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Diari di viaggio / Cointreau - Parte terza
« il: Ottobre 05, 2012, 10:10:55 »
Cointreau, parte terza.

Nessuno si chiese da dove arrivasse l'agnello che le guide stavano arrostendo per la nostra cena ma l'odore era buonissimo e, dopo aver fatto i turni nelle uniche tre docce a disposizione per 26 persone ci ritrovammo tutti intorno al fuoco acceso proprio al centro del cortile. Le mura intorno erano alte circa 2,5 metri e le canne arrotolate e legate insieme servivano, mi spiego' Colette, a coprire il cortine in caso di tempesta di sabbia. Ma fortunatamente non era prevista in quei giorni. Da bere c'era succo di palma fermentato. Lungo la strada del giorno prima avevamo visto diverse persone ferme ai bordi con dei bidoni pieni di questo liquido che viene estratto dalla palma e fatto fermentare. E' leggermente alcolico. In un fosso scavato per terra si cucinava un altro pezzo di agnello in modo di poter assaggiare due diversi tipi di cottura e, poco distante, in una specie di padella, una delle guide preparava un tipo di pane. Fu una cena allegra piena di commenti e di emozioni raccontate in una totale commistione tra francesi e italiani che ormai, dopo tre giorni, avevano tutti fatto amicizia e dal cibo si passò quindi ai racconti e ai Brindisi con il succo di palma. Mentre guardavo quella gente parlare e sorridere osservavo le pareti che ci separavano dall'immensità sabbiosa che ci circondava da ogni parte. Illuminate dal fuoco con le nostre ombre a muoversi come scuri fantasmi fu facile immaginare antiche storie che tra quelle mura certamente sono state vissute. Quali lingue hanno ascoltato queste pareti, quali storie segrete o meno, di quali paure sono state testimoni e di quali gioie? Il succo di palma fermentato e le oltre 4 ore a dorso di dromedario cominciavano produrre i primi effetti e qualcuno guadagno' velocemente il proprio letto ma altri, sempre di meno,  resistevano. Ad un certo punto, chiedendo permesso alle guide tuareg per non urtare la loro sensibilità musulmana, un francese tiro' fuori una bottiglia di Cointreau che fu accolta con entusiasmo e tutti mischiammo il sapore di arancia di questo liquore con quello del succo di palma e per molti, me compreso, fu il colpo do grazia nel senso che mi sdraiai sulla sabbia coprendomi con una coperta e rimanendo vicino al fuoco dove ancora bivaccavano un paio delle nostre guide, due irriducibili francesi e due italiani e Colette. Era fresco fuori ma con la coperta e accanto al fuoco si poteva stare e allora Colette andò a prendere un altra coperta e si sdraiò accanto a me e lo stesso fecero le due coppie. I beduini si misero tutti insieme da una parte del cortile. Man mano che il fuoco calava di intensità' riuscivo ad apprezzare maggiormente un cielo stellato come mai mi era capitato di vedere. Si scorgevano già le costellazioni estive dell' aquila, del cigno e della lira salire da est ma era davvero difficile riuscire a distinguere le singole costellazioni in quanto milioni di altre stelle, invisibili dalle nostre città brillavano entro i loro confini. Era quella che chiamano la meraviglia notturna del deserto; il cielo stellato. Incantati da cotanta meraviglia, cullati dal crepitio del fuoco e riscaldati dal Cointreau mi addormentai in un sonno senza interruzione fino a quando sentii una delle guide chiamarmi e tentai di smuoverei dalla posizione in cui ero rimasto per tutta la notte ma senza riuscirci. Inoltre non mi sentivo il braccio destro che era totalmente addormentato perché Colette si era messa a dormire proprio addosso al mio braccio per mantenersi maggiormente al caldo. Fu un risveglio piacevole anche se non ricordavo assolutamente nulla dal momento in cui avevo chiuso gli occhi.
Sarebbe stato un bel viaggio sia per la compagnia e sia per quanto stava avvenendo tra me e Colette ma uno dei miei clienti ebbe un problema di salute abbastanza grave e io fui costretto a tornare indietro per accompagnare lui e la moglie (scortati da una guida) a Marrakech e tutto fini in quella mattina che paradossalmente era iniziata benissimo.....

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Diari di viaggio / Cointreau - Seconda parte.
« il: Ottobre 04, 2012, 09:06:05 »
Cointreau – Seconda parte

