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Topics - vittorio banda

Pagine: [1]
1
Pensieri, riflessioni, saggi / MAFIA
« il: Marzo 16, 2012, 07:17:00 »
MAFIA

- Signor Giudice cosa dirò ai miei tre figli che sono in attesa del
  loro padre che non vedranno più ?

- Dirà che il loro padre è morto nel compimento del suo dovere
  e che noi siamo già sulle tracce dei suoi esecutori che speriamo
  di assicurare al più presto alla giustizia.

- Signor Giudice voi dite che assicurate alla giustizia gli esecu-
  tori  della strage, ma come al solito andate solo ai germogli
  della mala pianta e mai alle sue radici che sono forti e radi-
  cate e voi tagliate solo i germogli.

- Signora lei lo sa che quando si tratta di fatti di mafia è dif-
  ficile potere arrivare alle radici ma noi ci stiamo mettendo
 tutto l’impegno per arrivarci.

- Mi fate ridere con le vostre affermazioni e mi fate ridere
  quando scrivete libri su qualche cosa che non conoscete
  e sprecate fiumi di inchiostro su cose che nemmeno voi
capite !
 La mafia è una mala pianta nata sotto la nobiltà e sotto
 lo sfruttamento che questa faceva nei confronti della po-
vera gente nei campi e nelle miniere di zolfo costringeva
per miseria a vendere la carne della propria carne ai
picconieri e questi sfruttavano i carusi nelle viscere della
terra !
Finiti i nobili sono subentrati gli imprenditori e gli industriali,
da un secolo la mafia è diventata essa stessa impresa ed industria che sfrutta e recluta la sua manovalanza tra i miseri
e tra coloro che non trovano uno straccio di lavoro.
Provate a dare lavoro a tutti e vedrete che la mafia scompare
e muore di consunzione.
I mafiosi si reggono : sugli affiliati, sui simpatizzanti, sugli
“usa e getta” e sui nemici.
Gli affiliati sono quelli che hanno prestato giuramento se-
condo il rito mafioso e che conoscono tutto dì tutti gli  altri
affiliati e che si spartiscono gli interessi badando a non pestarsi
i piedi gli uni con gli altri.
I simpatizzanti sono quelli che conoscono i vari affiliati di zona e che gettano una coltre di legalità su tutte le azioni illegali condotte dagli affiliati. Sono loro che riciclano i soldi e che li
rendono puliti, sono loro che godono degli utili che gli affiliati
gli riconoscono.
Gli “usa e getta” sono categorie di persone che vengono usate e gettate dagli affiliati a mezzo dei simpatizzanti e questa categoria
è composta da persone che non sanno nemmeno che stanno favorendo la mafia, ma agiscono per rispetto dei simpatizzanti
che spesso sono dei professionisti o persone di tutto riguardo.
Poi ci sono i nemici che il mafioso sa di avere e quando si accorge che non li può trasformare in simpatizzanti o in usa e getta li elimina servendosi dei picciotti.
Gli unici che hanno parlato con cognizione di questa mala pianta sono stati Sciascia, Falcone e Borsellino, tutti gli altri,
mi perdoni Signor Giudice, hanno raccontato solo stronzate,
non possono capire perchè non respirano questa aria e non sanno quello che dicono.
Lo Stato stesso non ha capito o non vuole capire la vera essenza
delle cose che per combattere veramente la mafia ci vogliono
le industrie, le infrastrutture e il lavoro, se c’è questo allora la
mafia sarà sconfitta.
Lo aveva capito bene Enrico Mattei che ha fatto scoppiare il boom in Italia ed i mafiosi siciliani per fare un favore a quelli
americani ed alle sette sorelle del petrolio lo hanno fatto saltare
in aria.
Non hanno capito che si sono comportati come quello che per fare dispetto alla propria moglie si taglia i coglioni!
Hanno ucciso con lui anche i sogni e le speranze dei propri figli e sacrificato l’avvenire di tanti giovani.
Adesso lei mi dice che devo dire ai miei figli che il loro padre
è morto per lo Stato ma quale Stato ?.........

Vittorio Banda
 

2
Anch'io Scrivo poesia! / DANZA DER VENTRE
« il: Marzo 14, 2012, 10:49:01 »
DANZA DER VENTRE

Nelle notti d’estate me rincorre un sogno strano,
me trovo in un palazzo dorato a  fà er surtano.
Cento odalische tutte belle e assai agghindate,
me stanno attorno e fanno tutte le sdorcinate.

C’è una che me dà acini d’uva in modo divino,
una che me porge una coppa dorata de vino.
Poi le artre tutte insieme te iniziano a danzare
e li occhi miei nun sanno vero dove annare.

Poi te entra ‘na ballerina bella e scatenata,
e te ballà ‘na danza der ventre indiavolata.
L’occhi miei sono attaccati ar su’ ombelico
e quer che penso solo pe garbo nun lo dico.

Er sogno è bello ed ha un effetto smisurato,
sopra ar mio fisico dai freni inibitori liberato.
Me sveglio attonito, sorpreso e tutto sudato
e me convinco subbito che ho solo sognato.

Vorrei nun fare più sto sogno che è ‘na tortura,
che me affrigge e me tormenta spesso a dismisura.
Spero che nella realtà trovi una che me consola,
ma che nun sia solo er zolito sogno co’ la sola.

Vittorio Banda
Copyright 2007

 

3
Cogito ergo Zam / RISO
« il: Marzo 12, 2012, 11:33:05 »
IL DOTTOR SCOTTI DELLA OMONIMA DITTA PRODUTTRICE DI RSO E' STATO CONDANNATO PER INQUINAMENTO. QUESTA VOLTA IL DOTTOR SCOTTI NON HA RISO !!!!!

