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Topics - Doxa

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Anch'io ho scritto un aforisma / il denaro
« il: Ottobre 30, 2014, 13:22:17 »
Citazione dal film del 2010 “Wall Street: il denaro non dorme mai”,  con Michael Douglas e Shia LaBeouf:

"Qual è la definizione di follia? Il ripetere continuamente la stessa azione e aspettarsi un risultato diverso. Se è cosi quasi tutti noi siamo folli, ma non nello stesso momento. E confidiamo proprio in questo".

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Anch'io ho scritto un aforisma / L'amore
« il: Ottobre 29, 2014, 16:15:31 »
L'amore non è cieco ma presbite: vede i difetti man mano che si allontana....

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Anch'io Scrivo poesia! / "Se saprai starmi vicino"
« il: Ottobre 18, 2014, 11:30:18 »
"Se saprai starmi vicino"

Se saprai starmi vicino,
e potremo essere diversi,

se il sole illuminerà entrambi
senza che le nostre ombre si sovrappongano,

se riusciremo ad essere noi in mezzo al mondo
e insieme al mondo, piangere, ridere, vivere,

se ogni giorno sarà scoprire quello che siamo
e non il ricordo di come eravamo,

se sapremo darci l'un l'altro
senza sapere chi sarà il primo e chi l'ultimo,

se il tuo corpo canterà con il mio perché insieme è gioia....

Allora sarà amore
e non sarà stato vano aspettarsi tanto.

(Pablo Neruda)

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Anch'io ho scritto un aforisma / Fare lo stupido
« il: Ottobre 08, 2014, 09:43:56 »
"Il vantaggio di essere intelligenti è di saper fare anche lo stupido, mentre è del tutto impossibile il contrario". (Woody Allen)

Ad ognuno può capitare di fare lo stupido, per superficialità, per difetto di controllo, per spavalderia. C'è però un test per verificare se quell'atto era un indizio della stupidità innata o solo una scheggia impazzita: l'esserne consapevoli e poi pentiti. Ebbene, questo ritorno alla saggezza è improbabile per lo stupido "stagionato", per il quale la stoltezza non è un'anomalia ma una regola costante.

Il filosofo e scrittore Friedrich von Schiller (1759 - 1805) nel suo lavoro teatrale "La Pulzella d'Orléans" afferma sconsolato: "Contro la stupidità gli stessi dei lottano invano". 

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Anch'io ho scritto un aforisma / lo schiavo padrone
« il: Settembre 21, 2014, 16:44:02 »
 "Non tutti gli schiavi aspirano alla libertà: la maggior parte di loro vuole diventare padrone"
(Samuli Paronen, scrittore finlandese; 1917 - 1974).

La storia ci insegna che gli oppressi se vengono liberati possono diventare carnefici.

Se l'oppresso non si accontenta della libertà conquistata può trasformarsi in tiranno.

Un altro scrittore finlandese, Paavo Haavikko (1931 - 2008) affermò: "Il momento cruciale è quando l'oppresso diventa oppressore. Allora la storia riprende fiato e comincia a insegnare".

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Pensieri, riflessioni, saggi / Agonia di un forum
« il: Settembre 02, 2014, 17:39:02 »
Non sempre qualcosa che inizia con un entusiasmo poi si protrae nel tempo con una spinta sempre maggiore, anzi, al contrario, lentamente l'energia di spinta perde potenza...fino a fermarsi. 

Forse e' solo un breack, o forse la conclusione.

E’ tempo di prendersi il proprio bagaglio di esperienze e ricordi e cambiare tavolo da gioco ?

Forse i giocatori se ne sono andati in un altro forum perché richiamati dalle omeriche sirene ?
 
