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Topics - Doxa

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Pensieri, riflessioni, saggi / Thanatos
« il: Settembre 02, 2013, 17:05:29 »
Thanatos: nella mitologia greca personificava la morte ed era rappresentato come un uomo barbuto ed alato, con una lucerna spenta e rovesciata. Gli antichi Romani lo chiamavano Mors.


(Thanatos tra Afrodite e Persefone)

Il poeta e scrittore  Esiodo nella sua “Teogonia” dice che Thanatos  fu concepito dalla “Notte” (Nyx) dopo l’amplesso con suo fratello Erebo, personificazione delle tenebre. 

Dal suo nome deriva la “tanatofobia” (la paura della morte), e le parole “tanatoestetica” e “tanatoprassi”, che vengono usate dagli addetti delle agenzie funebri.

Le esequie necessitano di preparazione adeguata da parte del personale che si occupa di questo servizio sociale, perciò  ci sono scuole che insegnano come diventare “maestro di cerimonia funebre”.

Un articolo nella pag. 53 su “Il Venerdì di Repubblica”  del 23-8-2013 informa che a Bologna c’è una scuola per la formazione funeraria: organizza corsi di specializzazione per chi lavora nelle agenzie funebri. Tre giorni di full immersion per acquisire competenze nella cura del corpo post mortem o nella sapiente disposizione dei fiori.

Per la sepoltura del “caro estinto” è importante l’aggiornamento professionale per competere con la concorrenza.

Forse il corso l’ha seguito anche l'ex leader del partito democratico Walter Veltroni. Il giornalista Luigi Mascheroni (Il Giornale, 14/08/2013) lo considera un perfetto sacerdote delle cerimonie funebri: è sempre il primo a dare l'orazione alle agenzie di stampa.  Il suo lutto mediatico è un'arte per abilità e tempismo.
 
Vivere è una sofferenza. Morire una tragedia. Piangere i propri cari una disperazione. E seppellire gli estranei un'arte.
L'arte in cui eccelle Walter Veltroni non è, come si crede, la politica e neppure, come crede lui, la letteratura. Ma il lamento funebre sui Grandi d'Italia. Le esternazioni mortuarie per gli addii intellettuali. Le condoglianze, via Ansa, ai figli degli uomini, ma anche delle donne, illustri. Nessuno li sa seppellire come lui.

Nessuno come Walter Veltroni, uomo di private passioni intellettuali ma ancor più di necessarie relazioni pubbliche, si distingue per abilità, tempismo e varietà di toni nel portare il lutto mediatico per la scomparsa - sempre «prematura» e «incolmabile» - di un insigne rappresentante del mondo della cultura o della società civile.

Comunista di formazione ma di scuola democristiana, intellettualmente laico ma di indole pretesca, Walter Veltroni è un perfetto maestro di cerimonie, funebri. Un sacerdote pubblico del compianto culturale. Una primadonna della prefica letteraria. Un maestro del cordoglio artistico.

Nulla sfugge alla commozione di Veltroni. Il più veloce e il più presente sulla scena mediatica italiana. Da un controllo incrociato nell'archivio dell'Ansa relativo all'ultimo anno, da agosto 2012 ad agosto 2013, nessun altro personaggio pubblico, anche più della stessa figura istituzionale del presidente della Repubblica, compare con la medesima frequenza e puntualità di Veltroni nel rilasciare una dichiarazione di cordoglio per qualche Grande della Patria appena scomparso.

Morto Luciano Barca, Veltroni: «Uomo di idee forti». Morto Ugo Riccarelli, Veltroni: «Uno scrittore sapiente». Morto Vincenzo Cerami, Veltroni: «Un amico e un grande scrittore». Morta vedova Borsellino, Veltroni: «Donna straordinaria». Morto Ugo Vetere, Veltroni: «Sindaco importante e uomo coraggioso». Morto Antonio Manganelli, Veltroni: «Il Paese perde un numero uno». Morta Mariangela Melato, Veltroni: «Una grande artista fra dramma e commedia». Morto Luigi Spaventa, Veltroni: «Un economista coraggioso e un uomo colto». Morta Rita Levi Montalcini, Veltroni: «Donna forte e coerente». Morta Gae Aulenti, Veltroni: «Donna sensibile che lascia traccia profonda». Morto Shlomo Venezia, Veltroni: «Scompare un testimone dell'orrore». Morto Pierluigi Vigna, Veltroni: «Un magistrato rigoroso, il Paese gli deve molto». Morto Roberto Roversi, Veltroni: «Un intellettuale raro, dura perdita per la cultura». Morto Piero Farulli, Veltroni: «Un enorme perdita per la musica, il suo insegnamento continuerà». Morto il cardinale Martini, Veltroni: «Uomo di profonda ispirazione religiosa e di infinita cultura». Morto Italo Solera, Veltroni: «Un grande urbanista, le sue idee rimarranno vive»... Benediteci Gesù, Giuseppe e Maria, adesso e nell'ora della nostra agonia.

Sgomento nell'apprendere «con grande dolore» la notizia della morte del caro estinto, tempestivo nel piangere la scomparsa, puntuale nel ricordarne la «grande passione», elegante nel sottolinearne i meriti «profondi», commosso nell'esprimere il cordoglio alla famiglia, emozionato nel rammentare i momenti di «collaborazione», orgoglioso nel ricordare gli incontri, fiero ne segnalarne il luminoso esempio alle generazioni future, Walter Veltroni è l'officiante esemplare del rito pubblico delle esequie vip.

