Autore Topic: Incipit n.4  (Letto 2848 volte)

Letizia

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Incipit n.4
« il: Marzo 26, 2011, 15:14:20 »
Proseguite l'Incipit dato, come meglio vi suggerisce la vostra fantasia.

Le regole generali da seguire le trovate qui:
https://www.zam.it/forum/index.php?topic=168.0

Incipit n.4

Sto per aprire quella porta e credo che me ne pentirò.
O forse non me ne pentirò per niente.
Lo so, ho le idee confuse. Ma chi può affermare di averle chiare in situazioni come queste?
Però non voglio indugiare oltre. Dunque, allungo la mano verso la maniglia e, mentre imprimo quel tanto di forza sufficiente, trattengo il fiato e apro.

Crisalide

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Re: Incipit n.4
« Risposta #1 il: Marzo 31, 2011, 22:56:11 »
Buio.
La sensazione è di estraneità. Non si intravede nulla oltre la porta semichiusa che apro con circospezione.
Il buio è una spessa coltre di nulla. Non sono tranquilla, eppure decido di andare inoltrandomi oltre la soglia.
Cammino a tentoni, attenta alla possibilità di urtare all'improvviso mobili che necessariamente dovranno essere da qualche parte, a meno che la stanza non sia completamente vuota. E' un'eventualità anche questa. Chi potrebbe mai garantire che oltre la porta, lo spazio sia di una normale stanza abitata e quindi arredata?
Continuo a camminare lentamente, infilando un passo dopo l'altro con fare circospetto. Avverto disagio. Non avere certezze di alcun tipo mi mette a disagio. Ho bisogno di avere sempre tutto sotto controllo, solo così riesco a gestire la mia vita. La mancanza di certezze mi blocca, mi impedisce di agire, fa in modo che io decida di lasciarmi vivere passivamente.
Accidenti! Ho urtato violentemente qualcosa di duro con il piede sinistro. Rimane lì fermo senza che io riesca in alcun modo a comprenderne la forma e quindi ad identificarlo come qualcosa di conosciuto. Unica certezza, il suo essere inanimato, visto che rimane lì fermo, granitico.
Tento di proseguire ma questo qualcosa di sconosciuto e inafferrabile sembra gonfiarsi. Occupa ora uno spazio enorme che cresce in larghezza e in altezza e mi rende sempre più incerta.
Il disagio cresce e si trasforma in una specie di paralisi degli arti inferiori. Atterrita,  tento disperatamente di emettere un urlo. Nulla. Non ho voce. Il mio grido è afono. Senza girarmi penso di tornare indietro. Mi rendo conto di non essere in grado di muovere un solo muscolo. Non so se la porta sia ancora aperta. Il buio si è impossessato di me oltre che della stanza.
Avverto il sangue scorrere nelle vene, pazzo, raggiungere la gola, schizzarmi dagli occhi furibondi.
Sono in trappola. Avrei dovuto ascoltare la vocina che insisteva col dirmi: "non aprire quella porta, è pericoloso". Ed ora sono qui a maledire il momento in cui ho abbassato la maniglia, aperto la porta e varcato la soglia. Dio che scemenza. Dovrei incominciare a non fidarmi del primo impulso. Dovrei contare fino a dieci prima fi agire o fino a cento. Forse anche fino a mille. Se solo riuscissi a girarmi e a  tornare indietro! Nulla. Non succede nulla. Le scarpe inchiodate al pavimento. La lingua inchiodata al palato. Il terrore inchiodato al torace. Perchè non succede qualcosa? Perchè?
- Apri gli occhi!
- Sono aperti...credo...
- Apri gli occhi
Apro gli occhi e la luce fioca che filtra dalla porta della cucina mi permette di vedere, di fronte a me, la parete che costeggia di lato il mio letto nel quale sono adagiata, sudata, in pigiama.
Chissà che avrà voluto dirmi questo sogno!
« Ultima modifica: Marzo 31, 2011, 23:08:43 da Crisalide »

geco

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Re: Incipit n.4
« Risposta #2 il: Aprile 02, 2011, 20:34:24 »
Per me è un pezzo molto buono. Non credo di poterlo valutare interamente, forse ho qualcosa da dire sulla parte che segue "Continuo a camminare lentamente...". Dopo la descrizione dell'azione ("Cammino...") c'è una parte introspettiva ("Avverto disagio. Non avere certezze...") che sembra "interrompere" l'azione prima che si completi. Sposterei questa parte o allungherei la descrizione dell'azione in modo da completarla.