Il nich “Presenza” direbbe ma si va bene:  “Era per dire, così tanto per parlare, lo sai che non lo faccio apposta, a volte mi scappano le parole e poi non so come rimediare. Ma tu non te ne andare, non rimanerci male, io sono una testa pazza, non penso mai prima di parlare. Dovrei lo so, me lo sono detto tante volte, ma che ci posso fare se poi puntualmente mi comporto male. E' vero non avrei più l'età per certe cose, ma chi mi conosce sa che non lo faccio apposta. E poi che sarà mai, in fondo è una mezza verità quello che prima ho affermato, e non puoi prendertela più di tanto, anche tu te lo sei detta tante volte. Ed ora facciamo pace, ti porgo le mie scuse, vai e prendi tutto quello che in un solo colpo ho comandato, in fondo è un risarcimento per quello che ti ho appena detto, e poi saremo alla pari senza più discussioni, tranne che tu non voglia, ma credimi perdi un bel guadagno. Perciò vai pure oltre, e quando ti ricapita più d'essere così risarcita, nel mio locale hai voglia a chiedere, nessuno ti farà domande. Sai quanti risarcimenti per colpa di questo mio carattere strano, che ci posso fare, appena mi siedo e penso, subito poi devo mettere in atto. Come una scena madre, di quelle che non si scordano, e infatti le conservo tutte, quelle che sono andate bene, e quelle che sono andate a male. Così quando alla sera medito, conto tutte le volte in cui non sono stato capace e poi cerco come riuscire ad essere migliore. Sembra un precetto insolito, visto il mio attuale distacco, ma invece è proprio quello dell'essere diverso a renderlo più solito. Così sembra poca cosa, non c'è bisogno di parlare strano, poi scava, scava e scava, si scoprono gli altari.  Ora fermati a parlare, fino ad ora hai solo ascoltato, io farò pure il resto, così se vuoi puoi accettare”.

"Gli incontri, gli scontri, lo scambio di opinioni, persone che son fatte di nomi e di cognomi, venghino signori, che qui c'è il vino buono,le pagine del libro e le melodie del suono. Si vive di ricordi, signori, e di giochi, di abbracci sinceri, di baci e di fuochi, di tutti i momenti, tristi e divertenti, e non di momenti tristemente divertenti."
(dal testo della canzone “Fuori dal tunnel”, cantata da Michele Salvemini, in arte “Caparezza”, cantautore e rapper). 

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Laboratorio di scrittura creativa / Stomăchus
« il: Agosto 12, 2014, 18:43:11 »
Presenza, gentile amica virtuale, sono un arido e non riesco a sviluppare una storia d'amore inventata. Allora se per celia rielaboro tre testi di canzoni, la mia scrittura  è creativa ?
Fai finta di si.

Ho immaginato un dialogo tra Lino Banfi ed il suo stomaco prominente. Nella prima parte ho usato la canzone di Mina “Parole, parole, parole”, per la parte conclusiva ho sconvolto il testo della canzone “Sabato pomeriggio” cantata da Claudio Baglioni.
 
Presenza,  non so cosa mi succede stasera, mi guardo lo stomaco prominente ed è come la prima volta.
Lo riguardo meravigliato e gli dico: che cosa sei, che cosa sei, che cosa sei;
sei la frase d’amore cominciata e mai finita,
non cambi mai, non cambi mai, non cambi mai.
Tu sei il mio ieri, il mio oggi, il mio sempre.

Lo so caro stomaco,  sei stanco dei miei lamenti verso di te.
Chiamami tormento dai, già che ci sei.
Ma voglio dimagrire, perciò
Caramelle non ne voglio più.

Lo stomaco risponde a Lino: Certe volte non ti capisco.  Parole, parole, parole
Lino: Ascoltami
stomaco: Parole, parole, parole
Lino : Ti prego
stomaco: Parole, parole, parole
Lino: Io ti giuro
stomaco: Parole, parole, parole, parole parole soltanto parole, parole tra noi.

Lino: Ecco il mio destino, parlarti, parlarti come la prima volta
stomaco: Che cosa sei, che cosa sei, che cosa sei,
Lino: No, non dire nulla, c’è la notte che parla
stomaco: Non cambi mai, non cambi mai, non cambi mai
Lino: Tu sei il mio sogno proibito
stomaco: Proprio mai. Nessuno più ti può fermare/ chiamami passione dai, hai visto mai.

Lino: Caramelle non ne voglio più
stomaco: Se tu non ci fossi bisognerebbe inventarti;
Lino:  lo so me lo dice anche mia moglie per consolarmi.
Vorrei dormire e sognare/ l’uomo che a volte c’è in me quando c’è/
che parla meno/ ma può piacere a te.
Scusami stomaco prominente, una parola ancora
stomaco: Parole, parole, parole
Lino:  Ascoltami
stomaco: Parole, parole, parole
Lino: Ti prego
stomaco: Parole, parole, parole
Lino:  Io ti giuro
stomaco Parole, parole, parole, parole parole soltanto parole, parole tra noi.
Lino: va bene, ho capito, ma almeno mio bel panzerottino (pancia) non andare via
e scusa se la colpa è mia.
Cosa è  rimasto del nostro amore
che toglieva il fiato
ed è ferito ormai,
non andar via
ti prego, rimani qui bene in vista sul mio addome a far mostra di te.
Panzerotto non andare via
senza i tuoi capricci che farò
non lasciarmi solo no...
non andar via
non andar via
Senza te morirei
Senza te scoppierei
senza te brucerei
tutti i sogni miei
da solo senza di te che farei.

