Autore Topic: Come Romeo e Giulietta...  (Letto 1256 volte)

Regina D'Autunno

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Come Romeo e Giulietta...
« il: Agosto 11, 2022, 20:31:30 »
Giulietta e Romeo avevano subìto una maledizione, non potevano entrare in Paradiso perchè nessuno degli attori del Teatro di Verona si amavano veramente...
Un giorno avvenne che arrivò una compagnia teatrale dove vi erano Karl e Johanne due bellissimi giovani che si amavano ma erano troppo timidi per dichiararsi l'un l'altro, allora Romeo e Giulietta decisero di aiutarli...
Per prima cosa quando ci fu il famoso monologo di Giulietta lei entrò nel corpo di Johanne e lo interpretò così bene che tutti si commossero soprattutto Karl, e mentre Johanne scendeva dal balconcino scendendo rischiò di farsi molto male per le scale se Romeo entrando nel corpo di Karl non l'avesse aiutata. Allora Karl le dichiarò il suo amore per lei e anche Johanne disse che anche lei lo amava, e quando ci fu lo spettacolo al Teatro di Verona con la loro eccezionale interpretazione dei due amanti veronesi, videro su una scala d'oro due giovani che erano Romeo e Giulietta salire per poter accedere finalmente in Paradiso, loro compresero che erano stati loro a dare ad entrambi il coraggio di manifestare i loro sentimenti, e si baciarono davanti a loro giurandosi amore eterno.
 :dffd:

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Re:Come Romeo e Giulietta...
« Risposta #1 il: Agosto 14, 2022, 10:59:52 »
Mostrare i propri sentimenti, specialmente quando sono veri e profondi, richiede molto coraggio.

Regina D'Autunno

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Re:Come Romeo e Giulietta...
« Risposta #2 il: Agosto 14, 2022, 19:27:51 »
Anche io la penso come te, specialmente se questi sono limpidi e puri. Ciao

Doxa

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Re:Come Romeo e Giulietta...
« Risposta #3 il: Settembre 03, 2022, 12:13:30 »
Qui piove ! La mattina in casa è uggiosa, allora mi dedico alla mia amata “Regina d’Autunno”,  la quale brama sentimenti d’amore “limpidi e puri”.

Un esempio ? la foto qui sotto !  :)



Come sono i sentimenti “limpidi e puri” ?

L’aggettivo “limpido” può avere diversi significati, dipende dal contesto. In quello amoroso allude al sentimento che non lascia dubbi, che non è tortuoso.

E la “purezza” ?  Chi ha la “purezza generale” ? Chi è un “depurato”  dall’impurità dell'amore carnale ?  :)

Il sostantivo “carne”,  viene evocato continuamente dalla Chiesa, anche  come sinonimo del peccaminoso incontro sessuale dei  genitali maschili e femminili. Per l’ecclesia solo la castità introduce all’unione con Dio, per chi crede nella sua esistenza. 

L’evangelista Matteo nel “discorso della montagna” fa dire a Gesù: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” (5, 8. La parola usata da Matteo per la purezza fu “katharòs”, che significa “pulito”, ma dove ? Nel cuore ! Nel passato si credeva che fosse il luogo dei sentimenti, dei desideri, della volontà, ecc.. 

Puliti nel cuore  significa  sia purezza intesa come dominio della sensualità e della sessualità sia  “purezza di intenzione”, cioè essere onesti, non avere secondi fini.

“Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro”, grida verso Dio un peccatore pentito (vedi Salmo 50, versi 3 – 4).

Purificati dal perdono e dalla misericordia di Dio  gli illusi credenti possono continuare a vivere la beatitudine della “purezza di cuore”, con la “coscienza depurata”, pronta  ad accogliere subito altri peccati, come quello della lussuria.

Aforisma di Roberto Gervaso: “Un tempo il corpo nudo di una donna m’ispirava sfrenata lussuria. Oggi, m’ispira una celestiale rassegnazione”.

Doxa

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Re:Come Romeo e Giulietta...
« Risposta #4 il: Settembre 04, 2022, 16:45:18 »
Nel precedente post l’aforisma di Gervaso evidenzia la dinamicità della libido, del desiderio sessuale, che varia nel tempo e può subire disfunzioni, in particolare nelle persone anziane.

