Correvo. Non sapevo per dove, non sapevo per quanto. Correvo. Più veloce di quanto avessi mai fatto, per quella discesa ripida, libera. Senza vincoli.
“Esco” avevo urlato a mamma, dall’altra parte di casa. L’avevo vista affacciarsi dalla cucina, ma io ero già proiettata sulla strada. Sentivo che niente poteva fermarmi. Non avevo limiti, vincoli, problemi. Volevo solamente correre e liberarmi di tutto quello che avevo addosso. Che avevo nella mente. Il cielo era scuro, avevo il vento in faccia, la pioggia cadeva sulle mie guancie e scivolava via insieme alle lacrime.
Non avevo una giacca, né un cappuccio. Ma non mi importava. Mentre correvo a perdifiato, sentivo che avrei potuto prendere il volo: niente mi teneva a terra, ero incredibilmente leggera e serena. Anche se pioveva, anche se mi stava andato tutto storto. L’unica cosa che riuscivo a sentire dentro di me era quella voce che mi sussurrava “Scappa, scappa. Non tornare più indietro. Puoi farlo. Corri più che puoi e scappa.”
Sentii il cellulare vibrarmi in tasca, e senza neanche guardare chi fosse, lo spensi. Continuai a correre, imperterrita, fino a che non mi accorsi che, anche se sotto le nuvole, il sole stava tramontando. Inspirai profondamente, espirai. Senza sapere bene per quale motivo lo stessi facendo, tornai sui miei passi.
Quanto rientrai a casa ero bagnata fradicia, avevo freddo e di nuovo quella fastidiosa voglia di piangere.
“Dove sei stata tutto questo tempo?” la voce di mamma mi sorprese.
“In giro.”
“E il cellulare?”
“Non c‘era campo.”
“Sai quante volte ti ho chiamata?? Ero preoccupata!”
“Eppure sono ancora viva.”
“Vuoi dirmi almeno il motivo di questa scappata?”
Alzai lo sguardo, scocciata. Per una volta, una sola, mi ero sentita libera. Non avevo trovato niente in grado di fermarmi, nessuna motivazione abbastanza valida da impedirmi di continuare a correre. Affrontai gli occhi di mia madre. “Ma insomma! Dev‘esserci sempre un motivo per tutto? Non c‘è un motivo, non c‘è! Ne avevo voglia, santo cielo! Volevo farlo!”
Mi chiusi in camera mia, e scoppiai di nuovo a piangere. Continuavo a chiedermi perché, stupidamente, avessi deciso di tornare.