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Enogastronomia / galletto di primo canto
« il: Luglio 30, 2014, 11:03:26 »
da "Le avventure di Pinocchio", di Carlo Collodi

Non appena Pinocchio esce sano e salvo, e con cinque zecchini in tasca, dall'incontro con Mangiafuoco, si imbatte in due loschi figuri: il Gatto e la Volpe.

Sulla strada verso il Campo dei Miracoli, sul far della sera i tre  sostano all'osteria del Gambero Rosso, giusto per un boccone.

Il Gatto, gravemente indisposto di stomaco, si accontenta di 35 triglie, quattro porzioni di trippa alla parmigiana con tre supplementi di burro e formaggio grattugiato.

La Volpe è a dieta, dunque deve limitarsi a spiluzzicare una semplice lepre dolce e forte con leggerissimo contorno di pollastre ingrassate e di galletti di primo canto. Segue un cibreino di pernici, di starne, di conigli, di ranocchi, di lucertole e d'uva paradisa.

E Pinocchio ? Col pensiero fisso alla moltiplicazione degli zecchini, è inappetente e lascia nel piatto il suo spicchio di noce e il cantuccio di pane che aveva ordinato. Indovinate chi paga ?


 

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Anch'io ho scritto un aforisma / Effetto domino
« il: Luglio 25, 2014, 08:35:54 »
Blaise Pascal:

Le parole ordinate diversamente danno luogo a significati diversi, e i significati diversi producono effetti diversi.


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Pensieri, riflessioni, saggi / Sigmund Freud: "Caducità"
« il: Luglio 24, 2014, 07:47:03 »
Sigmund Freud: “Caducità”.

E’ un breve racconto sulla caducità, che Freud scrisse in parte nel 1913 e poi nel 1915, dopo le riflessioni su un anno di guerra e di devastazione nel primo conflitto mondiale.

L’elaborato lo offrì come suo contributo per il volume miscellaneo celebrativo “Das Land Goethes” pubblicato per iniziativa di un’associazione goethiana di Berlino.

Per  questo testo del 1915 fu ispirato da un episodio accadutogli nell’agosto del 1913 mentre era in vacanza in Italia, a San Martino di Castrozza, durante una passeggiata con due amici, con i quali aveva dialogato sul tema della caducità  di alcuni fenomeni naturali. Uno dei due amici, che Egli definisce “il poeta” (forse Rainer Maria Rilke), insisteva sulla caducità e inutilità del “bello” e in senso generale sulla transitorietà dei fenomeni naturali come la fioritura degli alberi ecc..  Freud sosteneva che la temporaneità non sminuiva il valore della bellezza e diceva: “il valore di tutta questa bellezza e perfezione è determinato soltanto dal suo significato per la nostra sensibilità viva, non ha bisogno di sopravviverle e per questo è indipendente dalla durata temporale assoluta“.

Ma i suoi commenti lasciarono indifferenti i due amici e lo psicoanalista si convinse che la svalorizzazione era dovuta all’elaborazione  anticipata del lutto, per esempio per la perdita inevitabile della bellezza della gioventù. L’essere umano cerca di attenuare il godimento della bellezza per evitare il dolore che gli darà la sua perdita.

E’ a questo punto che Freud inserisce nel racconto una definizione di libido: Ecco le sue parole: ”Noi reputiamo di possedere una certa quantità di capacità d’amare, che chiamiamo libido, la quale agli inizi dello sviluppo è rivolta al nostro stesso Io. In seguito, ma in realtà molto presto, la libido si distoglie dall’Io per dirigersi sugli oggetti, che noi in tal modo accogliamo per così dire nel nostro Io. Se gli oggetti sono distrutti o vanno perduti per noi, la nostra capacità di amare (la libido) torna ad essere libera….”

