Autore Topic: Il volto e la maschera  (Letto 7801 volte)

Doxa

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #30 il: Marzo 24, 2015, 10:30:06 »
Comunicazione e linguaggio.

Nella comunicazione interpersonale spesso usiamo le parole in modo distratto sebbene esprimano significati ed hanno una storia, l’ètimo.
 
La lingua come prodotto sociale viene studiata dalla sociologia del linguaggio o sociolinguistica, che  esamina i rapporti tra una comunità e il linguaggio.
 
Il linguaggio è la facoltà cognitiva di sviluppare un sistema di comunicazione, cioè la capacità di comunicare tramite un codice linguistico, per esempio la lingua italiana.

La lingua è un sistema di comunicazione (codice) verbale che realizza la potenzialità del linguaggio, esprime la facoltà di parlare; possiamo imparare una lingua in quanto possessori  del linguaggio.

Parlare una lingua significa saper costruire, riconoscere e interpretare una potenziale infinità di frasi. È questo che rende la lingua un così efficace strumento di comunicazione.

Come ho detto in precedenti post il linguaggio può essere  verbale e non verbale. 

Lo psicologo russo Lev Semënovič Vygotskij (1896 – 1934) affermava che il linguaggio e il pensiero sono interdipendenti poiché il linguaggio serve a verbalizzare ciò che si pensa ed esercita una modalità regolatrice sul funzionamento del pensiero e del suo sviluppo.
Secondo  Vygotskij  lo sviluppo della psiche è guidato e influenzato dal contesto sociale, quindi dalla cultura del particolare luogo e momento storico in cui l'individuo (il bambino) si trova a vivere, tramite la comunicazione con gli altri.

Geneticamente i neonati sono dotati di potenzialità, come l’apprendere la lingua materna e di parlare, oppure di camminare. Ma le diverse potenzialità sono soltanto indicatori delle possibili abilità che il bambino può conseguire attraverso un complesso processo neuropsichico, fisiologico e relazionale.

L’acquisizione del linguaggio è una capacità, una facoltà, un processo naturale e relativamente rapido.

Le ricerche di alcuni linguisti fanno ipotizzare che a parlare non s’impara soltanto per “esposizione”, cioè per aver sentito parlare e dire quelle parole, ma che esistono basi universali, biologiche, innate del linguaggio.

Sono state individuate delle tappe per l’acquisizione del linguaggio, che vengono definite universali, e che si succedono in un ordine preciso e fondamentalmente uguale per tutti i bambini, anche se tale sviluppo è influenzato in parte da differenze ambientali e individuali.

Il bambino è reattivo alla voce materna dal periodo prenatale.

Queste sono alcune sequenze di suoni identificate come più frequenti in tutte le lingue e diventano “familiari” già a pochi giorni di vita: bla, bro, tru, tra, pre, bri.

A sei mesi di età comincia a balbettare.

Quando ha circa un anno produce le prime parole.

A due anni riesce a formare brevi frasi.

Verso i tre anni conosce alcune regole della grammatica del codice linguistico che gli viene insegnato. Spesso  il bambino parla da solo ad alta voce, ma usa il linguaggio per guidare il pensiero, risolvere un problema e pianificare le proprie azioni; si parla di “linguaggio egocentrico” che  è parlato perché i bambini non differenziano ancora il linguaggio rivolto verso gli altri e quello per sé.

Fra i quattro ed i cinque anni di età  possiede  le strutture fondamentali della sua lingua, la grammatica.

All’età di sette-otto anni, il “linguaggio egocentrico” diventa “linguaggio interiore”: i bambini riescono a pensare in silenzio.
« Ultima modifica: Marzo 25, 2015, 14:13:01 da dottorstranamore »

Doxa

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #31 il: Marzo 26, 2015, 06:12:00 »
Nel  libro ''Le origini della comunicazione umana'' lo psicologo evoluzionista statunitense Michael Tomasello ripercorre il processo di formazione della comunicazione, intesa nell'accezione odierna.

La specie Homo elaborò progressivamente diverse modalità comunicative, cominciando dai comportamenti di imitazione e di apprendimento consentiti dalle caratteristiche funzionali dei neuroni specchio e dal loro controllo cognitivo.  Tali forme di comunicazione sarebbero state dapprima di tipo gestuale, da cui però gradualmente, nel corso dell'evoluzione filogenetica, si sarebbero originate le articolazioni del linguaggio verbale.

Circa due milioni di anni fa, la specie di ominidi Homo habilis forse iniziò a comunicare in una rudimentale forma di proto-linguaggio gestuale;  la specie Homo erectus  probabilmente era in grado di produrre atti motori mimico-gestuali. Mentre, come dimostrerebbero i calchi della calotta cranica ottenuti dai resti fossili, la specie Homo sapiens presentava già strutture cerebrali (specie delle aree dell'emisfero sinistro e verosimilmente i sistemi di neuroni specchio) che avrebbero consentito di sviluppare assieme alle modalità di comunicazione gestuale anche le prime articolazioni vocali.