Se il desiderio sessuale è iperattivo, ossessivo, viene definito lussuria, ispirata dall’immaginazione.

L'eccesso di desiderio sessuale è un disturbo compulsivo. La patologia è denominata in lingua inglese “sexual addiction” (letteralmente significa “sessuale dedicazione”, nel senso di “dipendenza sessuale”), tradotta in italiano in modo più adeguato con la frase: “dipendenza da sesso”.

I cosiddetti “dipendenti dal sesso” pensano che questo sia il loro bisogno primario ed agiscono in risposta al bisogno imperioso ed irrinunciabile di eseguire l’attività sessuale. Considerano il/la possibile partner come un “oggetto” finalizzato al proprio compiacimento, a prescindere dai risultati negativi che il loro comportamento può arrecare a sé stessi ed agli altri. Se non riescono a placare il desiderio sessuale diventano ansiosi. Solo la soddisfazione del bisogno che genera l'impulso procura piacere. Ma dopo la reazione orgasmica si sentono depressi, irrequieti e sono costretti a cercare sollievo con la ripetizione della stimolazione erotica, stabilendo un circolo vizioso difficilmente gestibile, con conseguenze psicofisiche (anche malattie veneree) e sociali (problemi familiari e lavorativi).

Un esempio contrario del desiderio sessuale iperattivo è quello ipoattivo, oppure l’inibizione sessuale.

Cosa può aver causato a Lancillotto, eroe di romanzi, il rifiuto dei tentativi di seduzione da parte di una bella dama ? Il desiderio ipoattivo o l’inibizione sessuale ?


Immagine tratta dal “Livre de Lancelot du Lac”. Lancillotto rifiuta la richiesta di una dama di entrare nel suo letto, Parigi, Bibliothèque de l’Arsenal (1405).

Nel romanzo "Lancillotto del Lago, dell'inizio del XIII secolo, egli si mostra insensibile  alla richiesta di amplesso da parte  della  donna, che vuol far svestire il cavaliere e  farlo coricare nel suo letto sontuoso.

Lui si mette a letto ma non si fida di lei. Non si toglie le brache e camicia, si adagia ma non dorme.

Non vuole unirsi alla damigella che gli si offre con insistenza.

Seguono un animato dialogo e persino la colluttazione tra i due.

La ragazza strappa la camicia di Lancillotto e lo accusa di essere sleale, perché un cavaliere che si sottrae alla richiesta di una dama è disonorato.

La ragazza, in realtà, aveva soltanto avuto l’incarico da Morgana, sorellastra del re Artù, di provare la fedeltà di Lancillotto, uno dei cavalieri della “Tavola rotonda”.
« Ultima modifica: Settembre 04, 2022, 16:49:56 da Doxa »

Doxa

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Re:Come Romeo e Giulietta...
« Risposta #5 il: Settembre 04, 2022, 18:30:13 »
La lussuria  fu anche tema della riflessione filosofica antica. 

Aristotele nell’”Etica Nicomachea” (libro VII) la considera “incontinenza di concupiscenza". Paragona il lussurioso ad un bambino ribelle all’autorità ed all’insegnamento della ragione.

Il giovane  segue le sue  passioni e non ascolta  i consigli, per lui  il fine non è la conoscenza, ma l'azione.

Nel Medioevo Dante Alighieri  colloca i lussuriosi nel secondo Cerchio dell’Inferno e nella settima Cornice del Purgatorio.

Nell’Inferno, nel luogo dove sono puniti i lussuriosi,  appare a Dante (dopo che Virgilio ha risposto a Minosse in modo che il giudice infernale non può opporre ostacolo al viaggio del poeta), un luogo immerso nelle tenebre, con voci che gridano o si lamentano. Quelle anime sono trascinate da una continua bufera.

Virgilio  indica a Dante delle ombre (Semiramide, Didone, Cleopatra, Elena, Achille, Paride, Tristano ed altre).

“E come i gru van cantando lor lai,
faccendo in aere di sé lunga riga,
così vid’io venir, traendo guai,                                         

ombre portate da la detta briga;
per ch’i’ dissi: «Maestro, chi son quelle
genti che l’aura nera sì gastiga?».                                 

