Autore Topic: da Carnevale a Pasqua  (Letto 16868 volte)

Doxa

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da Carnevale a Pasqua
« il: Febbraio 05, 2014, 09:09:20 »
“Tempo di Carnevale”

Nel passato il  periodo di Carnevale era  liturgicamente compreso nel “Tempo di settuagesima”, che includeva le tre domeniche antecedenti la Quaresima,  rispettivamente denominate: “domenica di settuagesima”, “domenica di sessagesima” e “domenica di quinquagesima”.

La parola settuagésima deriva dal tardo latino "septuagesima", femminile sostantivato dell’aggettivo septuagesǐmus "settuagesimo" ed allude in modo approssimativo ai  70 giorni mancanti alla Pasqua. Infatti  la domenica di settuagesima (9 settimane prima di Pasqua) cade il 64/esimo e non il 70/esimo giorno prima della Pasqua di resurrezione di Gesù. L’approssimazione ha delle motivazioni storiche. Nel VI secolo  la prima delle tre  domeniche ad essere inclusa nel calendario liturgico pasquale fu quella di quinquagesima, cinquanta giorni circa prima di Pasqua.  Successivamente, nel VII secolo, vennero aggiunte  le altre due domeniche:  quella di sessagesima, che cade il 57/esimo giorno, e quella di settuagesima.

Il tempo di settuagesima era compreso  dai primi vespri della domenica di settuagesima fino a dopo la compieta del martedì (grasso) della settimana di quinquagesima. Ho scritto “era” perché nel 1969 il pontefice Paolo VI promulgò la riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II e dall’ordinamento fu eliminato il “tempo di settuagesima”, sostituito con il “tempo per annum”:  uno dei tre cicli in cui è articolato l’anno liturgico.

Nel penitenziale periodo liturgico della Settuagesima la Chiesa cattolica proibiva ai suoi fedeli di mangiare la carne nei giorni feriali.

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Re:da Carnevale a Pasqua
« Risposta #1 il: Febbraio 06, 2014, 07:23:36 »
/2

La data d’inizio del Carnevale dipende dalla mobile ricorrenza della Pasqua cristiana, per conseguenza  può variare nel periodo tra il 18 gennaio ed il 22 febbraio. Quest’anno (2014)  “debutterà” domenica 16 febbraio  ed i festeggiamenti  proseguiranno fino al 4 marzo: “martedì grasso”. 

Per il rito ambrosiano, che riguarda la diocesi di Milano, il carnevale dura 4 giorni in più, termina il sabato che precede la prima domenica di Quaresima.

Il tempo di Carnevale evoca alcune antiche usanze nei rituali dionisiaci e saturnali, ma nel nostro tempo comprendono  pubbliche sfilate di carri allegorici,   mascheramenti, giochi e “scherzi…di Carnevale”, parola questa che, come è noto, deriva dalla frase in lingua latina "carnem levare" ( togliere la carne) dal  menu del “mercoledì delle ceneri”, primo giorno del penitenziale  periodo quaresimale.
 
I giorni più importanti del Carnevale sono il “giovedì grasso” (quest’anno il 27 febbraio) dopo la prima domenica di Carnevale,  e il “martedì grasso” (4 marzo),  ultimo giorno di festa prima del Mercoledì delle Ceneri che dà avvio al periodo di Quaresima.

Carnevale è tempo di baldoria, trasgressione, mascheramenti, di coriandoli e carri allegorici. Invece per la Chiesa è tempo penitenziale, di preparazione spirituale alla Quaresima ed alla Passione di Cristo, perciò la liturgia prevede i paramenti viola durante le celebrazioni eucaristiche; sull’altare non si mettono fiori; non viene suonato l’organo, non si recita il Gloria e non viene cantato l’inno dell’Alleluja: questa parola deriva dal lemma ebraico “Halleluyah”, composto da “Hallelu”(= preghiamo/lodiamo) e “Yah”: forma abbreviata di Yahweh (= Dio).

Nel medioevo la Chiesa tollerò nel periodò di Carnevale le grevi feste popolari, ma dopo il Concilio di Trento e la Controriforma Cattolica cercò di arginare o sopprimere alcune cruente manifestazioni, anche per motivi di ordine pubblico.

nihil

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Re:da Carnevale a Pasqua
« Risposta #2 il: Febbraio 06, 2014, 09:05:32 »
insomma la Chiesa propone la penitenza prima della penitenza.
A vedere il risultatio, non ha convinto nessuno.  :prtr:

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Re:da Carnevale a Pasqua
« Risposta #3 il: Febbraio 09, 2014, 15:18:26 »
/3

In Italia le baldorie carnacialesche si svolgono in molte le città con modalità diverse.

