Autore Topic: quadreria: un'immagine un racconto  (Letto 6447 volte)

nihil

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quadreria: un'immagine un racconto
« il: Ottobre 05, 2012, 08:04:46 »
da un'idea di polixena, nasce questa idea. Postiamo l'immagine di un quadro e poi chi vuole ci ricama sopra una storia, dando così ciascuno sfogo alla propria fantasia ed interpretazione.

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Re:quadreria: un'immagine un racconto
« Risposta #1 il: Ottobre 05, 2012, 08:05:38 »
Quadro 1)   Signora che scrive una lettera   di J.Vermeer


presenza

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Re:quadreria: un'immagine un racconto
« Risposta #2 il: Ottobre 08, 2012, 23:31:28 »
Signora che scrive una lettera



Una lettera a che potrà servire, ne ho scritte tante e nemmeno una risposta. Un'ultima ancora e poi giuro che brucerò la mia voglia lì in mezzo a quella brace.
Quale supplica ancora e con quali parole potrò rivolgermi ai miei creditori, ho fatto ammenda dei miei debiti e il mio corpo stremato ne è la prova, e non è bastato. Sto qui ad osservare ciò che mi è rimasto, ben poco in verità, e chiedo che almeno questo mi venga lasciato. Oh so già che non potrò tenere per me ciò che un tempo mi rese felice, e tuttavia in nome di quella felicità oggi chiedo, imploro  che almeno abbiano l'accortezza di portar via queste poche cose dopo la mia morte.
Che ironia è la vita, un tempo questa casa viveva di lusso, banchetti e risa, e oggi sola e malata sono costretta a chiedere pietà.
E già non ho più la forza di scrivere, i medici mi stancano con i loro salassi dicendo che mi guariranno ed io sento invece che la morte è vicina. Uno solo adesso è il mio desiderio non separarmi ancora dal “suo” libro, quello che mi regalò la prima volta che mi chiese di diventare la sua amante. E' misero rispetto a tutto quello che di valore hanno ormai pignorato in questa casa, perfino il letto nel quale morirò, e tuttavia solo guardando e sfiorando quel libro voglio chiudere i miei occhi per sempre.
Sento adesso che le forze mi stanno abbandonando, ho poco fiato per chiamare la mia buona Costanza, ma di lei ho bisogno affinché possa dettarle questa mia lettera e tentare ancora il mio destino.


Marzo 1847

Signori,
un'umile cortigiana si rimette alle Vostre Signorie per un ultimo e definitivo desiderio. Possiate avere pietà di me in questo estremo momento e cogliere la mia richiesta.
Ormai quasi tutto avete traslocato, non rimane che la stanza in cui sono relegata, quella che lascerò per ultima e che morirà insieme con me.
Vi chiedo di risparmiarla, d'avere almeno l'accortezza di liberarla alla mia morte, perché io possa chiudendo gli occhi, portare con me quel ricordo tanto caro. La mia cameriera, la buona Costanza, scrive per me queste parole che io adesso le sussurro con grande sforzo, sento di là i vostri uomini portare via le ultime cose, aspettano di entrare in questa stanza per ultimare il loro lavoro. Non ho potere su di loro, ma confido nel vostro buonsenso.
Lasciatemi qui circondata da questo poco affetto che mi rimane, e poi liberamente potrete portarvi anche questo.

Con gratitudine

Margherita Duvall 

nihil

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Re:quadreria: un'immagine un racconto
« Risposta #3 il: Ottobre 09, 2012, 07:31:30 »
Brava, storia delicata di una donna che ha ceduto all'amore senza rimpianti. :rose:

ziaci

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Re:quadreria: un'immagine un racconto
« Risposta #4 il: Ottobre 09, 2012, 22:36:35 »
Brava Nihil mi piace proprio la tua proposta, e brava Presenza!
Ora provo io (intanto mettendo un quadro)

2) tra Paradiso e Inferno di Jacek Yerka
acrobata del tempo, sospesa a mezz'aria, senza rete sto.
C.

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Re:quadreria: un'immagine un racconto
« Risposta #5 il: Ottobre 09, 2012, 23:09:32 »
bellissimo davvero! c'è la storia del mondo!

presenza

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Re:quadreria: un'immagine un racconto
« Risposta #6 il: Ottobre 09, 2012, 23:16:17 »
... di quella che pulsa in cucina tra pentole, piatti, bicchieri e cibo!

nihil

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Re:quadreria: un'immagine un racconto
« Risposta #7 il: Ottobre 09, 2012, 23:29:12 »
Quadreria 1

