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Caso Moro

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Birik:
 
Non vorrei fare un discorso dietrologico o complottista, ma i documenti parlano, nello specifico documenti inglesi e americani oggi desecretati. E i documenti mostrano che non erano solo le Brigate rosse a vedere in Aldo Moro un nemico.  Negli anni Sessanta e Settanta Londra, Washington, Parigi e Berlino temono innanzitutto che in Italia il Partito comunista italiano, il più forte d’Europa possa andare al potere, sia pur legittimamente attraverso il voto, sconfiggendo una Dc minata da scandali e clientele. E neppure gradiscono le aperture del nostro Paese verso il mondo arabo, Libia e Palestina incluse, e Moro era il volto che meglio incarnava questi pericoli.
Questo non significa che le potenze straniere siano state partecipi del sequestro e dell’assassinio del presidente della Democrazia cristiana. I brigatisti sono rimasti ancora oggi “convinti di essere stati il motore esclusivo di avvenimenti che sono invece più grandi di loro”, pur non ammettere il loro ruolo da “utili idioti”. Lasciati fare, in quei 55 giorni, in nome di altri interessi. E se l’ultima commissione parlamentare d’inchiesta ha concluso che quella accumulata finora dai processi è solo “la verità dicibile”, i documenti desecretati illuminano quella indicibile: “Ciò che non si poteva dire”, scrive ancora l’autore, “era che l’assassinio di Moro fu un vero e proprio atto di guerra contro l’Italia anche da parte di Stati amici e alleati, un attacco alla sovranità di una nazione e alle sue libertà politiche portato da interessi stranieri con la complicità di quinte colonne interne”.

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