A Venezia, per esempio, sfarzose maschere passeggiano in piazza San Marco e dintorni, invece a Viareggio ad attrarre l’attenzione di migliaia di spettatori sono i variopinti carri allegorici, i gruppi folcloristici e la musica.

Le antiche testimonianze del Carnevale di Venezia risalgono al 1094: lo attesta un documento del doge Vitale Falier. In questa città veneta nel ‘700  la maschera più usuale per coprire il viso era la “Baùta”, inizialmente di colore nero, poi anche bianca (vedi foto sotto). Caratteristici con la Baùta sono il tricorno (cappello nero a tre punte), il mantello nero a  o il tabarro, lo jabod.



 


Nel 1797, a seguito del “Trattato di Campoformio”, Venezia venne ceduta all’Austria, che bandì molte usanze, fra le quali il Carnevale. Questo fu ricominciato nel 1979 da alcune associazioni cittadine ed è ormai famoso in tutto il mondo.

A Viareggio, invece, la tradizione del Carnevale ebbe inizio nel 1873 per merito di alcuni ricchi borghesi. Questa città della Versilia è nota per le spettacolari sfilate di automezzi che portano grandi pupazzi fatti con la cartapesta e poi  colorati. Sono capolavori alti anche 20 metri, realizzati da maestri artigiani.


« Ultima modifica: Febbraio 09, 2014, 15:29:21 da dottorstranamore »

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Re:da Carnevale a Pasqua
« Risposta #4 il: Febbraio 10, 2014, 08:28:09 »
/4

L’anno scorso sono stato a  Venezia per partecipare come osservatore del Carnevale nella città lagunare.

Ho passeggiato tra calle, campi e campielli  per guardare gli adulti mascherati. Essi desiderano far vedere i loro abiti di “scena”, spesso molto costosi. Gioiscono e ringraziano se ricevono i complimenti per il loro abbigliamento, gradiscono farsi fotografare o riprendere dalle telecamere. In questa occasione piazza San Marco sembra un set cinematografico, con dame e cavalieri  che passeggiano e vanno verso   Riva degli Schiavoni o nella calle che conduce nel Campo San Moisé e al Ponte dell’Accademia; altri camminano nelle quattro strade dette delle “Mercerie” (la “Marzaria de l’orologio per Rialto”, seguono la “Marzaria San Zulian”, la “Marzaria del Capitello” e la “Marzaria San Salvador”) fino al cinquecentesco ponte di Rialto che con tre rampe e negozi ai lati unisce le due opposte rive del Canal Grande.

La sera le luci illuminano piazza San Marco, gremita dalle persone mascherate che sostano nei portici delle Procuratie Vecchie e Nuove, in particolare davanti al Caffè Florian o all’interno dello stesso bar, dove si siedono intorno ai piccoli tavolini anche per farsi ammirare e fotografare dai passanti davanti le sei vetrate del locale.

Lo scenario  evoca due famosi personaggi del ‘700 veneziano Carlo Goldoni e Giacomo Casanova.

Carlo Goldoni (1707-1793)  cita il Carnevale di Venezia in alcune delle sue commedie: “La vedova scaltra”, “ I rusteghi”, “Le massere”, “Le morbinose”.  E ciò che narra è  importante anche come fonte documentaria dell’epoca.

Sul carnevale Goldoni scrisse questa filastrocca:

La stagion del Carnevale
tutto il mondo fa cambiar.
Chi sta bene e chi sta male
Carnevale fa rallegrar.

Chi ha denari se li spende;
chi non ne ha ne vuol trovar;
e s'impegna, e poi si vende,
per andarsi a sollazzar.

Qua la moglie e là il marito,
ognuno va dove gli par;
ognun corre a qualche invito,
chi a giocare e chi a ballar.


Anche Giacomo Casanova (1725 – 1798)  nel periodo di Carnevale usava nascondersi il viso con una maschera, e come altri, in quelle notti veneziane attraversava calli, campi e campielli indossando il mantello nero ed il cappello.

Si mascheravano i ricchi ed i poveri, i giovani per sembrare donne, i miseri per entrare nelle corti dei nobili, le dame per avere avventure amorose.