Signora che scrive una lettera

Eccomi di nuovo qui, ormai sono di casa. Mi piace sedermi su questo panchetto di velluto rosso, ascoltare i passi discreti degli altri visitatori, che sussurrano tra loro i commenti ai quadri. Quasi pare di essere in chiesa.
Vengo qui spesso, come attratta da lei, questa piccola signora che scrive una lettera. La guardo e cerco di capire, di indovinare a chi sta scrivendo, perché e con quali sentimenti. Ha un sorriso o è solo melanconia?
Mi guarda negli occhi, sì lo so, guarda tutti così, ma ormai mi pare che ci sia un filo diretto tra i nostri pensieri.
Socchiudo gli occhi per metterla maggiormente a fuoco, mi pare di essere dentro la stanza, e sento persino l’odore del pavimento incerato, il tepore del sole che entra dalla finestra. Le tende sanno un poco di polvere, tutta la casa sa di stanchezza, di rassegnazione.
Vedo le mie mani scrivere, una volta erano molto belle, e anch’io ero molto bella. Allora ero giovane e innamorata, lui prendeva le mie mani tra le sue, le accarezzava e mi parlava del nostro futuro. Mi inebriavo di sogni e non sapevo più se erano i miei o i suoi. Fu mio padre a svegliarmi, fu la prima e unica volta che mi picchiò, ma ormai ero incinta, troppo tardi per svegliarmi, troppo presto per essere buttata fuori di casa.
 Presto per me, ma non per la mia famiglia. Fui cancellata dalla loro memoria, non potevano accettare che finissi in sposa ad un povero pittore senza nome, senza avvenire, senza protettori, senza futuro. Era il mio insegnante di disegno, un capriccio che mi era venuto con i primi ardori della giovinezza che si affaccia alla bellezza del mondo. Lo avevano assunto solo per dimostrare che non ero portata all’arte, solo dopo l’ho capito, altrimenti avrebbero assunto un insegnante famoso e forse meno giovane.
Ma l’amore mi proteggeva da ogni sgomento, andammo a vivere in campagna, vita modesta, ma felice. Lui dipingeva qualche quadro, diventava sempre più bravo e ricercato, cominciò ad avere protettori e le figlie dei protettori. Non tutte rimasero incinta, io sì, arrivarono 6 figli, quattro maschi e due femmine, ma io non volevo vedere, non volevo sapere, lo amavo ancora.
Come tutte le cose, anche la nostra fortuna iniziò a scivolare sempre più in basso, a un certo punto pareva che non sapesse più dipingere, i quadri erano smorti, opachi, insulsi: aveva perso il talento, chissà dove. Fu allora che provai a ravvivare un suo dipinto e devo dire che mi venne proprio bene. Fu venduto per una cifra considerevole al Conte Vanbasten, che ne commissionò subito un altro. Lui arrivò a casa felice, entusiasta, scordandosi che non era il suo talento che valeva ma il mio. Ravvivai anche il secondo quadro, lo illuminai come faceva Veermer, che a me piaceva moltissimo e con cui una volta al ricevimento di Lady Bijorn avevo parlato di pittura. Piccoli dettagli di tecnica che io avevo bevuto, come un assetato in mezzo al deserto. Imparai poi a guardare i quadri di tutti, come se leggessi un libro, rubavo con gli occhi in segreto e in segreto dipingevo i quadri di mio marito. Lui pensava a venderli, a prenderne le lodi, a ubriacarsi nelle bettole e a spendere tutti i guadagni. Ai figli non pensava e di regola nemmeno a me se non per portarmi a letto e sfogare l’altro suo talento, quello di mettere incinta.
Il settimo figlio lo ebbe da Madame Desireè, l’ottavo da mia cugina  Margot, con cui scappò di casa. Che non avesse soldi non era importante, li aveva lei, ereditati dal suo primo marito. Io rimasi in miseria, non potendo nemmeno più dipingere al suo posto.
Al suo posto no, ma al mio sì.
C’è sempre un giorno per dire basta, e quel giorno arrivò.
Dipinsi numerosi quadri, prendendo soldi in prestito dove potevo, indebitandomi per comperare le tinte fino a che imparai a farmele da sola come Veermer.
Mandai poi i miei dipinti al Principe e lui fu oltremodo generoso, li comperò quasi tutti, mi invitò al castello, dove gli raccontai ogni cosa. Ebbe pena di me, mi aiutò a collocare altri dipinti e spiccò un mandato di arresto per debiti e altro, per colui che era stato mio marito.
Ora  mi accingo a mandargli una lettera in prigione, ma ad essere sincera non so cosa scrivere, vorrei dire “io ti maledico”, ma in fin dei conti a che servirebbe? Gli potrei parlare dei figli, i quattro rimasti, Marie è morta di vaiolo l’anno scorso e Rudolph in un duello con il Conte Bismark.
Ma a lui che interesserebbe?  forse non gli scriverò nulla.
 Depongo la penna, mi sento come svuotata da tutti questi anni di tribolazioni e delusioni, non ho più voglia di nulla ormai, il Principe ha promesso la sua protezione anche ai miei figli, devo essere contenta così.
Non so perché continuo a guardare quella porta aperta, oltre c’è il buio, ma è come se dall’altra stanza qualcuno mi osservasse, sento occhi che mi guardano, che strana sensazione, mi sento in compagnia di un’altra me stessa.
Ho caldo, ho sete, mi sento scivolare nella consueta realtà ma ho la sensazione di avere interrotto un pensiero personale. Si è fatto tardi, il custode comincia a guardarmi male, sono ore che sto seduta qua, va a finire che chiama la sicurezza, magari mi scambia per una terrorista o altro.
Sì, ora capisco l’ attrazione per questa altra me.
Esco dal museo, prendo un taxi per far prima, mi faccio portare direttamente alla casa editrice di mio marito, salgo le scale quasi correndo e apro la porta di Ettore e tutto d’un fiato glielo dico: “ Senti Ettore, la vuoi sapere la verità? I libri di mio marito, il famoso Enrico Vivaldi, li ho scritti quasi tutti io, ma ora mi sono stancata che lui vada in giro a trombare  ragazzine, si faccia applaudire, sperperi i soldi delle mie fatiche e vada in Tv mentre io faccio il  lavoro che lo ha reso famoso. C’è sempre un giorno per dire basta e quel giorno è arrivato!”
Ettore resta muto, mi guarda allibito poi con un sorriso dice:” Cribbio, questo sì che è uno scoop, sarà un ottimo lancio per il nostro, per il tuo prossimo libro!”
Finalmente ho trovato il coraggio di ribellarmi al sentiero senza uscita che avevo preso senza  accorgermi; la vorrei ringraziare, ma solo ora mi rendo conto che non so nemmeno il suo nome. Per la storia dell’arte è solo una signora che scrive una lettera.