L'evoluzione umana successiva, dall'Homo sapiens-sapiens in poi, fu caratterizzata dall'uso intenzionale e cognitivo delle capacità di comunicazione gestuale e vocale. Alla base dello sviluppo filogenetico del linguaggio pare ipotizzabile un meccanismo istintivo di atti comunicativi condivisi che avrebbero permesso prima di accostare e poi di associare il significato del gesto a quello della parola.

Ed ora a noi ci sembra naturalmente normale di poter  parlare per relazionarci con gli altri e quasi mai ci soffermiamo a pensare quanto straordinaria sia questa abilità. Forse la riflessione in merito  ce la possono suscitare i neonati quando li osserviamo nel loro sviluppo del linguaggio nel trascorrere delle settimane.

A 4-5 mesi un bambino è in grado di riconoscere elementi sonori quando sono associati a diversi oggetti e di collegare esperienze uditive e visive. Inoltre tenta d’instaurare la proto-comunicazione con l’adulto, ma non comprende e non sa produrre sequenze di parole, le stringhe linguistiche. 

Tra i 6 e gli 8 mesi inizia la cosiddetta “lallazione”, che consiste nella ripetizione continua di sillabe uguali o simili. Questa produzione di suoni permette al bambino di ascoltarsi e di adattare la sequenza articolatoria per produrre i suoni.

A 9 – 12 mesi di età il bambino inizia a comprendere le  proprie e altrui intenzioni comunicative,
capisce che l’adulto parla per dire qualcosa e comincia ad elaborare le  stringhe linguistiche per dialogare. La voglia di interagire è un prerequisito imprescindibile per lo  sviluppo del linguaggio. Per questo motivo, Tomasello attribuisce un ruolo fondamentale al contesto sociale e relazionale nel quale un bambino cresce.

I bambini controllano la funzione comunicativa anche tramite l’intonazione: dopo aver sentito un’espressione usata per una certa funzione con una specifica intonazione, sono capaci di cambiare l’intonazione per mutarne la funzione.

Nel primo anno di vita il bambino comunica sia pronunciando le prime parole sia utilizzando i gesti. Il motivo per cui il bambino in questa fase utilizza i gesti può essere legato al fatto che i complessi meccanismi fonologici ed articolatori necessari per la produzione di parole, non sono ancora sviluppati, quindi il bambino potrebbe trovare la modalità gestuale più accessibile per i suoi tentativi di comunicazione.

A due anni di età  il bambino comincia a mettere insieme alcune parole e forma le prime frasi. Questa capacità può comparire quando il bambino conosce tra le trenta e le cinquanta parole. Le prime frasi  trasmettono un significato più ampio di quello espresso soltanto con le parole. In genere, il bambino tende a esprimere gli elementi maggiormente informativi tra quanto gli interessa trasmettere e gli elementi mancanti vengono comunicati con l’aiuto del contesto.

Intorno ai 3 - 4 anni il bambino possiede le strutture semantiche per costruire le frasi di una lingua ed il repertorio d’intenzioni comunicative per esprimere le frasi. 

presenza

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #32 il: Marzo 26, 2015, 12:46:12 »
Un bel saggio, il tuo, come ogni argomento che tratti...

Doxa

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #33 il: Marzo 27, 2015, 04:57:46 »
Grazie Presenza, gentile e paziente lettrice dei miei post. Anche io sono un occulto lettore dei tuoi post creativi. Il pensiero creativo è astrazione mentale che fa osservare la realtà in modo diverso, ma può anche essere logos, pensiero razionale collegato alle dinamiche affettive, al linguaggio…

Il linguaggio non lascia tracce fossili, perciò non è possibile sapere con precisione l’origine e l’evoluzione nel tempo del linguaggio umano.   

L’unico “fossile linguistico”  da cui è possibile dedurre che l’uomo ha avuto una lingua, e di che tipo in un’epoca storica, è la scrittura, che è un sistema di rappresentazione grafica del linguaggio.
 
Conosciamo circa seimila anni di storia linguistica e sappiamo che le  testimonianze scritte più antiche risalgono al IV millennio a.C., con il cuneiforme e il geroglifico egiziano. Nella scrittura cuneiforme sono frequenti gli ideogrammi, che rappresentano un concetto e non un valore fonologico.

Già nel paleolitico esistevano diverse forme di scrittura per immagini e senza parole.

Ci sono due teorie sull’origine del linguaggio umano in riferimento al medium espressivo usato negli scambi comunicativi: la prima,  ipotizza  un’origine prevalentemente vocale del linguaggio (medium sonoro)  la seconda, teorizza  un’origine prevalentemente gestuale (medium visivo).