E’ la Venezia del ’700, quella di Giacomo Casanova e del suo anfitrione,  Giorgio Baffo, poeta erotico che iniziò il giovane Casanova all’arte della seduzione e della magia. Quell’epoca è  ben documentata a Venezia nel   museo del Settecento veneziano,  ospitato nel bel palazzo denominato “Cà Rezzonico”, invece nel nobiliare Palazzo Mocenigo, ci sono al primo piano affreschi e arredi della seconda metà del Settecento, ed  ospita il Centro studi di storia del tessuto e del costume: nelle sale sono allestiti diversi aspetti della vita e delle attività del patriziato veneziano tra il XVII ed il XVIII secolo. Sono esposti abiti con ricami,  merletti e numerosi  accessori. 

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Re:da Carnevale a Pasqua
« Risposta #5 il: Febbraio 11, 2014, 08:28:38 »
/5

Carnevale di Venezia. Piazza San Marco: un incontro casuale e l’irresistibile "colpo di fulmine".

A volte la vita ci fa regali meravigliosi, crea le circostanze affinché dal nulla scaturisca una scintilla inaspettata, e s’avvera il miracolo.

I miei occhi hanno incontrato quelli di una  sconosciuta donna vestita da dama del ‘700 ed ho avvertito una forte emozione.  Gli sguardi, un sorriso,  la reciproca attrazione.

Quel bel viso  mi ha fatto volare con la fantasia ed ho pensato alla sua complicità,  mi son lasciato coinvolgere dall’illusione di felicità.

Poi quella donna attraente è scomparsa tra la folla, quella scintilla si è spenta.


Doxa

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Re:da Carnevale a Pasqua
« Risposta #6 il: Febbraio 12, 2014, 09:00:46 »
 /6

Simile al nostro Carnevale è un’allegra festa popolare ebraica denominata “Purim”,  dura due giorni ed i bambini si mascherano.   

Questa festività avviene nel mese di Adàr, che può essere di 29 0  30 giorni ed  è il sesto mese nel calendario lunisolare ebraico di tipo ordinario, costituito da 12 mesi, e da 13 mesi negli anni bisestili.  Tale variabilità fa corrispondere l’Adàr   al mese di febbraio od anche marzo del calendario gregoriano.   

Il Purim comincia il 14 del mese di Adàr e si conclude al tramonto del giorno successivo. La ricorrenza è preceduta da un giorno di digiuno, detto “digiuno di Ester”, ragazza ebrea orfana, che circa 2500 anni fa venne scelta come moglie dal sovrano persiano  Assuero e salvò il popolo ebraico dal complotto di Aman, il perfido consigliere  che voleva indurre il  re  a sterminare tutti gli ebrei nel  suo regno.  Per commemorare lo scampato pericolo fu istituita la festa di Purim, che nella lingua ebraica  significa "sorti", perché il giorno stabilito per  la  tentata strage fu scelto sorteggiandolo.  Questo racconto è nel   “Libro di Ester”, contenuto nella Bibbia ebraica ed in quella cristiana.

Il precetto del digiuno che precede il Purim va rispettato dall’alba al tramonto. Poi è prevista la cena, lo scambio di doni, le offerte per i poveri  ed i pasticcini di forma  triangolare denominati le “Orecchie di Haman “, con semi di papavero ed altri ingredienti.

La sera del 14 di Adar e la mattina successiva nelle sinagoghe viene letta la Meghillah o “Libro di Ester”, che in dieci capitoli narra la  sua storia, ma la lettura viene interrotta dai presenti nel tempio ogni volta che viene nominato il malvagio Haman, citato nel predetto libro per 77 volte: lo disapprovano a voce alta oppure battono i piedi sul pavimento, ma l’oggetto caratteristico più usato per non far udire il nome infausto è il gragger, che viene fatto roteare per produrre forte rumore. Il “gragger” è simile allo strumento musicale “tric-trac” di legno.



foto del "gragger"
« Ultima modifica: Febbraio 12, 2014, 09:08:07 da dottorstranamore »

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Re:da Carnevale a Pasqua
« Risposta #7 il: Febbraio 13, 2014, 08:37:12 »
/7

Lorenzo de' Medici, detto "il Magnifico", fu un abile politico e governante, ma si dedicò anche alla letteratura, compose poesie ed anche  i "Canti Carnacialeschi".

Per tali "canzoni a ballo" Lorenzo s'ispirò alla tradizione popolare e buffonesca del Carnevale. Le composizioni venivano cantate da compagnie di uomini mascherati su carri addobbati.