“Allah oakbar.....” mi svegliò la cantilena delle preghiere che il nostro gruppo di guide stava recitando appena fuori dalla mia stanza e quindi mi precipitai fuori considerando che, in qualità di accompagnatore, devo essere sempre il primo e infatti lo fui. Fuori era freddino in quanto c'è una enorme differenza di temperatura tra il giorno e la notte ma muovendomi per portare i miei bagagli sull'auto e facendo avanti ed indietro per varie ragioni mi abituai presto al fresco della mattina.
“Dormito bene”? Mi chiese Colette.
“Ottimamente. Vedo dal programma che oggi prendiamo la via carovaniera”.
“Si, tra circa 50 km le auto ci lasceranno e continueremo con i dromedari. I clienti hanno pagato per questo”!
E così viaggiammo per cinquanta km su una strada sabbiosa al punto che spesso la sabbia ricopriva interamente l'asfalto che, per conto suo, era pieno di buche e avvallamenti dovuti alla deformazione che subisce per via del caldo.
Fu un sollievo uscire dall'auto che, nonostante fossimo a fine aprile, si riscaldava ai primi raggi del sole. Fummo accolti dal gruppo di guide beduine con le loro tipiche tuniche color indaco che ci offrirono te e acqua fresca sicuramente presa nel pozzo visibile al centro del palmeto sotto cui sostavano pigramente una ventina di dromedari.
“Spesso il mio lavoro finisce qui in quanto c'è poco da spiegare quando si è in mezzo al deserto ma stavolta sono costretta a fare il viaggio intero in quanto le guide beduine parlano solo arabo e io soltanto posso tradurlo in francese e in italiano”. Mi disse Colette.
Io dissi: “Meglio così; mi sarei annoiato a condividere il viaggio con gente a cui posso dare solo del “lei”.
Sorrise.
Era la prima volta che la vedevo sorridere.
La procedura di sistemazione sui dromedari fu un momento divertentissimo
in quanto ben tre coppie caddero al momento in cui l'animale si rialzò perchè pochi si aspettano che egli sollevi per intero prima le zampe posteriori sbilanciando il suo carico (in questo caso gli esseri umani) fortemente in avanti. Così questi ruzzolarono sulla sabbia o rimasero appesi al collo del dromedario nelle posizioni più strane possibili. Un dromedario si rifiutò di alzarsi sicuramente per via del peso dei suoi passeggeri...
I primi km furono difficili in quanto i dromedari sebbene seguano l'animale precedente rispondono ad eventuali sollecitazioni e così bastava spostare da un lato le redini affinchè cambiassero direzione. Ma il rischio non era quello di perdersi ma di prendere un sentiero troppo in discesa o troppo scosceso rischiando di cadere.
Comunque riuscimmo a partire seguendo la direzione di un vecchissimo cartello stradale che indicava “Timbouctou 54 jours....” e io ero sull'ultimo dromedario per controllare che nessuno cambiasse strada e questo mi dava il vantaggio di vedere la colonna procedere lentamente ora sul fondo di quella che poteva definirsi una vallata circondata da dune alte anche 200 metri ora sulla cresta delle stesse dune e da qui si osservava il “mare” di sabbia tutto intorno. Contrariamente a quanto si pensi non esiste un percorso segnato e ben definito per le vie carovaniere non c'è una strada battuta da seguire ma solo delle rocce ammucchiate che raggiungono il metro di altezza orientate nella direzione del prossimo punto di riferimento. Il capo carovana ne esamina la direzione e la mantiene. Spesso il deserto non è solo sabbia ma anche pietre. Anzi per oltre un ora abbiamo attraversato solo un letto di sassi che si estendeva in ogni direzione. Nessuna palma in vista, niente, nessun segno di civiltà, nessun uccello in aria, nessun rumore. Due ore durò la prima tappa, per far abituare gli ospiti e quindi arrivammo ad una oasi; la classica oasi con le palme e il laghetto che affiorava in mezzo ad esse. Riposando e riparandomi dal sole del mezzogiorno mangiammo il primo pasto berbero preparato dalle nostre guide che erano andate avanti ad accendere il fuoco. Mangiai da solo seduto nel punto più alto dell'oasi per poter guardare l'infinito; dove il colore ocra della sabbia si congiungeva con l'azzurro del cielo.
“Sai quali sono i colori del deserto”? Mi chiese Colette sedendosi  accanto a me.
“No....almeno...io qui ne vedo due”.
“Sono quattro e li stai vedendo tutti”. “Il blu del cielo, l'ocra della sabbia, il bianco delle nuvole e il verde delle palme.
Era vero; tutti e questi quattro colori sono visibili nel deserto e solo questi. Mi vennero alla mente i colori delle bandiere di molti stati arabi. Sono uguali tra di loro ma disposti in modo differente. In effetti ci sono alcuni di questi  colori più il nero. Che ci sia un nesso? Ci deve essere per forza....troppo simili sono i colori e gli stessi colori, inoltre, sono riscontrabili nel quadrettato della kefiah, il tradizionale copricapo arabo.
Un beduino mi strappò dai pensieri invitandomi a prepararmi a ripartire in quanto il pomeriggio avremmo camminato di più e risalii sul mio quieto animale che battezzai Rex per il suo sguardo sprezzante ed indifferente (tipico dei dromedari); lo stesso sguardo di colui che non degna nessuno di attenzione e la carovana ripartì. Sempre in fondo alla fila, vedevo ciondolare a destra e a sinistra tutti i passeggeri fino a quando arrivammo in una ampia pianura e qui, per svegliare un po il gruppo, le guide accelerarono il passo dei dromedari. Adesso si che si ballava! Quando corre questo animale porta contemporaneamente in avanti entrambi le gambe di ogni lato. Non corre, ad esempio, come i cavalli che incrociano l'anteriore destra e la posteriore sinistra e quindi il fatto che si sostenga sulle gambe di un solo lato mentre le altre due sono in movimento e quindi sollevate da terra conferisce il tipico andamento ondeggiante da cui deriva il soprannome “nave del deserto”. Fu una corsa leggera per non far correre rischi ai clienti ma entusiasmante. Qualcuno ebbe mal di mare. La pianura sembrava più corta ma gli animali corsero per almeno 20 minuti e dopo un altra mezz'ora si incominciò a vedere in lontananza l'oasi dove avremmo passato la notte. Questa oasi era abbastanza grande e nel centro, vicino all'affioramento dell'acqua, c'era la costruzione dove avremmo dormito. Era una costruzione formata da una decina di stanze disposte a quadrato intorno ad una area centrale aperta che fungeva da cortile. Prendemmo possesso delle nostre stanzette dove c'era esclusivamente il letto e un armadietto. Al centro del cortile le guide che come al solito erano passate avanti avevano già acceso il fuoco e stavano preparando la cena.
“Ma dove sono le docce”? Chiese un cliente.
Già, dov'erano le docce e soprattutto il bagno?
“Esci dal portoncino, gira a sinistra e trovi l'indicazione che ti porterà al luogo che cerchi”, disse Ahmed.
In mezzo a una decina di palme c'erano questi spazi privati. Fatti bene a dire il vero ma assolutamente all'aperto coperti soltanto da un metro quadrato di foglie....
Comunque ci organizzammo e dopo due ore circa eravamo tutti pronti per la cena.