Veltroni lo hanno sempre raffigurato, nella satira, in forma di bruco. Ma nel dramma, è un coccodrillo straordinario.
Un rappresentante esemplare del Pci: preghiere, commozione, insegnamenti. Le prime si spendono, la seconda si trattiene a stento, gli ultimi si preservano.

Naturalmente predisposto a partecipare al dolore altrui, provvisto di una capacità non comune nella scelta dei tempi e dei modi dell'esternazione, e fornito - va detto - di un eccellente portavoce e diversi ghostwriter, Walter Veltroni tra Prima, Seconda e attuale Repubblica ha tumulato con talento e mestiere (meglio e prima di tutti gli onorevoli colleghi), decine, centinaia, migliaia di italiani illustri. Senza mai dimenticare un minore, senza sbagliare una citazione, calibrando ogni aggettivo, rispettando le diverse sensibilità, scegliendo sempre la parola giusta, il ricordo pertinente, l'opera più simbolica. Con un ampio ventaglio retorico e un altissimo grado d'aggettivazione, in cui spicca una malcelata predilezione per «forte», «coraggioso», «toccante».

Lasciato con un commosso addio il Parlamento e dedicatosi esclusivamente alla scrittura, e in particolare alla narrativa - campo in cui già spiccano titoli dolorosissimi come "L'inizio del buio", sulla tragedia di Alfredino Rampi, o "Quando cade l'acrobata, entrano i clown", sulla tragedia dell'Heysel - Walter Veltroni, pur libero dai doveri di rappresentanza, non ha diradato le proprie partecipazioni. Anzi. E se mai ciò dovesse avvenire, come direbbe - lapidario - lui stesso: «Ci mancherà».

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Anch'io ho scritto un aforisma / Quattro cose...
« il: Agosto 28, 2013, 13:18:32 »
Quattro cose non si possono nascondere a lungo: il sapere, la stupidità, la ricchezza e la povertà.”

(dalla raccolta di novelle “Le mille e una notte”, scritte nel decimo secolo)

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Pensieri, riflessioni, saggi / Notte silente
« il: Agosto 05, 2013, 14:46:34 »
In una di queste notti estive  mentre guardavo verso il cielo è  echeggiata nella  mia mente una proposizione attribuita allo scrittore tedesco Johann Wolfgang von Goethe (1749 – 1832): “Notte silente, il deserto è in ascolto di Dio.  E la stella parla alla stella.” Queste parole mi hanno evocato l’idilio “La sera del dì di festa”, composto nell’estate del 1820 dal poeta e scrittore Giacomo Leopardi (1798 – 1837). La poesia  inizia con la descrizione dell’ameno paesaggio notturno illuminato dalla luna. La contemplazione sembra protesa verso il trascendente, invece nei versi successivi  Leopardi torna all’immanente perché volge il suo pensiero alla donna amata, che  è indifferente alle sue sofferenze d’amore. Inoltre, considera l’infelicità impostagli dalla Natura:  "A te la speme | Nego, mi disse, anche la speme; e d'altro | Non brillino gli occhi tuoi se non di pianto" (vv. 14-16):

"Dolce e chiara è la notte e senza vento,
e queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
posa la luna, e di lontan rivela
serena ogni montagna. O donna mia,
già tace ogni sentiero, e pei balconi
rara traluce la notturna lampa:
tu dormi, che t'accolse agevol sonno
nelle tue chete stanze; e non ti morde
cura nessuna; e già non sai nè pensi
quanta piaga m'apristi in mezzo al petto.
Tu dormi: io questo ciel, che sì benigno
appare in vista, a salutar m'affaccio,
e l'antica natura onnipossente,
che mi fece all'affanno. A te la speme
nego, mi disse, anche la speme; e d'altro
non brillin gli occhi tuoi se non di pianto….”


La notte silente immaginata da Goethe mi fa anche pensare al mitologico dio Arpocrate,  considerato dagli antichi Greci e Romani la personificazione del silenzio.  Venne denominato Harpechrat dai Greci  ed Harpŏcrătēs dai Latini.  Deriva dall’egiziano dio Horus, figlio di Iside ed Osiride.

La religione egiziana aveva distinto Horus giovane da Horus fanciullo. Questo veniva rappresentato nell’iconografia egizia come un bambino con un ciuffo di capelli sulla testa rasa e con il dito indice della mano destra sulle labbra, ma di  questo gesto col tempo si perse l’originario significato e, secondo  lo scrittore e filosofo greco Plutarco, fu sostituito da quello di simbolo del silenzio, in relazione ai misteri inerenti le religioni.

Nell’iconografia greco- romana Arpocrate fu rappresentato in diverse varianti.


(bronzetto che rappresenta Arpocrate; II secolo d.C.)

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Scienza / Relazioni di coppia
« il: Giugno 12, 2013, 00:11:40 »
Relazioni di coppia /1

La parola “coppia” deriva dal latino “copula”. Nel medioevo il lemma venne contratto dai parlanti e divenne “copla”: significa  legame ma anche congiunzione tra due persone. 

Formare la coppia nel nostro tempo è una scelta, diversamente dal passato,  ma è un  legame fragile e potenzialmente scioglibile.

Scegliere di essere coppia significa non solo amare ed essere amati da un’altra persona ma anche riconoscersi legati ad una relazione che contiene le persone che la formano.

Amarsi non è solo “stare insieme”, dice la psicologa Anna Bertoni, la quale ha scritto: “Al giorno d’oggi la situazione della coppia si presenta con tanti volti: ci sono coppie sposate da cinquant’anni, altre che si sposano sperando e credendo nel "per sempre", vi sono poi quelle che "stanno insieme" non si sa da quanto e per quanto, quelle che provano a convivere, quelle che si separano e quelle che si risposano. Una realtà dunque complessa.”

