Autore Topic: "Mors tua, vita mea"  (Letto 1036 volte)

Doxa

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"Mors tua, vita mea"
« il: Dicembre 31, 2020, 22:34:46 »
La locuzione latina “Mors tua vita mea” è un detto medievale e significa “morte tua, vita mia”, ed anche: “la tua morte (è) la mia vita”.

Questa drammatica espressione connotata dall’opportunismo si usa quando in una competizione c’è un solo vincitore e gli sconfitti tacciono. Nel caso dell’attuale pandemia  “Covid 19” chi tace sono i morti, le loro vite precipitano nel silenzio, nell’oblio, diventano una massa indistinta e anonima da cui si ha fretta di distogliere sguardi e riflessione.

Dietro la crescita impressionante dei decessi spariscono volti e nomi, così come il dove e il come di quelle perdite. La maggior parte dei morti sono persone anziane,  la loro morte si dà per scontata, come se si trattasse di accettare, più o meno consapevolmente, una sorta di sotterranea eugenetica che il Covid ha solo accentuato.
 
Nella pandemia si ha un effetto cumulativo: prima colpisce poche persone, poi i casi si moltiplicano, la mortalità aumenta. Chi vive diventa testimone del notevole incremento ed espansione del morbo, della caducità umana.

Nella gente oltre al timore del contatto reciproco, della vicinanza, subentra la paura della malattia,  l’indifferenza, la rimozione, l’assuefazione.  Viene meno  la compassione.

L’individuo esorcizza i propri limiti individuali nella massa delle persone dallo stesso funesto destino collettivo,  il cui referente visibile  sono i deceduti.

Il sopravvivere agli altri alimenta la falsa opinione di  onnipotenza:  “loro sono morti e noi no” .

Nelle epidemie del passato la massa delle persone implodeva e la vita quotidiana diventava  precaria. I vincoli associativi  si disgregavano, aumentava l’isolamento individuale, perché   il miglior modo per sopravvivere era il non avvicinarsi ad altre persone. Chi poteva fuggiva dalle città, come nel racconto di Giovanni Boccaccio “Decamerone”; altri si chiudevano in casa e non lasciavano entrare estranei. Tenere gli altri a distanza era  l’ultima speranza.

L’infuriare del morbo faceva sentire i sopravvissuti dalla peste dei favoriti dal destino, avevano la sensazione di invulnerabilità come Renzo Tramaglino, personaggio de "I promessi sposi" manzoniani. Durante l'epidemia di peste a Milano, Renzo fu beneficato dall’invulnerabilità, che i virologi denominano “recovered”, il contagiato guarito e non più infetto


Numerosi testi letterari di comprendere psicologie e reazioni individuali e di massa.
 
Nel racconto titolato “La morte di Ivan Il'ič”, scritto da Lev Tolstoj, l’autore ci fa sapere che  il morente Ivan  odia i viventi che lo circondano al “capezzale”.   

Molte persone si rifugiano nella speranza e nel conforto  che ricevono dalla fede religiosa.  I cattolici integralisti rileggono l’Apocalisse giovannea, che richiama alla penitenza e alla conversione.
 
Al di là della scienza e delle rassicurazioni quello che spaventa non è l’ignoto come poteva capitare nei secoli passati, sebbene si tratti di una minaccia virale, quello che ci turba è anche l’ampiezza  dei possibili vettori della malattia: stringere mani, la vicinanza, i colpi di tosse, gli starnuti di chi ci sta accanto, ecc.. Circostanze come queste che stiamo vivendo  rappresentano un laboratorio sociale in cui si possono osservare le  reazioni degli umani e dell’opinione pubblica,  la capacità decisionale dei nostri politici e quella dell’organizzazione delle strutture sanitarie.

piccolofi

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Re:"Mors tua, vita mea"
« Risposta #1 il: Novembre 01, 2021, 19:48:10 »
 Un'osservazione banalissima, ma mi viene :
 il detto si potrà anche capovolgere?  Ossia.. " Vita tua, mors mea "?  :mah:

Regina D'Autunno

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Re:"Mors tua, vita mea"
« Risposta #2 il: Novembre 01, 2021, 20:43:03 »
A volte questa citazione viene usata o quando un matrimonio è alla fine, oppure quando qualcosa non va per una persona invece per un'altra si...

piccolofi

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Re:"Mors tua, vita mea"
« Risposta #3 il: Novembre 06, 2022, 22:07:33 »
  Brava.  Non necessariamente un matrimonio, però : anche quando si spezza una relazione che era stata bella ma, per uno dei due, finisce.
  E allora l'altro potrà dire o pensare : " Vita tua, mors mea ". Ossia, quello che a te fa vivere, a me fa morire ( non morire fisicamente, s'intende, ma interiormente).