Dopo alcune considerazioni sul lutto e sul rinforzo dell’investimento affettivo sugli oggetti rimasti il Maestro scrive: ”Noi sappiamo che il lutto per doloroso che sia, si estingue spontaneamente. Se ha rinunciato a tutto ciò che è perduto, ciò significa che esso stesso si è consunto, e allora la nostra libido è di nuovo libera (nella misura in cui siamo ancora giovani e vitali) di rimpiazzare gli oggetti perduti con nuovi oggetti, se è possibile altrettanto e più preziosi ancora“.
Freud pensa alla perdita degli amici e alle morti violente della guerra mondiale. E domanda se gli amici e gli affetti che abbiamo perduto, "hanno perso davvero per noi il loro valore, perchè si sono dimostrati così precari e incapaci di resistere ?" La sua risposta:"Una volta superato il lutto si scoprirà che la nostra considerazione dei beni della civiltà non ha sofferto per l'esperienza della loro precarietà. Torneremo a ricostruire...forse su un fondamento più solido e duraturo di prima" !

Nel prossimo post inserirò il racconto freudiano “Caducità”

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Cogito ergo Zam / Attrazione e scelta del/la partner
« il: Luglio 20, 2014, 16:47:26 »
Attrazione: sostantivo  che deriva dal latino “attractio” e questo  da “attràhere” = attrarre. 

Il verbo attrarre significa “tirare a sé”, e con  il sostantivo attrazione intendiamo di solito sia  l’atto sia l’effetto dell’attrarre.

Il lemma attraente è  participio presente del verbo italiano attrarre ma è anche aggettivo:  denota  “chi attrae”.
 
Il primo incontro: i due si guardano. Lo sguardo si sofferma sull’aspetto esteriore di lui/lei, e fa decidere se ci piace la sua bellezza corporea,  se suscita desiderio sessuale, se ci attrae.

Basta circa un secondo per stabilire se un individuo ci piace esteticamente.

Se è possibile l’avvicinamento e la conversazione si traggono ulteriori elementi per giudicare se la persona incontrata merita la conoscenza più approfondita. Infatti la scelta del/la possibile partner  (quando è possibile scegliere…) non dipende dal caso o soltanto dall’attrazione, ma è condizionata anche da fattori socio-culturali e da desideri inconsci.

Il sociologo Francesco Alberoni nei suoi “Appunti sull’amore” ha scritto: “Percepiamo le caratteristiche di una persona sconosciuta e quell’immagine ci può suscitare un’istintiva simpatia od antipatia… innescate da vari segnali sociali, come l’espressione del volto, lo sguardo, il tono della voce, il contenuto del discorso, la gestualità, la postura del corpo. E può capitare che velocemente nella mente l’associamo un altro individuo conosciuto nel passato. Ma è meglio non fidarsi troppo della “prima impressione” o della “prima vista”, perché è anche possibile che a causa del vissuto negativo e traumatico la memoria procedurale sia basata su distorsioni psicologiche. In tal caso il soggetto riconosce come gradevoli determinati tratti somatici, movimenti o atteggiamenti che da molti altri, invece, vengono considerati inaffidabili o addirittura di pericolo”.

Se una persona ci affascina, ci seduce, questa ci appare straordinaria, unica, tendiamo a volerla rivedere per parlarle. In tal caso secondo Alberoni,  “Pensiamo a lei per giorni e giorni e, più ci ritorna in mente, più ci sembra desiderabile. Non è più una ammirazione, è uno struggimento. E, ritrovandola, il desiderio si rinnova, si fa più intenso.”

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I monaci  Tanzan ed Ekido camminavano insieme in una strada fangosa. Dopo una curva, incontrarono una bella ragazza che indossava il chimono e temeva di sporcarsi l’abito nell’attraversare la strada.
 
“Vieni, ragazza”,  disse Tanzan: la prese in braccio e la portò oltre le pozzanghere.

Ekido non disse nulla finché quella sera non ebbero raggiunto un tempio dove passare la notte. Allora non poté più trattenersi e disse a Tanzan: “I monaci non avvicinano le donne, specie quelle giovani e carine. E’ pericoloso,  potrebbero distrarre la nostra mente. Perché l'hai fatto?”.

“Io quella ragazza l'ho lasciata laggiù” disse Tanzan. “Tu la stai ancora portando con te,  nella mente.

L'evento  accaduto al mattino era durato pochi secondi,  però il monaco Ekido  l'ha prolungato nella sua memoria fino alla sera. Ha avuto pensieri negativi, ha biasimato il collega, si è sentito migliore di lui. Invece Tanzan  ha subito dimenticato quell’incontro con la ragazza, il suo era stato soltanto un gesto di cortesia.