I neuroni specchio hanno indotto alcuni neuropsicologi e diversi linguisti ad ipotizzare l’origine gestuale del linguaggio.
Cosa sono i "neuroni specchio" ? Sono cellule nervose che si attivano quando compiamo una determinata azione, ma anche quando quell'azione la compie un altro. Possiamo "capire" quello che fanno gli altri sfruttando le risorse neurali che usiamo quando facciamo noi la stessa cosa. Osservazione e azione sarebbero quindi collegate.

Comunque il linguaggio umano rappresenta l’esito finale di un lungo processo evolutivo che trae origine dai processi cognitivi,  dall’interazione fra gli individui, e questi con l’ambiente esterno. 

Il linguista Derek Bickerton ipotizzò l'evoluzione del linguaggio umano  dal protolinguaggio dell'Homo erectus  (protolinguaggio composto da un lessico ridotto e nessuna organizzazione grammaticale), al linguaggio complesso dell'Homo sapiens sapiens. Le fasi evolutive, secondo Bickerton, si svolsero in tre fasi:

fase 1: creazione di prelinguaggi, avviati dall’Homo habilis;

fase 2: creazione di protolinguaggi da parte dell’Homo erectus;

fase 3: creazione di linguaggi complessi, elaborati dall’Homo sapiens sapiens.

Con l'Homo habilis iniziò l'aumento del volume craniale e accelerò con l'Homo erectus. In circa 700 mila anni la capacità cerebrale passò dagli 800 cm cubici dell'homo erectus ai circa 1500 dell'homo sapiens sapiens.

Il bipedismo e la posizione eretta modificarono la posizione del cranio rispetto alla colonna vertebrale. Duecentomila  anni fa il mutamento genetico coinvolse la laringe, che   ebbe un abbassamento, il canale fonatorio diventò più largo, la lingua arretrò, diventando più mobile e flessibile, favorendo così la modulazione dei suoni linguistici.   

La laringe è il principale organo della fonazione. Negli umani essa è situata più in basso nella gola rispetto alla posizione che essa ha nelle altre grandi scimmie, perciò determina un allungamento della cavità orale, consente una maggiore modulazione dei suoni, in particolare dei suoni vocalici, e di conseguenza la produzione di un maggior numero di suoni differenti.

L’ominide Australopithecus era bipede ed aveva la laringe  in una posizione più elevata nel canale respiratorio, permettendo maggiore spazio per la deglutizione del cibo ma impedendo l’articolazione dei suoni e, conseguentemente, il linguaggio. L’emissione di suoni che un australopiteco poteva produrre era forse simile ad un latrato.
« Ultima modifica: Aprile 14, 2015, 11:11:21 da dottorstranamore »

Doxa

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #34 il: Aprile 01, 2015, 10:30:27 »
Nel precedente post ho accennato alla fonazione, processo fisiologico che permette  di produrre la voce tramite l’apparato respiratorio e fonatorio. L’ampio argomento mi costringe a suddividerlo in due post. In questo mi soffermo sull’apparato respiratorio, costituito da differenti parti anatomiche: naso, faringe, laringe, trachea, bronchi e bronchioli, polmoni.

Il sistema respiratorio viene di solito suddiviso in “vie aeree superiori” e vie aeree inferiori”.

Le vie aeree superiori sono parzialmente in comune con l’apparato digerente e comprendono il naso (eventualmente la bocca, per esempio quando si è raffreddati e si inspira attraverso la  cavità orale),  la faringe e la laringe.

Le vie aeree inferiori sono  formate da trachea, bronchi, bronchioli e polmoni..

La respirazione  o atto respiratorio si divide in due fasi: inspirazione ed espirazione, che assicura al corpo  il regolare e continuo rinnovo dell’aria in modo automatico, perché l’inspirazione stimola l’espirazione tramite il  “riflesso polmonare”.  In condizioni normali un essere umano compie circa 15 atti respiratori al minuto.

L’atto respiratorio utilizza l’elasticità della cassa o gabbia toracica, che agisce come un mantice, ma usa  anche i muscoli intercostali e il diaframma, che è un muscolo, separa la cavità toracica da quella addominale e regola la funzione respiratoria, sia in fase inspiratoria sia in quella espiratoria.
Durante l'inspirazione la cassa toracica si espande, aumenta di volume. L'aria, ricca di ossigeno, entra nel corpo dal naso e, in misura minore, dalla bocca.
 
Nelle cavità nasali l'aria viene pre-riscaldata (se la temperatura esterna è fredda),  umidificata e filtrata dalle ciglia dell’epitelio. Poi passa nella faringe e nella laringe.

La faringe è situata tra la bocca e l’esofago. Nella parte superiore è collegata con le fosse nasali e con la bocca, nella parte inferiore con la laringe.
La faringe permette sia  il passaggio del cibo  che dalla bocca scende nell’esofago  sia l’aria inspirata.
La faringe ha un volume interno variabile: la sua parete anteriore coincide per un tratto con la radice della lingua. Quando questa è spinta in avanti la faringe si dilata,  quando la radice della lingua è spinta all’indietro il volume interno della faringe si riduce.