4
Pensieri, riflessioni, saggi / MA TU CHI SEI ?
« il: Marzo 11, 2012, 19:31:34 »
MA TU CHI SEI ?

Ma tu chi sei, spesso mi sono chiesto di me stesso !
Lo sfogo di una risata incompiuta o il postumo di una abbondante bevuta?
Una foglia agitata dal vento o il saio steso ad asciugare in un convento?
Una primavera abortita dal soffio del vento della vita ?
Il lascito di un padre avaro o il balbettio stupido dell’ignaro?
Il suono stonato di un vecchio pianoforte le cui note evocano la morte?
La speranza uccisa dal terrore o colui che ha sperato invano nell’amore?
L’incedere di un passo timoroso o il goffo imbarazzo di un novello sposo?
La confusione che ha trovato un ordine confuso o lo scarto drammatico
di un refuso?
L’alba che si tinge di colori stinti o lo spirito domo dei vinti?
Sei l’opera che non è stata mai raccontata o il mancato colpo di bacchetta di una fata?
Una blasfema alchimia abbandonata dal suo stregone od il sogno svanito nella visione?
E’ facile dire tutto ciò che non sono stato rispetto a quello che avrei voluto essere diventato.
Un uomo è certo, questo lo sono ! ed è già di per se stesso un grande dono.
L’essere ed il divenire sono in continua guerra, ma non importa purchè io calchi la terra !
Sono un uomo e questo mi basta, un uomo che non chinerà mai la testa di fronte alla stupidità ed alla ipocrisia.
E’ questa la natura mia !