Si sceglie la vita di coppia, ma questa è diventata fragile, soggetta a frequenti rotture del legame (vedi i tassi crescenti di separazioni e divorzi). Si comincia a non credere che il legame possa essere "per sempre" (vedi la frequenza di convivenze e di unioni di fatto).   

C’è la volontà di vivere in coppia, di amare, ma con la "riserva mentale": se non ci si ama più, se non sto bene in coppia, voglio essere libero/a di separarmi.. Questa possibilità non rende immuni dal dolore, che coinvolge non solo i partner, ma anche il contesto familiare.

E' la dimensione etica della relazione di coppia che è stata fatta diventare fragile: l’impegno, la dedizione,  la fedeltà al legame, danno senso e direzione al rapporto. L’amore di coppia se non è orientato dall'ethos diventa effimero.








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Pensieri, riflessioni, saggi / palcoscenico della vita ?
« il: Aprile 22, 2013, 20:51:05 »
Negli aforismi il nick “Platino ha scritto: "Ognuno è attore sul proprio palcoscenico della vita, ma il destino unico spettatore."

E di rimando Nuvola ha scritto: “La vita è un palcoscenico e noi siamo gli attori: peccato che non siamo noi stessi a sceglierci il ruolo da recitare.

Nel teatro antico gli attori usavano anche le maschere per identificare lo stereotipo delle varie tipologie umane. E sin dall’antichità il tema dell’essere e dell’apparire fa parte della riflessione filosofica, perché  rappresenta una parte di ciò che cerchiamo di perseguire.

Lo scrittore Luigi  Pirandello, premio Nobel per la letteratura nel 1934,  nel suo romanzo "Uno, nessuno  e centomila" spiega come una persona possa indossare centomila maschere nella vita ed apparire agli altri diversa da come è realmente. Il comportamento influenza la scelta fra l'essere e l'apparire: essere se stessi non è facile quando  le circostanze esterne inducono ad "apparire".

Il titolo del romanzo pirandelliano è una chiave di lettura della tematica dell'identità. Il protagonista, Vitangelo Moscarda, è davanti allo specchio, simbolo dell’io davanti a se stesso, e scopre di vivere senza "vedersi vivere". Insegue l’ estraneo che è inscindibile da sé, che l’alterità conosce in centomila identità differenti. E’la storia di una consapevolezza che si va man mano formando: l'individuo non è Uno e  la realtà non è oggettiva.  Vitangelo passa dal considerarsi unico per tutti (Uno, appunto) a concepire che egli è un nulla (Nessuno), attraverso la presa di coscienza dei diversi se stesso che via via diventa nel suo rapporto con gli altri (Centomila). In questo modo la realtà perde la sua oggettività e si sgretola nell'infinito vortice del relativismo.

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Scienza / L'iter amoroso
« il: Marzo 21, 2013, 21:25:09 »
Iter amoroso/1

Ho letto numerosi libri sull’amore di coppia e sul processo amoroso, che ha schemi di comportamento, "copioni" che si ripetono, pur con le variabili. Sono antichi "meccanismi" psicologici escogitati dalla natura per la continuità della specie.

Conoscere le "regole del gioco" è importante, perciò in questo topic voglio scrivere dei post dicendo quel che so, ed invito voi tutti a dire le vostre opinioni e quel che avete letto in merito. 
 
Il mio vuol essere un “viaggio” attraverso le fasi dell’iter amoroso, con l'aiuto degli scienziati che fanno ricerche, indagano i segnali sensoriali, i meccanismi ormonali, l’attività psichica che si combina con la neurofisiologia e la biochimica.

La dissezione scientifica  toglie all'amore  il velo di romanticismo passionale,  poetico,  però è un modo per  comprenderlo, per capire che l’iter amoroso si svolge come un percorso ciclistico a tappe, per ognuna delle quali oggi la scienza dà la spiegazione. Del percorso  e delle diverse fasi ci rendiamo conto solo a posteriori, perché  quando si è coinvolti è difficile capire in tempo reale quale tratto di “strada” si sta percorrendo. 

Le diverse fasi  del metaforico viaggio sono caratterizzate da scansioni temporali. Il traguardo finale è simbolicamente rappresentato dall’amore di coppia, ma spesso uno od entrambi i partner scelgono di fermarsi,  di non proseguire il processo amoroso.

L’itinerario comincia con l’attrazione, che può avvenire in ambiente reale oppure virtuale: forum,  chat, social network, e-mail,  telefonate possono creare idealizzazioni, che poi debbono essere  confermate o disconfermate  durante l’incontro vis a vis.

Se l’attrazione è reciproca, se la percezione di alcune caratteristiche esteriori (fisiche e comportamentali) riesce ad emozionare,  se in entrambi c’è la volontà di conoscersi ed il contesto permette l’approccio, comincia il dialogo, che permette, se possibile, il  feeling, la reciproca simpatia, ed anche di capire  se la persona può interessare come amico/a o come partner.

Se entrambi decidono di cominciare la relazione amorosa si entra nella fase della reciproca seduzione, alla quale  di solito segue  l’infatuazione, che è il primo livello dell’innamoramento, connesso  con l’attaccamento.