Il più noto dei "Canti carnacialeschi" lorenziani  é il:

"Trionfo di Bacco e Arianna"

Quant'è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia!
chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Quest'è Bacco e Arianna,
belli, e l'un dell'altro ardenti:
perché 'l tempo fugge e inganna,
sempre insieme stan contenti.
Queste ninfe e altre genti
sono allegre tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Questi lieti satiretti,
delle ninfe innamorati,
per caverne e per boschetti
han lor posto cento agguati;
or da Bacco riscaldati
ballon, salton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Queste ninfe anche hanno caro
da loro esser ingannate:
non può fare a Amor riparo,
se son gente rozze e ingrate:
ora insieme mescolate
suonon, canton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Questa soma, che vien drieto
sopra l'asino, è Sileno:
così vecchio è ebbro e lieto
già di carne e d'anni pieno;
se non può star ritto, almeno
ride e gode tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Mida vien drieto a costoro:
ciò che tocca, oro diventa.
E che giova aver tesoro,
s'altri poi non si contenta?
Che dolcezza vuoi che senta
chi ha sete tuttavia?
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Ciascun apra ben gli orecchi,
di doman nessun si paschi;
oggi sian, giovani e vecchi,
lieti ognun femmine e maschi;
Ogni tristo pensier caschi:
facciam festa tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Donne e giovinetti amanti,
viva Bacco e viva Amore!
Ciascun suoni, balli e canti!
Arda di dolcezza il core!
Non fatica, non dolore!
Ciò ch'ha a esser, convien sia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

(Lorenzo de' Medici)

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Re:da Carnevale a Pasqua
« Risposta #8 il: Febbraio 13, 2014, 10:09:39 »
una delle mie poesie preferite! si invita all'ottimismo, a godere del presente perchè di doman non non c'è certezza.
Si potrebbe tristemente aggiungere che non c'è certezza ( ormai) nemmeno dell'oggi.  :-*

Doxa

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Re:da Carnevale a Pasqua
« Risposta #9 il: Febbraio 14, 2014, 14:53:42 »
/8
Girotondo, girotondo,
noi giriamo tutto il mondo.
C'è Gianduia e Meneghino,
Pulcinella e Arlecchino.
C'è Brighella e Pantalone,
Meo Patacca e Balanzone,
Beppe Nappa siciliano,
Stenterello che è toscano...
Girotondo, girotondo,
noi viaggiam per tutto il mondo,
e con noi portiam la gioia
che è nemica della noia.



In Italia le più note maschere di Carnevale derivano  dalla commedia dell’arte, dal teatro di genere buffonesco.

La prima maschera comica fu “Zanni”. Originario del bergamasco, rappresentava il contadino povero e ignorante. Con il tempo lo Zanni fu “scisso” in due categorie: il servo furbo (primo Zanni) ed il servo sciocco (secondo Zanni).  Da questo immaginario personaggio scaturirono le maschere di Brighella ed Arlecchino.

Brighella. E’ la maschera in livrea bianca di Bergamo.  E’ denominato Brighella perché intrigante ed imbroglione, intrigante, ossequioso con i potenti e insolente con i deboli.
Brighella è compare di Arlecchino, anche questo di Bergamo, Brighella però ci tiene a precisare che lui é di Bergamo alta, mentre Arlecchino è di Bergamo bassa.

Arlecchino. Questo personaggio teatrale fu creato in Francia ma Carlo Goldoni lo introdusse nella commedia italiana. Nella maschera di Arlecchino confluiscono i tratti caratteriali del bergamasco Zanni e quelli diabolici e farseschi della tradizione popolare francese. Arlecchino indossa un abito multicolore confezionato con pezze colorate. Si narra che il suo vestito è così perché, essendo povero, i suoi amici, in occasione del Carnevale, gli regalarono dei pezzi di stoffa avanzati dai loro costumi per farne avere uno anche lui.  Si copre il viso con una maschera nera ed ha una spatola di legno. E’ astuto, coraggioso, pigro. Le sue doti caratteristiche sono l'agilità, la vivacità e la battuta pronta. Il suo principale antagonista è Brighella.

Colombina. E’ il nome di una maschera veneziana della Commedia dell’arte. E’ la scaltra serva fidanzata con Arlecchino. E’ maliziosa e convince Arlecchino ad esaudire i suoi desideri.  E’ vivace, allegra e sapiente, furba,  parla il dialetto veneziano. E’ molto affezionata alla sua signora, Rosaura,  giovane e graziosa.  Pur di renderla felice  le diventa complice nei sotterfugi domestici ed amorosi.  Con gli anziani “padroni” va poco d’accordo e schiaffeggia chi osa importunarla mancandole di rispetto.

Pantalone: anche lui è una maschera veneziana che impersona un anziano mercante avaro e brontolone, raggirato dalla moglie e dalle figlie. S’intromette, non invitato, in dispute e litigi ma finisce col ricevere botte da entrambi i contendenti.