Crisalide

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Re: Incipit n.4
« Risposta #3 il: Aprile 02, 2011, 20:46:56 »
Per me è un pezzo molto buono. Non credo di poterlo valutare interamente, forse ho qualcosa da dire sulla parte che segue "Continuo a camminare lentamente...". Dopo la descrizione dell'azione ("Cammino...") c'è una parte introspettiva ("Avverto disagio. Non avere certezze...") che sembra "interrompere" l'azione prima che si completi. Sposterei questa parte o allungherei la descrizione dell'azione in modo da completarla.


grazie per il "molto buono"   abow

perchè non credi di poterlo valutare interamente? su, su... mi sembra che tu abbia le carte in regola per poterlo fare invece...

ottima osservazione a proposito dell'"interruzione" dell'azione con la parte introspettiva... è una mia caratteristica quella di descrivere l'azione prima dall'esterno, come qualcosa di oggettivamente rilevabile, poi dall'interno per comunicare ciò che chi vede la scena non può leggere se non con il mio aiuto "introspettivo" appunto, per poi tornare a riprenderla nuovamente dall'esterno e concludere.
Se rileggi con attenzione la "ripresa" dopo l'interruzione introspettiva, descrive un'azione che non è più il camminare ma l'urtare un qualcosa di sconosciuto e quindi è una sorta di svolta nell'azione, un'inversione di rotta...

geco

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Re: Incipit n.4
« Risposta #4 il: Aprile 03, 2011, 16:24:28 »
Fatta una seconda pensata aggiungerei questi due commenti. Come
capita spesso anche a me, c'è una tripla ripetizione (“Le scarpe
inchiodate al pavimento. La lingua inchiodata al palato. Il
terrore inchiodato al torace”). Si tratta di un o stilema molto
comune e per questo forse un po' abusato.
Penso poi che ci sia una scollatura semantica tra la parola
“disagio” (“Il disagio cresce e si trasforma in una specie di
paralisi degli arti inferiori”) e la parola “paralisi”. “Si
trasforma” è un po' poco per colmare la distanza.

Ma si tratta di osservazioni che, oltre ad essere certamente discutibili,
riguardano solo particolari. Non ho il chilometraggio per andare oltre.

Crisalide

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Re: Incipit n.4
« Risposta #5 il: Aprile 03, 2011, 17:13:17 »
Fatta una seconda pensata aggiungerei questi due commenti. Come
capita spesso anche a me, c'è una tripla ripetizione
(“Le scarpe
inchiodate al pavimento. La lingua inchiodata al palato. Il
terrore inchiodato al torace”). Si tratta di un o stilema molto
comune e per questo forse un po' abusato.

Mi vieni incontro proprio scovando una parolina magica, stilema, che, in linguistica intende indicare appunto il modo di esprimersi che caratterizza un dato autore.
Io non faccio uso smodato delle triple ripetizioni… ma… quanno ce vo’, ce vo’   ;D
La ripetizione, proprio perché triplice, parla da sé e sottolinea, in automatico, che l’autore l’ha voluta, l’ha scelta e la motiva nel momento stesso in cui la evidenzia.
Volevo proprio dire che mi sentivo inchiodata, impossibilitata ad avanzare anche di un solo passo, con la lingua incapace di emettere il benché minimo suono, con il terrore appiccicato, non alla pelle, ma al torace (la gabbia toracica ingloba gli organi vitali che, solitamente, hanno facoltà di seguire il loro ritmo, qui quasi perso perché la gabbia è inchiodata).