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Cassonetto differenziato / Il volo degli stormi in formazione a V
« il: Luglio 09, 2014, 00:01:44 »
Prof. Danilo Mainardi: il volo degli stormi in formazione a V (Corsera, 19-1-2014)

Volando in formazione a V gli uccelli risparmiano energia, si spostano con più facilità, sfruttano le mini  correnti d’aria  provocate dal battito d’ali di chi vola davanti.

Capita spesso di alzare gli occhi al cielo e ammirare qualche volo di uccelli. Talora di vederli passare in formazione a V. Sono Anatidi, cormorani, altri uccelli ancora. È bello seguirli mentre solcano il cielo come lunghi, delicati nastri leggermente mossi dal vento. L’apprezzamento estetico però poco ha a che vedere con quella organizzazione di volo, perché in realtà dietro a quella V, così precisamente mantenuta dai singoli individui dello stormo, ora sappiamo che c’è qualcosa di molto importante, strettamente legato all’efficienza stessa del volo. Lo hanno pubblicato su Nature Steve Portugal e collaboratori nell’ambito di un progetto di recupero di ibis eremita (Geronticus eremita), specie migratrice in Europa praticamente distrutta dall’uomo. Questi uccelli per noi europei infatti non sono totalmente esotici. Merita soffermarsi a parlarne. Sono d’una bellezza strana. Hanno la testa calva, contornata da lunghe penne ondeggianti; il colore di base è nero segnato di bronzo e di verde.

All’ibis eremita è stato dato fin dall’antichità un valore simbolico. Li si ammira nei più antichi geroglifici egizi.

Fino al XVII secolo  prosperavano in piccole colonie, anche nelle regioni alpine: in Austria, Svizzera, forse anche in Italia. Poi il crollo di questa specie per l’eccessivo prelievo venatorio e di nidiacei, considerati una leccornia irresistibile.

Ora questi ibis sono veramente ridotti al lumicino. Ne restano in natura circa 200 individui sedentari in Marocco e forse qualche altro in Turchia, dove tra fine 800 e 900 s’estinse la colonia più florida, situata nella città di Birecik.

Esistono non pochi individui in cattività, ed è da questi che provengono gli esemplari usati per la ricerca. In un centro di ricupero hanno dunque allevato individui di questa specie, li hanno addestrati a seguire in volo un ultraleggero con a bordo i ricercatori per farli riabituare a compiere i loro percorsi migratori. Nel contempo, li hanno forniti di un minuto strumento GPS che registra dati fondamentali sul volo: posizione dell’individuo, frequenza del battito alare, velocità etc.

Ecco infine l’interessante scoperta. La loro formazione a V consente ai componenti dello stormo di Ibis di risparmiare energia, sfruttando le favorevoli mini correnti d’aria provocate dal battito d’ali del compagno che vola davanti. Qualcosa si sapeva già. Sui pellicani per esempio era stato registrato un battito cardiaco più lento negli individui in volo in formazione a V. Nella ricerca sugli ibis eremita però si è capito di più: nello stormo gli individui sono avvantaggiati se mantengono una posizione prossima all’apice delle ali di quello di fronte. È in questa precisa posizione che chi è dietro sfrutta al meglio il movimento d’aria che proviene dal compagno davanti, garantendogli un risparmio di energia. Su questo unico principio si fonda quell’architettura di volo. È straordinario, dicono i ricercatori, osservare come posizione, velocità, frequenza di battito siano perfettamente regolati e coordinati per non disperdere energie. Questa perfetta macchina non poteva ovviamente sfuggire all’attenzione della tecnologia umana. Sempre più infatti raffinati prodotti tecnologici si ispirano a «macchine naturali» ed anche la formazione di volo a V è studiata in aerodinamica. Si chiama biomeccanica la disciplina che si occupa di tradurre meccanismi biologici in prodotti tecnologici. Del resto tentare di riprodurre ciò che la natura ha lungamente e ampiamente collaudato attraverso la selezione naturale è un?indubbia garanzia di successo.

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Cassonetto differenziato / angeli e diavoli
« il: Giugno 10, 2014, 17:34:51 »
Lui. Il 90 per cento della popolazione è formato dai ligi al dovere: segue le regole, rispetta i semafori, non cerca di corrompere l'arbitro. Un altro 5 per cento sono i Diavoli, che non si curano del limite di velocità, buttano cartacce per strada, passano davanti alle file, piazzano amici e parenti e non pagano le tasse. Infine l'ultimo 5 per cento è quello dei supererogatori, o angeli, coloro che non solo si comportano come il 90 per cento dei ligi al dovere, ma cercano di riequilibrare la bilancia dopo i colpi assestati dai diavoli. Si autoriducono lo stipendio, fanno volontariato sociale, pagano i propri dipendenti più del minimo sindacale, raccolgono le cartacce buttate per terra.

