassoio d'argento per vendicarsi delle due arpie, e non poteva lasciarsi sfuggire l'occasione.

Conversarò qualche altro minuto, prima di andarsene.

«Alla faccia vostra, streghe» disse a voce alta, ringraziando il suo angelo custode per quel regalo favoloso.

13
Letteratura che passione / Non mi è piaciuto...
« il: Luglio 25, 2011, 23:39:28 »
C'è l'angolo dei consigli, questo invece è l'opposto  ;D
Parlateci di qualche libro che a voi non è piaciuto, del perchè, ecc.  :Ppp:

14
Altro / Lo chalet (parte I)
« il: Luglio 22, 2011, 23:47:52 »
Non so dove pubblicare la prima parte  dharmas

___


Vaniglia. Era questo il profumo che riempiva l’aria, morbido, delicato e intenso.

Aprì gli occhi, il sole mi investì il viso: respirai a pieni polmoni la deliziosa fragranza prima di cominciare a pensare. Dov’ero? Non lo sapevo. Iniziai ad incamminarmi, sola, ascoltando il rumore dei tacchi sul marmo. In quel luogo sconosciuto e solitario tutto aveva un’aria familiare; un lampo mi abbagliò per qualche istante, accompagnato dall’abbaiare di un grosso cane.

«Boyd, buono» una voce maschile.
Mi avvicinai al chow-chow scodinzolante, chiedendomi cosa ci facesse lì il cane di un libro: le sue sopracciglia danzanti non furono d’aiuto. Lo accarezzai, leggermente perplessa.

 «Ciao» la stessa voce. Solo allora sollevai lo sguardo e lo vidi. Mille emozioni contrastanti mi assalirono: rabbia, confusione, amarezza, gioia.
«Ehi» fu tutto ciò che riuscì a biascicare. Il ragazzo sorrise, lo sguardo triste. Per qualche strana ragione la cosa mi fece sentire in colpa, così cercai di essere gentile.

« Posso offrirti un caffè?» proposi, sforzando naturalezza.
«Preferirei un succo di frutta» stavolta sorrise davvero. Un altro lampo. Ci ritrovammo al bar del camping dove lavoravo. Ma non era il mio giorno di riposo? Poco importava, quindi, meglio darsi da fare con “l’ordine”.
Oramai il piccolo seme della barista era germogliato in me. Presi il succo d’arancia rossa, diedi qualche colpetto al fondo e cercai il bicchiere “Amita”. Non c’era. Guardai per qualche istante il tavolino: tre pilsner glass, un flûte, diversi calici e cinque shot, ma niente Amita.

«Scusami un momento» dissi, indispettita. Attraversai il market, il deposito e mi ritrovai in cucina, esattamente al centro ed equamente lontano da qualsiasi cosa. Odiavo quel posto. Ricordavo di averlo pulito con Cinzia, ricordavo di aver sentito un tintinnio, come di qualcosa incastrato, crescere sempre più… ricordavo d’essere scappata insieme a lei, urlando “topi”.
Tornai al bar, senza bicchiere di vetro, optando per un igienico monouso di carta.

«Allora, dove alloggi?» domandai, sorseggiando il mio orribile caffè.
«Mi hanno dato questa, com’è?» risposte, porgendomi una chiave.
Osservai il portachiavi in plexiglas con il numero 20 dorato. Lo chalet.

15
15 minuti per creare / E ti vedo
« il: Luglio 10, 2011, 23:46:24 »
Sto bene quassù.
Il vento è leggero, delicato quel tanto che basta per carezzare la pelle, rinfrescandola dal caldo di Luglio.
Mi stringo a lui, sussurrandogli «Ti amo tanto».
«Tonto?» mi risponde, nascondendo un sorriso.

Dall'altro lato della strada quatto amici ridono, di un riso pieno e gioioso.
Parlano di qualcosa che non sento, s'abbracciano e giocano ad un gioco che non conosco. E si guardano, e si sorridono a vicenda, complici.

Un'auto passa correndo, alzando una nuvola di polvere scura e pesante.
«Coglione» urla l'anziano poco lontano da noi.
Lo guardiamo annuendo col capo.
Con fare tipico delle persone anziane, appunto, attacca bottone con lui, su quanto stupidi siano i giovani di oggi. Per conto mio me ne torno a guardare la mia scena, dall'altro lato della strada.

I quattro amici fanno una foto, poi, spariscono lentamente insieme alla nuvola di polvere. Allungo una mano, quasi a voler stringere quell'immagine che sparisce, ma non c'è nulla da fare.

E dentro di me, improvvisamente, ricordo un verso di una canzone.
Muovo lentamente le labbra, ripetendo in automatico, quasi in silenzio, quella frase:

«E intanto, il tempo passa e tu non passi mai.»


Pagine: [1] 2