Penso poi che ci sia una scollatura semantica tra la parola
“disagio” (“Il disagio cresce e si trasforma in una specie di
paralisi degli arti inferiori”) e la parola “paralisi”. “Si
trasforma” è un po' poco per colmare la distanza.

Fra “disagio” e “paralisi” hai colto solo il “si trasforma”… hai dimenticato il “cresce” e anche “una specie di (paralisi)”… ma te la do per buona e te la trasformo in…

Il disagio cresce, muta, si dilata, ramifica, invadendomi. Si trasforma in una specie di paralisi…

Dimmi se ora rende meglio...


Ma si tratta di osservazioni che, oltre ad essere certamente discutibili,
riguardano solo particolari.

tieni conto che, a differenza di molti altri pezzi trasferiti qui dal mio blog, quindi forse più compiuti perché letti e corretti più volte, questo pezzo è davvero un esercizio buttato giù in dieci minuti, in diretta-forum  abow


. Non ho il chilometraggio per andare oltre.

Mi pare che tu abbia a disposizione un buon chilometraggio e, soprattutto, le tue osservazioni mi stimolano…

Continua   abow



« Ultima modifica: Aprile 03, 2011, 17:16:17 da Crisalide »

geco

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Re: Incipit n.4
« Risposta #6 il: Aprile 05, 2011, 08:42:57 »
Rende decisamente meglio. Era proprio ciò che intendevo.

Crisalide

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Re: Incipit n.4
« Risposta #7 il: Aprile 05, 2011, 20:16:50 »
Rende decisamente meglio. Era proprio ciò che intendevo.

bene, son contenta    abow


che ne diresti ora di cimentarti tu in questo stesso esercizio? su, su... voglio vederti all'opera

nihil

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Re: Incipit n.4
« Risposta #8 il: Aprile 16, 2011, 09:20:19 »
85 centesimi

