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Post - Birik

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Laboratorio di scrittura creativa / Re:Il Trucchista
« il: Aprile 26, 2014, 16:25:16 »
Cap.VI
Pescara
Pescara è una cittadina molto vivibile. Cresciuta dopo gli anni trenta del secolo scorso, si era trasformata da borgo di pescatori a ridente città di mare. Un fiume la attraversa;  ponti, svincoli e un’architettura fascista la fanno sembrare  Americana. Non ha palazzi antichi, solo una serie di ville Liberty lungo il mare, ma da’ l’impressione di ordine e pulizia; una bella piazza e il centro chiuso al traffico stimolano la voglia di passeggiare o di andare in bicicletta.
Carla spinta da me, aveva trovato un bell’appartamentino in centro, una palazzina degli anni ’50, di quelle col giardinetto condominiale, lungo il tracciato della vecchia ferrovia che era diventato pista ciclabile e che la univa a Francavilla a sud e a ……… a nord.
La casa era immediatamente dietro il lungo mare e d’estate non si sentivano i rumori provenienti dai molti locali sulla spiaggia. Mi feci mandare  la pianta e spedii subito  mobili e operai.
In meno di una settimana avevamo un nido. Fu un periodo bellissimo, non ostante i miei problemi, quando salivo da lei mi rilassavo e conducevamo insieme una vita da giovani sposi.
 Passeggiate sul lungo mare mano nella mano o a guardare le vetrine del centro, giretti in bicicletta, locali alla moda. Oltre agli impegni di lavoro che cementavano la nostra intesa. Provavo un’irresistibile attrazione fisica per questa donna, sembravo un giovanotto. Ero felice ma con forti sensi di colpa nei confronti di Imma, la quale iniziava a sospettare che dietro la mia euforia ci fosse qualcosa di pericoloso, che potesse minare le sue certezze. Mi dicevo che mio padre aveva fatto lo stesso e mio nonno pure. Dalle nostre parti senza un’amante l’uomo non è uomo, le donne sopportano, la famiglia non si mette in discussione. Il fatto è che Carla non era una qualsiasi, era la mia donna, e questo mi faceva sentire un traditore.
Partivo per Pescara carico di desiderio, la raggiungevo al negozio e, non ostante i miei quarantotto anni, quando la abbracciavo avevo un’erezione da ragazzino e la fretta di penetrarla li’ sul posto. Allora chiudevo la porta del piccolo ufficio privato la mettevo a bocconi sulla scrivania e consumavo un rapporto con l’impeto di un giovanotto. Lei tentava di sottrarsi un po’ vergognosa ma che male c’è , dicevo io, fra due che si amano?  Ma non le usavo più quei riguardi di solo un anno prima, ero nervoso, a volte rabbioso, non ero più in grado di dominare il mio carattere ansioso. Carla sopportava, io stavo molto attento a non dirle niente di quello che stavo passando a casa né che la mia attività di Capua aveva urgente bisogno di liquidi.  Decisi di usare una tattica malandrina: l’avrei esasperata con la mia scostanza, cosicchè quando le sarebbe giunta la proposta che mi frullava per la testa, avrebbe ceduto,e lo avrebbe fatto per amore.
Bisognava accelerare i tempi.


 

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Arte / Re:Storia dell'arte
« il: Aprile 26, 2014, 16:17:54 »
9) il seicento. La pittura del primo '600. Il Verismo di Caravaggio in contrapposizione delle regole dettate dalla Controriforma. Il suo coraggio nel tratteggiare i soggetti religiosi con occhio umano. Le Madonne i cui volti sono di comuni popolane, i Cristi dalle mani di contadino e la luce ad enfatizzare il tutto. Un vero rivoluzionario dopo il Manierismo tardo cinquecentesco.

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Lettere d'amore, spedite e non / Re:Poche righe a me stessa
« il: Aprile 26, 2014, 15:29:55 »
E' vero che la presenza fisica condiziona, ma non sempre in negativo. I mille messaggi che si mandano col corpo sono comunicazione subliminale che la tastiera non può dare.