Lei. I diavoli non hanno la mia simpatia. Ma sono razionali. Massimizzano i propri guadagni. Non capisco invece la razionalità degli angeli, che non ricavano nulla e anzi ci perdono.

Lui. Ti dirò di più. Se fossi un diavolo, mi fregherei le mani pensando questo: «Dato che esistono gli angeli, il mio contributo negativo alla società in fin dei conti verrà pareggiato. Posso continuare imperterrito a sporcare, tanto un angelo pulirà dopo il mio passaggio, e i costi della pulizia non saranno a carico dello Stato. Se agli angeli fa piacere così, chi sono io per impedirlo?». In effetti un diavolo intervistato dall'autore dell'articolo dice proprio questo!

Lei. Spregevole, ma razionale.

Lui. Razionale, ma spregevole. Comunque senti che cosa dichiara un angelo risentito (non tutti sono come lui). «È vero, penso che la situazione sia completamente ingiusta. E provo non poco risentimento nei confronti dei diavoli. Ma penso che sia mio dovere intervenire per riequilibrare la bilancia. Per cui intervengo comunque, anche se il mio risentimento mi motiverebbe a non farlo».

Lei. E difatti leggi la risposta del diavolo Impenitente. «Meglio ancora! Da quanto ho appena udito, l'angelo risentito interverrà comunque, anche se si considera vittima di un'ingiustizia. Ciò mi incoraggia ulteriormente a buttare un'altra cartaccia per terra! Angelo risentito, guarda un po' qui...».

Lui. Vuoi forse suggerire che dovremmo chiedere agli angeli di smetterla di intervenire perché non fanno altro che portare acqua al mulino dei diavoli?

Lei. Se dicessi così, sarei altrettanto spregevole del diavolo impenitente. No, voglio suggerire che la razionalità che vediamo nel comportamento dei diavoli non è l'unica motivazione all'azione. Non lo è perché è una forma molto limitata di razionalità, quella della massimizzazione dei propri guadagni. La razionalità è anche misura, considerazione dei rapporti tra le cose.

Lui. Forse gli Angeli ci stanno suggerendo di cercare di essere individui completi e misurati?


(di Roberto Casati e Achille Varzi, Il Sole 24 Ore, 8 – 6 – 2014)

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Cogito ergo Zam / La vita e il tempo
« il: Maggio 28, 2014, 00:22:41 »
Il flusso delle generazioni, la vita nel fluire del tempo.

Il Qoelet  o Ecclesiaste,  è un testo contenuto nella Bibbia ebraica (Tanakh) e cristiana, scritto nel IV o III   secolo a.C. da un autore ignoto. Nel prologo fra l’altro dice: “Una generazione va, una generazione viene ma la terra resta sempre la stessa” (1, 4). 

In un successivo testo biblico,  il libro del Siracide,  scritto a Gerusalemme nel 180 a. C. circa e contenuto nella sola Bibbia cristiana, c’è scritto:  “Come foglie spuntate su albero verdeggiante l’una cade e l’altra sboccia, così sono le generazioni di carne e sangue. Una muore e l’altra nasce”.
Secondo l’anonimo autore la terra assiste indifferente alla morte e alla nascita delle generazioni; è silente teatro del nostro  fugace passaggio, calcolato secondo un immaginario scorrere del tempo.

Il tempo non è una dimensione della realtà, ma un mezzo di cui si serve la nostra mente come espediente per percepire la realtà.

Noi viviamo l'eterno istante. Diciamo che il tempo scorre, ma è la nostra mente che lo immagina scorrere per percepirlo come successione di istanti, sequenze e scansioni che servono per dare un ordine temporale ai singoli fatti quotidiani che si susseguono e che non riusciamo a dominare. Infatti   “Il tempo è troppo lento per chi aspetta, troppo veloce per chi ha paura, troppo lungo per chi soffre, troppo corto per chi gioisce. Ma per chi ama il tempo è eterno” scrisse l’insegnante statunitense Henry van Dyke (1852 – 1933). 

E nell’eternità dell’amore tra un uomo ed una donna può nascere un figlio che perpetua la specie e si susseguono le generazioni, la trama della vita.

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