Sto per aprire quella porta e credo che me ne pentirò.
O forse non me ne pentirò per niente.
Lo so, ho le idee confuse. Ma chi può affermare d averle chiare in situazioni come queste?
Però non voglio indugiare oltre. Dunque, allungo la mano verso la maniglia e, mentre imprimo quel tanto di forza sufficiente, trattengo il fiato e apro.
Entro alla svelta, perché dell’esterno nessuno mi possa notare. Chiudo delicatamente e rimango immobile trattenendo il fiato, mi pare che persino il respiro faccia rumore ed il mio cuore rimbombi come una frana.
Mi abituo all’oscurità, che proprio totale non è, in quanto le luci del giardino ed i lampioni della strada rendono ogni cosa debolmente visibile, ma a me basta così.
Attraverso il salone ammirando il buon gusto  dell’arredamento, semplice e giovanile. E’chiaro che qui ci abita una donna, nessun uomo avrebbe un divano rosa e dei cuscini ricamati con Hally Dolly.
C’è un odore strano, che mi ricorda la mia infanzia, sì, mi pare proprio odore di torta di mele. Vado in cucina e la vedo lì, sul tavolo, coperta da un tovagliolo. Dio quanti ricordi mi tornano in mente, la nonna che cucinava la torta ogni sabato perché era il giorno che andavo a trovarla. E mi faceva sempre trovare un regalino; a volte un automobilina, a volte, un libro o altrimenti delle caramelle.
Sono qui per rubare, è la prima volta, ma ho un bisogno disperato di soldi perché ho perso il lavoro.
Devo essere cattivo per forza, perciò come tutti i cattivi, mangerò anche la torta! Alzo il tovagliolo e vedo che sulla torta c’è scritto con lo zucchero “Buon compleanno”. No, non posso, la torta è per qualcuno, non posso rubare anche  una festa di compleanno!
Vado in camera da letto, è sempre lì che tengono i soldi. Cerco nel comodino, ma trovo solo riviste di cucina e di moda. Nell’armadio vestiti, camicette, jeans. Sì, deve essere una ragazza giovane e complimenti, è davvero ordinata. Cerco una scatola o qualcosa che contenga denaro. La trovo. E’ piena di foto, altro che dollari. Guardo le foto, lei che abbraccia lui, lui che bacia lei, loro sulla spiaggia con sguardi felici, loro al mare, loro in montagna. Sono un poco geloso della loro felicità. Ah, come sono belli i giovani quando si amano, quando ancora non sanno cosa accadrà loro di brutto! Un poco mi commuovo, c’è stato un tempo che anch’io ero amato e non avevo pensieri.
Rimetto a posto la scatola sentendomi colpevole dell’indiscrezione.
Continuo cercare qualcosa da rubare, ma non trovo niente. C’è un pc, ma non saprei a chi rivenderlo, mi servono almeno gioielli, quelli a smerciarli ci penserebbe Ruby.
Porca miseria, questa ragazza è più in bolletta di me. Guardo dietro ai quadri, nei libri  si legge che la gente nasconde qualcosa anche lì, guardo nello sciacquone del bagno, niente.
Torno in cucina apro il frigo, non solo non c’è nulla da rubare nascosto nel portaghiaccio, ma nemmeno qualcosa da mangiare, è tristemente vuoto come il mio.
Torno in sala e svuoto i mobili e finalmente trovo una scatola con lucchetto, ma in cinque minuti lo rompo e lo apro. Soldi niente, ma ormai ho capito che in questa casa non ne troverò, del resto è il mio primo furto, sono sicuro che il prossimo andrà meglio .
Mi metto a controllare le carte, sono bollette non pagate, curriculum spediti e ritornati con la solita frase “la terremo presente” , tre foto tessera, un paio di lettere d’amore; la prima parla di travolgente passione, la secondo dista 2 anni dalla prima ed è di due giorni fa, parla di …sai ho bisogno di riflettere..ho bisogno i miei spazi..tu meriti qualcosa di meglio…rimarremo amici…. Odio un simile uomo che non apprezza questa brava ragazza, ebbene sì, mi arrabbio. Ma non vedi che questa non ha un becco di un quattrino, non trova lavoro, e tu brutto verme la pianti pure? Riguardo le foto, è proprio bella con due occhi buoni che sorridono alla vita, forse ora non più. Chissà dov’è a quest’ora, non serà mica andata a buttarsi sotto un treno? E ci sono macchie su questo foglio, sono lacrime. Scommetto che questa donna ha avuto troppo orgoglio per rincorrerti, brutto schifoso e insensibile ragazzo, dopo tutte le foto in bella posa e la lettera d’amore, ti dovresti vergognare di scaricarla così! Ah se ti avessi qui, di farei ingoiare tutti i denti uno a uno per far durare la cosa di più.
Decido di andarmene, qui non ho trovato nulla, ma una cosa posso ancora farla.
Vado al parco, è l’ora delle  prostitute, clienti e spacciatori. Mi nascondo dietro una quercia e aspetto. Ecco, arriva una prostituta con un uomo, ora andranno a fare i loro comodi dietro quel muro. Ma questo è troppo grosso, meglio di no. Aspetto ancora mezz’ora e comincio ad aver un freddo cane e anche paura. Mi domando se ero scemo anche da piccolo e se lo sono diventato tutto insieme solo stasera.
Ecco un’altra coppia, mi pare che questa vada bene. Lascio che vadano dietro il muro, poi con un balzo sono alle loro spalle, con voce fredda e feroce, intimo loro di darmi i soldi. Come arma ho un rametto di legno raccattato in terra, che puntato nella schiena potrebbe sembrare la bocca di una pistola ( l’ho visto in un fumetto). Quelli tacciono. Mi danno i portafogli e prima che si riabbiano dalla sorpresa, io sono già sparito.
Vado nei gabinetti della metropolitana e guardo il mio bottino; in tutto trecento dollari e 85 centesimi. Poco, ma meglio di nulla. Butto via i portafogli e lentamente mi avvio verso la casa, e perché no, voglio comperare un mazzi di fiori, mi sento contento e buono. E scemo.
 Sto per aprire quella porta e credo che me ne pentirò.
O forse non me ne pentirò per niente.
Su un tovagliolo scrivo il mio Buon Compleanno, lascio i soldi e i fiori vicino alla torta e silenziosamente me ne vado.
Ho tenuto gli 85 centesimi per me, spero che bastino per un caffé.