Nella laringe ci sono le corde vocali e, nella parte superiore, c’è l’epiglottide, che è una cartilagine elastica coperta di mucosa situata alla radice della lingua. La sua funzione è quella di impedire che il cibo masticato e la saliva vadano nelle vie aeree: durante la deglutizione si abbassa sull’apertura della laringe e la chiude temporaneamente, impedendo l’accesso al bolo alimentare.

Dalla laringe l’aria inspirata continua il suo viaggio e scende nella trachea, tubo semirigido lungo circa 12cm,  formato da anelli cartilaginei sovrapposti e tenuti insieme dal tessuto connettivo.
Nella parte inferiore la trachea  si biforca nei due bronchi, che permettono il passaggio dell’aria fino ai bronchioli e agli alveoli polmonari.

I bronchioli sono piccole diramazioni terminali dei bronchi all’interno dei polmoni, hanno un diametro inferiore a un millimetro.
I bronchioli si diramano ulteriormente. Alle loro estremità ci sono gli alveoli polmonari, parte terminale delle vie respiratorie, attraverso le cui pareti avvengono gli scambi gassosi con il sangue.

Ogni polmone è formato da circa 300 milioni di alveoli che cedono ossigeno al sangue, che lo porta ad ogni cellula del corpo. L'ossigeno viene utilizzato dalle cellule che rilasciano anidride carbonica, inutile per il corpo umano. Quindi è necessario espellerla. In questo caso è il sangue che porta l’anidride carbonica ai polmoni. Qui, l'aria viene pompata fino al naso e alla bocca, dove viene espirata.

Doxa

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #35 il: Aprile 01, 2015, 10:32:40 »
Questo post  non è un saggio di fonetica articolatoria  né di anatomia. In questa pagina indico il modo in cui vengono prodotti i suoni linguistici (foni) e quali sono gli organi preposti alla fonazione, che nel complesso formano il cosiddetto "apparato fonatorio", definizione impropria perché comprende  anche organi con la funzione di deglutizione e respirazione.

La fonazione è un complesso fenomeno che porta alla produzione della voce.

Gli organi dell’apparato di fonazione sono: polmoni/bronchi, trachea, laringe (pliche o corde vocali). I risonatori superiori: cavità orale, cavità nasale, le labbra.   

La produzione dei suoni di un codice linguistico implica una corrente d’aria espiratoria, che inizia il tragitto ascendente  dai polmoni, dove arriva l'aria inspirata.
Durante l’espirazione i muscoli addominali si contraggono e il diaframma si alza. Ciò determina l’abbassamento della gabbia toracica e la contrazione dei polmoni che sono elastici  ed espellono l’aria.  Questa percorre a ritroso le vie respiratorie per essere restituita all'ambiente esterno dal naso o eventualmente dalla bocca. L’aria che viene espulsa  oltre alla respirazione serve anche alla produzione di suoni linguistici tramite alcuni organi.

I polmoni funzionano come mantici con la collaborazione di muscoli addominali e del diaframma. Dai polmoni l’aria defluisce nei bronchi, poi sale nella trachea e va nella laringe, dove subisce un aumento di pressione per la contrazione combinata dei muscoli toracici e addominali.  che contiene  le corde  o pliche vocali,  essenziali alla produzione di suoni. Le pliche sono due membrane che con il passaggio dell’aria vibrano e trasformano il flusso d’aria con la contrazione di alcuni muscoli laringei: il muscolo tensore tende le due corde vocali facendole vibrare a frequenza diversa, mentre il muscolo adduttore provoca l’accollamento delle corde vocali e la chiusura della glottide. L'intensità sonora dipende dalla pressione con le quali  le pliche vengono avvicinate tra loro.

Il suono laringeo è come un ronzio, si trasforma in voce con l’amplificazione  dei suoni linguistici da parte delle strutture e le cavità al di sopra della laringe. Le strutture anatomiche utilizzate possono essere fisse o mobili. Per esempio, nella cavità orale, la bocca,  ci sono sia strutture mobili sia strutture fisse. Sono strutture mobili le labbra, la mandibola, la lingua. Sono invece strutture fisse i denti, gli alveoli dentari, il palato duro e il palato molle.

Anche la  modulazione della voce è dovuta all'azione coordinata dei sistemi di risonanza e di articolazione.

Per risonanza si intende la proprietà di un corpo elastico di vibrare con spontaneità quando viene eccitato da oscillazioni.
L’articolazione invece è il processo di modificazione del suono laringeo tramite la faringe, la cavità orale e le cavità nasali.

Le cavità nasali forniscono un significativo contributo alla modulazione dell’onda sonora. Se durante la produzione di un suono
entrano in risonanza anche le cavità del naso i foni che derivano sono detti nasali, per esempio le consonanti nasali, come n e m, e vocali nasali, come quelle del francese pan.