“Mi sto innamorando di te” , è la frase che di solito viene usata per dire al/alla possibile partner: “dentro di me sta nascendo l’affetto per te, forse è innamoramento, ma sei in tempo per bloccarlo oppure per darmi modo di andare avanti.”  La risposta serve per capire cosa l'altro/a pensa in merito, se il sentimento è reciproco, se la relazione deve proseguire o deve essere interrotta.

Molti giovani per timidezza od orgoglio temono di rivelare la loro infatuazione perché non sopportano la possibile sconfitta.
La “dichiarazione” è "rischiosa", un rifiuto fa svanire i “sogni ad occhi aperti”, ma comunque vada è importante tentare… se si tace per timore si perde la possibilità di sapere.

Innamorarsi è facile ed è un’esperienza piacevole, ma non è l’amore. L’innamoramento serve per creare le basi di un amore duraturo, ma chi resta ancorato all’utopia dello stato d’innamoramento finché vive può incontrare seri problemi nel costruire un durevole rapporto di coppia.
 
Infine c’è l’amore, ma anche la possibile crisi di coppia e, purtroppo, la fine dell’amore, la separazione. che spesso lascia conseguenze  psicologiche traumatiche.

Comunque, al di là di queste fasi, valide generalmente per tutte le coppie, la complessità della vita amorosa è legata a numerose variabili: la vita adulta è frutto delle esperienze, delle relazioni con i genitori e quelle che si incontrano crescendo, del rapporto che si ha con se stessi e con il proprio corpo, del grado di autostima e di accettazione del proprio essere e della propensione ad affidarsi all’interno di una relazione.

502
Scienza / Scienza e amore
« il: Marzo 06, 2013, 17:38:23 »
Ho letto numerosi libri sull’amore di coppia e sul processo amoroso, che ha schemi di comportamento, "copioni" che si ripetono, pur con le variabili. Sono antichi "meccanismi" psicologici escogitati dalla natura per la continuità della specie.

Conoscere le "regole del gioco" è importante, perciò in questo topic voglio scrivere dei post su questo tema, dicendo quel che so, ed invito voi tutti a dire le vostre opinioni e quel che avete letto in merito. 
 
Il mio vuol essere un “viaggio” attraverso le fasi dell’iter amoroso, con l'aiuto degli scienziati che fanno ricerche, indagano i segnali sensoriali, i meccanismi ormonali, l’attività psichica che si combina con la neurofisiologia e la biochimica.

La dissezione scientifica  toglie all'amore  il velo di romanticismo passionale,  poetico,  però è un modo per  comprenderlo, per capire che l’iter amoroso si svolge come un percorso ciclistico a tappe, per ognuna delle quali oggi la scienza dà la spiegazione. Del percorso  e delle diverse fasi ci rendiamo conto solo a posteriori, perché  quando si è coinvolti è difficile capire in tempo reale quale tratto di “strada” si sta percorrendo. 

Le diverse fasi  del metaforico viaggio sono caratterizzate da scansioni temporali. Il traguardo finale è simbolicamente rappresentato dall’amore di coppia, ma spesso uno od entrambi i partner scelgono di fermarsi,  di non proseguire il processo amoroso.

L’itinerario comincia con l’attrazione, che può avvenire in ambiente reale oppure virtuale: forum,  chat, social network, e-mail,  telefonate possono creare idealizzazioni, che poi debbono essere  confermate o disconfermate  durante l’incontro vis a vis.

Se l’attrazione è reciproca, se la percezione di alcune caratteristiche esteriori (fisiche e comportamentali) riesce ad emozionare,  se in entrambi c’è la volontà di conoscersi ed il contesto permette l’approccio, comincia il dialogo, che permette, se possibile, il  feeling, la reciproca simpatia, ed anche di capire  se la persona può interessare come amico/a o come partner.

Se entrambi decidono di cominciare la relazione amorosa si entra nella fase della reciproca seduzione, alla quale  di solito segue  l’infatuazione, che è il primo livello dell’innamoramento, connesso  con l’attaccamento.

“Mi sto innamorando di te” , è la frase che di solito viene usata per dire al/alla possibile partner: “dentro di me sta nascendo l’affetto per te, forse è innamoramento, ma sei in tempo per bloccarlo oppure per darmi modo di andare avanti.”  La risposta serve per capire cosa l'altro/a pensa in merito, se il sentimento è reciproco, se la relazione deve proseguire o deve essere interrotta.

Molti giovani per timidezza od orgoglio temono di rivelare la loro infatuazione perché non sopportano la possibile sconfitta.
La “dichiarazione” è "rischiosa", un rifiuto fa svanire i “sogni ad occhi aperti”, ma comunque vada è importante tentare… se si tace per timore si perde la possibilità di sapere.

Innamorarsi è facile ed è un’esperienza piacevole, ma non è l’amore. L’innamoramento serve per creare le basi di un amore duraturo, ma chi resta ancorato all’utopia dello stato d’innamoramento finché vive può incontrare seri problemi nel costruire un durevole rapporto di coppia.
 
Infine c’è l’amore, ma anche la possibile crisi di coppia e, purtroppo, la fine dell’amore, la separazione. che spesso lascia conseguenze  psicologiche traumatiche.

Comunque, al di là di queste fasi, valide generalmente per tutte le coppie, la complessità della vita amorosa è legata a numerose variabili: la vita adulta è frutto delle esperienze, delle relazioni con i genitori e quelle che si incontrano crescendo, del rapporto che si ha con se stessi e con il proprio corpo, del grado di autostima e di accettazione del proprio essere e della propensione ad affidarsi all’interno di una relazione.