Favignana li 26.08.2011
Copyright
Vittorio Banda

5
Sentimentale / LA DANZATRICE CALVA
« il: Marzo 11, 2012, 19:21:54 »
LA DANZATRICE CALVA

Carla era una bambina bellissima ed il suo corpo sembrava crescere in funzione di una sola arte la danza.
Sua madre Dora, nella sua giovinezza, aveva studiato danza, poi con il sopraggiungere della seconda guerra mondiale, aveva dovuto abbandonare quel suo grande sogno, ed aveva giurato a se stessa che se avesse avuto una figlia l’avrebbe avviata allo studio della danza.
Quando nacque Carla i suoi occhi splendevano di gioia e già nel suo cuore vedeva i successi della figlia, quei successi che lei non aveva potuto avere e che adesso sarebbero stati anche suoi.
Senza indugio comunicò a suo marito Mario i suoi sogni per quella creatura scesa dal cielo nella loro vita e che con i lineamenti fini sembrava fosse nata solo per danzare.
Il marito annui dicendo che qualcosa avrebbe dovuto fare nella vita e che la danza non lo disturbava affatto, anzi sarebbe stato orgoglioso di avere una figlia danzatrice.
Trascorsero i primi anni ed allo scoccare del quarto anno Dora cominciò subito ad insegnarle i primi rudimenti di quella nobile arte parlandole di tutte le danzatrici passate nella storia da Salomè ai giorni nostri descrivendole le caratteristiche interpretative delle stesse ed il loro animo
mentre danzavano e le diceva: “Vedi Carla, amore mio, molte hanno eccelso solo in talune interpretazioni, ma io voglio per te il top, tu devi eccellere in tutte le tue interpretazioni devi essere una seconda Isadora Duncan, superando tutte le sue interpretazioni, devi amore entrare nella storia della danza.”
Poi la iscrisse nella migliore scuola di danza di Milano e continuo ad informarsi con gli insegnanti sui suoi progressi. Ogni volta rimaneva estasiata dal parere degli insegnanti che pronosticavano per lei una carriera favolosa.
Nel saggio di fine anno lei indossava un bel tutù ed aveva le sue scarpette rosa e fu capace di danzare sulle punte una sonata di Debussy
dando alla stessa , con la sua interpretazione, un respiro veramente unico.
Lei era orgogliosa e cominciò ad iscriverla in varie competizioni dove sempre la sua Carla figurava tra le prime.
Era sicura che lei fosse nata per la danza e che la danza esistesse per lei, un binomio magico nel quale si riconosceva anch’essa perché aveva contribuito a crearlo generando Carla.
Gli anni trascorsero tra lo studio, le esibizioni ed i concorsi sempre con grandi affermazioni di Carla che viveva per la danza e che donava alla danza tutta la sua vita.
Al suo diciottesimo compleanno fu chiamata a fare un provino per il corpo di ballo della Scala, sapeva che questo era un onore grande ed un trampolino importante per proiettarsi nel gotha della danza, il suo sogno era di diventare prima ballerina per poter portare in tutto il mondo il suo amore e la sua bravura per la danza.
Desiderava con tutte le sue forze di riuscire e cominciò a preparare “La morte del cigno “ con tanta cura, studiando ogni passo e cercando il perfezionismo e solo quello, non le importava di faticare in modo immenso, la posta in gioco era importante e lei voleva farcela.
Una mattina, mancavano cinque giorni al provino, curando l’acconciatura si accorse che ciocche intere di capelli le rimanevano nella spazzola e che il suo capo presentava chiazze di cute senza capelli.
Allarmata lo disse alla madre ed insieme consultarono un medico che disse che era affetta da alopecia perniciosa, cosa che la avrebbe, nel tempo, ridotta calva completamente.
La madre, vedendola piangere la rassicurò dicendole che avrebbero superato anche questo ostacolo con l’uso delle parrucche e che bisognava subito darsi da fare per procurarsene una che si intonasse con il brano che doveva eseguire.
Riuscirono a trovare una parrucca rossa che si intonava con le sue fattezze e che le conferiva un’aria sbarazzina.
La indosso subito per familiarizzare con questa parte che sentiva estranea al suo corpo e cominciò a provare il pezzo del provino.
Iniziando si accorse subito di una cosa strana che le stava accadendo, la sua mente era come se fosse pervasa dalle emozioni vissute dall’essere a cui erano appartenuti quei  capelli che formavano la parrucca, sentiva che era presa da tutte le sofferenze e dai dolori che quella donna aveva patito e questo si rifletteva in modo straordinario sui suoi passi di danza che esprimevano la passione che lei “sentiva”.
Una gioia immensa la pervase perché capiva che questo era un dono grandioso che rendeva le sue esibizioni irripetibili e straordinarie.
Il provino si svolse in un modo spettacolare perché lei lasciandosi guidare dalla passione trasmessa dai capelli, si limitava ad assecondarla con i suoi passi di danza che contribuivano a creare una scena meravigliosa, tale da entusiasmare lo staff della Scala che elogiandola la scelsero per il corpo di ballo.
La gioia sua e dei suoi genitori era incontenibile, perché si aprivano nuovi orizzonti e tutto lasciava presagire una carriera artistica meravigliosa.
La sera prima di andare a letto il suo pensiero correva a quella sensazione provata con quella parrucca e quasi d’istinto provò ad indossarla di nuovo senza alcuna musica e senza accennare ad alcun passo di danza.
Nel suo intimo sentì l’animo di una signora ancora giovane piena di dolore per la morte del marito e del figlio, ma che malgrado tutto era rimasta ancora attaccata alla vita e questo la consolava.
In cuor suo decise che prima di indossare altre parrucche in scena le avrebbe sempre provate senza alcuna musica e senza alcun passo di danza per “sentire” nel suo profondo l’animo di chi aveva portato veramente quei capelli.
L’unica limitazione che si impose fu quella che a seconda dell’autore e del pezzo da danzare, le parrucche provenissero tutte dalle regioni dove
l’autore era nato.
In una sua esibizione del Bolero di Ravel indossò una parrucca proveniente dalla Andalusia ed i cui capelli erano appartenuti ad una danzatrice di flamenco.
Provandola aveva sentito tutto il ritmo e la passione di quella terra con il temperamento caldo della danzatrice, le sembrava che il sangue di quella danzatrice pulsasse nelle sue vene ed i suoi passi nella danza furono irripetibili, meravigliosi e suscitarono l’ammirazione di tutto il pubblico.
L’amore sembrava che non le interessasse anche perché non vi aveva mai pensato e perché sentiva amore solo per la danza a cui si era votata interamente.
Ormai il successo l’aveva inebriata e godeva di essere diventata la danzatrice che lei aveva sognato di diventare.
Aveva danzato in tanti ruoli ed ogni volta si era inebriata di quel transfer che i capelli le comunicavano e che davano alle sue esibizioni un tocco di magia.
La critica la osannava come la danzatrice del secolo, solo di riflesso le giungevano le recensioni dei giornali sulle sue esibizioni, non amava leggerle.
Quel giorno però fu attratta da un titolo pubblicato sul Corriere della sera che diceva: “Carla danzando si sdoppia !” il pezzo era firmato dal critico Mario Martinelli.
Lo lesse e capì che solo quel critico aveva “sentito” che lei aveva il dono di trascendersi nella sua passione.
La tentazione di conoscerlo era grande, ma aveva paura che quella empatia potesse sfociare in un sentimento più profondo nel quale lei non voleva e non doveva cadere.
Il suo impresario le comunicò che la prossima sua esibizione sarebbe stata alla Scala di Milano con lo Schiaccianoci di Cajkovskij.
Era una musica che aveva sempre amata e temuta, perché nelle sue varie danze che la componevano avrebbe dovuto cambiare tante volte la parrucca e temeva che questo potesse arrecarle danno nella sua mente che “sentiva” profondamente l’essere che in quei momenti le donava la sua vita.
Malgrado questi timori riuscì a reperire le varie parrucche che le necessitavano per la esibizione, per il valzer dei fiori volle che la parrucca fosse confezionata con i capelli di sua madre, pensava che solo lo spirito materno avrebbe potuto rendere bene questo valzer in cui la musica sembrava celebrare il dischiudersi dei fiori al sole della vita e chi meglio di sua madre avrebbe potuto trasfonderle lo spirito della vita se non colei che l’aveva data alla luce.
Nelle prove aveva sentito la sublimità di quelle note ed i suoi passi erano mossi dallo spirito che la possedeva e  che sembrava mettere le ali ai suoi piedi che roteavano incalzati dal susseguirsi delle note.
Venne la sera della esibizione e, come al solito, durante la giornata aveva preferito non incontrare nessuno, nemmeno sua madre che aveva solo salutato al telefono promettendole una esibizione memorabile che avrebbe stupito il pubblico e la critica.
Riflettè molto sullo spirito di quel balletto che era una rappresentazione della realtà e del sogno e non potè fare a meno di pensare che rispecchiasse la sua vita con uno sbilanciamento verso il sogno a discapito della realtà che aveva quasi sempre ignorata.
Finalmente era arrivato il momento di andare in scena, lei sapeva che la prima parte del balletto dedicata alla realtà l’avrebbe vissuta con sofferenza senza entusiasmo, perché la sua vita era nel sogno e non vedeva l’ora di librarsi in esso con la sua naturale forza di interpretazione.
La prima parte si svolse,come da lei previsto, senza particolari manifestazioni di entusiasmo del pubblico che sembrava, come lei, essere
Strappato da una realtà che non voleva accettare, ma che anelava solo di arrivare al sogno.
Finalmente lei, indossando le varie parrucche che aveva portato,potè trasmettere al pubblico il suo sogno che era diventato anche il loro sogno e con la danza spagnola iniziò questa osmosi magica che poi proseguì con la danza della Fata Confetto, con la danza russa, con quella araba, con la danza cinese e con quella degli zufoli sino ad arrivare al valzer dei fiori.
In questo valzer come si era proposta indossava la parrucca della madre perché questo era il valzer che esaltava la nascita e la vita che le era stata data dalla madre e che lei aveva vissuto per la danza,
la musica sembrava tinteggiare lo schiudersi dei fiori sotto il sole della vita e lei si rivide in uno di quei fiori dischiusa con i suoi petali sotto il sole caldo che le infondeva un canto nell’anima, il canto della vita.
Pensò che il destino di quei fiori fosse segnato dall’inesorabile trascorrere della vita e che soltanto le gocce della rugiada dell’amore avrebbero reso quella vita degna di essere vissuta.
A lei quella rugiada era totalmente mancata perché aveva pensato di poter superare la realtà della vita, ma adesso aveva compreso che l’amore è per ogni essere la linfa della vita.
Sommersa da tali pensieri cercò disperatamente di aggrapparsi alle note e si concentrò nel “sentire” i capelli della madre che dovevano infonderle il tempo della vita.
Nonostante i suoi ripetuti sforzi di ancorarsi alla musica ed alle sensazioni dei capelli della madre, sentì nel suo intimo che non aveva più le forze per aggrapparsi al suo sogno e che la realtà stava inesorabilmente presentandole il conto della vita.
Sentì un profondo vuoto interiore che progressivamente la rendeva sorda alle note che continuavano a cantare alla vita mentre la sua mente ed il suo cuore denunciavano fortemente la mancanza dell’amore.
Presa in questo vortice assurdo sprofondò in esso e cadde rovinosamente sul palcoscenico, nella caduta la parrucca si staccò denunciando a tutti la sua calvizie, perse i sensi e fu subito trasportata in ospedale dove i medici cercarono con tutte le loro forze di soccorrerla, ma la sua mente si era ottenebrata e non riusciva più ad esprimere pensieri compiuti, vaneggiava ripetendo spesso questa angosciosa domanda:  “Dov’è la mia rugiada dell’amore?”. Nessuno osava o sapeva risponderle.
I medici suggerirono di ricoverarla in una struttura di igiene mentale, dove lei per il seguito  della sua vita, vegetò, né valsero le continue visite della madre per farle riacquistare quell’equilibrio che lei aveva irrimediabilmente perduto.
Lei aveva capito che era uno dei fiori di quel valzer apertosi al sole della vita ma non bagnato dalla rugiada dell’amore ed il sole della vita impietoso con i suoi raggi lo aveva condotto alla morte.