FINE Seconda parte.

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Diari di viaggio / Cointreau
« il: Settembre 19, 2012, 12:31:18 »
    “Madames et messieurs bienvenues à l'aeroport Menara de Marrackech”.
     L'altoparlante ripeteva i saluti in francese e arabo oltre a vari consigli sulla sicurezza nonché la direzione da seguire per i controlli prima di uscire dall'aeroporto.
     A mezzanotte e trenta, dopo 4 ore di volo e dopo aver lavorato tutto il giorno prima di partire non si è perfettamente in forma e io mi lasciai trascinare dalla corrente fino a ritrovarmi nell'ampia sala moderna si, ma con numerosi tratti tipici arabi come intere famiglie che bivaccavano in alcuni angoli, colori accostati con gusti dubbi per un italiano, odori a cui avrei fatto bene ad abituarmi quanto prima, edicole chiuse, bar spogli e altra gente non del posto spaesata come me. Ero al mio primo viaggio come accompagnatore turistico e l'emozione giocava sicuramente la sua parte ma era una prova che avrei fatto bene a superare brillantemente visto che avevo gli occhi puntati addosso....In una delle tasche trovai  l'appunto che mi serviva per arrivare all' hotel e mi diressi verso i taxi che si intravedevano parcheggiati fuori. In fila aspettando il turno notai altre famiglie sedute per terra che aspettavano un volo in partenza o magari un parente in arrivo...chissà, un branco di cani addormentati anche loro in attesa di qualcosa e una ragazza che mi parve europea seduta sulla valigia con una espressione sconsolata. Pensai qualcosa che adesso non ricordo bene ma la mia attenzione fu richiesta dal conducente del mio taxi che mi chiamava e salii senza pensarci troppo. Era tardi e domani mattina sarei dovuto tornare in aeroporto per accogliere il gruppo in arrivo dall'Italia.
     Infatti alle 10,00 ero nuovamente sul posto e, in attesa del gruppo rividi la ragazza della sera prima che era appoggiata sulla propria valigia; sembrava dormisse. Incuriosito andai verso di lei e vidi che era sveglia e mi guardò senza dire parole.
     “ Need something”? - provai con l'inglese,
     “ Bonjour” - tirai fuori tutto il mio charme francese..
     “Que pasa”? - sicuramente vado meglio con lo spagnolo.
     “ Posso fare qualcosa”? - non si sa mai magari è italiana...
Lei si raddrizzò e dopo avermi squadrato rispose:
     “Yes, I lost my passport and all my money and now I'm locked here”.
      “So you can call for your Embassy”.
      “Yes but Embassy is in Rabat and I can't leave this area”.
Era una situazione complicata ma non potevo fare niente per lei dal punto di vista del passaporto ma le diedi un po di denaro per comprarsi da mangiare in attesa che arrivassero le autorità americane da Rabat a risolvere la situazione. I miei clienti arrivarono, salutai Maria augurandole buona fortuna e portai il gruppo al bus che ci aspettava fuori.


