La filosofia cristiana, “figlia” di quella greca: questa nacque come superamento delle spiegazioni mitologico-religiose dell’universo.
Il cristianesimo dei primi secoli si servì di alcune parti della filosofia greca per presentare Cristo come maestro universale e per dare le risposte sul significato della vita umana e sul mondo alla luce della rivelazione cristiana.
Dai filosofi stoici “prese” il “Logos” e il “Verbum” per il prologo del Vangelo di Giovanni.
Furono notevolmente influenzati dalla filosofia greca i primi padri della Chiesa orientali, tra i quali il teologo e filosofo Clemente d’Alessandria (o Alessandrino, 150 circa – 215 circa) e il filosofo e apologeta Giustino (100 – 163 circa).
All’ellenizzazione del cristianesimo contribuirono i quattro “Padri” della Chiesa d’Oriente: il teologo Basilio, vescovo di Cesarea (329 – 379); il teologo Giovanni Crisostomo, arcivescovo di Costantinopoli (344 circa – 407); il teologo e vescovo Gregorio Nazianzeno (329 – 390), fu anche maestro di San Girolamo; il teologo e vescovo Atanasio di Alessandria d’Egitto (293 circa – 373).
Questi personaggi, per la teologia cristiana usarono concetti e categorie della filosofia greca.
La religione cristiana, pur avendo obiettivi spirituali, ebbe un impatto notevole sulla cultura e sulla filosofia tardo-ellenista, introducendo nuovi concetti, in parte mutuati dalla tradizione giudaica, come:
1. l'affermazione del monoteismo, sconosciuto al mondo greco;
2. la creazione del mondo dal nulla, tesi ritenuta impossibile dalla filosofia classica;
3. la centralità dell'uomo, depositario di un principio divino ¬ la sua somiglianza con Dio ¬ e non semplicemente razionale, che lo rende superiore a tutti gli esseri.
Dei quattro Vangeli, sicuramente quello di Giovanni è il più ricco di spunti filosofici: egli parla di Cristo in termini di Lógos, concetto centrale nella filosofia greca, ma al contrario di questa gli conferisce un aspetto umano e storico e non un carattere atemporale e simbolico.
Giovanni sottolinea l'identità fra la persona storica di Gesù, che è Logos capace di provocare risposte e miracoli, e il Logos che è la parola stessa di Dio, creatrice e auto-rivelatrice.
Quella cristiana è una religione rivelata, basata su credenze che il fedele recepisce, è “verità” comunicata direttamente dalla divinità.
La ricerca dei filosofi cristiani nacque dall’esigenza di chiarire il significato della “rivelazione”, per avvicinarsi tramite la ragione a Dio.
E furono quei “patristi” cristiani ad essere in continuità con la filosofia greca per almeno tre motivi:
- il pensiero cristiano si presentava come il culmine della filosofia greca: era l’approdo di quella ricerca della verità agognata sin dai tempi antichi;
- Dio aveva creato in tutti gli uomini e in tutti i tempi una ragione (Logos) identica che, però, solo col cristianesimo poteva condurre alla comprensione della “Verità”;
- la dottrina cristiana veniva interpretata attraverso concetti che provenivano dalla filosofia greca.
La filosofia cristiana fece una sintesi fra la tradizione ebraica e la filosofia greca, in particolare quella stoica, e può essere così riassunta:
Il monoteismo: con la concezione cristiana si afferma l’esistenza di un solo Dio, considerato come qualcosa di completamente superiore e “altro”.
Il comandamento divino: “Non avrai altro Dio fuori di me” riassume la “prepotenza” e l’assolutezza del Creatore. Tale concezione era sconosciuta nel politeismo ellenico.
La filosofia greca, per secoli, aveva offerto diverse teorie sull’origine dell’umanità, dell’universo.
Il filosofo Platone considerava il mondo come un’opera d’arte, una materia originaria plasmata da un’entità detta “demiurgo”.
Nessun filosofo dell’antichità aveva mai creduto in un Dio buono e creatore, che dal nulla, aveva originato volontariamente il mondo, quale era quello dei cristiani.
A quei filosofi greci era estranea la concezione di un Dio che legifera in merito al comportamento nell’uomo.
Invece la dottrina ebraico-cristiana mette al centro l’uomo. E’ il libro della Genesi a specificarlo: “Dio disse: ‘Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza, e abbia dominio sui pesci del mare e sui volatili del cielo, sul bestiame, su tutte le fiere della terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra’ “.
Nel cristianesimo c’è una nuova concezione del bene (inteso come virtù, nel senso di vicinanza a Dio) e del male (inteso come peccato, nel senso di lontananza da Dio). Allo stesso modo, è la fede in Dio (e non la conoscenza) a costituire l’impegno e la realizzazione più alta dell’uomo.
Il pensiero greco, tramite Platone, creò la descrizione dell’amore-Eros, inteso come la forza che permette all’individuo di elevarsi spiritualmente.
Al contrario, il cristianesimo rifiutò la concezione platonica e preferì l’amore-agape. Secondo il cristiano è Dio che ama, è un amore gratuito. Dio è amore e ama fino al sacrificio della croce e l’uomo può essere portatore di amore solo nella fede e nell’amore disinteressato per il prossimo.
La resurrezione dei morti: nella filosofia greca domina il tema dell’uomo scisso tra corpo e anima, vera essenza immortale. Al contrario, il cristianesimo parla di risurrezione dei corpi che avverrà alla fine dei tempi (col Giudizio universale) con l’avvento del Regno di Dio.