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Topics - craho

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15 minuti per creare / quella volta che
« il: Giugno 23, 2012, 16:29:21 »
l'umana di richelieu si chiama claudia.
lui passa interi pomeriggi a sonnecchiare all'ombra della grande acacia al centro del giardino.
lei passa interi pomeriggi a leggere sull'amaca tesa fra i due rami più robusti dell'acacia. la radio intanto suona.
ogni tanto lo spazzola claudia il suo cano e lo accarezza e quando escono insieme (ed è richelieu che accompagna claudia) sono uno spettacolo.
richelieu una volta è scappato, ha seguito un branco di randagi, un po' per voglia di avventura (desiderio di conoscere il mondo al di là di quel muro di cinta), un po' per amore di una cagnolina bianca.
una volta pure claudia sentì il bisogno di scappare via, lontano dalla sua paura, da tutto.
quando richelieu tornò, trovò l'acacia e la sua ombra, vide l'amaca. la radio però era spenta.

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15 minuti per creare / interruzione improvvisa
« il: Febbraio 05, 2012, 15:44:30 »
Il mio bambolotto si chiamava gilberto. E poi avevo un coniglietto, azzurro; la mia bambola preferita aveva un gonnellino di paglia ed era scura. Alle altre, quelle coi vestiti belli e la testa di porcellana, cavavo gli occhi la prima volta che le avevo in mano, poi dicevo a mia mamma che erano rotte, così la smetteva di chiedermi come mai non ci volessi giocare. Di solito me le regalava nonna Nana quelle bambole. La odiavo e odiavo le sue pupette con i merletti e i boccoli e i fiocchetti.

Mi piaceva invece giocare con la fionda a colpire i barattoli; mi piaceva lavorare l’argilla e soccorrere le lumache con la ‘casetta’ rotta; mi piaceva giocare ai moschettieri con le spade di legno, mi piacevano i miei amichetti della strada e detestavo le figlie delle amiche di mia madre.

Mi piaceva sentire la musica col giradischi di papà e mi piaceva la sua macchina fotografica, mi piacevano i suoi giornali e quando arrivavano i pacchi coi libri nuovi. Mi piacevano i suoi scacchi di legno e l’odore del tabacco della sua pipa.

Mi piaceva l’autunno e il mare d’inverno; mi piacevano i tuffi dagli scogli e guardare i fondali con la maschera; mi piaceva il ricoperto alla panna e cioccolato amaro, il dolce moka e la crema coi savoiardi. Mi piacevano i cunini e il pane cotto con l’alloro, le arance col miele e la ricotta con la cannella.

Mi piaceva la mia macchinina rossa e i gatti nel cortile, le figurine del detersivo e i pesci rossi; mi piacevano le calle e i mandorli in fiore, le foglie degli ulivi e il profumo di gelsomini, i capelli corti e le scarpe di vernice.

Portavo ogni giorno un pezzetto di formaggio a scuola e lo lasciavo sotto il banco per il topolino che dicevano viveva lì; mi piacevano i gessetti colorati e i pastelli a olio, le pagine bianche e le penne a pennino, la carta assorbente e i quaderni pigna, le matite faber n.2 e le gomme steadler. mi piacevano le poesie che la mia maestra ci leggeva: Tagore e Rodari, Hughes e Luther King. Mi piacevano i numeri e le parole, la lavagna nera e la cartella di cuoio.

Qua dentro non si sta male, se non fosse che è tutto buio e quasi non mi ricordo più dei colori. Non fa neanche freddo, ma mi manca il sole; non fa neanche caldo, ma mi manca il vento; non ho fame, ma mi manca il pane; non ho sete, ma mi manca la pioggia. Se potessi tornare, mi piacerebbe imparare a pattinare.

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15 minuti per creare / note
« il: Gennaio 15, 2012, 10:57:36 »
scriveva poesie. per raccontarsi e per raccontare. il destino che le aveva regalato un'animo dolce e gentile aveva chiuso, però, tutto questa delicatezza in un corpo che somigliava a un armadio, di un sesso che non sentiva suo.
amava le donne, matilde. di un amore disperato, irrisolto. sapeva leggere nei loro occhi la tristezza nei sorrisi, il desiderio nei sospiri, l'impazienza nei silenzi.
quando la mano di luisa la sfiorò, le si fermò il respiro. capì che forse l'amore poteva esserci anche per lei, poteva essere detto, rivelato, mostrato.
luisa aveva un marito e due figlie. que marito le aveva 'regalato' due figlie, nate da un precedente matrimonio rimaste senza la loro mamma che erano piccole, tanto piccole che non la ricordavano più. quando luisa le vide, nell'atrio della scuola, con i loro grembiulini neri, col fiocco bianco e quelle cartelle davvero troppo grandi, provò una tenerezza che le sciolse il cuore. per loro accettò di sposare pietro.
erano maestre luisa e matilde. si erano viste a una riunione degli insegnanti nella scuola dove avevano iniziato a lavorare quell'anno, una scuola di un paesiono in provincia di lecce, piccolo e bigotto, dove le note del piano di matilde rompevano il silenzio delle mattine domenicali. risultavano strane quelle note alle orecchie dei paesani che conoscevano solo il rintocco delle campane a scandire le ore del tempo che passava pigro e monotono.
luisa amava la musica di matilde,; ma forse di più le piacevano le sue mani che volavano sulla tastiera, toccavano precise i do, i fa, e ne facevavo uscire passione e tormento.
capì che pietro non l'avrebbe mai toccata così. provò il desiderio di essere nota di uno spartito, sfiorò la mano di matilde e la guardò, fino a toccarle l'anima.

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15 minuti per creare / la porta
« il: Dicembre 14, 2011, 20:45:11 »
quando tornò a casa trovò la porta spalancata e briciola, il suo gatto rosso, comodamente accoccolato tra i cuscini sul lettone della stanza-da-letto-grande, come veniva definita la camera dei loro genitori.
stupore e curiosità più forti della paura spinsero i suoi passi nel corridoio. la infastidirono le lenzuola strappate via dai ripiani e il contenuto dei cassetti in disordine; le foto sparse sul pavimento suggerivano nuovi punti di vista e interpretazioni a pose ed espressioni : perché erano tristi gli occhia di sua madre quel giorno? quella barca si avvicinava o partiva? a chi pensava la nonna guardando lontano? il vento sparpagliava le foglie, ma quando erano cadute? e dov'erano andatsolo ae? giocavano ancora i bambini sulla spiaggia? e chi sorrideva alle loro risate?
il telefono, doveva avvisare, chiamare qualcuno, la polizia forse...meglio suo padre. nessuno poteva rassicurarla più della sua voce in quel momento.
papà, sono io, sono entrati in casa...no, no sto bne...no, nemmeno spaventata...bisognerà sistemare la porta.
solo allora notò il vetro rotto e il pannello divelto: era entrato qualcuno; non se ne sarebbe andato mai più.

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