«La prima di color di cui novelle
tu vuo’ saper», mi disse quelli allotta,
«fu imperadrice di molte favelle.                                     

A vizio di lussuria fu sì rotta,
che libito fé licito in sua legge,
per tòrre il biasmo in che era condotta.                         

Ell’è Semiramìs,
di cui si legge
che succedette a Nino e fu sua sposa:
tenne la terra che ’l Soldan corregge.                           

L’altra è colei che s’ancise amorosa,
e ruppe fede al cener di Sicheo;
poi è Cleopatràs lussuriosa.   
(Inferno Canto V, versi da 46 a 63).


L’Alighieri  è vinto dalla pietà, ma la sua attenzione è attratta da due ombre unite che” 'nsieme vanno, / e paion sì al vento esser leggieri”: sono Francesca da Polenta  (= Francesca da Rimini) e Paolo Malatesta.

I’ cominciai: «Poeta, (= Virgilio) volontieri
parlerei a quei due che ’nsieme vanno,
e paion sì al vento esser leggeri».

Ed elli a me: «Vedrai quando saranno
più presso a noi; e tu allor li priega
per quello amor che i mena, ed ei verranno».

Sì tosto come il vento a noi li piega,
mossi la voce: «O anime affannate,
venite a noi parlar, s’altri nol niega!».

Quali colombe dal disio chiamate
con l’ali alzate e ferme al dolce nido
vegnon per l’aere dal voler portate;
cotali uscir de la schiera ov’è Dido,
a noi venendo per l’aere maligno,
sì forte fu l’affettuoso grido.

«O animal grazioso e benigno
che visitando vai per l’aere perso
noi che tignemmo il mondo di sanguigno,
se fosse amico il re de l’universo,
noi pregheremmo lui de la tua pace,
poi c’hai pietà del nostro mal perverso.

Di quel che udire e che parlar vi piace,
noi udiremo e parleremo a voi,
mentre che ’l vento, come fa, ci tace.

Siede la terra dove nata fui
su la marina dove ’l Po discende
per aver pace co’ seguaci sui.

Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e ’l modo ancor m’offende.

Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.

Amor condusse noi ad una morte
:
Caina attende chi a vita ci spense».
Queste parole da lor ci fuor porte.

Quand’io intesi quell’anime offense,
china’ il viso e tanto il tenni basso,
fin che ’l poeta mi disse: «Che pense?».
Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso,
quanti dolci pensier, quanto disio
menò costoro al doloroso passo!».

Poi mi rivolsi a loro e parla’ io,
e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri
a lagrimar mi fanno tristo e pio.
Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri,
a che e come concedette Amore
che conosceste i dubbiosi disiri?».

E quella a me: «Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò sa ’l tuo dottore.
Ma s’a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.

Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.

Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.

Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante».


Mentre che l’uno spirto questo disse,
l’altro piangea; sì che di pietade
io venni men così com’io morisse.

E caddi come corpo morto cade.
(Canto 5 Inferno, versi da 73 a 142)
« Ultima modifica: Settembre 04, 2022, 18:32:01 da Doxa »

Doxa

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Re:Come Romeo e Giulietta...
« Risposta #6 il: Settembre 04, 2022, 19:10:57 »
Nella scelta della pena per i lussuriosi  Dante si stacca dalla fervida immaginazione  medievale, così feconda nel fantasticare  strani aspetti di diavoli e tormenti per i peccatori carnali, abitualmente puniti nel ghiaccio.

Basti ricordare nel XII secolo la bestia alata della “Visione di Tugdalo”, testo scritto nel 1149 da un chierico irlandese, chiamato “Marco”, che racconta l'avventura ultraterrena dell'anima di Tugdalo,  un peccatore che dopo essere caduto in uno stato di morte apparente visita in compagnia di un angelo-guida i nove cerchi infernali, quindi una regione dove soggiornano temporaneamente coloro "che non furono troppo buoni", e infine il paradiso.