Vittorio Banda
2010


6
Anch'io Scrivo poesia! / ER MACELLAIO
« il: Marzo 11, 2012, 19:18:59 »
ER MACELLAIO

Annava sempre dar solito Luigi er macellaio,
e  lui poverino passava spesso quarche guaio.
Visto  che  lei era una Signora assai formosa,
ogni  vorta  Luigi se confonneva in ogni cosa.

Più  de quarche  vorta  er  suo sguardo ardito
gli  aveva  provocato  quarche  taglio  ar  dito.
Ma lui nun se crucciava de essersi accalorato,
anche  se , spesso , aveva  er  dito  incerottato.

Un giorno lei venne co ‘na granne scollatura,
che  mise  subito  er  macellaio in gran calura.
Lei gli disse: “Luigi oggi vorrei delle cotolette.”
rispose pronto: “Subito Signora quante tette?”

Vittorio Banda
Copyright 2011


7
Anch'io Scrivo poesia! / ER LEONE
« il: Marzo 11, 2012, 19:12:04 »
ER LEONE

Er Leone se ne stava assai angosciato
pe via che arcuni gli avevano comunicato,
che nella savana nun funzionava gnente
e che tutti li sudditi nun facevano n’accidente

Pensieroso assai, se risorse a un tratto de botto
chiamò er su’ consigliere e glie disse:”Me ne fotto!
Convoca subitamente ‘na bella riunione,
in modo che se possa chiarì co tutti la situazione.”

Er consigliere convocò subitamente er raduno
dove nun mancava veramente nessuno.
Er Leone esordì con piglio molto austero
ed espresse concisamente er su’ pensiero.

Me se dice che qui tutti veramente
sete votati a nun fa proprio gnente.
Vorrei sapè cos’è questa protesta
se facci avanti colui che contesta !

Se fece avanti er leopardo tutto maculato
fece n’inchino e poi pigliò un po’ fiato:
“Bisogna che ce se dia na bella regolata
perché nella savana la caccia è disturbata.

Le scimmie stanno sempre più ad urlare,
le cornacchie nun la finiscono de gracchiare.
Li pappagalli parleno senza interruzione
ce stamo avvianno alla compreta distruzione!



Ho interessato già der fatto er mio sinnacato
de fare un passo ufficiale verso questo Stato.
Altrimenti tra sbadigli  e ripetute brame
va a finì che qui moriremo tutti de fame!”

C’è pure er zolito problema della spazzatura,
disse la iena co l’avvortoio invero assai sicura,
bisogna considerà er nostro lavoro accurato
pe cui, se aumentino le tasse, e sia più compensato!

Er Leone pensoso disse senza arcuna stima:
“ Avete finito co stà stupida pantomima.
Me sembrate tutti quanti dei gran scimmioni
copiate l’omini e state a rompe li cojoni !

La nostra vita sta tutta quanta nella natura
e ve lo dico sinceramente senza arcuna jattura.
Pe cui ,boni, lassateve  guidà dar naturale corso
e dateve da fa, altrimenti ve do un gran morso !

Er sinnacato nun serve proprio a gnente
ce lo sanno tutti anche l’umana gente.
Chiacchierano sempre come li pappagalli,
ma se guardate le loro mani niente calli!

Quanto alla spazzatura è un farso problema
ve bastino come compenso li resti senza tema.
Ripigliate a caccià co impegno e co intenzione
e nun ve scordate mai de la parte der leone !