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Pensieri, riflessioni, saggi / Violenza sulle donne
« il: Novembre 25, 2012, 19:14:34 »
A Padova, nella Cappella degli Scrovegni, le serie delle Virtù (parete destra) e dei Vizi (parete sinistra) decorano la fascia inferiore delle pareti.

L’affresco  giottesco a monocromo dedicato alla Ingiustizia è di fronte a quello della Giustizia.

L’Ingiustizia è simboleggiata da un uomo anziano in posizione seduta, davanti le sue gambe ci sono degli arbusti. Nella mano sinistra regge una spada, nella mano destra sorregge un arpione.  In basso, c’è il fregio  con tre scene, in quella centrale si vede una donna che viene denudata da uomini, per stuprarla secondo gli studiosi.





Di questa violenta scena mi sono ricordato oggi, 25  novembre, in occasione  della “Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, voluta nel 1999 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

La data del 25 novembre fu scelta per ricordare il brutale assassinio nel 1960 delle tre sorelle Mirabal nella Repubblica Dominicana. Mentre si recavano a far visita ai loro mariti in prigione, furono bloccate sulla strada da agenti del Servizio di informazione militare. Condotte in un luogo nascosto nelle vicinanze furono torturate e strangolate, poi furono gettate in un precipizio, a bordo della loro auto, per simulare un incidente.

Molte donne vengono uccise ogni anno anche in Italia, con modalità diverse.

Settanta volte su cento la mano che uccide è quella di un uomo da lei conosciuto: un familiare, il partner, un ex che confonde l’amore con il possesso. In questi casi alcuni esperti sostengono che sia più preciso parlare di “femminicidio”.

Il vigente Codice civile italiano riconosce alle donne coniugate pari diritti e pari doveri rispetto ai mariti, ma fino al 1975 la legge assegnava al marito il ruolo di capofamiglia, garantendogli maggiore potere decisionale rispetto alla moglie, che era obbligata ad assumerne il cognome e ad accompagnarlo dovunque egli ritenesse opportuno fissare la residenza.
Anche la possibilità per una donna sposata di avere un lavoro fuori casa era considerata subordinata alle esigenze della famiglia, stabilite comunque dal marito.

Fino al 1981 in Italia nel Codice penale  era previsto il "delitto d'onore", un tipo di reato perpetrato per tutelare il cosiddetto "onore" o la reputazione: ad esempio l'uccisione della moglie adultera o dell'amante di questa o di entrambi, era sanzionata con pene attenuate rispetto all'analogo delitto di diverso movente, poiché si riconosceva l'offesa all'onore arrecata da una condotta "disonorevole" e la "riparazione dell'onore" non causava riprovazione sociale.
Questo è il testo dell'abolito articolo 587 del Codice penale: "Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell'atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d'ira determinato dall'offesa recata all'onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella."

Spesso il femminicidio è l’ultima tappa di una serie di vessazioni, maltrattamenti e violenze nell’ambito di un rapporto di coppia.

Il reato di stalking è in vigore dal 2009 per punire l’aggressione psicologica, realizzata con continue telefonate, tentativi di controllo, pedinamenti, A comportarsi in questo modo di solito sono gli uomini che non accettano il rifiuto femminile, pretendono con la forza ciò che viene loro negato.

Le persone non modificano i comportamenti solo perché una legge proibisce alcune cose. Per i molestatori non funziona da deterrente la minaccia dell’arresto, della detenzione.

Molte donne esitano, temono, non reagiscono.  Serve loro molto tempo per capire le difficoltà in cui si trovano, perché sottovalutano i cosiddetti “campanelli d’allarme” che precedono le situazioni a rischio.

Segnali talora percepiti banali, come la gelosia esasperata od un atteggiamento possessivo, possono sconfinare in eccessi da non sottovalutare.

Occorre ricordare che fino al 1968  in Italia l’adulterio veniva  di solito punito solo se l’infedele era la moglie, e che  la violenza sessuale è considerata “un delitto contro la persona” da appena 16 anni: fino al 1996 era un reato contro la “moralità pubblica e il buon costume”, cioè contro dei concetti astratti anziché contro la donna che la subiva.

Gli uomini violenti reputano la donna sottomessa. Essi hanno scarso controllo degli impulsi e dell’emotività. Tendono a sentirsi dominanti, padroni rispetto alla donna, la quale, invece, negli ultimi decenni ha avuto un miglioramento nel ruolo sociale, perciò non accetta più tale subordinazione. Nell’interazione con gli uomini vuole la parità.

504
Scienza / Scienza e relativismo
« il: Novembre 12, 2012, 19:00:56 »
Karl Raimund Popper (1902 –1994) fu un filosofo ed epistemologo  nato in Austria ma vissuto in Inghilterra. Nell’ambito scientifico è noto per  aver proposto la falsificabilità come criterio di demarcazione tra scienza e non scienza e per il rifiuto e la critica del metodo induttivo o induzione, dal latino “inductio” (verbo induco, presente di in-ducere) che significa  indurre o trarre a sé.

Il metodo induttivo è un procedimento che da singoli casi cerca di stabilire una legge universale. Questo metodo è contrapposto al metodo deduttivo, che, al contrario, procede dall'universale al particolare.

Karl Popper scrisse: “Tutta la nostra conoscenza rimane fallibile, congetturale. Il vecchio ideale scientifico dell’episteme (della conoscenza assolutamente certa, dimostrabile) si è rivelato un idolo, L’esigenza dell’oggettività scientifica rende ineluttabile che ogni asserzione della scienza rimanga necessariamente e per sempre allo stato di tentativo. Non il possesso della conoscenza, della verità irrefutabile, fa l’uomo di scienza, ma la ricerca critica, persistente ed inquieta della verità”.