La Mamounia è sicuramente il miglior hotel di Marrakech. Stile arabo con i tipici giardini interni, zampilli di acqua e un arredamento raffinato con giochi di luci ed ombre, stanzette riservate e una buona cucina. Distribuii le chiavi lasciando che il gruppo prendesse possesso delle camere dando loro appuntamento alle 13,00 e rimanendo in attesa del gruppo francese con il quale ci saremmo uniti per il tour del sud la cui partenza era prevista per il giorno seguente. Cercavo di capire chi potesse essere la guida che ci avrebbe accompagnato e scrutavo ogni individuo transitasse nei miei paraggi ma niente. Quello? No, non ha l'aspetto di una persona istruita.....quell'altro con i baffetti alla turca? Potrebbe essere, si...magari  è lui. No, aspettava quella donna....Dopo pochi minuti rinunciai a capire e, come spesso avviene in questi casi, la persona arrivò dopo pochi minuti:  “Bonjour Bruno, je suis Colette avec le group française”. Colette Raiani, madre francese e padre marocchino, una delle tanti unioni dovute al colonialismo francese del secolo XIX° della regione nord ovest dell'Africa.... Colette poteva avere circa 10 anni più di me e quindi era sui 32 e sicuramente con molta più esperienza. Passò subito ai discorsi di lavoro senza intrattenersi troppo sul personale e quindi stabilimmo l'orario della visita di Marrakech.
Ogni giorno verso le ore 17,00 in piazza Jamal El Fnaa si rinnova il fascino di questa città. Lentamente si montano bancarelle, arrivano i primi venditori e prima del calar del sole una folla immensa riempie la piazza circondata da case in mattoni rossi spesso con tappeti messi al sole che colorano ancora di più il paesaggio impreziosito da alte palme e da un cielo che tende progressivamente al blu intenso. Molti dei terrazzi delle case che circondano la piazza sono diventate sale da tè dove una moltitudine di turisti assiste dall'alto all'animarsi serale della piazza. Intanto giù sono già pronti i venditori di lumache che vengono servite in tazze piene di brodo e la gente mangia i molluschi e beve poi il brodino...incantatori di serpenti fanno muovere cobra e altre specie pericolose maneggiandoli con fare sicuro; cantastorie, saltimbanchi, giocolieri e  scimmie ammaestrate si contendono l'attenzione della gente locale e soprattutto dei turisti sperando in qualche mancia mentre sparsi qua e la si vedono piccoli banchi con denti e dentiere (si, avete letto bene) acquistabili liberamente dopo averle provate, naturalmente. Altrimenti la rimetti a posto. Tutto questo e altro è il cuore di Marrakech e la serata passò così, con i clienti a girare per il suk che si trova nelle stradine intorno alla piazza e io e Colette a bere un tè parlando del nostro lavoro e cercando di conoscerci meglio visto che avremmo dovuto passare una settimana insieme. Ma il vero viaggio cominciava domani....
Sveglia di buon mattino, robusta colazione e quindi pronti alle 8,00 sul bus che ci avrebbe portati a Ouarzazate. Oltre tre ore facendo sali e e scendi sulle ultime propaggini meridionali dei monti dell'Atlante fino a scavalcare una cresta e ritrovarci nel versante orientale; quello che guarda il deserto.
Da questo punto, guardando verso est, quattromila km di sabbia ci separavano dal Nilo, in Egitto. Tutto il Sahara. Ma noi ne avremmo percorso solo una minuscola parte che comunque ci avrebbe impegnati per una settimana.....
Oaurzazate è una città particolare. Intanto la vedi spuntare improvvisamente in mezzo al giallo-ocra della sabbia e delle rocce; si vede un “nido” di verde e una volta arrivati ci si trova tra splendide costruzioni in mattoni rossi condite con palme e l'immancabile cielo azzurro. Ouarzazate è stata in parte ricostruita per essere usata come scenario di molti film storici (Il Gladiatore, Il tè nel deserto...) e quindi sembra davvero di rivivere le atmosfere del tempo anche se la città non è poi molto vecchia essendo stata fondata durante il periodo coloniale francese. Ma è comunque di grande impatto scenografico.
Fino adesso il viaggio era stato paragonabile a un qualsiasi viaggio in qualsiasi parte del mondo. Hotel e bus confortevoli, cibo internazionale e strade asfaltate ma già da domani tutto sarebbe cambiato.
La mattina continuammo ancora con il bus fino alle Gole di Todra dove immense rocce rosse fanno da cornice ad un fiume dalle acque freschissime. Visitammo una casa tipica del posto costruita a secco con le pietre rosse. Stanze grandi ma abbastanza vuote; solo tappeti e divani e poi si usciva in un cortiletto interno dove c'era una stanza con tre pareti che rimaneva quindi aperta su questo cortile. All'interno della stanza c'era una ragazza intenta a lavare del pentolame in un fosso che, osservando con attenzione, veniva riempito da un flusso di acqua proveniente dal fiume e poi usciva dalla parte opposta della stanza. Acqua corrente nel vero senso della parola. Mi venne spontaneo chiedere “Mais l'eau c'est froid”? Serio.
E lei mi rispose: “Oui, c'est très froid”. Sorridendo.
La tradizione impone che la padrona di casa prepari un tè per ogni ospite e questi deve accettare per non rifiutare l'ospitalità. Molti di noi, comunque, soprattutto gli italiani, non lo presero mentre i francesi accettarono in massa....
Da quel momento avremmo abbandonato il bus per continuare per altri 300 km con auto fuoristrada fino a quando, il giorno seguente, avremmo lasciato anche quelle. Arrivammo quindi a Zagora a pochi km dal confine con l' Algeria dove finivano le montagne e cominciava il vero e proprio deserto. Già si notava il livello dell'hotel per niente paragonabile a quello di Ouarzazate per non parlare con La Mamounia di Marrakech...ma il viaggio consisteva proprio in questo: vivere i prossimi 5 giorni in armonia con la gente, con le loro tradizioni e con i mezzi di trasporto del posto.


