Il fantasy è stata una lettura piacevole che ho praticato. assieme alla fantascienza, prevalentemente nei miei anni giovanili.( Oggi preferisco la letteratura poliziesca e quella horror che sono i generi che hanno con l'andar del tempo preso il sopravvento sugli altri, anche se la visione di film e la lettura di fumetti dedicati a spada e magia continuano a mantenere
per me una grossa attrattiva). Tra i personaggi che mi sono cari del genere ci sono Conan il Cimmero di Robert E. Howard( che assieme a Kull di Valusia è tra gli eroi più famosi del Fantasy ) e Kane, il guerriero mago creato Da Karl Wagner.
Ovviamente lo stereotipo del guerriero imbattibile ha creato una schiera di emuli , così pure come un ampio numero di maghi tenebrosi e tormentati ha popolato le pagine che sono seguite a quelle scritte da Moorckoc ( Elrik di Melnibone') o da Wagner. Non ho voluto aggiungermi al numero degli emulatori creandone uno che non fosse terribile nell'aspetto, forte nel braccio e travagliato nell'animo. Il mio mago, fatto forse anch'esso come molti dei personaggi letterari ad immagine del suo creatore, è ( almeno credo) diverso. Di seguito pubblico due versioni dello stesso racconto. Sarei grato a chi mi volesse indicare quale di queste preferisce e perché.
I°La locanda al confine del regno
Da alcuni giorni una pioggia insistente affliggeva la cittadina riducendo le strade ad una poltiglia fangosa. Quella notte non faceva eccezione e nessuno che fosse dotato di buon senso e che non vi fosse stato costretto suo malgrado sarebbe rimasto all'aperto con l'umidità ed il freddo che si infiltravano tra i tessuti dei vestiti ed il cuoio delle scarpe facendosi strada sino alle ossa.
Nella locanda dell'Oca, l'unica del paese, c'erano diversi avventori tutti stranieri. Gli abitanti del villaggio, col calar del buio, preferivano al conforto del locale pubblico quello delle loro abitazioni e la gente che sedeva ai tavoli era dunque costituita prevalentemente da viaggiatori che approfittavano degli agi di quell'ultimo riparo della civiltà prima di affrontare la distesa selvaggia ed impervia che conduceva al confine del regno.
Quando un uomo grasso e ben vestito scortato da due uomini avvolti in mantelli laceri e scuri i cui volti nascosti dalle falde del cappuccio sembravano essere fatti d'ombra entrò nel locale, gli occhi degli avventori si soffermarono su di lui. L'uomo fece una breve sosta dinnanzi all'enorme camino nel quale ruotava uno spiedo per fugare l'umido ed il gelo accumulati in strada , quindi voltandosi scrutò il locale alla ricerca di un tavolo libero ed appartato che consentisse di avere le spalle al muro e la visuale ampia. Sembrava un florido mercante accompagnato da due mercenari ed aveva focalizzato l'attenzione di alcuni manigoldi presenti anche se non portava su di sé spille od anelli che potessero alimentare quell'interesse. Quando assieme alla scorta si fu sistemato al tavolo scelto, una serva stanca ed assonnata lo raggiunse per prendere la comanda.
“ Una porzione di carne arrosto con qualche fetta di pane e del vino caldo speziato.” ordinò.
“ ...e per i suoi amici? “chiese la donna indicando i due ammantati di scuro.
“ Nulla !” – le rispose con un sorriso divertito.
Quando la donna fece ritorno con le vivande le venne chiesto se la locanda disponeva di un posto dove passare la notte.
“ Ci sono stanze al piano superiore con letti di paglia oppure potete sistemarvi qui, sul pavimento, se preferite.” rispose.
L'uomo prese da una borsa di cuoio che teneva nascosta in una piega dell'abito alcune monete e le pose sul tavolo dicendo “ Andremo sopra. Una stanza è sufficiente. “.
Il luccichio delle monete destò un bagliore sinistro negli occhi di alcuni loschi figuri che sedevano ad un tavolo poco distante e che non avevano mai smesso di tenerlo d'occhio dal suo ingresso nel locale. Uno sguardo di tacita intesa intercorse tra loro. Avrebbero atteso che il mercante salisse prima di passare all'azione: loro erano in sei, reduci di tante battaglie e sopravvissuti a diverse guerre, abili nel combattimento, nel razziare e nell'assassinio, armati e pronti a tutto. Si sarebbero trovati di fronte la resistenza di due soli individui e quel florido mercante non avrebbe avuta altra scelta che privarsi dei suoi averi o morire tentando di resistere. Nessuno si sarebbe frapposto tra loro e quella borsa di monete.
All'incirca tre quarti d'ora dopo che il mercante si era recato al piano sovrastante il salone della taverna, stimandolo un tempo adeguato per consentirgli d'addormentarsi, i 6 lestofanti gli fecero seguito. Nessuno se ne accorse: la sguattera della locanda si era appisolata sul bancone sopraffatta dalla stanchezza, e gli altri avventori, vinti dal vino o dal sonno, riposavano anch'essi. Nessuno badò allo scricchiolio degli scalini di legno ne a quello delle assi del pavimento del primo piano. Nella luce incerta della lampada ad olio che illuminava il corridoio, i manigoldi videro alcune stanze con la porta aperta, vuote. Una sola stanza aveva la porta chiusa, segno che aveva un ospite all'interno. Dei due uomini di scorta, che avrebbero dovuto presidiare l'ingresso della stanza, non c'era alcuna traccia. Quello tra i furfanti che doveva essere il capo del gruppo mise la mano sulla maniglia e spinse verso l'interno della stanza meravigliandosi di non trovare alcuna resistenza. Con stupore ma senza alcuna diffidenza i lestofanti avanzarono nel buio profondo che avvolgeva quel locale pregustando il facile bottino. Quello che invece di lì a poco accadde è frutto di una ricostruzione fatta di frammentari ricordi e di supposizioni. La serva disse di essersi svegliata udendo strani rumori che accompagnavano bagliori turchini provenienti dal piano superiore. Qualcuno tra gli avventori che si erano assopiti nel salone parlò di rumori insoliti, di strane luci, di grida di stupore e di dolore.