Il professor Dario Antiseri (filosofo ed epistemologo) dice che tutta la ricerca scientifica, in qualsiasi ambito essa venga praticata,, si risolve in tentativi di soluzione di problemi, tramite la proposta di ipotesi o teorie da sottoporre ai più severi controlli  al fine di vedere se esse sono false, cioè sbagliate. Si cerca di dimostrare l’eventuale falsità delle congetture per sostituirle, se possibile, con teorie migliori, più ricche di contenuto esplicativo, nella consapevolezza che non è possibile dimostrare assolutamente vera nessuna teoria.

Se ci confrontiamo con problemi difficili è facile sbagliare, perciò razionale non è l’individuo che vuol avere comunque ragione, ma quello che vuole imparare dai propri errori e da quelli altrui.

Ancora Popper: l’errore commesso, individuato ed eliminato permette di essere meno ignorante. E nello sviluppo della ricerca scientifica, ma non solo, consente di evitare sia il dogmatismo sia l’arbitrio soggettivo, che hanno provocato scontri e guerre in nome di concezioni etiche legate a differenti prospettive religiose, politiche e filosofiche.

E’ ovviamente sbagliato sostenere che tutte le etiche sono uguali. “Ama il prossimo tuo come te stesso” è un principio diverso da “occhio per occhio, dente per dente” e da quello leninista: “la morale è soggetta agli interessi della lotta di classe del proletariato”.

Ci sono spiegazioni scientifiche e valutazioni etiche: non esistono spiegazioni etiche. Dalla scienza non si può estrarre la morale. I principi etici si fondano su scelte di coscienza e non sulla scienza. Il pluralismo di valori  induce alla scelta, alla libertà di scegliere e al relativismo, inteso come esito della non fondabilità razionale di qualsiasi principio etico. Invece la presunzione di essere in possesso di “fundamenta” del proprio sistema etico può generare fondamentalisti inquisitori che pretendono di imporre agli altri il “Vero” e il “Bene” platoniani, magari a costo di lacrime e sangue a chi ha idee ed ideali diversi.
Si dice che sia la ragione a far stabilire ciò che è Bene e ciò che è Male. Ma la ragione di chi ?

Scrisse Blaise Pascal: Nulla in base alla ragione è di per sé giusto, tutto muta col tempo”.  Con tale affermazione Pascal  deve essere considerato un “fideista” perché disprezza la ragione o un razionalista consapevole dei limiti della ragione ?

Per il cristiano solo Dio è assoluto e tutto ciò che è umano è storico, contestabile, perfettibile, non assoluto. E la ragione è come una lanterna, da tenere sempre accesa, necessaria per la correzione dei nostri errori, indispensabile nelle scelte  e per scrutare i limiti.

505
Letteratura che passione / Il disagio della monogamia
« il: Novembre 09, 2012, 22:16:10 »
Lo scrittore svizzero Alain de Botton ha pubblicato un altro libro dal titolo ammiccante: “Come pensare (di più) al sesso”.

Il filo conduttore dell’opus di de Botton è quello di offrire il sostegno morale alle tribolazioni mondane causate dal sesso, l’istinto che secondo la biologia evolutiva condiziona la nostra vita.

Questo scrittore dice che staremmo molto meglio se non provassimo impulsi sessuali; per gran parte della nostra vita ci provocano soltanto problemi e tensioni. … Adulterio, eccitazione, orgoglio, inadeguatezza, impotenza, censura, pornografia, il ruolo della religione e dell’arte nell'erotismo.

Egli afferma che dall’attività sessuale abbiamo aspettative troppo alte per essere soddisfatte, perciò spesso conseguono disagio e malinconia.

Ed il matrimonio “riuscito”, felicemente monogamo e sessualmente attivo anche dopo anni, è riservato a pochi eroi che mantengono fede a questo impegno.

De Botton consiglia alle coppie che non vogliono “scivolare” nella nebbia della routine e psicologicamente desessualizzare il/la partner di concedersi insieme dei week end, di andare al teatro, al cinema quando è possibile.

506
Diari di viaggio / Il viaggio
« il: Settembre 27, 2012, 15:05:30 »
A volte vorremmo sganciarci dalla routine quotidiana, dalle preoccupazioni, dallo stress o da determinate situazioni. Allora ci viene in mente il viaggio. Viaggiare con la speranza o l'illusione di allontanarci dai problemi, ma questi inesorabilmente ci seguono.

"Perché ti meravigli tanto se viaggiando ti sei annoiato?
Portandoti dietro te stesso
hai finito col viaggiare proprio con quell'individuo
dal quale volevi fuggire."
(Socrate)
 

Spesso si decide di andare via, lontano, a seguito di problematiche sentimentali: la fine di un amore, una dipendenza affettiva, una pretesa d’amore non corrisposta. Il viaggio può aiutare a riflettere, a dare  un nuovo significato alla propria vita, può far conoscere altre persone, un nuovo amore.


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Scienza / Scienza e fede
« il: Settembre 13, 2012, 18:38:38 »
Scienza e fede

Cos’ la scienza e cos’è la fede ?

La parola  scienza deriva dal latino "scientia", significa conoscenza, ottenuta con procedimento metodico e rigoroso tramite  l’attività di ricerca  per giungere ad una descrizione oggettiva della realtà e delle leggi che regolano i fenomeni.

La nascita della scienza moderna è un fenomeno complesso. Fu sviluppata dal 16/esimo secolo con l’accumulo delle conoscenze in diversi ambiti e l’abbandono  di principi  filosofici o trascendenti per spiegare la realtà naturale.
 