Vittorio Banda
Copyright 2007


8
Introspettivo / MA TU CHI SEI ?
« il: Marzo 11, 2012, 19:10:07 »
 ;D
MA TU CHI SEI ?

Ma tu chi sei, spesso mi sono chiesto di me stesso !
Lo sfogo di una risata incompiuta o il postumo di una abbondante bevuta?
Una foglia agitata dal vento o il saio steso ad asciugare in un convento?
Una primavera abortita dal soffio del vento della vita ?
Il lascito di un padre avaro o il balbettio stupido dell’ignaro?
Il suono stonato di un vecchio pianoforte le cui note evocano la morte?
La speranza uccisa dal terrore o colui che ha sperato invano nell’amore?
L’incedere di un passo timoroso o il goffo imbarazzo di un novello sposo?
La confusione che ha trovato un ordine confuso o lo scarto drammatico
di un refuso?
L’alba che si tinge di colori stinti o lo spirito domo dei vinti?
Sei l’opera che non è stata mai raccontata o il mancato colpo di bacchetta di una fata?
Una blasfema alchimia abbandonata dal suo stregone od il sogno svanito nella visione?
E’ facile dire tutto ciò che non sono stato rispetto a quello che avrei voluto essere diventato.
Un uomo è certo, questo lo sono ! ed è già di per se stesso un grande dono.
L’essere ed il divenire sono in continua guerra, ma non importa purchè io calchi la terra !
Sono un uomo e questo mi basta, un uomo che non chinerà mai la testa di fronte alla stupidità ed alla ipocrisia.
E’ questa la natura mia !

Favignana li 26.08.2011
Copyright
Vittorio Banda

9
Presentazioni / SALVE MI PRESENTO
« il: Marzo 10, 2012, 13:43:17 »
OTTO



Buona sera mi chiamo Otto e sono un figlio del sessantotto.

Ottavo figlio degli altri miei fratelli che si chiamano Primo, Secondo, Terzo, Quarto, Quinto, Sesto e Settimo.

Mio padre e mia madre erano ordinati per questo. A quell’epoca non c’era la pillola e le trasmissioni televisive finivano presto.

Dicono che quando sono nato, gridavo. Avevo dentro me innato il germe della protesta.

Mio padre in verità voleva chiamarmi Otto e mezzo in omaggio a Federico Fellini, ma mia madre si oppose sostenendo che era riduttivo e si poteva equivocare sulla mia interezza.

Mio padre portava i capelli lunghi come si usava allora. Era un capellone e mi ha spesso raccontato che le ragazze vedendolo gli dicevano: A Bono !

E lui, che da buon piacione si piaceva veramente tanto, s’accarezzava compiaciuto la chioma folta, convinto che da lì nascesse la sua forza. Così come per Sansone.

In quel tempo si chiedevano chi fosse il gatto più lungo e dicevano che era Mao perché aveva la testa in Cina ed i coglioni in Italia !

Cominciava a farsi strada la griffe preferita dai gay : Robbe di Kiappa !

Erano tutti orgogliosi di avere fatto il sessantotto del sessantanove non ne parlava nessuno. 

Mio padre e mia madre alle pareti della nostra casa avevano appeso i poster dei loro idoli: i Beatles, i Rolling Stones e Wood Allen, che amavano e ammiravano tanto. Erano estasiati.

La loro protesta si sa come è andata a finire. Si sono tagliati i capelli, si sono rimboccati le maniche ed hanno iniziato a lavorare. Finendo così di c a z z e g g i a r e.

Adesso ci sono:
i rasati
i tatuati
i piercing a tutto spiano anche dentro l’ombelico e al naso .

Io faccio parte della schiera dei rasati anche perché di mio ho perso i capelli.
Pazienza, vuol dire che risparmio sul barbiere.


Come cambia il mondo. Loro erano i figli dei fiori noi siamo i figli delle rape pelate.
Scusate stacco la spina: c’è la mia compagna che mi chiama per uno spinello.



Copyright 2008         Vittorio Banda


10
Sentimentale / IL GABBIANO
« il: Marzo 10, 2012, 13:37:43 »
IL GABBIANO

Mamma, ti ricordi quando da piccola ti dicevo che avrei voluto essere un
gabbiano, si uno di quei gabbiani che noi vedevamo volare sopra il mare durante le nostre passeggiate sulla spiaggia.
Ero affascinata dal loro volteggiare e con il dito ti indicavo quelli che man mano si libravano dagli scogli verso il mare aperto.
Tu sorridevi e mi accarezzavi i capelli, io seguitavo, rassicurata dalla tua
carezza, a guardarli e ad immaginarmi al loro posto chiudendo gli occhi e pensando ai mille riflessi prodotti dal sole sull’acqua del mare che essi
ammiravano.
Pensavo è questo il senso della vita, anche io da grande dovrò librarmi dallo scoglio della mia esistenza verso il mare aperto della vita.
Quando sono diventata grande, lo sai, l’ho fatto e sono andata a vivere da sola la mia vita, lasciando la casa che mi aveva vista nascere spinta dal richiamo del mare della vita.
Poi, lo sai, mi ero illusa di avere trovato l’amore ed in quel momento la
mia casa mi è sembrata la nostra casa.
Questa è la gioia che avevo provata, ma poi quello che avevo pensato fosse l’amore, si è sciolto come neve al sole lasciandomi sola in quella casa che non era più la mia casa.
Il pensiero subito ha rievocato nella mia mente il gabbiano ed ho pensato che anche esso nel suo volo si allontana dal suo nido e che certe volte si spinge per l’anelito di libertà oltre le sue forze raggiungendo un punto di non ritorno dal quale cerca invano di ritornare al suo nido, ma
la lontananza ed il vento spesso contrario lo abbattono stremato sulla
superfice del mare, dove dibattendosi, per qualche istante, trova la sua
dolorosa morte.
Anche io, mamma, mi sono spinta nel mare della vita per l’anelito di
libertà verso un punto di non ritorno.
Invoco la tua mano che possa tendersi verso di me per guidare il mio volo verso casa, quella vera dove vi era una famiglia piena d’amore, ma tu non ci sei più e quella casa ormai è vuota.
Le mie ali sono state tarpate dal vento della vita e non sono più capace di volare, mi dibatto stanca e malata ed i bagliori che appaiono sull’acqua
prodotti dal sole della vita mi lasciano insensibile e mi rattristano profondamente.
Mamma, voglio dedicarti l’ultimo mio alito di vita pensando alle tue dolci carezze sui miei capelli biondi, quella sarà l’ultima immagine che porterò nel cuore, quando avrò dato l’estremo battito delle mie ali ed esalato l’ultimo respiro.