La cosa strana è che mentre un gruppo di sei avventori era scomparso dal locale senza lasciar traccia nel pieno della notte, il mattino seguente, quando il mercante si congedò dalla locanda era scortato non più da due ma da otto individui dagli abiti scuri e laceri ed il cui volto, riparato dal cappuccio, sembrava rimanere in ombra ed impossibile da vedere sotto ogni angolazione della luce.
Seconda versione
Pioveva ininterrottamente da alcuni giorni e le strade del paese erano ridotte a poltiglia fangosa.
Erano passate alcune ore dal calar del buio quando un uomo scortato da due mercenari entrò nella locanda. L'uomo era grasso e vestito con abiti azzurri di buona fattura che gli conferivano l'aria di un ricco commerciante mentre la sua scorta indossava tuniche nere e lacere e un velo scuro che sembrava celarne i volti ricoprendoli d'ombra. Il suo ingresso nel locale aveva attirato l'attenzione di molti sguardi. L'uomo turchino si soffermò alcuni minuti davanti all'ampio camino nel quale ruotavano degli spiedi di carne per fugare il freddo e l'umido che permeando il cuoio dei calzari e il tessuto della veste gli erano arrivati sino alle ossa. Quando fu trascorso il tempo necessario a scaldarsi, voltandosi diede un'occhiata al locale: c'erano molti avventori, tutta gente di passaggio che probabilmente stava come lui cercando di raggiungere il confine del regno. Scelse un tavolo che era vicino al muro così da avere un'ampia visuale dinnanzi a lui e niente di cui doversi preoccupare dietro alle spalle. Una serva stanca ed assonnata si recò al suo tavolo per l'ordinazione.
“ Una porzione di carne, qualche fetta di pane e del vino caldo speziato.” le chiese l'uomo in turchese.
“ ...e per i suoi amici?” chiese la donna. “ Oh, per loro nulla...” le rispose congedandola ed accompagnando la frase con un sorriso.
Da quando aveva posto piede nel locale lo sguardo di sei uomini seduti ad un tavolo vicino non aveva mai smesso di seguirlo. Anche se se n'era accorto non aveva dato segno di avvedersene.
Quando la donna tornò con il cibo le chiese dove poteva passare la notte .
“ Potete dormire qui, sulle sedie o sul pavimento, oppure se volete un letto morbido, al piano di sopra ci sono delle stanze. Al momento sono tutte libere per cui potete accomodarvi liberamente dove volete coi vostri amici...” Estraendo una gonfia borsa di cuoio nascosta tra le pieghe del vestito, l'uomo in azzurro ne prese delle monete che consegnò alla donna. “ E' sufficiente una sola stanza.” disse.
La borsa aveva solleticato ulteriormente la bramosia di quei sei uomini negli occhi dei quali era brillata la cupidigia ed uno sguardo d'intesa : l'avrebbero raggiunto più tardi ai piani superiori . Loro erano in sei, reduci sopravvissuti a diverse battaglie, saccheggiatori e razziatori che non si preoccupavano di dover ricorrere alla tortura ed all'omicidio per ottenere uno scopo. Erano uomini d'armi e la presenza dei due mercenari non avrebbe costituito un ostacolo impossibile da rimuovere. Quel ricco grassone, una volta privato della scorta,erano certi che non avrebbe opposto resistenza. Lasciarono passare un'ora dopo che l'uomo pingue e ricco si era ritirato con la scorta al piano superiore e poi, completamente ignorati dalla serva che aveva ceduto alla stanchezza e dagli altri avventori che avevano ceduto al vino od al sonno, si avventurarono sulla scala di legno decisi a ghermire la loro preda. Il corridoio, illuminato da maleolenti lampade ad olio, era deserto e le porte delle stanze, eccezion fatta per una, erano aperte e vuote. Quello che doveva essere il capo del gruppo, ponendo la mano sulla maniglia della porta spinse lentamente verso l'interno meravigliandosi di non trovare resistenza alcuna. La stanza era immersa nel buio. La compagine dei taglia gola si avventurò nella tenebra e la porta della stanza venne chiusa dall'ultimo della fila.
Quello che accadde poi non è molto chiaro ed è dovuto a ricordi frammentari di una serva della locanda e di alcuni avventori svegliati dal trambusto. I racconti , quantunque differiscano in alcuni dettagli, sono unanimi nel descrivere strani bagliori azzurrini e grida di terrore e di dolore che provenivano dal piano sovrastante. Il fenomeno durò pochi minuti. La cosa che sembrò colpire particolarmente l'attenzione e la fantasia di quanti si trovavano nella locanda il mattino successivo fu la scomparsa, davvero singolare considerando che avvenne nel pieno della notte, di sei uomini dall'aria losca che si trovavano nel salone. Nessuno lascia nottetempo un riparo per aggirarsi al freddo e sotto gli strali delle intemperie nelle strade fangose. La cosa, per quanto curiosa, non destò un numero tale di supposizioni quanto il vedere l'uomo grasso e vestito di turchino lasciare la locanda: al suo seguito, vestiti di abiti neri e laceri si trovavano ora otto mercenari il cui volto, per uno strano gioco della luce, sembrava rimanere sempre in ombra e non rivelarsi mai.