Cronaca di un amore - Parte II: Alfa dall'omega
Sono rientrati dalle vacanze quel giorno di settembre, finalmente a casa tutti insieme.
Loro hanno trascorso gli ultimi mesi in giro per l'Italia e poi nella villa al mare, a godersi le loro pensioni a lungo attese, infine senza occupazioni se non quella di ammazzare il tempo.
Lui, il figlio, è invece rimasto in città, a dividersi tra il lavoro e quella ragazza che gli piace tanto e che, inaspettatamente, ha perfino ricevuto l'approvazione materna.
Ed eccoli lì, tutti e tre alla stessa tavola, cosa che non avviene da tempo immemore, ognuno preso dai propri ritmi e impegni.
Una famiglia normale, come ce ne sono tante, che passa qualche ora a raccontarsi gli ultimi fatterelli, a comunicarsi le proprie impressioni, per poi ripartire da quel nido ormai consueto, rassicurati di avere sempre e comunque un rifugio indistruttibile.
Una buona notte detta ad alta voce, lanciata come una pallina di carta da una stanza all'altra, un'ultima domanda: "Hai bisogno di qualcosa?" e la consueta risposta "Nulla, grazie" e poi a dormire, o almeno a provarci: c'è quel sassolino nella scarpa che va levato assolutamente.
E' mattina e suona la sveglia, non certo all'alba, ché non ce n'è bisogno: il lavoro del figlio comincia tardi. E poi va prima chiarito quel punto con la ragazza: comprende il suo pudore ma la sincerità, tra due che stanno insieme, viene prima di tutto.
Le telefona e comincia ad aggredirla, freddezza e delusione lo assalgono e non ci può far nulla: si è messo assolutamente e sconsideratamente a nudo, e da lei pretende altrettanto, costi quel che costi.
La paura di aver preso un abbaglio alla fine prevale e la decisione è presa, non riesce più a darle la fiducia che sente imprescindibile in una storia seria, ancor più se a distanza. Gli dispiace infinitamente, perché lei sembra davvero perfetta, e forse lo è, ma come si fa ad amare se non ci si fida? La sta lasciando, forse non con le parole, ma il gelo nella voce non inganna nessuno: è finita...
La voce del padre lo riscuote dalla sua sofferenza, ma solo per precipitarlo in un abisso vuoto, nero e cristallizzato, l'orlo di un precipizio in cui cadere all'infinito: "Non riesco a svegliare mamma...".
E l'orrenda verità è lì, a portata di dita: dal sonno alla morte, senza un perché, e d'altronde a che serve conoscere le ragioni, quando quel corpo rimarrà comunque freddo, se quelle labbra non torneranno mai più rosee, se le braccia dell'unica persona di cui ormai ti fidavi resteranno rigide per l'eternità?
La bacia e grida, un urlo che ha dentro tutta la disperazione che conosce, l'ineluttabilità di un'immediata comprensione (mamma non c'è più...), e subito si preoccupa del padre, che gli ha appena rivolto una domanda cui non sa rispondere: "... e adesso come facciamo?".
Inizia quell'odiosa trafila, e per fortuna, perché occorre muoversi, non pensare-non sentire-non soffrire (mamma non c'è più...).
L'ambulanza è in arrivo, ma l'attesa è troppa per starsene lì, in mezzo alla strada, ad aspettare un'inutile conferma (mamma non c'è più...).
E deve comunicarlo a qualcuno, deve esprimere questa marea crescente (mamma non c'è più...) che rischia di soffocarlo, deve a tutti i costi appoggiarsi a una persona calda, viva, il cui sangue scorre, la cui pelle morbida possa avvolgerlo.
Sente rinascere il richiamo dell'intesa, della profonda unità che li lega, la fede in lei.
La chiama, e le uniche parole che le dice sono quel mantra che gli rimbomba in testa incessantemente "mamma non c'è più...".
Mamma lei stessa, la ragazza lo capisce, lo soccorre, lo accoglie, ... e dalla morte l'amore.
Vorrei specificare come la "Cronaca di un amore" sia un'autobiografia, seppure romanzata, i cui vari capitoli verranno scritti ogni qual volta ne avrò l'ispirazione.