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Alterità
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Doxa:
Alterità: questo sostantivo deriva dal latino alterĭtas, che “discende” da “alter” (= altro, diverso).
In questo topic per alterità intendo la differenza tra due identità.
L’identità comprende le caratteristiche fisiche e psicologiche di un individuo che lo fanno distinguere dagli altri, dalle altre entità: dal latino “entitas” (= cosa esistente).
Ognuno di noi è un'individualità, ma comunicante con altre”. Nessun individuo è un’isola, completo in sé stesso, ma è una parte del tutto.
Il poeta e chierico londinese John Donne (1572 – 1631) usa la metafora di un’isola in mezzo al mare, destinata a rimanere sola come una monade, scollegata dal resto del mondo. Nel contempo offre un’altra visione suggestiva: ogni individuo, seppur isola, fa parte di un continente, è una parte del tutto.
Celebre il suo sermone “Nessun uomo è un'isola” (meditazione XVII) del 1624. Il titolo deriva da un passo del “Devotions Upon Emergent Occasions”: “No man is an Iland, intire of it selfe; every man is a peece of the Continent, a part of the maine” [...], vuole significare che ogni uomo è una componente integrante dell'umanità.
Ecco il testo:
“Nessun uomo è un’isola,
completo in sé stesso.
Ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte del tutto.
Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare,
la Terra ne sarebbe diminuita,
come se un promontorio fosse stato al suo posto,
o una magione amica o la tua stessa casa.
Ogni morte d’uomo mi diminuisce,
perché io partecipo all’Umanità.
E così non mandare mai a chiedere per chi suona la campana:
Essa suona per te”.
Il verso finale: “Per chi suona la campana” fu usato dallo scrittore statunitense Ernest Hemingway per titolare il suo romanzo, pubblicato nel 1940.
Invece lo scrittore statunitense e monaco trappista Thomas Merton titolò “Nessun uomo è un’isola” (No man is an island) il suo saggio pubblicato nel 1955.
Infatti una delle fasi fondamentali del ciclo della vita di un individuo può essere la costituzione della coppia. Dal considerarsi come “Io” al vedersi come un “Noi”, pur rimanendo due alterità, due entità.
Małgorzata Chodakowska: la fontana “Liebespaar” (parola tedesca che significa coppia di amanti), gruppo scultoreo in bronzo, collocato di fronte all’ufficio del registro di Radebeul, località vicino a Dresda (Germania).
L’artista, di origine polacca, ha studiato la scultura a Varsavia e a Vienna, ma vive a Dresda, in Germania.
segue
Doxa:
Riguardo l’alterità ci sono numerosi libri. Ne indico un altro recente: “Alterità sul confine fra l’Io e l’altro”, scritto da Pierpaolo Donati e pubblicato dall’editrice “Città Nuova”.
L’autore afferma che nell’incontro con l’altro/a la domanda da porsi è: “Chi sono io per te e chi sei tu per me ?”. Nella relazione interpersonale c’è un confine che ci divide: può generare incomprensioni oppure empatia.
Donati dice che l’alterità non è un’esperienza statica, non è la semplice presa d’atto: “io sono così e tu sei diverso”. E’ un’esperienza dinamica, che si pone a tre diversi livelli di realtà: mentale, situazionale, relazionale.
A livello mentale consideriamo l’alterità quando pensiamo l’Altro come uno che potrebbe crearci problemi, che è antipatico.
A livello situazionale valutiamo l’alterità in un contesto, in una situazione che può essere occasionale, come capita quando un individuo ci ferma nella strada e non sappiamo chi è, oppure può essere abituale, come avviene quando ci troviamo in un contesto familiare.
A livello relazionale è necessario chiederci che tipo di comunicazione vogliamo avere con l’altro. Significa configurare la relazione come un’adesione convergente per annullare il confine che separa ma definisce il Me e il Te.
Un esempio del confine che divide la relazione interpersonale è in un affresco di epoca romana, rinvenuto in una villa rustica pompeiana forse appartenuta a Publius Fannius Synistor.
Sulla destra l’anonimo pittore personificò due nazioni: la Macedonia e la Persia, con allusione alle vicende connesse ad Alessandro Magno. Lo scudo segna il confine tra le due figure, simboleggia la qualità enigmatica della relazione tra i due Stati e rappresenta l’alterità fra due entità che rimandano a popoli con culture e civiltà diverse. Così dice l’autore del libro!
Quando i resti della villa rustica fu riportata alla luce fu dagli archeologi nel 1900, 68 sezioni di pitture murali furono tolte, recuperati gli oggetti di valore, poi i resti del complesso edilizio furono rinterrati, com’era prassi. I pannelli con i dipinti parietali, realizzati tra il 40 e il 30 a. C., furono distribuiti in vari musei, come il Metropolitan Museum di New York, il Museo archeologico nazionale di Napoli, il Louvre di Parigi e il Musée Royal di Mariemont, a Morlanwetz, in Belgio.
Affreschi del 40 – 30 a. C.: erano nella cosiddetta “sala M” della villa rustica di Publio Fannio Sinistore, ricostruita nel Metropolitan Museum of Art, New York.
Forse questa stanza era adibita a cubiculum, la camera da letto del proprietario. L’edificio è a circa due chilometri dal parco archeologico di Pompei, nell’area che in quel tempo era denominata “Pagus Augustus Felix Suburbanus”, nell’attuale territorio del Comune di Boscoreale. In quel villaggio c’erano una trentina di ville rustiche, tra le quali quella di Publius Fannius Synistor, così chiamata per la presenza di questo nome su un vaso, ma forse era di proprietà di Lucius Herius Florus, nome inciso su un sigillo.
ninag:
Mi piace questa parola, ha qualcosa di lieve e sfumato.
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