FINE prima parte.

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Diari di viaggio / Nuovamente a casa.
« il: Settembre 18, 2012, 10:00:35 »
Buongiorno a tutti amici vecchi e nuovi di Zam. Rientro alla base dopo una estate "europea" vissuta tra Francia, Belgio, Olanda e Germania. Come dite? Un racconto su questi viaggi? Si, penso di scriverlo ma intanto sto scrivendo di altri viaggi precedenti che più profondamente hanno inciso nella mia anima ricordi e immagini. A presto.

Bruno

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Anch'io Scrivo poesia! / Dedica
« il: Luglio 10, 2012, 05:59:42 »
Non sia mai ch'io ponga impedimenti
all'unione di anime fedeli; Amore non è Amore
se muta quando scopre un mutamento
o tende a svanire quando l'altro s'allontana.
Oh no! Amore è un faro sempre fisso
che sovrasta la tempesta e non vacilla mai;
è la stella-guida di ogni sperduta barca,
il cui valore è sconosciuto, benché nota la distanza.
Amore non è soggetto al Tempo, pur se rosee labbra e gote
dovran cadere sotto la sua curva lama;
Amore non muta in poche ore o settimane,
ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio:
se questo è errore e mi sarà provato,
io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato.


---Naturalmente questa non è mia. La dedico ad una persona speciale che mi ha donato tutto un nuovo mondo.

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Anch'io Scrivo poesia! / Sono razzista
« il: Luglio 07, 2012, 11:19:31 »
Ebbene si. Sono razzista.
Ma prima di sentenziare, di bollarmi come individuo da evitare e di cancellare il mio nome dalla lista degli amici nonché dalle rubriche telefoniche e di chiamare le autorità competenti leggete il motivo che mi spinge a schierarmi.
Ve lo dico in rima. (per me la poesia è rima. Deve suonare. Si deve poter cantare).

---

Trattienimi amico
ho appena appreso
chi è il vero nemico
e mi sento ancora offeso.

Guai a toccar la donna
non parliamo se un bambino in mente torna.
E se è un omosessuale?
Mille e più a salvar la forma!

Ma perché, scusa, dov'è il male
l'esser bianco è diventato
sinonimo di animale?

Perché ormai è risaputo
che anche il nero è migliore
di quel tipo scolorito
ch'era pria il dominatore.

Salvo ad essere giudeo
per rientrare tra gli eletti
di questo nuovo galateo
delle mode e dei difetti.

---

Riflessioni:

Donne, bambini, neri, ebrei, minoranze etniche, minoranze religiose e qualsivoglia altra categoria è ormai dichiarata "debole" e di conseguenza "protetta". Ci sono associazioni, movimenti, fiaccolate, discorsi di leaders politici, 8 per mille, ecc... ecc.... .

E per il maschio bianco non omosessuale e non ebreo?

Cosa è rimasto del "dominatore"? Non sarebbe ora di reclamare qualche diritto visto che la centenaria erosione ha ormai consumato ogni appoggio, ogni privilegio?

Un esempio?

Italia. Un concorso, un esame. Uno qualsiasi. Un "bianco normale" arriva pari merito (pari in tutto: valutazione, punteggi, stato sociale....ecc. ecc...) ad un altro concorrente facente parti di una delle suddette categorie. Se viene assunto il "bianco normale" si alzano voci autorevoli, interpellanze parlamentari, scioperi, manifestazioni varie a denuncia dell'ingiustizia, del sopruso, del razzismo, appunto.

Qualcuno può confutare quanto detto?

Ma fate attenzione. Se non riuscirete a trovare argomenti validi a confutazione vorrà dire che siete dalla mia parte e anche voi sarete razzisti come me!