Vittorio Banda
13 Febbraio 2011


11
Altro / RISVEGLIO
« il: Marzo 10, 2012, 13:34:29 »
RISVEGLIO


Erano le sette e come al solito era suonata puntuale la sveglia.
Luciano indugiava ancora sotto il tepore della calda trapunta
che tanto conforto gli aveva dato nel freddo dell’inverno che
sembrava non volesse cessare mai. Carla, sua moglie, appena
desta, aveva meccanicamente allungato la sua mano dando uno
strattone a Luciano invitandolo ad alzarsi.
Luciano, stropicciandosi gli occhi, si alzò e calzate le sue calde
pantofole si avviò verso il bagno come faceva sempre ogni mattina
per prepararsi ed andare al lavoro.
La sua mente cominciava a proiettarsi verso le occupazioni e gli
impegni della nuova giornata lavorativa, pensò al lavoro che avrebbe
dovuto affrontare in banca con una pratica di un mutuo che richiedeva
la massima attenzione.
Mentre pensava a questi eventi accese la luce del bagno, aprì l’armadietto
e prese la schiuma da barba ed il rasoio, ebbe il tempo di aprire il rubinetto
dell’acqua calda e di bagnarsi il volto per cospargervi la schiuma da barba che aveva già  spalmato nella mano, ma con sua enorme sorpresa guardò nello
specchio e non vide la sua immagine, rimase con la mano piena della schiuma
sospesa in aria e con l’altra mano si stropicciò di nuovo gli occhi ma non vide
la sua immagine allo specchio, rimase inebetito, uscì subito dal bagno e si
recò davanti alla finestra del corridoio, aprì la serranda e la luce del sole
lo colpì sul volto ancora bagnato, provò a vedere se riusciva a scorgere il
suo volto sui vetri della finestra, ma anche questo tentativo andò a vuoto.
Cominciò ad inquietarsi, riaccese la luce del bagno ed andò nuovamente
davanti allo specchio ma, anche questa volta sullo specchio scorgeva
solamente le immagini della parete opposta del suo volto nessuna traccia.
Enormemente inquietato uscì dal bagno e si diresse verso la camera da letto
e scuotendo Carla che si era riassopita le disse:
- Carla tu mi vedi?
Carla aprendo a fatica gli occhi gli disse:
- Certo che ti vedo cosa fai con la schiuma da barba ancora nella mano?
- E’ successa una cosa strana, non vedo più la mia immagine nello specchio,
  ho provato a vedere se,almeno,la potevo vedere riflessa sul vetro della finestra,
  ma niente neppure lì sono riuscito a vedere la mia immagine.
Carla mostrò a Luciano di essere tranquilla e lo invitò a seguirla nel bagno per
constatare lei stessa se nello specchio fosse visibile o no l’immagine di Luciano.
Appena giunti davanti allo specchio lei vide accanto alla sua l’immagine di
Luciano e gli disse che tutto era normale.
Ma lui seguitava a vedere solo l’immagine di Carla e della parete opposta allo
specchio della sua immagine non vi era nessuna traccia.
Carla gli suggerì di prendersi un giorno di ferie e di andare a farsi visitare dal loro
oculista per scoprire se questo inconveniente fosse dovuto a qualche patologia
dei suoi occhi.
Luciano telefonò in banca avvertendo che per cause di salute, per quel giorno,
non avrebbe potuto essere presente nel suo posto di lavoro, poi telefonò al loro
oculista che gli fissò una visita nella tarda mattinata.
Dopo la telefonata al dottore, riflettè che l’evento non poteva essere dovuto ad una
patologia oculare,perché tutto intorno gli era chiaro e visibile, riusciva a vedere
anche le cose piccole e provò, per fugare ogni dubbio, a leggere alcune righe di
una rivista e presa la guida telefonica scorse a caso un nome lo leggeva in modo
chiaro seppure i caratteri fossero piccoli.
Si risolse, comunque di aspettare, come da consiglio di Carla, la visita del medico
per decidere dopo l’esito il da farsi per cercare di risolvere questo grande problema che si era affacciato improvvisamente all’orizzonte della sua vita.
Le ore che lo separavano dalla visita trascorrevano lentamente ed in questo tempo
erano mille i pensieri che facevano capolino nella sua mente tormentandola alla
ricerca del perché gli stesse succedendo questo strano fenomeno che non sapeva
e non poteva spiegarsi.
La sua vita fino a quel momento era trascorsa in modo normale,sposato da cinque anni con Carla dopo quattro anni di fidanzamento, tutto andava bene e la loro
unione scorreva su un binario di normalità, per lui era bello svegliarsi ogni
mattina avendola al suo fianco ed era bello sapere che lei lo comprendeva in tutte
le sue aspirazioni e che cercava di soddisfare ogni suo desiderio, a volte riusciva
anche ad anticipare i suoi desideri ed era sempre presente anche nei momenti
nei quali lui sentiva di avere bisogno di conforto per lo stress sul lavoro lei c’era sempre cosa voleva di più dalla vita?
Eppure qualche cosa si era infranto nella loro unione per causa sua e non di Carla, perché lui aveva conosciuto Lisa una cliente della banca una avvocatessa con un fisico da mozzafiato, una donna che molti uomini avrebbero voluto avere
al loro fianco e che,dopo il loro primo incontro professionale per l’apertura di un
Conto in banca, si era trasformato in una relazione vera e propria perché lei gli aveva manifestato il suo interesse e lui non aveva resistito alle provocazioni di
quella donna che aveva risvegliato i suoi sopiti spiriti di maschio dominante, ma
in questo caso era stato dominato da lei che tutto aveva predisposto perché lui lo
fosse veramente.
Avviandosi verso lo studio del dottore decise,essendo sul percorso, di fermarsi per
un momento a casa di Lisa, sapeva che lei a quell’ora era in tribunale a lavorare,
ma lui aveva la chiave del suo appartamento luogo dei loro tanti incontri furtivi.
Arrivò nel palazzo,salì sull’ascensore ed aprì la porta dell’appartamento di Lisa.
Il suo primo impulso fu quello di dirigersi verso il bagno ed infatti lo fece subito
accendendo la luce si pose davanti allo specchio e questa volta vide il suo volto,
rimase stupefatto era come se si vedesse per la prima volta, gli sembrava di non conoscere quell’altro che nello specchio rifletteva il suo sguardo attonito e pieno
di interrogativi, perché? Già perché gli stava succedendo questo? Perché nello
specchio di casa non si vedeva? Spense la luce del bagno uscì dall’appartamento
chiuse meccanicamente la porta e riprese l’ascensore, uscì dallo stabile e si avviò a
casa decidendo che il consulto con il dottore non era più necessario, adesso voleva nuovamente vedere se nello specchio di casa sua avrebbe nuovamente visto la sua
immagine.
Arrivò a casa, Carla era già andata a lavorare, corse diritto nel bagno accese la luce e si pose dinnanzi allo specchio e vide che non appariva la sua immagine contrariamente a quanto lui si sarebbe aspettato.
Lo sconforto cominciò ad impossessarsi del suo animo, lui cercava disperatamente
una risposta ai suoi interrogativi ma non riusciva ad averne alcuna, si chiedeva
chi fosse quella figura riflessa nello specchio di Lisa e dove fosse finita la figura