In uno dei cerchi infernali un diavolo divorava le anime dei lussuriosi  e poi le partoriva sul lago ghiacciato. Quelle anime  partorivano anch'esse:  orribili serpenti con teste di ferro e becchi acutissimi, i quali poi straziavano orrendamente le loro madri.

Il Purgatorio dantesco è diviso in Antipurgatorio, Purgatorio e Paradiso terrestre.

La struttura del Purgatorio segue la classificazione tomistica dei vizi dell'amore mal diretto, e non fa più riferimento a singole colpe.

Nella VII Cornice del Purgatorio, Canti XXV, XXVI e XXVII  si sconta il  vizio capitale della lussuria: le anime  si purificano dal vitium luxuriae. Esse procedono dentro una cortina di fuoco che occupa tutta la cornice, a eccezione di uno stretto sentiero che corre lungo il margine esterno, libero dalle fiamme a causa di un vento che lambisce la costa della cornice e spazza via le falde di fuoco. Gli spiriti entro il grande ardore cantano un inno della Chiesa, Summae Deus clementiae, per invocare da Dio la purezza, alternando il canto con la recitazione di esempi di castità e di lussuria.

Gli spiriti sono divisi in due schiere, che procedono l'una in direzione opposta dell'altra; incontrandosi, le anime si baciano vicendevolmente. Nella prima schiera sono le anime dei lussuriosi secondo natura (gridano l'esempio di Pasife, simbolo di eccessiva passione tra maschio e femmina), nella seconda i lussuriosi contro natura (gridano i nomi di Sodoma e Gomorra.

L'anima che ha spiegato a Dante la diversità tra le due schiere, ed è stata la prima a rivolgersi al poeta tra quante si erano avvicinate a lui (Purgatorio, Canto  XXVI,  8-15), stupite che l'ombra del corpo di Dante rendesse più roventi i lembi di fuoco, è quella di Guido Guinizzelli, protagonista di un episodio che ha così grande importanza per meglio apprezzare l'atteggiamento di Dante poeta rispetto al maestro bolognese ma che riveste un ruolo primario anche nel contesto della cornice, in quanto chiarisce i limiti del peccato di lussuria: è peccato la ‛vis concupiscibilis', perché  non  segue la  ragione, cui deve sempre attenersi l'uomo in quanto essere razionale, e che riceve le proprie qualità dal senso della misura, dal rispetto della norma di diritto, dall'ossequio al vincolo del sacramento, che prevale l'appetito concupiscibile tipico delle bestie.

In analogia a quanto nel cerchio infernale e nella cornice purgatoriale, anche il Paradiso ha un cielo (il terzo, di Venere) ove si presentano a Dante le anime che, ormai beate, in vita furono soggette alla deviante passione amorosa (folle amore), ma seppero volgerla verso il bene.

Ma la problematica del terzo cielo non può essere ristretta nei limiti della lussuria e dei lussuriosi, anche se tra gli spiriti amanti Dante incontra sia  Cunizza da Romano (che visse dal 1198 a dopo il 1279, figlia di Ezzelino  II da Romano di Lombardia, Comune nella provincia di Bergamo) che ebbe delle vicende amorose raccontate da alcuni trovatori, sia la meretrice di Gerico, Raab. 

Nell’etica di Dante  la lussuria viene giudicata un ostacolo alla salvezza dell'uomo. Infatti nel primo Canto dell’Inferno la lonza (allegoria della lussuria)  è la prima delle tre fiere incontrate dal poeta  nella selva oscura.

Comunque oltre la colpa Dante prospetta la purificazione ascetica e la mistica esaltazione dell'intervento beatificante della grazia.
« Ultima modifica: Settembre 05, 2022, 07:13:44 da Doxa »

Regina D'Autunno

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Re:Come Romeo e Giulietta...
« Risposta #7 il: Settembre 04, 2022, 20:54:05 »
E' tutto molto interessante ciò che scrivi Doxa, però voglio citarti una frase di Antonello Venditti in cui io mi ritrovo e che la dice tutta su quello che penso dell'amore:
"Ma non c'è sesso senza amore, è dura legge nel mio cuore". Forse sarà un pò scontata come affermazione ma io ci credo!