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Diari di viaggio / Guilin
« il: Luglio 04, 2012, 15:45:07 »
…..e arrivò il quinto giorno di questo viaggio in Cina e lasciammo Hangzhou per raggiungere Guilin una città a 440 km dal confine con il Vietnam. Il caldo umido già pazzesco si accentuò ulteriormente e semplicemente l'atto di respirare ci faceva sudare prodigiosamente e, in quelle condizioni, si entrava negli hotel o nei locali pubblici dove l'aria condizionata era impostata a temperature polari. Così il giorno seguente, il giorno della navigazione sul fiume Li, io mi svegliai con la febbre a 39 e dovetti rinunciare. Duro colpo per il gruppo che fu costretto a sorbirsi le spiegazioni in inglese senza la mia traduzione ma non c'erano alternative. Stordito dalla temperatura ma confortato dai farmaci che il mio amico medico mi aveva lasciato da prendere ad ore stabilite rimasi nella mia camera dove regolarmente venivo controllato dal personale dell'hotel che in continuazione mi chiedeva se avessi avuto bisogno di un medico o qualsiasi altra cosa. Non mi aspettavo una tale attenzione. La mattina passò in un torpore assoluto ma per l'ora di pranzo stavo già meglio e verso le 14.30 decisi di fare due passi. In effetti la temperatura esterna era superiore a quella del mio corpo e non provai caldo né brividi. Fuori gli strumenti indicavano 41,4 gradi con 92% di umidità. Un clima terribile. Per chi non l'avesse mai provato e volesse farsi un idea: immaginate di entrare in una sala da bagno dove qualcuno abbia appena fatto una lunga doccia con acqua caldissima.
     Rimanendo sotto gli alberi arrivai al bordo del fiume dove vidi bufali immersi sia per rinfrescarsi che per mangiare le alghe del fondo e le stesse alghe venivano raccolte da alcuni uomini sicuramente per portare il cibo ad altri animali. Su un pontile un uomo immergeva in acqua un anatra viva affinché si presentasse pulita all'acquirente mentre poco più in la una donna lavava un bambino.
La foschia impediva di vedere chiaramente in lontananza ed il paesaggio era tremolante.
Sotto gli alberi alcuni anziani “danzavano” una musica che nessuno ascoltava; almeno questa fu la mia sensazione quando vidi questo gruppetto di persone muoversi all'unisono ma capii subito che non stavano danzando ma erano movimenti di Tai-Chi eseguiti in sincrono da decine di persone piuttosto anziane. Davanti a me una ragazza li stava filmando e provai a chiederle, in inglese, spiegazioni su questa arte. Mi guardò ma non parlava inglese e, facendomi alcuni gesti con le mani mi fece capire di attendere. Corse via tornando pochi minuti dopo con un altra ragazza che parlava inglese e mi diede alcune spiegazioni sul Tai-Chi che ogni mattina viene praticato da migliaia di persone lungo i fiumi cinesi. “Adesso ne stai vedendo pochi perché è tardi ma se vieni domani mattina saranno molti di più” mi disse lei. Quindi parlammo un po di cose generiche e mi sembrò naturale invitarle a venire in hotel più tardi, verso le 17,00 a prendere qualcosa di fresco.
     Le due ragazze confabularono nel loro incomprensibile idioma e poi Oriana ( le ragazze cinesi adottano un nome “occidentale” nei rapporti con noi per facilitare il tutto) mi disse che loro non sarebbero potute entrare nell'hotel in quanto l'ingresso è vietato alla gente del posto. Allora dissi loro che mi sarei fatto trovare davanti l'hotel e saremmo così entrati insieme essendo loro mie ospiti.
     Guilin è una città abbastanza grande ma fa parte di una provincia meridionale della Cina dove ancora vivono determinate tradizioni. Siamo nello Guangxi a circa 2000 km a sud di Pekino quindi ben distanti dai quartieri moderni della capitale: moderni sia come costruzioni che come mentalità. Qui alcune etichette vengono ancora rispettate. Infatti all'appuntamento vennero in sei. Oriana; la sorella – Xhe (la ragazza con la videocamera); due cugine, la zia e il figlio di quest'ultima. Sei persone. Eh, si. Mica poteva venire da sola ad un appuntamento con uno sconosciuto.....Guardandole con attenzione non si faceva fatica ad immaginare che avessero indossato gli abiti migliori e che in questi abiti non ci si trovavano molto...