Il palato, parete superiore del cavo orale, è costituito nei 2/3 anteriori dal palato duro e nel terzo posteriore dal palato molle o velo palatino, che  ha una funzione importante nella produzione dei fonemi e delle parole.

L’ugola o velopendulo è un prolungamento del palato molle ed è al centro della parte posteriore della bocca. La funzione dell’ugola è quella di modulare alcuni suoni.

Gli alveoli dentari sono nella parte interna delle gengive. Nelle consonanti alveolari la punta della lingua si contrappone alla zona alveolare; nelle consonanti post-alveolari la corona della lingua si contrappone alla zona post-alveolare o prepalatale.

Anche i  denti sono coinvolti nell’articolazione linguistica, in particolare quelli incisivi superiori e inferiori. Le consonanti dentali vengono prodotte contrapponendo la punta della lingua ai denti incisivi superiori.

La lingua è fissata ai muscoli del collo, ha un dorso nella parte centrale e l’apice, che è la punta della lingua. Nei suoni vocalici il loro timbro è dato dalla posizione della lingua e delle labbra. Il timbro è il suo o caratteristico di ogni singola vocale.

I suoni linguistici che formano le parole di un codice linguistico sono  i fonemi che, nella lingua italiana sono circa cinquanta e non corrispondono alle sole lettere dell'alfabeto scritto:  per esempio, al segno alfabetico scritto “c” corrispondono due distinti fonemi a seconda della vocale che segue: cane, cena.

Più fonemi formano le parole e queste le frasi, con le quali comunichiamo.

Doxa

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #36 il: Aprile 05, 2015, 10:51:39 »
La voce ha delle caratteristiche che identifica ogni persona come un’impronta digitale.

I  caratteri distintivi della voce umana e dei suoni sono: altezza, intensità, timbro, durata.
 
Altezza (tono): dipende dalla frequenza delle vibrazioni delle pliche vocali. Un numero elevato produce il suono alto o acuto. A minori vibrazioni corrisponde un suono più grave.
Il tono della voce  può essere acuto o grave. Tanto più tesa e sottile è la corda vocale, tanto più acuto è il suono.
A causa della diversa configurazione della laringe, le donne hanno un tono di voce più acuto, gli uomini più grave. 
La modulazione della voce è condizionata dalle emozioni e dalle  finalità comunicative.

Intensità: dipende dall’ampiezza del movimento vibratorio delle corde vocali, dalla pressione glottidea, dalla gabbia toracica. L’intensità corrisponde al volume della voce, che si può modulare dal bisbiglio al grido. 

Timbro della voce: caratterizza e distingue ogni individuo. Dipende dalle caratteristiche soggettive, morfologiche e funzionali dell’apparato  di risonanza che funge da cassa armonica: lunghezza, elasticità e spessore delle corde vocali, delle cavità sopralaringali (elasticità dei tessuti, forma e dimensione della cavità oro-faringale), della tonicità muscolare dei diversi organi articolatori (chiusura / apertura del diaframma rinovelare, motilità del velo palatino, della lingua, ecc. 

Durata: si riferisce al tempo necessario per l’articolazione delle parole, la velocità di eloquio e le pause per evidenziare parti le discorso.
Le pause sono determinanti nell’interazione, anche per sincronizzare i turni di parola tra gli interlocutori.   
I segnali sincronici si usano durante la conversazione per indicare durante il parlato l’ultimazione di una frase (tono di voce discendente), il voler cedere la parola o continuare a mantenerla da parte del locutore.


Consonanti e vocali.

Nella produzione del parlato si distinguono due azioni parallele: quella della fonazione e quella dell’articolazione.
Per fonazione s’intende la produzione della voce, modulabile sia nel tono (tramite la maggiore o minore tensione delle pliche vocali) sia nell’intensità (con la maggiore o minore quantità d’aria espirata).
 
Durante il passaggio dell’aria attraverso le cavità al di sopra della laringe avviene l’articolazione, che consiste nel creare un impedimento al flusso d’aria in uscita in modo da modificarne le proprietà. L’impedimento può essere di due tipi: il primo viene utilizzato per la produzione delle vocali, il secondo per la produzione delle consonanti.

Le vocali sono caratterizzate dalla vibrazione delle corde vocali e dall’assenza di ostacoli nelle cavità superiori. La differenza acustica dei suoni vocalici è determinata dagli organi mobili come la lingua, le labbra, il velo del palato, la mandibola.

Nel nostro alfabeto le vocali sono 5: a, e, i, o, u, ma le vocali fonetiche sono 7:  i, è, é, a, ò, ó, u.

Nella lingua italiana le vocali hanno un ruolo fonetico importante per la produzione del parlato. Unendosi alle consonanti ne definiscono l’aspetto sonoro e consentono la fonazione delle sillabe e delle parole.

La parola «consonante» proviene dal latino “consonans”  e significa "suona con". Infatti il rumore consonantico  può essere pronunciato solo in appoggio e con l'aiuto di una vocale.