Pierrot: è una maschera italiana del ‘500. Il suo nome è un francesismo, deriva da Pierre (Pietro) con l’aggiunta del suffisso “-ot”. Il personaggio è rappresentato come pagliaccio triste, raffigurato con la lacrima che scende sulla gota; si strugge d’amore per Colombina ma non viene corrisposto perché ella ama Arlecchino.

Gianduia. E’ tra le più famose maschere di Carnevale piemontesi, originaria della provincia di Asti.
 Fu ideata  dal burattinaio Gian Battista Sales nel 1798, pensandolo come contadino buono, ma  sospettoso e furbo. Il suo nome originario era Gioan d’la douja,, che vuol dire “Giovanni del boccale”, abbreviato poi in Gianduia. Questa maschera indossa in testa un tricorno e la parrucca con il codino. Ha un costume di panno color marrone, bordato di rosso, con un panciotto.  Gianduja  ama il buon vino, la buona tavola e l'allegria.
Dal suo nome deriva quello della cioccolata gianduia e del famoso cioccolatino “Gianduiotto”.

Meneghino (da Domenichino): è una maschera milanese che  nacque nel ‘600 per la commedia dell’arte.  Rappresenta il servo rozzo ma saggio, abile nel deridere i difetti degli aristocratici. La  domenica svolgeva il ruolo di cicisbeo,  accompagnava le nobildonne a messa o a passeggio. Durante l’insurrezione delle Cinque Giornate di Milano nel 1848 fu scelto dai milanesi come simbolo di eroismo.

Balanzone: questa maschera del ‘500 è  di origine bolognese. Il suo nome si fa derivare da Graziano di Baolardo, detto  Balanzone perché raccontava balle, frottole. Rappresenta il giurista ma anche il medico. Vesta la toga con collare bianco alla spagnola, cappello nero a grandi falde; porta  sempre con sé un grosso libro.

Capitan Spaventa  (o Capitan Fracassa): il suo nome per intero è Capitano Rodomonte Spaventa, anche chiamato Capitan Fracassa. Capitan Spaventa è una maschera tradizionale italiana della regione Liguria dell'XI secolo. E’ uno spadaccino temerario che combatte più con la lingua che con la spada.

Stenterello. Questa maschera nacque a Firenze nel 1793 come personaggio della commedia dell’arte. Personificare la generosità, la scaltrezza ma anche l’ottimismo e la saggezza che  gli permettono di superare le avversità della vita. Stenterello viene continuamente cercato dai suoi creditori.

Burlamacco: questa maschera è anche il logo del Carnevale di Viareggio. Il nome Burlamacco deriva da Buffalmacco, pittore fiorentino e personaggio del Decamerone.  Indossa una tuta a scacchi biancorossi suggerita dal vestito a pezzi di Arlecchino, un ponpon da cipria rubato dal camicione di Pierrot, una gorgiera bianca e ampia alla Capitan Spaventa, un copricapo rosso a imitazione di quello in testa a Rugantino, un mantello nero svolazzante, tipico di Balanzone.

Rugantino: è un personaggio del teatro popolare romanesco,  il cui nome sembra derivare dal dialettale “ruganza ” (arroganza).  Questa maschera rappresenta “er bullo de Trastevere”, svelto con le parole e con il coltello; arrogante
Il suo tratto caratteristico è quello di un provocatore,  insolente, ma in realtà, è un can che abbaia ma non morde. In fondo è anche un pò vile.
"Cerca rogna, je puzza de campà, je rode", minaccia, promette di darle, ma le prende, consolandosi con la battuta divenuta giustamente celebre: "Me n'ha date tante, ma quante je n'ho dette!".
 Agli inizi della sua carriera era vestito come un gendarme, ma  per questo personaggio fu preferito un abbigliamento da popolano,

Meo Patacca: è un'altra maschera romana che rappresenta il coraggio e la spavalderia. Spiritoso ed insolente, Meo Patacca é il classico bullo romano, esperto ed infallibile tiratore di fionda. Il suo nome deriva dalla “patacca”,  termine con il quale venivano indicate diverse monete, in genere grosse, pesanti e di scarso valore. Di qui l'uso in italiano del termine "patacca" per indicare qualcosa che vale meno di quello che sembra.

Pulcinella. Celebre maschera napoletana della commedia dell’arte.  Furba e pigra, nella maggior parte dei casi riesce solo a farsi bastonare.
Pulcinella indossa un camicione bianco con larghi pantaloni bianchi, ha un cinturone nero in vita, il ventre sporgente, scarpette nere, un cappuccio bianco in testa e una grossa maschera al viso che lascia scoperta sola la bocca; ha un naso ricurvo, le rughe sulla fronte.

