Libri e Lettura > Enogastronomia

Pomodoro

<< < (2/2)

Micio:
In Sardegna che dipende sempre dalla zona, nel mio caso Logudorese, utiliziamo il termine "pumàtta" , tomate non mi risulta e mai sentito (a parte in Spagna).

Doxa:
Grazie Micio per il tuo contributo.

Per ringraziarti ti offro un piatto di “maccarones cun pumatta” (= maccheroni con salsa di "pomo-d’oro", parola composta da pomo + oro; la prima parte è variabile per il plurale, la seconda (oro) rimane invariabile, ma ormai si è diffusa l’usanza di chiamarli pomodori anziché pomidoro e l’uso vince).


Doxa:
Post scriptum

Ve la ricordate la scena nel film “Un americano a Roma”, del 1954, interpretato da Alberto Sordi, mentre dice: “Maccarone, m’hai provocato e io ti distruggo adesso, io me te magno !” ?. Nel piatto che ha davanti ci sono gli spaghetti, ma lui li chiama “maccheroni”, perché la parola “maccherone” per secoli è stata sinonimo di “pasta” di qualsiasi formato.

Un famoso cuoco del ‘400, Martino de’ Rossi o Martino de Rubeis, detto “Maestro Martino”, fu  a Milano al servizio del duca Francesco Sforza, poi si trasferì a Roma per lavorare come  capo “chef” nelle cucine vaticane. Fu molto  elogiato per le sue innovative ricette gastronomiche. Scrisse il “Libro de arte coquinaria” e insegnò a fare  sia i “maccaroni siciliani” (con la stessa tecnica che si usa oggi per elaborare i “maccheroni al ferretto”: bucatini lunghi circa 20 cm),  sia i “maccheroni romaneschi”: tagliatelle “tirate” col mattarello.


Un sontuoso banchetto gastronomico.  Fra i commensali c’è un cardinale, al centro della scena. Tra i numerosi servitori si riconosce sulla sinistra il cantiniere, con l’abito blu; al centro, di spalle, vestito con abito verde,  il "tagliatore di carni". Foto tratta da “Très riches heures du Duc de Berry”, codice miniato elaborato tra il 1412 e il 1416. E’ considerato un capolavoro dei fratelli Limbourg e della pittura franco-fiamminga del XV secolo. E’ un libro d’ore, commissionato dal duca Jean de Berry e conservato oggi nel Musée Condé a Chantilly (Francia).

Circa un secolo dopo, un altro famoso cuoco italiano, Bartolomeo Scappi (1500 – 1577), nel 1536 organizzò un banchetto  in onore dell’imperatore di Carlo V e del cardinale Lorenzo Campeggi.  Servì alla corte di altri cardinali, fino a divenire cuoco delle cucine vaticane durante il pontificato di Pio IV e successivamente di Pio V. 

Pubblicò un “Trattato di cucina” con più di mille ricette e consigli  su ciò che doveva conoscere un cuoco rinascimentale di alto livello. Cita anche i “maccaroni, detti gnocchi”, impastati con farina, pane grattato, tuorli di uova e brodo. A tali “maccaroni” si dava la forma passandoli sul retro di una grattugia.

Nel suo trattato Bartolomeo Scappi elenca anche altri tipi di pasta: lasagne, tagliatelle, vermicelli, ma il “maccherone” era il nome generico per tutta la pasta, con poche eccezioni.


Il trattato di Scappi in una ristampa del 1622

In questo libro  c’è la prima raffigurazione conosciuta di una forchetta, nuovi metodi di preparazione del cibo e l'uso di ingredienti importati dalle Americhe.
 
Ancora a metà ‘800 nel ricettario anonimo titolato: “Il cuoco milanese e la cuciniera piemontese” vengono chiamati “maccaroni” anche i tagliolini di pasta fresca.

“Mangiamaccheroni” era l’appellativo riferito al popolo napoletano  che nel ‘700 e nell’800 mangiava pasta in grande quantità.

Fino al seicento i maccheroni erano serviti come piatto dolce, conditi con zucchero e cannella, poi nel '700 si diffuse la pasta  che veniva mangiata  con le modalità che conosciamo oggi. In strada, in ogni quartiere, c’era  la caldaia del "maccaronaro" con accanto il piatto ricolmo di formaggio, unico condimento, prima dell’uso del sugo di pomidoro/pomodori.





Il piatto di maccheroni veniva servito dal venditore ambulante.

Il “mangiamaccheroni si fa forchetta con due dita, solleva i maccaroni o i vermicelli mezzo palmo sopra la bocca, e poi facendo un live movimento di girazione a spirale ve li caccia dentro”.

Doxa:
Nella stagione estiva  protagonista è il pomodoro.

A Sarzana (prov. La Spezia) lo scorso 21 agosto si è svolta la nona mostra nazionale del pomodoro, centrata sulla sua storia evolutiva, con le varianti di colore, forma e dimensione.

Sono state esposte varietà tradizionali e contemporanee importate da diverse parti del mondo ed è  stato presentato il saggio titolato: “I dieci pomodori che hanno cambiato il mondo. Storia, viaggi e avventure alla scoperta del frutto più amato” (edit. Aboca),  del giornalista americano William Alexander, il quale ha indagato sulla trasmigrazione dei pomodori, ignorati e disprezzati, poi col tempo diventati popolari.

Come ho già scritto in uno dei precedenti post i primi a farne menzione furono i conquistadores spagnoli che lo importarono in Spagna.

La storia documentata del pomodoro in Italia inizia il 31 ottobre 1548 a Pisa quando Cosimo de’ Medici riceve dalla tenuta fiorentina di Torre del Gallo un cesto di pomodori nati da semi donati alla moglie, Eleonora di Toledo, dal padre, Viceré del Regno di Napoli.

Questo frutto è scolpito nel fregio del portale destro per l’ingresso nel duomo di Pisa.


Facciata del duomo di Pisa: Le porte in bronzo furono realizzate  nel 1602 da diversi artisti fiorentini della scuola del Giambologna.

Il pomodoro, forse a causa del suo arrivo tardivo sulla scena europea e ancor più della iniziale diffidenza manifestata nei suoi confronti, è raro nell’arte.

Nei cinque decenni successivi alla sua apparizione in Europa, il pomodoro fu coltivato prevalentemente in giardini  e solo occasionalmente fa la sua comparsa in opere d’arte e nelle nature morte del Seicento e del Settecento.

Quando i pomodori  cominciarono a circolare in Italia la gente li guardava con sospetto. Ci furono esperti gourmand che lo dichiararono non commestibile dopo averne masticato le foglie. Fu addirittura considerato “bacca odiosa dall’odore repellente”.

Quando il consumo di pomodori ebbe finalmente inizio, a provarli furono soprattutto personaggi facoltosi in cerca di degustazioni esotiche.

Nel corso dei secoli il pomodoro da frutto e cibo  raro divenne prodotto industriale. Negli Stati Uniti fu ideato  il ketchup come modo per utilizzare gli scarti  dei pomodori lasciati dopo l’inscatolamento.

Alexander in questo suo  saggio intreccia viaggi, leggende, umorismo, avventure (ma anche disavventure) per seguire la storia del pomodoro, che col  suo rosso colore spicca sui banchi di orto-frutta e sulle nostre tavole.

Navigazione

[0] Indice dei post

[*] Pagina precedente

Vai alla versione completa