Per le consonanti gli organi articolatori possono essere labbra, denti, lingua, punti diversi del palato, faringe o glottide. Alcune consonanti quali la t o la f, dette sorde, vengono prodotte in assenza di vibrazione delle corde vocali; mentre altre, dette sonore, come la d o la b,  necessitano della vibrazione delle corde vocali.

Ci sono ulteriori classificazioni che però esulano dalla mia argomentazione.
« Ultima modifica: Aprile 15, 2015, 08:41:46 da dottorstranamore »

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #37 il: Aprile 06, 2015, 10:14:54 »
La muta della voce nel periodo della pubertà, caratterizzata da cambiamenti psicofisici.

“Muta vocale” è il termine con cui, in biologia, si indica il cambio di voce. Quella maschile scende di circa un'ottava tra l'undicesimo ed il sedicesimo anno di età, quella femminile di circa due toni tra il decimo ed il quindicesimo anno. 

Il cambiamento è causato dall’aumento di dimensione della laringe. Nelle femmine raddoppia, nei maschi quadruplica.  Anche le corde vocali si allungano e si ispessiscono.
Questi fenomeni avvengono in concomitanza con la comparsa e la maturazione dei caratteri sessuali secondari, come le modificazioni del seno e il menarca nelle bambine; lo sviluppo dell’apparato genitale, la peluria sul viso e sul corpo nei bambini. Ma questi sono soltanto alcuni dei cambiamenti fisici, realizzati anche da alcuni ormoni. Determinante è il testosterone.
 
Nella pubertà avvengono anche dei cambiamenti psicologici e segnano il passaggio dall’infanzia all’adolescenza.
 
Nel 1905 Sigmund Freud pubblicò “Tre saggi sulla sessualità”, e dedicò il terzo saggio anche alle trasformazioni della pubertà: “Col sopraggiungere della pubertà avvengono trasformazioni destinate a dare alla vita sessuale infantile la forma normale definitiva. Fin qui l’istinto sessuale è stato prevalentemente autoerotico; ora trova un oggetto sessuale. La sua attività è dipesa finora da un certo numero di istinti e di zone erogene separati, che, indipendentemente gli uni dalle altre, hanno perseguito un certo tipo di piacere come loro unico scopo sessuale, e tutti gli istinti componenti si alleano per raggiungerla, mentre le zone erogene vengono assoggettate al primato della zona genitale.   Poiché la nuova meta sessuale assegna ai due sessi funzioni assai differenti, il loro sviluppo sessuale diverge ora vistosamente…”.

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #38 il: Aprile 14, 2015, 11:37:15 »
L’ascoltatore anche senza vedere chi parla può di norma capire se  il parlante è maschio o femmina, se infante o anziano, può ipotizzarne la provenienza regionale nell’ambito della stessa nazione, ecc.. Come già detto in un precedente post può anche distinguere le caratteristiche qualitative della voce: intensità (volume), altezza (tono), timbro, durata. Ciascuna varia anche quantitativamente.


Nel dialogare è importante fare attenzione a quel che si dice, perché può capitare che  “Voce dal sen fuggita / poi richiamar non vale” dice il Metastasio (Pietro Trapassi) in un suo aforisma.

Invece Eduardo De Filippo nella sua poesia"O Munno d' 'e pparole" evidenzia l'importanza delle parole per un attore. 
Si t' 'o ddico nun me cride
manco si pittass' 'o sole
pecché 'o munno d' 'e pparole
mpara ll'arte d' 'o pparla'.

E tu saje ca st'arte è l'arte
ca se sceglie 'o traditore
pecché l'ommo senza core
fa furtuna c' 'o pparla'.

Io, gnorsi', pire so' chillo
c'ha liggiuto e s'e' applicato;
c' 'o mestiere s'ha 'mparato,
e se serve d' 'o pparla'...

Se capisce ca parlanno,
nciucio, mbroglio... e faccio 'ammore.
Ma però tengo nu core
e cu te, che vuò parla'!

« Ultima modifica: Aprile 15, 2015, 08:46:20 da dottorstranamore »

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #39 il: Aprile 15, 2015, 10:32:04 »
Riprendo l’argomentazione sull’origine del linguaggio umano.

Uno dei principali sostenitori dell’ipotesi dell’origine gestuale del linguaggio umano è lo psicologo e neuroscienziato neozelandese Michael Charles Corballis, secondo il quale il linguaggio articolato umano avrebbe il proprio antecedente biologico nei linguaggi segnaletici.

La sua teoria sull’origine filogenetica del linguaggio umano l’ha descritta nel libro “Dalla mano alla bocca. Le origini del linguaggio”. In questo testo il professor Corballis spazia dall’antropologia alla neurologia, dalla linguistica alla psicologia evolutiva. Egli sostiene che il linguaggio umano  si è sviluppato progredendo dalle gesticolazioni dei primati fino a un vero e proprio linguaggio dei gesti dotato di una grammatica e di una sintassi. Invece il linguaggio vocale compiuto apparve molto più tardi.