     Il portiere dell'hotel, un vero buttafuori, le guardò con distacco ma, essendo io ad invitarle, io che ero ospite e che in un certo senso gli pagavo lo stipendio, non proferì verbo e poterono entrare. Non ero certo pronto a incontrare sei persone e devo confessare un po di imbarazzo in quanto queste mi seguivano come una cucciolata di paperelle segue la mamma. Mi seguivano e guardavano l'enorme hall alta 6 piani, freschissima, piena di piante. Salimmo al secondo piano dove c'era un american bar e dissi a Oriana di scegliere qualcosa da bere per tutti. Quindi cercai di instaurare una forma di conversazione con lei e si dimostrò essere una ragazza intelligente con conoscenze che non immaginavo. Comunque sia passò un ora e mezza durante il quale loro non fecero altro che guardare in alto e in ogni angolo dell'hotel affascinati da quella che era la più grande costruzione della loro città; un posto in cui non si entra, qualcosa al di fuori della loro portata. E vollero ricambiare la mia ospitalità invitandomi a fare un giro in barca. Il marito della zia mise in acqua un battello stretto e lungo dove salimmo in 4 e scivolammo sul fiume. La temperatura andava scendendo rendendo la passeggiata quanto meno sopportabile. Arrivammo in una ansa del fiume dove l'acqua sembrava immobile e qui c'era un tappeto di foglie e fiori di loto. Un tappeto di fiori dai colori bellissimi. Bianchi, rosa e lilla. Adesso ero io ad essere sorpreso e a guardare da ogni lato quella meraviglia. E loro guardavano me e risero increduli quando io dissi a Oriana che non avevo mai visto questi fiori; frase che lei tradusse nel dialetto locale. Ne raccolse uno avvolgendolo in un panno umido e quindi facemmo ritorno. Ancora il tempo per un saluto e fu a quel punto che lei mi fece dono di quel fiore di loto ma solo dopo seppi il significato che per gli orientali ha questo fiore: nel Buddismo, i fiori di loto costituiscono un’offerta particolarmente sacra quale simbolo di Buddha, della purezza del corpo e della parola, dell'affidabilità e dell'illuminazione della mente nell'uomo virtuoso. La preghiera buddista tradotta come ‘Oh, il gioiello del fiore di loto!’ ne esalta gli attributi di purezza, delicatezza e bellezza. I fiori si aprono soltanto per pochi giorni, poi ogni petalo scivola silenziosamente in acqua, uno per volta, nell’arco di un breve periodo, mentre le foglie coriacee rimangono sempre pulite essendo assai idrofobiche in superficie in seguito ad una proprietà denominata ‘effetto loto’. La pianta nasce da un seme che attecchisce sul fondo di acque stagnanti, immerso nel fango – sinonimo di ciò che è materiale, attaccamento, desiderio, avidità, odio, illusione – al buio come è l’ignoranza, che non consente di individuare con chiarezza la verità nella vita. La semenza cresce verso l’alto, attratta dal calore e dalla luce del sole, allo stesso modo degli esseri umani che crescono ricercando per natura l'amore, la compassione, il vero. Gli steli lunghi e tubolari portano separatamente una foglia rotonda di grandi dimensioni e un fiore appariscente che si dischiude a poco a poco, un petalo alla volta, al risveglio dei raggi del sole mattutino, come ad aprirsi completamente all’illuminazione, alla vita spirituale. I petali, come raggi di sole, galleggiano sempre in superficie, completamente alla luce, per richiudersi con il calare della sera. Il fiore rimane ancorato con le radici, ma si muove liberamente secondo il flusso di acqua, come succede ogni istante nell'evoluzione di ogni situazione. La rivelazione di Buddha nel ‘Sutra del Loto’ – uno dei testi fondamentali per le scuole buddiste cinesi e giapponesi – riguarda la forza vitale universale che origina e regola tutti i fenomeni esistenti.
     Non avevo mai ricevuto alcun regalo così carico di significato e la sera, nella mia fresca e tecnologica camera di hotel, connettendomi ad internet, trovai questa spiegazione sul fiore di loto che mi fece capire quanto banale  fosse stato il mio invito se confrontato al suo e quale importanza avesse dato al nostro incontro quella ragazza cinese di cui non seppi, né saprò mai il vero nome.
     Lo conservo ancora con attenzione; è un po rattrappito ma mantiene la bellezza e l'eleganza. Oltre che il significato e il ricordo.