Peppe Nappa: è una maschera siciliana della commedia dell’arte. E’ diventata il logo del Carnevale di Sciacca.  Rappresenta un servitore goloso e pigro, capace di salti acrobatici. Il suo nome deriva da "nappa", "toppa" in siciliano.

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Re:da Carnevale a Pasqua
« Risposta #10 il: Febbraio 15, 2014, 07:25:10 »
/9

Nel calendario liturgico della Chiesa il rito cattolico romano prescrive la fine del Carnevale il martedì che precede il “Mercoledì delle ceneri”, che a sua volta dà inizio alla Quaresima; invece nel rito ambrosiano, in vigore nella diocesi di Milano, il Carnevale si protrae fino al sabato, perché, secondo la leggenda, il vescovo Ambrogio era impegnato in un pellegrinaggio e chiese alla popolazione di aspettare il suo ritorno per iniziare le liturgie quaresimali. Perciò nell'arcidiocesi di Milano, il rito delle Ceneri si celebra la prima domenica di Quaresima.

Nel passato l’ultimo giorno di Carnevale veniva concluso con un'abbondante cena,  perciò viene detto “Martedì grasso”: ultimo giorno di  sfilate di carri, di mascherate, di balli,  di coriandoli ma anche di scherzi. In alcune località italiane  viene celebrato il “funerale” del ”Re Carnevale”, seguito dalle prefiche, come a Putignano, oppure da euforiche persone mascherate.
Al termine del rito profano si dà fuoco al re di cartapesta, che  di solito viene insediato la sera del 17 gennaio, festa di Sant’Antonio Abate, oppure nel “Giovedì grasso”.
L’intronizzazione del re Carnevale  prevede un’allegra processione che accompagna il re fantoccio (grande pupazzo panciuto e rubicondo che troneggia sul suo effimero regno) mentre va a ricevere simbolicamente le chiavi della città.


re Carnevale

Carnevale vecchio e pazzo

Carnevale vecchio e pazzo
s'è venduto il materasso
per comprare pane, vino,
tarallucci e cotechino.

E mangiando a crepapelle
la montagna di frittelle
gli è cresciuto un gran pancione
che somiglia ad un pallone.

Beve, beve all'improvviso
gli diventa rosso il viso
poi gli scoppia anche la pancia
mentre ancora mangia, mangia.

Così muore il Carnevale
e gli fanno il funerale:
dalla polvere era nato
e di polvere è tornato.

(Gabriele D’Annunzio)

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Re:da Carnevale a Pasqua
« Risposta #11 il: Febbraio 16, 2014, 07:50:01 »
/10


 
Pieter Bruegel il Vecchio: “Lotta tra Carnevale e Quaresima”, dipinto ad olio su tavola; 1559;
conservato a Vienna nel Kunsthistorisches museum)

L’artista fiammingo si chiamava Pieter Brueghel, ma in questo quadro si firma col cognome Bruegel. E tale cognome usò dal 1559 per firmare i suoi dipinti.

Pieter Bruegel o Brueghel   è indicato come il Vecchio per distinguerlo dal figlio primogenito, Pieter Bruegel, detto “il Giovane”

Il noto dipinto “Lotta tra Carnevale e Quaresima” esprime simbolicamente la contrapposizione tra la “festa” e la “penitenza”, la transizione tra i due periodi liturgici.

Per comprendere la struttura narrativa di questa raffigurazione bisogna immaginarla divisa in due parti da una linea verticale, che dalla casa centrale in alto scende verso il basso e passa nel breve spazio antistante tra l’uomo panciuto sulla botte ed il carrello trainato da due religiosi.

Sulla sinistra c'è il riferimento al Carnevale con persone che mangiano, bevono, ballano giocano di fronte l’osteria de “La sposa sudicia”, che narra di un matrimonio tra zingari.  Sulla destra, invece, personaggi e scene evocano il periodo della Quaresima.

Anche la composizione architettonica denota il contrasto tra le due realtà. Sulla sinistra c’è la locanda con due botti per il vino vicino l’entrata; sulla destra c’è la chiesa, da dove escono i fedeli.

Il Carnevale è simboleggiato dall’’uomo obeso (con la camicia celeste ed i calzoni rossi a cavalcioni sopra una botte per il vino) che sorregge con la mano destra lo schidione dove sono infilzate varie carni. Sulla testa ha un cesto con altri cibi, mentre un prosciutto, trapassato da un coltello, è affisso sul coperchio della botte. In terra ci sono alcune carte da gioco, il guscio di un uovo e delle ossa, ben visibili negli ingrandimenti fotografici dei particolari.

