Autore Topic: "La danse" e la fraternità  (Letto 642 volte)

Doxa

  • Muhuhuhu
  • *
  • Post: 2655
  • Karma: +37/-15
    • Mostra profilo
"La danse" e la fraternità
« il: Gennaio 28, 2023, 09:48:07 »

Henri Matisse, La  danse (seconda versione), olio su tela, 1910, Museo dell’Hermitage, San Pietroburgo

"La Danse" è il nome di due dipinti di Henri Matisse (1869 – 1954).
La prima versione, del 1909, è conservata a New York  al Museo di arte moderna; la seconda versione, del 1910, è al Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo. 

Le cinque figure nude danzanti  hanno le braccia protese nello slancio di afferrarsi l’un l’altra mentre si muovono in cerchio.

I loro corpi sono rappresentati  in torsione  durante il movimento rotatorio.

Il dipinto è tripartito: il cielo, la terra e le figure danzanti. Anche i  delineati colori sono soltanto tre.

Per questa seconda versione de “La danza” Matisse disse: “Il primo elemento della costruzione fu il ritmo, il secondo una vasta superficie blu scuro (allusione al cielo mediterraneo nel mese di agosto); il terzo un verde scuro (il verde dei pini mediterranei). Partendo da questi elementi, i personaggi non potevano che essere rossi, per ottenere un accordo luminoso”.

Questo quadro di Matisse evoca lo slancio verso la fraternità e il libro scritto dal sociologo e filosofo francese Edgar Morin, titolato “Fraternità perché ? E quale fraternità ?, pubblicato nel 2020 dall’editrice Ave.

“Liberté, Egalité, Fraternité” è il famoso motto scaturito durante la Rivoluzione francese.

La libertà e l'uguaglianza sono sancite in Francia nell'articolo 1 della “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino”, del 1789.

Morin evidenzia  che nella predetta  triade democratica la fraternità rimane emarginata.

La mancanza di fraternità  suscita l’individualismo sfrenato che  provoca ingiustizia: sociale, economica e ambientale.

Basti pensare all’esasperato liberismo provocato dalla globalizzazione e alle conseguenze in termini di diseguaglianza economica e sociale che ne sono derivate.

Citando le figure vetero-testamentarie di Abele e Caino, Morin ricorda come ogni fraternità possa manifestarsi in una rivalità, se a prevalere sono Polemos e Thanatos, intesi come principi, istinti di separazione e distruzione.

Allora si capisce meglio il drammatico dialogo tra Caino e Yavhé.

Dio chiede a Caino: “Dov’è Abele, tuo fratello ?”

Caino risponde: “Non lo so. Sono forse io il guardiano di mio fratello ?” (Gn 4, 9). Questa risposta evidenzia il rifiuto della fraternità, del sentirsi custode di Abele.

Lo stesso rifiuto è presente nell’episodio di Giuseppe venduto dai fratelli (Gn 37, 12 – 36), ecc..

Nell’enciclica “Fratelli tutti”, papa Francesco si chiede: “Che cosa accade senza la fraternità consapevolmente coltivata, senza una volontà politica di fraternità, tradotta in un’educazione alla fraternità, al dialogo, alla scoperta della reciprocità e del mutuo arricchimento come valori ?
Succede che la libertà si restringe, risultando così piuttosto una condizione di solitudine, di pura autonomia” (n. 103).

Allo stesso modo, l’uguaglianza, senza la fraternità rimane un valore astratto. L’una e l’altra hanno una sola strada da percorrere se vogliono continuare a essere ispiratrici di un nuovo umanesimo: accettare di accompagnarsi costantemente con la fraternità.

In un mondo che spesso manifesta il suo lato più individualistico e antagonistico, la fraternità appare sempre più come lo scopo e al tempo stesso il mezzo per superare rivalità e conflitti, diseguaglianze e crudeltà.

Il sostantivo fraternità (dal latino  fraternitas e questo da frater = fratello), allude al sentimento di amicizia, affetto, solidarietà. Viene manifestata verso coloro che non sono fratelli ma vengono considerati come se lo fossero,  legati da questo sentimento che esprimono con azioni generose di aiuto disinteressato,  presuppone la parità tra individui.


Doxa

  • Muhuhuhu
  • *
  • Post: 2655
  • Karma: +37/-15
    • Mostra profilo
Re:"La danse" e la fraternità
« Risposta #1 il: Gennaio 28, 2023, 12:11:52 »
A Milano, al Piccolo Teatro Strehler si conclude stasera (28 gennaio) la rappresentazione di “Fraternité, conte fantastique”,  dell’autrice e regista  francese di origini vietnamite Caroline Guiela Nguyen, la quale immagina che una eclisse  provochi la sparizione della metà degli esseri umani.  Chi è rimasto non sa dove siano le persone care sparite. Sperano nel loro ritorno, mentre anno dopo anno vedono la propria vita avvolgersi intorno al vuoto di quell’assenza. L’afflizione li induce ad affrontare insieme il mistero.

I sopravvissuti, che parlano lingue diverse e appartengono a culture differenti, vengono accolti e assistiti nei “Centri di cura e consolazione”, luoghi della memoria e del lutto, allestiti nelle scuole e dotati di  schermi e tecnologie che permettono  di controllare i moti della Terra, il susseguirsi delle eclissi, il ritmo del proprio battito cardiaco.  Li si aiuta a registrare messaggi da lanciare nello spazio, nel disperato tentativo di rintracciare gli scomparsi.

Con poesia e delicatezza si confondono realtà e fantascienza, piccoli momenti di vita che, come fremiti improvvisi, animano vite al margine, pronte a svanire nel nulla. Sono le testimonianze di un presente lanciato nello spazio come la luce di una stella, le fievoli luci della fratellanza.

Caroline Guiela Nguyen  ha affidato il  suo racconto a una compagnia composta da attrici e attori professionisti e non.

La fantastica idea  pone la questione dell’alterità, è diventa pretesto per raccontare le vite sospese di quanti ignorano il destino dei propri cari, sorte comune ai migranti, ai profughi, alle vittime delle guerre.

L’autrice evidenzia che spesso tendiamo a  confondere la fraternità con “solidarietà”, ma questa è di breve durata e si esaurisce nell’hic et nunc, nel presente. Invece, è possibile avere uno slancio fraterno nel futuro senza averlo provato nel passato.