Corballis (facendo riferimento agli studi di Philip Lieberman sull’evoluzione del linguaggio, e in particolare il rapporto tra l’evoluzione del tratto vocale, il cervello umano, l’evoluzione del discorso, la cognizione ed il linguaggio negli ominidi estinti) sostiene che il linguaggio vocale si sia definitivamente affermato come modalità autonoma nell’Homo sapiens circa 50.000 anni fa, relativamente tardi nell’evoluzione, molto dopo la nascita di Homo sapiens risalente a 200.000 anni fa.

Questi studi, commenta Corballis, “danno un immediato e potente supporto alla tesi per la quale il linguaggio umano si è evoluto come sistema di gesti manuali”. Se infatti confrontiamo le vocalizzazioni delle grandi scimmie con la loro gestualità ed il relativo coordinamento occhio-mano non sembra esserci paragone: se le prime sono limitate ad espressioni emotive irriflesse e legate a situazioni specifiche, per mani e braccia sembrano invece passare la maggior parte delle azioni controllate volontariamente degli animali. È dunque il medium visivo-gestuale e non quello fonico-acustico a possedere, in una fase evolutiva remota, quei prerequisiti necessari  a sostenere le caratteristiche proprie di un primo proto linguaggio dipendente da capacità cognitive generiche, come formare rappresentazioni mentali e combinarle, in relazione ad un contesto, in formazioni dotate di significato.

Nella transizione dalle grandi scimmie alla famiglia degli ominidi un elemento evolutivo di grande rilevanza per la teoria gestuale è il  bipedismo che, esautorando le mani da compiti legati al movimento, le lascerebbe libere di dedicarsi alla comunicazione. Con la comparsa del genere Homo circa 2 milioni di anni fa, altre acquisizioni anatomiche e comportamentali come le prime manifatture litiche, l’allungamento del periodo dell’infanzia, l’accrescimento del volume celebrale e di forme di coalizione sempre più complesse, potrebbero aver consentito al primo protolinguaggio gestuale di assumere veri e propri tratti grammaticali. Gli indizi circa questa prima grammatica gestuale vengono cercati da Corballis nelle attuali lingue segnate usate dai sordi. Queste mostrano tutte le caratteristiche proprie del linguaggio verbale: sono apprese spontaneamente dal bambino durante lo stesso periodo critico in cui si apprendono le lingue verbali,  i loro segni sono doppiamente articolati e possiedono un lessico ed una sintassi Corballis nota come se la sintassi delle lingue parlate è lineare (avviene cioè nella sola dimensione del tempo, nella quale le parole si susseguono), le lingue segnate organizzano grammaticalmente anche lo spazio, facendo uso di tutte le dimensioni  fisiche della nostra esperienza, anche tramite il ricorso all’espressività ed alla postura. 

Doxa

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #40 il: Aprile 18, 2015, 00:21:45 »
Secondo il professor Corballis, che ho già citato nel precedente post, gli adattamenti anatomico-celebrali  necessari allo sviluppo di una lingua parlata, autonoma dalla gestualità, sarebbero cominciati  circa 200 mila anni fa con la comparsa dell’Homo Sapiens Sapiens. Ma il passaggio dal linguaggio gestuale al linguaggio verbale avvenne circa 50 mila anni fa con l’abbassamento della laringe che permise, tramite le corde vocali e l’apparato fonatorio, di articolare dapprima suoni linguistici gutturali e poi parole dotate di significati.
 
Se la conclusione di Corballis è  corretta, e se veramente la gestualità precedette e favorì il linguaggio verbale, si aprirebbero molteplici prospettive circa la comprensione di molti fenomeni tipici dell’agire comunicativo quotidiano. Perché siamo soliti gesticolare mentre parliamo al telefono ? Perché spesso, quando non riusciamo a “trovare la parola giusta”, può esserci d’aiuto il muovere le mani ? Perché, non appena la parola è più o meno impedita, come accade ad esempio in un paese straniero, accentuiamo istintivamente i gesti ? Questi sembrano essere un fiume comunicativo sotterraneo che enfatizza l’eloquio. Dice Corballis: “sotto la superficie della parola si cela  il gesto, come se fosse pronto a correre in soccorso non appena la parola stessa fallisce”.

Per lo psicologo statunitense Michael  Tomasello la comunicazione linguistica umana si differenzia da quella animale per  due caratteristiche: è simbolica ed è grammaticale. 

E’ simbolica: ciascuno di noi è quotidianamente coinvolto nella comunicazione interpersonale, con annesso scambio di significati con persone che possiedono la capacità di produrre e capire messaggi e quindi di interagire.  La competenza comunicativa è composta dall’insieme delle reciproche conoscenze e regole che rendono possibile lo scambio comunicativo comprensivo anche di abilità di tipo extralinguistico e sociale.