a lui nota che non compariva più nello specchio di casa sua.
Cominciò a dubitare che quella fosse veramente la sua casa visto che non riusciva
più a “vedersi” nella stessa.
Cosa era successo nella sua vita? Una dicotomia o una dissociazione di personalità
e di immagine? La sua vita scorreva su un binomio sentimentale Carla e Lisa la tranquillità e la voluttà,ma adesso la tranquillità era scomparsa restava solo la voluttà e sentiva che a lui non bastava solo questo per vivere,voleva di più ma non sapeva come riuscire a riequilibrare i due piatti della bilancia si trovava in un
labirinto senza uscita.
Uscì di casa alla disperata ricerca di se stesso, camminava e sentiva che dentro di lui due esseri combattevano per avere il predominio sulla sua coscienza l’essere
della tranquillità e quello della voluttà, sentiva anzi aveva la prova che il secondo
avesse sconfitto il primo e che adesso,forte della sua vittoria, lo portava a vagare
per la città con pensieri che non erano più i suoi pensieri ma quelli della voluttà,
si meravigliava dei suoi pensieri e dei suoi desideri più occulti che adesso erano
manifesti e che gli procuravano tanto fastidio perché lui non era mai stato così
e non voleva esserlo, ma l’altro io che aveva dentro di se aveva vinto ed esultava
per questa trasformazione.
Mentre questi pensieri affollavano la sua mente i suoi passi si fermarono davanti
ad una chiesa, pensò subito che qualche prete potesse dargli una mano per
riuscire a ricomporre il mosaico scomposto della sua coscienza e che mettesse a
posto le tessere per sanare il suo “io” infranto.
Entrò in chiesa e vide un sacerdote seduto su un banco laterale che stava pregando, si diresse risolutamente verso di lui, il suo volto palesava ampiamente
il conflitto interiore che lo straziava, prima che lui potesse pronunziare una parola
il sacerdote guardandolo negli occhi gli disse:
- vuole confessarsi ?
- Si padre anche quello, ma vorrei parlarle di una cosa seria prima di confessarmi.
- Faremo l’uno e l’altro, l’importante è che si ninizi.
Luciano con parole accorate gli descrisse tutto quello che gli era accaduto in quella
strana mattinata sin dal suo “risveglio” e poi sconsolato disse: “Adesso cosa faccio?”
Il sacerdote rimase per un attimo  in silenzio poi incrociò le mani e cominciò a parlare dicendogli: “Hai intenzione di troncare la relazione con Lisa? “
Luciano si fece serio in volto e disse che se questo fosse stato necessario per riacquistare la pace allora lo avrebbe fatto, ma non aveva il coraggio di incontrare
Lisa, perché sapeva, anzi ne era certo, che lei con la sua forza e con la sua seduzione lo avrebbe soggiogato.
- Lo sai perché ti è successo questo?
-No,padre non lo so ed è per questo che sono venuto da lei, vorrei, se è possibile,capire e comprendere il perché di tutto questo fenomeno che mi ha investito.
- Vedi figliolo, tante volte permettiamo che il nostro “io” si sdoppi e si moltiplichi in tante “vite” che noi pensiamo di avere la forza di gestire, ma vi è un prezzo da pagare e questo prezzo è la pace, poiché la nostra coscienza si rifiuta di andare a braccetto con tutte queste vite e vuole rimanere solo con l’io che conosce e da cui
è stata generata, questo è il segreto che ormai molti non comprendono e non capiscono, non si può dividere ciò che è unico ed indivisibile ed il volerlo fare a tutti i costi porta tanta ma tanta infelicità, basta guardarsi attorno e vedere quanti volti sofferenti e spettrali incontriamo per questa assurda dicotomia, pensano di essere felici ma non lo sono. A te è accaduta una cosa meravigliosa poiché è raro
che questo avvenga, però ti è stata concessa la grazia di “vedere” nel non vederti
e per questo la tua coscienza si è svegliata dal torpore in cui l’avevi relegata donandoti la forza di reagire per vivere veramente la tua vita con lei.
Adesso se troncherai tutto con Lisa, avrai certamente la pace. Hai capito?
Luciano si sentì sollevato da quelle parole che come balsamo scendevano sulla sua ferita rimarginandola e sentiva dentro di se una dolce pace. Mise la mano nella sua
tasca ed estrasse il mazzo di chiavi dell’appartamento di Lisa, le porse al sacerdote
e poi trasse dal suo portafoglio un biglietto di visita dove sul retro scrisse l’indirizzo dell’appartamento di Lisa e pregò il sacerdote di consegnarle a Lisa da parte sua dicendole che non si sarebbero più visti.
Il sacerdote accettò e donandogli l’assoluzione lo invitò a recarsi a casa certo che tutto sarebbe ritornato nella normalità.
Luciano uscì dalla chiesa sentendosi più leggero e respirò a pieni polmoni l’aria
fresca, cominciando a camminare verso casa con la curiosità di verificare se quello che aveva detto il sacerdote fosse vero oppure no.
Intanto il sacerdote,verso l’ora di pranzo, si avvio verso l’appartamento di Lisa, arrivato bussò gli venne aperto da Lisa che stupita frugò nella sua borsa cercando
qualche spicciolo pensando si trattasse di una questua, ma il sacerdote rifiutò cortesemente l’obolo che Lisa gli porgeva e tirate fuori dalla tasca le chiavi disse:
-Non sono qui per la questua, ma per Luciano” Con grazia le porse il mazzo di chiavi dicendole che Luciano aveva deciso di porre fine alla loro storia e che non si
sarebbero più visti.
Lisa irritata lo invitò ad entrare e facendolo accomodare su una poltrona gli disse:
-Come mai è venuto l’ambasciatore, Luciano non ha avuto il coraggio di venire direttamente lui a dirmelo?
-Vede Signora…..
- Non mi chiami Signora io sono un Avvocato e desidero essere chiamata così !
- Vede Avvocato ci sono cose che,a volte,ci è difficile fare di persona e questa per Luciano era difficile farla di persona, comprenderà che lui è un uomo sposato e che ha una famiglia.
- Adesso lei viene a farmi la predica su cosa è lecito e cosa non lo è, la avverto io sono atea, sono una donna in carriera e credo soltanto nel mio lavoro ed in quello che con esso riesco ad ottenere.
- Non era mia intenzione farle la predica, ma desideravo solo compiere questo compito affidatomi da Luciano con la certezza che lei avrebbe capito il “messaggio”.
- L’ho capito del resto uomini come quelli è meglio perderli, dica a Luciano che
stia tranquillo sono io che non lo voglio più vedere ed adesso padre la prego di
andarsene.
Il sacerdote si alzò sentendosi  sollevato nell’animo e ringraziò il Signore per l’esito della sua opera.
Luciano,intanto,era arrivato a casa e subito si precipitò nel bagno accese la luce e
guardando nello specchio vide la sua immagine sorridente e tranquilla, allora si
diresse verso lo studio si sedette sulla sua comoda poltrona, si accese una delle sue preferite sigarette ed accese lo stereo subito si sentirono le note e le parole del “Cielo in una stanza” canzone che lui e Carla amavano tanto:
-Quando sei qui con me questa stanza non ha più pareti ma alberi………………….