La Quaresima è  impersonata da un’anziana donna (somigliante ad un uomo), alta e magra, dal volto triste, seduta nella sedia  che è su un carrello trainato da una monaca e da un frate.  La donna che raffigura la Quaresima contrappone allo schidione del Carnevale una pala da fornaio con sopra due aringhe, che simboleggiano i cibi permessi dalla Chiesa durante i periodi di penitenza o di astinenza dalle carni.

Un richiamo alla carità nel periodo di Quaresima è rappresentato dall’uomo con abito azzurro e rosso (nell’angolo in basso a destra) che dona alcune monete ad una povera donna seduta col suo bimbo sul ciglio della strada.
« Ultima modifica: Febbraio 16, 2014, 14:48:59 da dottorstranamore »

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« Risposta #12 il: Febbraio 16, 2014, 08:09:50 »
bellissima dissertazione storica artistica, questo pittore è sempre ricco di particolari e simbolismi.

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Re:da Carnevale a Pasqua
« Risposta #13 il: Febbraio 17, 2014, 07:20:49 »
Tempo di Quaresima

Quaresima: questa parola deriva dal latino ecclesiastico “quadragesima”: nel rito ambrosiano indica il quarantesimo giorno  prima della Pasqua di risurrezione di Gesù, contando dalla domenica successiva al “martedì grasso”, invece nel rito romano la Quaresima viene protratta per  44 giorni,  inizia il “ mercoledì delle ceneri”e continua fino all’ora nona  (ore 15.00) del “giovedì santo”.

La cosiddetta “ora nona” fa parte delle “ore canoniche”, elaborate  nel tempo dalla Chiesa per la preghiera in comune nella comunità religiose. Questa pratica, detta “liturgia delle ore”. deriva dall’uso ebraico di pregare ad ore stabilite.

Alla fine del IV secolo (e ancora oggi) nel rito ambrosiano la quaresima iniziava di domenica,  durava cinque settimane complete (5x7=35 giorni) e si concludeva il giovedì della settimana santa (altri cinque giorni), per un totale di quaranta giorni esatti. Poi alla fine del V secolo l'inizio venne anticipato al mercoledì precedente la prima domenica (altri quattro giorni), e furono inclusi il venerdì santo e il sabato santo nel computo della quaresima: in tutto quarantasei giorni. Ciò era dovuto all'esigenza di computare esattamente quaranta giorni di digiuno ecclesiastico prima della Pasqua, dato che nelle sei domeniche di quaresima non  c’è l’obbligo del digiuno.

Il digiuno ecclesiastico è praticato dai cattolici come forma di penitenza in determinati giorni.  E due volte l’anno, il Mercoledì delle Ceneri (per il rito ambrosiano il primo venerdì di Quaresima) e il Venerdì Santo, i fedeli oltre al digiuno debbono astenersi dal mangiare la carne.

La regola del digiuno obbliga a fare un solo pasto durante la giornata, ma non proibisce di fare una seconda refezione.
La regola dell'astinenza dalle carni consente di mangiare pesce, uova e latticini.
I parroci  per giusta causa possono dispensare i singoli fedeli o le famiglie dall'osservanza del digiuno e dell'astinenza, o commutarli con opere pie.

L’astinenza dal cibo per finalità rituali è un fenomeno costante in tutte le religioni:  per esempio la Quaresima per i cristiani, il mese di Ramadan per i musulmani, il giorno del kippur nell’ebraismo. Il digiuno come osservanza sacrale è molto seguito nell’ebraismo.   Con il digiuno si cerca il perdono delle colpe con la contrizione fisica ed esistenziale.

Il digiuno e l’astinenza dalla carne sono antiche prassi religiose descritte nell’Antico Testamento.

Anche Gesù prima di iniziare la sua missione andò nel deserto  per un lungo digiuno seguendo l’esempio di Mosé. Quaranta giorni di digiuno che superò  pregando Dio.

Nel “Discorso della montagna" Cristo ammonisce: “Quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti che si sfigurano  la faccia per far vedere agli uomini che digiunano…Tu, invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il viso, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto…” (Mt 6, 16 – 17).


« Ultima modifica: Febbraio 17, 2014, 18:26:22 da dottorstranamore »

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Re:da Carnevale a Pasqua
« Risposta #14 il: Febbraio 18, 2014, 06:49:38 »
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La Quaresima ed il simbolismo biblico del numero 40.