Doxa

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Re:Come Romeo e Giulietta...
« Risposta #8 il: Settembre 04, 2022, 21:38:04 »
Mia dolce regina,

è ormai diffuso anche  il sesso senza amore, basato sull'attrazione fisica. Ciò vale per i maschi e per le femmine.

L’attrazione sessuale è collegata all’immaginario erotico, induce l’individuo a pensare al coito con la persona desiderata, ed è quasi sempre determinante nella scelta per formare una coppia, ma non basta per tenerla insieme a lungo.

Sei informata sul sex buddy (= amico/a di sesso) ?

Vuol dire andare a letto occasionalmente con una persona che si conosce e ci si può fidare.

Nel nostro tempo le storie d’amore sono  più "liquide", i legami affettivi sono più fragili, al contrario di quanto accadeva anche solo cinquant’anni fa, quando si era ossessionati dall’idea di instaurare relazioni stabili  per tutta la vita.

Un altro termine da tener presente: Fuck buddy: è quella persona con cui abbiamo una relazione sessuale, da chiamare quando la solitudine ci coinvolge o vogliamo divertirci un po'.

Un esempio: immagina la stagione invernale, lui e lei, due studenti universitari. E’ una giornata piovosa. Cosa fare ? Andare al cinema ? Meglio risparmiare. L’argent de poche non lo permette.

Lei, vicina di stanza, nell’edificio riservato ai “fuori sede”, gli porta il caffè post prandiale perché ha voglia di dialogare.

Lui/lei è la persona da chiamare quando ci si senti soli.

Fisicamente i due si piacciono, ma non è attrazione fatale.

Si mettono ad ascoltare la musica, ballano, le loro guance si avvicinano, poi le loro labbra si baciano. E si dà inizio al “fuck buddy”, senza complicazione affettiva.  :)


Avere un amico o un’amica del genere su cui contare vuol dire avere una persona con cui si instaura un rapporto, quindi ci deve essere rispetto e confidenza. Unica regola del gioco è quella di essere entrambi consapevoli e d'accordo su quello che si fa, cioè su una relazione sessuale occasionale, senza futuro, senza speranze o illusioni.
 ;)











« Ultima modifica: Settembre 04, 2022, 21:55:42 da Doxa »

Regina D'Autunno

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Re:Come Romeo e Giulietta...
« Risposta #9 il: Settembre 05, 2022, 09:51:23 »
E del matrimonio cosa mi dici?

Doxa

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Re:Come Romeo e Giulietta...
« Risposta #10 il: Settembre 05, 2022, 17:20:35 »
Mia amabile regina, argomentare con te del matrimonio significa far dialogare “il diavolo e l’acqua santa”, perché di questa istituzione sociale nei hai una concezione “romantica”, supportata dalla tua fervente religiosità.
 
L'amore romantico non funziona mai perché non appartiene alla realtà dei rapporti umani, esso è il surrogato di un'esigenza religiosa, del tentativo di attribuire ad una  persona  il proprio desiderio insoddisfatto di perfezione e di infinito.

Quando il desiderio di realizzare il perfetto abbandono nell'amore viene cercato non in Dio ma in un individuo, ciò  può indurre ad una ricerca di rapporti sentimentali o sessuali che tuttavia non sono in grado di soddisfarlo.

L'amore fra l'uomo e la donna è per sua natura limitato e soggetto al fenomeno della delusione: pretendere dalla relazione di coppia un amore senza limiti, senza difetti, senza delusioni in cui potersi abbandonare totalmente, significa non comprendere la necessità dello sforzo quotidiano, dell'impegno, del sacrificio e della responsabilità per la riuscita del rapporto coniugale.

Il sostantivo femminile “coppia” deriva dal latino “copula” e significa congiunzione, legame, stare insieme. Ma “mettersi assieme” non significa necessariamente sposarsi e procreare.

Le relazioni di coppia svolgono un ruolo centrale nell'esperienza umana.  Esse rispondono ad un bisogno di "attaccamento", di vicinanza ed intimità e possono fornire sostegno reciproco.

Il connubio evolve nel tempo, cambiano le esigenze e le aspettative dei partner. Ma a prescindere dall’esito della relazione è importante amare ed essere amati.