« Ultima modifica: Aprile 16, 2011, 09:26:15 da nihil »

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Re: Incipit n.4
« Risposta #9 il: Giugno 01, 2011, 23:42:33 »
heheheh ma non c'è un'assicurazione contro le tasse?  Carino, complimenti!

Tender Branson

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Re: Incipit n.4
« Risposta #10 il: Giugno 07, 2011, 03:57:39 »
Sto per aprire quella porta e credo che me ne pentirò.
O forse non me ne pentirò per niente.
Lo so, ho le idee confuse. Ma chi può affermare di averle chiare in situazioni come queste?
Però non voglio indugiare oltre. Dunque, allungo la mano verso la maniglia e, mentre imprimo quel tanto di forza sufficiente, trattengo il fiato e apro.
Il primo impatto è l'odore.
Caldo, dolce, penetrante.
Nauseabondo.
Il secondo sono le mosche.
Migliaia, sciamano ovunque, schiaffeggiate dalla luce dei neon che illuminano la scena.
Non c'è modo di uscirne viva, stavolta, mi dico.
Poi prendo lo straccio e comincio a pulire il casino.
Cristosantocristosantocristosanto
Come cazzo gli sia venuto in mente non ho idea, ma devo fare in fretta.
Pulisco gli schizzi densi sulle porte con un panno bagnato, per il pavimento uso uno degli asciugamani del bagno, poi sbatto tutto in un sacco di quelli grandi.
Per un'attimo mi appare la faccia di Harvey Keitel in Pulp Fiction, e mi sento un po' come il signor Wolf, che risolve i problemi. Riderei ma ho paura che se comincio, dopo non sarò più in grado di smettere, così gonfio le guance e soffio.
Non è la stessa cosa.
Sento una macchina fermarsi, giù in strada, e senza alcun motivo in particolare so che è la loro.
Resto qualche secondo immobile, e quando mi sono quasi convinta di essermi sbagliata, ecco le chiavi nel portone.
Cazzo.
In bagno tiro lo sciaquone e chiudo l'acqua del lavello, poi mentre sto per uscire passo lo straccio sul bordo. C'era rimasta una striscia rossa.
Sento le voci nel corridoio, poi i passi sulle scale, in fondo.
Il tavolo è spostato, ma non c'è tempo, prendo il sacco, recupero lo sgrassatore, faccio appena in tempo a spengere le luci, chiudere la porta e scivolare via, prima che appaiano finalmente nel corridoio.
Non mi hanno vista, meglio così.
Quando torna Chloe devo chiederle cosa gli sia saltato in testa.
Pulire dopo una festa di compleanno va bene, ma questi pare che l'abbiano fatta esplodere, la torta.

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Re: Incipit n.4
« Risposta #11 il: Giugno 07, 2011, 18:04:55 »
Bravo Tender! a me viene in mente in Pulp Fiction quando partì il colpo e sbriciolarono in auto la testa del tizio e quando li costrinsero a pulire disswero proprio...ma che schifo!
Sì, le feste di compleanno sono parte dell'inquinamento globale. Cimentati anche con gli altri incipit, è divertente.  ;D

nihil

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Re: Incipit n.4
« Risposta #12 il: Giugno 07, 2011, 18:05:27 »
heheheh ma non c'è un'assicurazione contro le tasse?  Carino, complimenti!

  questo commnento credo si rivolgesse ad un racconto ora cancellato !?