Nel '500 il concetto di scienza era ancora legato ad una visione del mondo di tipo qualitativo, la natura veniva considerata come un essere vivente. Invece  nel '600 si affermò la concezione della scienza come un sapere oggettivamente verificabile e pubblicamente controllabile.

La scienza moderna  analizza le cause dei fenomeni, cerca le leggi che li sottendono, sulla base di ipotesi vagliate da esperimenti ed espresse in termini matematici. La “matematizzazione” della natura condusse alla riforma del metodo d'indagine e all'adozione di modelli per spiegare la realtà naturale.

La scienza moderna è conoscenza empirica, controllabile dagli studiosi di una disciplina che usano tecniche e procedimenti, noti come metodo scientifico, che guida il processo di valutazione della conoscenza.

Cos’è la fede ? E’ una convinzione. Per i cristiani significa credere in Dio per come viene insegnato. Quando il cristiano dice “io credo”, esprime una certezza, non paragonabile con la scienza.  La sua fede è una virtù teologale.

La fede religiosa  è più della fiducia.

Come la fede religiosa è quella politica, basata su un’ideologia. 

Ci sono fedeli religiosi e politici che sono disposti ad essere perseguitati ed anche uccisi per difendere i loro ideali, e molti per attestare la loro fede  sono disposti ad uccidere ed iniziare guerre. In nome di un dio molti fedeli sono andati ad uccidere altri che non professavano la loro stessa fede.

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Cassonetto differenziato / Estate al mare: i monologhi della cabina
« il: Settembre 09, 2012, 15:09:38 »
UN'ESTATE AL MARE
La cabina secondo Gigi Proietti

È stata un classico della vita da spiaggia, insieme al cocomero seppellito nella sabbia e ai primi bikini.

Cabina? La mia, tanto per cominciare, è la “cabbina”, con due b. Per Bossi invece è la “gabina” con la g. Adesso è un po’ che non la frequento… Non perché al mare io mi spogli en plein air, anche se un’esperienza nudista c’è nel mio passato, ma ve la racconto dopo. Il fatto è che da più di trent’anni vado a Ponza, giro col gommone (se potrà di’? non è che mi fanno gli accertamenti fiscali?) e non faccio vita da spiaggia, come da ragazzino, a Fregene. Negli anni Cinquanta se c’avevi la cabina personale, in affitto per la stagione, voleva dire che eri benestante. Noi andavamo nel casotto: cabina collettiva, dove si affittava il chiodo a cui appendere i vestiti. E nel film Il Casotto, Sergio Citti ha descritto con poesia l’umanità che ricordo io, i “fagottari”, quelli che si portavano il pranzo appresso: cotolette col sugo, sfilatini ripieni di frittata... Per mangiare si cercavano le trattorie all’aperto che esponevano il cartello “Accettanzi cibbi propri”. Compravi solo da bere e aprivi il fagotto.

La cabina e il casotto erano un invito al voyeurismo. E il “buco”, fatto con una certa astuzia nei nodi del legno, è un classico della mia infanzia come il cocomero seppellito nella sabbia per tenerlo al fresco (quante volte capitava che non ti ricordavi dov’era...). Il buco era una prospettiva. Reale, non metaforica, nel senso che mica potevi cambiare l’inquadratura se il “soggetto” si spostava… Prospettiva unica. Se andava male dovevi aspettare l’inquilina successiva e sperare. Nella cabina si entrava vestiti e si usciva in costume. Allora castigatissimo. Così quando dalle cabine iniziarono a uscire le ragazze con i primi bikini non era possibile fingere indifferenza e gli occhi si muovevano qua e là come un partita di tennis seguendo l’andatura delle miss.

Anche il costume da bagno, in fondo, è una prospettiva: mi è capitato di frequentare persone sulla spiaggia, ridere, scherzare… e poi in città non le riconoscevo. Erano vestite. Perché la nudità al mare non fa effetto. Ma se la scorgi dal buco di una cabina...
E qui entra in gioco la mia esperienza da nudista. Molti anni fa ero in una vacanza in un villaggio in Costa d’Avorio. Sulla spiaggia erano tutti nudi. Non volevo fare la figura del bacchettone e mi spogliai pure io, pur con un certo imbarazzo. Che c’entra la cabina? C’entra. Perché un giorno, tornando dalla spiaggia, dove erano tutti nudi, intravidi dalla finestra di un bungalow una donna che si spogliava. Una voce da dentro, mi disse “sbircia”, cosa che ovviamente non feci. Ma per una frazione di secondo era scattata la prospettiva del buco nella cabina. Il richiamo delle innocenti trasgressioni di quando ero ragazzino.

Di queste trasgressioni la cabina è il set ideale: il piccolo spazio per un incontro amoroso fugace (come in ascensore, col vantaggio che la cabina sta ferma). Luogo di confidenze sussurrate. O di solitudini. Se ne possono costruire di sceneggiature… Non come quelle del cinepanettone, però. Qualcosa di più antropologico, che tratteggi l’umanità balneare. Come Casotto. Perché il popolo dei fagottari non è scomparso. Si è arricchito: dal casotto è passato alla cabina, dalla cabina allo chalet e poi allo yacht “a nolo”. A Ponza, li vedo. C’è la stessa gente di allora. Ma senza quella poesia.

(da "Io Donna", settimanale del Corriere della Sera,17 agosto 2012)




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Cassonetto differenziato / Il ladro pagante
« il: Settembre 06, 2012, 15:58:12 »
 
IL LADRO PAGANTE

Cliente. Buongiorno. Vorrei un chilo di mele.