Bis est gratum, quod opus est, ultro si offeras
Publilio Siro

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Sentimentale / Elizabeth
« il: Giugno 19, 2012, 17:59:42 »
Rimosso dall'autore.

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Diari di viaggio / Hawaii
« il: Giugno 13, 2012, 10:23:35 »
     Un ora di volo da Catania a Roma; otto ore e mezza da Roma a New York; quasi cinque ore da New York a Los Angeles; altre quattro ore abbondanti da Los Angeles a Honolulu. E siamo alle Hawaii. Ho perso il conto del tempo e non so quante ore (comprese le soste negli aeroporti) siano trascorse dalla partenza né so che ora sia in Italia. Ma un viaggio è anche questo: libertà anche da se stessi; dal ruolo che recitiamo quotidianamente nella società. Naturalmente il conto lo ha tenuto per bene il mio organismo che mi chiede di dormire al più presto e infatti ogni attività è rimandata al pomeriggio. Il tipico residence coloratissimo con passerelle in legno e un sottofondo di una tipica melodia hawaiana ci accoglie e rapidamente guadagno la mia camera e cado in un sonno profondo e senza sogni. Mi sveglio che è sera inoltrata e addio pomeriggio a Pearl Harbour...Mi accorgo che anche gli altri del gruppo dormono profondamente e li lascio riposare. Saremo tutti pimpanti domani mattina. Mi sveglio prestissimo ed è ancora buio ma scendo ugualmente sulla sabbia umida ma piacevolmente tiepida. L'Oceano Pacifico è calmo e nero; nessuna musica intorno, nessun rumore. La città è lontana circa 10 km e le sue luci sono coperte dalla cresta delle verdissime montagne che avevo ammirato ieri durante l'atterraggio. Verso est il cielo comincia a scolorire e le prime forme arboree prendono corpo stagliandosi contro l'azzurro che si fa strada e quasi contemporaneamente, come se un direttore d'orchestra avesse dato l'avvio, milioni di uccelli cominciano il loro canto. Si, sono proprio alle Hawaii; le magiche isole in mezzo all'Oceano Pacifico. Ieri non avevo avuto il tempo nè la forza di rendermene conto ma da stamattina in poi voglio assaporare, godere ogni minuto di questo soggiorno.
     Margherita arrivò silenziosamente (non per niente l'ho sempre chiamata "la gatta") e mi abbracciò teneramente. In quel momento pensai che se qualcuno ci stesse guardando da lontano la scena sicuramente gli sarà apparsa come quella di un film....ma io e Margherita non stavamo insieme. Forse da anni ci stavamo rincorrendo e parallelamante respingendo come per mantenere quel limbo, quella zona neutrale che ci concede maggiore libertà e anche il dolce dolore delle cose volutamente perse. Non c'erano parole da dirsi in quel momento. La natura aveva la completa sovranità e tutto il palcoscenico. Alle nostre spalle il verde della vegetazione era ormai brillante e il sole cominciava la sua risalita.
     A colazione eravamo tutti eccitati e il gruppo mi faceva continue domande sui programmi e su dettagli molti dei quali sconosciuti anche a me. Devo premettere che io ero l'accompagnatore di quel viaggio ma era anche per me la prima volta alle Hawaii e proprio quella mattina avremmo incontrato la guida locale. L'escursione prevista era un volo con un monomotore sull'isola di Maui. Raggiungemmo l'aeroporto di Kalaeloa a 25 km oltre Honolulu. Bubba era il tipico americano fuggito da qualche polverosa contea del Texas per vivere una vita a ritmi più lenti incarnando il sogno di molti. Anche di molti di noi. Rapidamente fece una valutazione del peso di ognuno di noi e ci indicò dove sederci per una corretta distribuzione del carico sul piccolo Cessna e tutti avevano un bel finestrino per osservare e fotografare le meraviglie. Io presi posto proprio accanto al pilota e la mia vista era privilegiata ma d'altra parte, essendo l'unico a parlare inglese, era d'obbligo che mi mettessi al posto del co-pilota....per ogni eventualità. Volammo sul Pacifico per quasi due ore passando sopra l'isola di Molokai e facendo un mezzo giro sul vulcano Mauna Loa (noi Etnei conosciamo i vulcani e li amiamo e rispettiamo) e dopo l'ultimo tratto di mare arrivammo in vista della costa ovest di Maui delle sue vallate verdi con cascate a picco, rocce e alberi, improvvisi burroni e fiumi; nuvole e sole. Non si può stabilire una sequenza con cui le immagini si accalvallarono nella nostra mente; era un turbinio a seconda di come l'aereo si posizionasse. Non c'era il tempo di scattare una foto perchè l'altro versante pareva più bello e continuò così per un ora; il tempo necessario per fare un giro intorno alla prima montagna. Poi d'improvviso il pilota cominciò una discesa dirigendosi verso una strettissima vallata e la cosa curiosa era che nonostante ci avvicinassimo a oltre 150 km all'ora la vallata rimaneva sempre strettissima tanto che cominciai a dubitare che ci saremmo passati. Da dietro Monica mi urlò:"Ma è pazzo, non ci entriamo" e girandomi vidi che tutti cercavano di guardare dal vetro anteriore. Ma Bubba era sicuro di se e continuò la discesa fino a portarci non soltanto dentro la vallata ma addirittura a pochi metri dal fiume che vi scorreva dentro e, come se non bastasse, come se volesse darci una risposta, un altro aereo simile al nostro ci venne incontro nel senso opposto e ci passò accanto. Con una cabrata il pilota portò quindi l'aereo nuovamente in cima alle montagne, fece un paio di giri passando vicinissimo ad un costone da dove si partiva una cascata che pareva immobile completamente immersa in uno scenario verde e poi mise la prua in direzione Hilo per ritornare alla base. Il volo di ritorno fu per metà un continuo scambiarsi commenti ed emozioni mentre la seconda ora passò nel più completo silenzio e io mi godevo il sordo, monotono ma rassicurante rumore dell'elica cullato dal blu dell'oceano e del cielo in una surreale ninna nanna. Soddisfatto ed emozionato. Ne parlammo per tutto il giorno e a sera andammo a dormire con quella meraviglia ancora negli occhi e nella mente. Ma le meraviglie sanno fare anche miracoli e quella stessa notte Margherita, emozionata e felice, decise che questo ricordo meritava di essere legato ad un evento speciale. E così fu. Il nuovo sole ci trovò abbracciati.

(Racconto di un vero viaggio; veri nomi  e vere emozioni - dicembre 2005.)

Dedicato a Ninag che mi ha invitato in questo sito.

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Presentazioni / Presentazione
« il: Giugno 12, 2012, 21:46:00 »
Buonasera sono Bruno da Catania. La mia prima esperienza con pubblicazione online risale al 2003 sul sito "Liberodiscrivere" che poi non ho più seguito per varie ragioni. Torno dopo quasi 10 anni su invito di una amica (nuovissima amica peraltro) e mi auguro di essere all'altezza degli altri frequentatori.
Bruno

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