Un matrimonio “sbagliato” è una delle cose peggiori che possa capitare. Ma penso che tu saresti disposta a sacrificare la tua vita pur di non sciogliere il vincolo matrimoniale., perché Jesus disse: “L’uomo non osi  separare ciò che Dio ha unito” (Mt 19, 6).

Ed anche l’evangelista Marco: “Dio li creò maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola. Sicché non sono più due, ma una sola carne. L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto”(cap. 10, 6 – 9).

Ma un individuo come fa a sapere se una unione matrimoniale è  voluta da Dio ?

Per te sciogliere il matrimonio e il patto di fedeltà (“finché morte non vi separi”) significa violare il volere di Dio.

Comunque Chiesa e  Stato (con il matrimonio civile)  benedicono in qualunque caso i due nubendi,  per quanto inadatti possano essere i due candidati al  “volo nuziale”.


Giotto, lo “Sposalizio della Vergine”, affresco, 1303 – 1305 circa, Cappella degli Scrovegni, Padova.

"...una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria" (Lc 1, 27).

La raffigurazione è  immaginata nel tempio di Gerusalemme.

La scena è divisa a metà: da una parte gli uomini, dall’altra le donne. 

La nicchia a cassettoni simboleggia la navata  del tempio.

Alcune persone che assistono al matrimonio sono all’esterno, ma secondo le convenzioni dell’arte medievale debbono essere considerate come se fossero all’interno dell’edificio.

Al centro della scena Giuseppe e Maria. Lei, pudìca, ha lo sguardo verso il basso.
 
Il sacerdote  celebra il matrimonio  tenendo le mani degli sposi, mentre Giuseppe inserisce l’anello nel dito di Maria.

Giuseppe sorregge un bastone, sul quale  Dio  fa miracolosamente fiorire un giglio, simbolo delle caste nozze fra l’anziano e la vergine fanciulla che diverrà madre, come allude il gesto della sua mano mentre si tocca la pancia.
 
Sul fiore del giglio è poggiata la colomba, simbolo dello Spirito Santo che ha benedetto questo casto matrimonio e artefice della virginale gravidanza di Maria.   

Dietro Maria  ci sono tre donne, tra cui una incinta nel gesto di toccarsi il ventre, mentre dietro Giuseppe c’è un uomo che ha la bocca aperta e solleva la mano, forse  un testimone che sta parlando;  più indietro  ci sono dei giovani in varie espressioni, pretendenti delusi da una ipotetica relazione con Maria: essi sorreggono degli esili bastoni. Uno di essi esprime la sua ira spezzando la verga con il ginocchio.

La valenza simbolica  di questi bastoni evoca l’episodio della fioritura delle verghe quando i rappresentanti delle dodici tribù di Israele furono contro Mosè e sminuito il sacerdozio di Aronne.
I rappresentanti delle 12 tribù si recarono al Tempio portando ognuno un bastone con inciso il proprio nome. Fiorì solo quello di Aronne e questo fu il segno che la grazia di Dio era su di lui e che il suo sacerdozio era benedetto da  Yahweh.

"E avvenne, l’indomani, che Mosè entrò nella tenda della testimonianza; ed ecco che la verga d’Aronne per la casa di Levi aveva fiorito, gettato dei bottoni, sbocciato dei fiori e maturato delle mandorle” (Libro dei Numeri 17, 8.

Quindi il bastone sul quale fiorisce il giglio non solo simboleggia la castità di Giuseppe, ma anche della fedeltà di Dio a una storia d’amore con il suo popolo.
« Ultima modifica: Settembre 05, 2022, 17:28:15 da Doxa »

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Re:Come Romeo e Giulietta...
« Risposta #11 il: Settembre 07, 2022, 11:58:43 »
Non è che ne ho una concezione romantica, ho invece una convinzione molto realistica e cioè che come in tutte le cose nessuno è perfetto nemmeno un'unione coniugale e ti posso assicurare che anche se non sono sposata, di esempi ne ho tanti. Comunque ti ringrazio per la spiegazione dell'affresco: "Lo sposalizio della Vergine" di Giotto, mi piace sempre sentire parlare di qualcosa che riguarda l'arte!