E’ grammaticale: nella comunicazione  è determinante che la lingua usata di chi parla o scrive, o comunque trasmette, sia conosciuta da chi ascolta o legge. Si deve perciò usare un codice linguistico comune o condiviso ed avere la competenza comunicativa,  collegata non solo all'abilità di applicare le regole grammaticali di una lingua per formare enunciati corretti, ma anche di sapere quando usare correttamente questi enunciati.

La competenza comunicativa è formata:

dalla competenza grammaticale: data dalla conoscenza del codice linguistico. Include le regole morfosintattiche, il lessico, la pronuncia delle parole, la  capacità di associare parole e significati attenendosi alle regole grammaticali;

dalla competenza sociolinguistica: la conoscenza delle regole sociali e delle norme d’interazione fra gli individui  permette la variazione degli usi linguistici in rapporto al contesto e ai parlanti;

dalla competenza discorsiva: capacità di capire e costruire diversi tipi di discorso in funzione del contesto comunicativo;

dalla competenza strategica: nell'interazione orale sono le strategie comunicative  per far fronte ai problemi di comprensione e produzione derivanti da una limitata competenza linguistica e socioculturale, per esempio fra parlanti due diverse lingue.

Doxa

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #41 il: Aprile 21, 2015, 07:11:34 »

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #42 il: Novembre 12, 2015, 11:42:30 »
Comunicazione come prossimità.

La Rete virtuale permette  la  partecipazione, la comunicazione, la condivisione,  l’interazione, il dialogo. 
Dialogare significa dare ascolto alle opinioni e alle proposte degli altri. Dialogare non significa rinunciare alle proprie idee ma alla pretesa che siano uniche ed assolute.
Abbiamo bisogno di essere pazienti se vogliamo capire chi la pensa in modo diverso. La persona esprime se stessa non quando è tollerata ma quando sa di essere davvero ascoltata, accolta. La solidarietà,  può aiutare a farci sentire più prossimi gli uni agli altri,  ad essere come il “buon samaritano” della parabola  di Gesù descritta nel vangelo di Luca (10, 25 – 37):

 “Un dottore della legge si alzò per mettere Gesù alla prova: ‘Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?’. Gesù gli disse: ‘Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?’. Costui rispose: ‘Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso’. E Gesù: ‘Hai risposto bene; fa questo e vivrai’.
Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: ‘E chi è il mio prossimo?’. Gesù riprese:
‘Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico ed incontrò dei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?’. Quegli rispose: ‘Chi ha avuto compassione di lui’. Gesù gli disse: ‘Va e anche tu fai lo stesso’.


Il filosofo e teologo Tommaso d’Aquino (1225 – 1274) utilizzò un passo del vescovo di Milano, Ambrogio (340 circa – 397), per rispondere al quesito posto dalla parabola del Buon Samaritano: “… Non è la parentela che rende prossimo un individuo, ma la misericordia…”

I quattro personaggi principali della parabola: vittima, sacerdote, levita e samaritano.

I sacerdoti erano religiosi che officiavano nel tempio a Gerusalemme. Secondo la Bibbia 'sacerdote' è l'uomo autorizzato da Dio ad offrirgli sacrifici. Nel popolo d'Israele erano sacerdoti solo i discendenti di Aronne, fratello di Mosè".

I Leviti erano i membri della tribù israelitica di Levi, il terzo figlio del patriarca biblico Giacobbe e di Lia. Levi è considerato il capostipite della tribù israelitica dei Leviti. I sacerdoti, dediti al culto  di JHWH, potevano appartenere solo a questa tribù. Ad essi era affidato il compito di sorvegliare il tabernacolo e il Tempio di Gerusalemme. La linea sacerdotale di Aronne  (parte dei Leviti e i cui membri erano detti cohanim) si occupava dei sacrifici rituali mentre gli altri Leviti avevano il compito di cantare, di suonare e di assistere.

Samaritano: abitante della  città  denominata Samaria. Con lo stesso toponimo è indicata la regione montuosa situata tra la Galilea (a nord) e la Giudea (a sud).
« Ultima modifica: Novembre 18, 2015, 17:06:36 da dottorstranamore »

presenza

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #43 il: Novembre 15, 2015, 08:22:41 »
Cara Annabel ognuno è libero di scrivere e descrivere le proprie idee purché ciò venga fatto nel rispetto verso gli altri e con toni adeguati. Le critiche sono costruttive quando propongono e non solo demoliscono. Se ci sono argomenti che non si condividono basta semplicemente non rispondere. Sarà gradito dunque da parte tua il silenzio.
Grazie

Annabel

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #44 il: Novembre 19, 2015, 18:37:10 »
Hai ragione Presenza,  il tuo modo di fare rende molto più gradevole questo forum. Però il mio non era un RIFIUTO di ciò che è scritto qui, ma un energico invito a passare ad argomenti più attuali e importanti.