Nella Bibbia sono narrati eventi in cui emerge  il numero simbolico 40. Ecco alcuni esempi.

Nell’Antico Testamento si narra del diluvio universale durato 40 giorni e 40 notti (Gn 7, 12) e di Noé che nell’arca (insieme  alla sua famiglia e agli animali  che Dio gli aveva detto di portare con sé) attende altri 40 giorni dopo il diluvio prima di sbarcare (Gen 7,4. 12; 8,6).

I libri dell’Esodo, dei Numeri e del Deuteronomio ci raccontano che dopo l’uscita dalla schiavitù dell’Egitto il popolo israelita camminò per quarant’anni nel deserto verso il traguardo della terra promessa (Es.16, 35; Dt 8,1-5; Nm 14,33).

Il profeta Mosè, che guidò  gli israeliti nella traversata del deserto, trascorse quaranta giorni e quaranta notti sul monte Sinai (Es 24, 18) durante i quali da Dio ricevette la Legge,  i 10 comandamenti. Mosè poi ritornò sullo stesso monte per quaranta giorni e quaranta notti per ricevere una Legge rinnovata e una nuova alleanza (Es 34,28).

Quando gli israeliti giunsero al limite del deserto, Mosè inviò alcuni uomini in avanscoperta per esplorare la terra promessa, la terra di Canaan. Gli esploratori vi rimasero quaranta giorni (Nm 13,25). Ritornati dall’accampamento mostrarono al popolo i frutti di quella terra, i grappoli di uva.

Quaranta giorni è il tempo di prova che Israele deve subire dal gigante Golia fino a quando Davide, nel nome del Signore, lo vince liberando il popolo dalla minaccia filistea (1 Sam 17,16).

Il profeta Elia, perseguitato dalla perfida regina Gezabele, camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb (il monte Sinai), dove il Signore gli rivolse la parola. (1Re 19,1-13).

Giona nella città di Ninive profetizzava la distruzione della città: “Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta” (Gn 3,4). I cittadini di Ninive gli  credettero e fecero penitenza per evitare il castigo divino.

Quaranta sono anche gli anni del regno di Saul (At 13,21); di Davide (2Sam 5,4-5) e di Salomone (1Re 11,41).

La legge mosaica per la flagellazione prescriveva 40 colpi di flagello (Dt 25, 3).

Nel Nuovo Testamento: quaranta giorni dopo la nascita, Gesù è presentato al Tempio di Gerusalemme (Luca 2, 22) per "essere offerto" a Dio "secondo la Legge di Mosè" (Esodo 13, 2.11-16). Sempre secondo tale Legge simultaneamente avviene la purificazione di Maria: la puerpera compie l'offerta prescritta dal Levitico (12, 2-4.6-8).

Gesù, dopo  aver ricevuto il battesimo nel fiume Giordano, si ritirò per quaranta giorni e 40 notti nel deserto per pregare e digiunare, poi cominciò la sua pubblica missione itinerante. (Mt 4,1-11; Lc 4, 1-2;  Mc 1, 12-13).

Quaranta  furono i giorni in cui Gesù ammaestrò i suoi discepoli tra il tempo della sua la resurrezione e la sua ascensione.

L’’apostolo Paolo nella seconda Lettera ai Corinti dice di aver ricevuto 40 frustate dai Giudei (2Cor. 11, 26).
   
Nei primi secoli della nostra era nelle comunità cristiane l’iscrizione dei peccatori alla pubblica penitenza avveniva  40 giorni prima di Pasqua, nella “domenica in quadragesima”, che era la sesta prima dell’evento pasquale, però la penitenza pubblica si svolgeva la mattina del “Giovedì santo” con il rito di riconciliazione dei peccatori con Dio e con la Chiesa. Per avere il perdono i peccatori dovevano dire le preghiere, fare delle buone azioni, digiunare nei giorni di precetto, offrire l’elemosina. 
I peccatori dichiaravano pubblicamente i loro peccati, ma forse soltanto quelli “veniali”, perché antiche testimonianze  evidenziano che nella maggior parte dei casi i  peccati più gravi ed i reati venivano confessati soltanto al vescovo o al presbitero  La pubblica confessione dei propri peccati era soltanto un libero atto di fede. Quella prassi è simbolicamente protratta nei nostri giorni con la recita della preghiera penitenziale “confiteor” (confesso) durante la Messa:  “Confesso a Dio onnipotente e a voi fratelli che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi fratelli di pregare per me il Signore Dio nostro. Dio onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna”.