Commesso. Tenga. Fanno 5 euro.

Cliente. Sembrano molto appetitose, grazie. Però penso proprio di non aver intenzione di pagare 5 euro.

Commesso. Non mi dirà che sono troppo care? I nostri prezzi sono imbattibili.

Cliente. No, si figuri, il prezzo non mi interessa. Intendo prendere le mele e non pagarle, tutto qui.

Commesso. Ma come? Non vorrà dirmi che intende rubarle ?

Cliente. Sì, proprio così: intendo rubarle.

Commesso. In tal caso, mi perdoni, dovrò a chiamare la polizia.

Cliente. La polizia? Sarebbe una vera scocciatura. È necessario?

Commesso. Certo che è necessario. A meno che non mi dica di trovarsi in stato di bisogno…

Cliente. Non si permetta. Io ho un ottimo stipendio!

Commesso. E allora perché vuole rubarle?

Cliente. Per commettere un furto, è ovvio.

Commesso. Allora non perdiamo altro tempo…

Cliente. Fermo, aspetti! Ecco 5 euro. Non chiami la polizia.

Commesso. Adesso ci intendiamo. Se mi paga le mele, è tutto in regola.

Cliente. Niente affatto. Ho detto che le mele intendo rubarle. Questi 5 euro sono la sua ricompensa per non chiamare la polizia. Si tratta di corruzione.

Commesso. Senta, chiami pure le cose come le pare. Per me va bene. Prenda le mele e finiamola qui.

Ficcanaso (uscendo da dietro uno scaffale reggendo dei datteri). Fermo! Supponiamo che lei accetti. A chi non avesse seguito la vostra conversazione potrebbe sembrare un semplice acquisto.

Commesso. Appunto.

Ficcanaso. Ma è altresì lecito sostenere che le intenzioni formano una parte essenziale delle nostre azioni, ne definiscono l’identità. C’è una bella differenza tra agitare una mano per salutare un amico e agitarla per scacciare una mosca, anche se il gesto può essere identico nei due casi. Così almeno sostengono alcuni filosofi morali. Quindi, per tornare a noi, non si tratterebbe affatto di un acquisto: il signore non intendeva pagare le mele. Intendeva corromperla. E lei ha detto di essere d’accordo.

Commesso. Ma io … ma lei … Che trappola è questa?

Ficcanaso. Si calmi, dipende tutto dalla teoria di cui parlavo, che fa dipendere in modo stretto le azioni dalle intenzioni. Ma forse il vostro caso dimostra che la teoria fa acqua.

Commesso. Infatti si dice che non si deve fare il processo alle intenzioni.

Cliente. Ma non stiamo solo facendo un processo alle intenzioni. Alle nostre intenzioni hanno fatto seguito azioni ben precise.

Ficcanaso. Già, ma quali azioni, esattamente? Come facciamo a identificarle? Se ciò che facciamo non è determinato dalle nostre intenzioni, ci deve aiutare lo sfondo delle nostre pratiche sociali. E la pratica di rubare-e-corrompere con un compenso pari al valore della merce è al limite del nonsenso.

Commesso. Sentite, ho una poposta. Le regalo le mele. Proprio così: intendo regalargliele e gliele regalo, così lei non può rubarle. Mi dia 5 euro e non parliamone più.

Cliente. 5 euro? E perché, se le mele sono un regalo?

Ficcanaso. Per aver trovato una soluzione priva di conseguenze, legali o morali!

Commesso. Esatto. I 5 euro sono la mia parcella per questa mini-consulenza.

(Roberto Casati e Achille C. Varzi Il Sole 24 Ore, 12 agosto 2012)

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Pensieri, riflessioni, saggi / Eros e letteratura
« il: Agosto 07, 2012, 16:51:12 »
Fin dall’antichità l’erotismo è descritto in racconti, romanzi o poesie.

La letteratura erotica è collegata ai temi della sensualità e della sessualità, ma si differenzia dalla pornografia. In passato questo genere letterario veniva di solito scelto dagli uomini, ma dopo la cosiddetta “liberazione sessuale” della donna c’è stato anche l’aumento dell’interesse femminile, anzi negli ultimi decenni sono numerose le donne che scrivono argomenti riguardanti esperienze e fantasie erotiche.

La letteratura erotica ha avuto diffusione limitata sia per il disagio di ammettere il possesso di un libro di quel genere sia per la titubanza ad acquistarlo in libreria. Ma ormai i mass media ed Internet l’hanno liberata dai vincoli morali e religiosi e la si considera lettura psicologica.

La letteratura erotica è eccitante e può aiutare a conoscere meglio se stessi, le proprie pulsioni.

L’erotismo evoca, allude, invece la pornografia è esplicita e lascia poco spazio alla fantasia. In un racconto pornografico l’erotismo è marginale, la trama si basa sulle posizioni del rapporto sessuale o la descrizione dell’atto sessuale, invece nel racconto erotico prevalgono flashback, sorprese, offre spazio all’immaginazione, permette al lettore di “colorare” la scena con la sua fantasia.

Non è facile scrivere un racconto erotico: si può incorrere nel banale, nell’esagerato o nell’assurdo, oppure nella blasfemia.

L’erotismo può essere descritto anche in modo poetico.

Gli scritti erotici per essere attraenti debbono emozionare, avere uno stile narrativo, la trama di un thriller. Se ben narrati eccitano e piacciono, anche se non dicono novità.

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