presenza

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Re:quadreria: un'immagine un racconto
« Risposta #8 il: Ottobre 09, 2012, 23:46:17 »
Un quadro nel quadro, un intreccio di storie e in fondo una storia sola: il coraggio di dire basta e di scriverlo in una... lettera, e dirlo con una sola voce.

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Re:quadreria: un'immagine un racconto
« Risposta #9 il: Ottobre 09, 2012, 23:52:20 »
sai presenza che entrambe abbiamo parlato di donne sole?  ;)

ziaci

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Re:quadreria: un'immagine un racconto
« Risposta #10 il: Ottobre 09, 2012, 23:57:09 »
Bellissimo racconto Nihil, un ricamo tra arte e realtà,
ti traduco per tradurmi
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ziaci

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Re:quadreria: un'immagine un racconto
« Risposta #11 il: Ottobre 09, 2012, 23:58:29 »
sai presenza che entrambe abbiamo parlato di donne sole?  ;)
meglio allora che scrivo di altro  ;D
acrobata del tempo, sospesa a mezz'aria, senza rete sto.
C.

presenza

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Re:quadreria: un'immagine un racconto
« Risposta #12 il: Ottobre 10, 2012, 00:09:06 »
E già, Nihil, sarà stata suggestione, il quadro ci ha influenzate, o realmente vediamo la solitudine come una condizione umana della quale prendere coscienza.
Certo Ziaci tu col tuo quadro m'ispiri invece tutt'altro...

ziaci

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Re:quadreria: un'immagine un racconto
« Risposta #13 il: Ottobre 10, 2012, 03:48:10 »
Quadro 2) Tra Paradiso e Inferno di Jacek Yerka


Teresa al mattino macinava il caffè, riempiva i catini di acqua fresca e controllava che ogni cosa, anche la più piccola fosse al posto giusto, nel proprio incastro, parte di quel delicato equilibrio che contraddistingueva la loro vita.
Orazio, lontano parente del Gatto del Cheshire,  pigramente la guardava, aspettando di veder piena la sua ciotola prima di muoversi, operazione che Teresa eseguiva tra un riordino e l’altro.
Poi Teresa svegliava Anselmo.
Anselmo si svegliava con un bacio, il profumo di uova fritte e la certezza di avere un posto per guardare con Teresa  verso il paradiso, un unico posto che li avrebbe accolti entrambi.
Anselmo e Teresa vivevano in quella casa al di la del tempo, in uno spazio cucito a  misura, consapevoli che, in ogni momento, la scelta da quale parte guardare fosse  solo la loro.

Non assomigli più a nessuna da quando ti amo
                                                Pablo Neruda
acrobata del tempo, sospesa a mezz'aria, senza rete sto.
C.

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Re:quadreria: un'immagine un racconto
« Risposta #14 il: Ottobre 10, 2012, 07:36:46 »
Voglio essere Orazio, per godere di quelle coccole, in quella cucina piena di affetti.  abow