Vittorio Banda
07.02.2012

12
Anch'io Scrivo poesia! / LA PURCE
« il: Marzo 10, 2012, 13:32:27 »
LA PURCE

‘Na  purce  fastidiosa  e  tanto  impertinente,
salì  pe  la  sottana  de ‘na  donna avvenente.
Arrivata sulla sua pancia bella e sostanziosa
disse:  “Qui  se magna bene e ce se arriposa !”

Ma ,  la  donna  stimolata  dar  forte  prurito,
fece  pe  grattasse  e  la  scaccio  cor su’ dito.
Er  compagno  che nun la vide tornà in tana
disse:”Ar solito si è messa a fare la puttana!”

Quante vorte nella vita esprimiamo un parere,
senza  che  semo  stati , veramente , a  vedere.
Spesse  vorte  ignoriamo  sempre  l’accaduto,
ce ostiniamo a parlare der fatto sconosciuto.

Vittorio Banda
Copyright 2011

13
Anch'io Scrivo poesia! / ER CONTADINO SEMPRICIOTTO
« il: Marzo 10, 2012, 13:31:04 »
ER CONTADINO SEMPRICIOTTO


Maria stava nella su’ stanza co la finestra spalancata
e  discuteva  co  Cinzia la su’ cara  amica affezionata.
Sai Cinzia , cara amica, come sarebbe veramente bello,
se io avessi tutto pe  me  un bellissimo  giovane uccello.

Sono  sicura  che  sempre,de certo, saprei  accarezzallo,
e  meglio  de tutte l’antre signore, certo, saprei sfamallo.
Ce  passerei  unita  a  lui  tutta  quanta la  mi’ esistenza,
e,  sono  certa  de  passalla senza fare arcuna astinenza.

Un  contadino ,  che  passò de sotto , udì  quer  suo  dire,
ed  in  un certo quar  modo , la  volle , de certo, esaudire.
Se  presentò  l’indomani  a lei  facenno un bello inchino
e  le consegno’ ‘na gabbia verde con dentro un canarino.

Signorina cara  me permetta de donalle  questo  uccello?
Lei  lo  guardò  e  disse, sconsolata , :  “ Quale  quello?”
Er  contadino  rifrette  un  poco  cor  su’  fine   cervello
e  rispose: “Perché Signorina volevate n’antro uccello? “

Vittorio Banda
Copyright 2010

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