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Laboratorio di scrittura creativa / Re:Il Trucchista
« il: Aprile 26, 2014, 15:15:25 »
Infatti, l'ultimo esperimento per purificarsi dopo anni di patimenti e una fuga all'estero. L'abbandono dopo i ....quanta è più penoso, il tempo stringe e le risorse vengono a mancare.

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Diari di viaggio / la mia India
« il: Aprile 26, 2014, 12:49:52 »
 La mia India
Erano anni difficili gli ultimi cinque del mio matrimonio. Conflitti, ritorsioni, un rapporto che si trascinava nel caos. Io non ero forse in grado di troncare e avevo solo voglia di fuggire.
Il caso mi fa conoscere Elisabetta, che frequentava il Rajasthan da qualche tempo e dove andava regolarmente due volte all’anno, stabilendosi per un mese circa. In quel mese faceva confezionare gioielli, vestiti e accessori utilizzando materie prime meravigliose e poco esportate.
Era la mia occasione, partire e organizzare un piccolo commercio di cose uniche.  L’India mi aveva sempre attirato, avevo letto Forster, Kipling e molta letteratura sul subcontinente, mi ero fatta una mia idea; ma Jaipur e il Rajastan  apparvero diverse dal mio immaginario.  Situato a Nord Ovest era stato, insieme a parte dal Pakistan, la culla della civiltà della Valle dell’Indo, più antica di un millennio e non meno importante di quella Greca ed Egiziana. Assunse un’importanza strategica come rotta carovaniera sulla via della seta dove offriva anche imbarchi nei porti dell’attuale Gujarat . Poi invasioni e sovrapposizioni di culture, lo avevano fatto diventare un paese di guerrieri con meravigliose città fortificate tutt’ora ben visibili. Dal 1500 al 1700 circa ha vissuto un suo rinascimento sotto la dinastia Moghul che implementarono arte e architettura. La poesia e la danza, la musica e il canto, le architetture e i giardini, l’arte dell’intaglio, la miniatura e l’oreficeria sono il risultato di una spettacolare miscellanea di stili.   Poche donne vestono col tradizionale sari, molte usano gonne ricamate con specchietti e corpetti o choli. Le nomadi portano cerchi d’oro al naso collegati all’orecchio da una catenella. Gli uomini, alcuni molto alti, dritti come fusi e con la fierezza del guerriero Rajiput, hanno orecchini ad entrambe le orecchie e turbanti enormi che, a seconda del colore, denunciano la casta di appartenenza. Anche la musica è diversa, quella dei cortei nunziali poi è un frastuono di ottoni e tamburi che la fanno assomigliare al rock Balcanico di Bregovic. E  danze zingaresche accompagnate da  fisarmoniche, le donne con cinture di sonagli ai fianchi e cavigliere enormi. Il teatro dei burattini, che racconta un’epopea cavalleresca, sembra una rappresentazione di Pupi Siciliani, e l’accompagnamento della “tammorra” suona come il preludio di una tarantella. Diversa dall’India classica anche nell’ architettura che richiama quella Islamica, con profusione di archi a sesto acuto, colonnine e trafori; le case più belle poi sono tutte affrescate, alcuni intonaci addirittura arricchiti di specchietti. Su tutto prevale il colore, quello dei turbanti arancio o zafferano, dei salvar kamiz fucsia e turchese, dei sari verde elettrico o degli elefanti che camminano fra le auto tutti dipinti. La terra è rossa, le case rosa, i taxi gialli, il cielo di un azzurro accecante.  E poi immagini di deità dai toni fluorescenti, insegne multicolor. Il rumore di sottofondo invece è il risultato di centinaia di auto strombazzanti. Troppo, tanto da avere bisogno di un rifugio dai toni pacati e rumori sommessi. L’Arya Niwas era il nostro rifugio. Non era bello come le antiche haveli nobiliari trasformate in alberghi, ma molto pulito e dotato di un  buon ristorante self service.
 Eravamo ancora a Delhi, in attesa di prendere un autobus per Jaipur, ci saremmo fermate un paio di giorni nella capitale per dare uno sguardo  ai numerosi mercati della città. Una sera in un ristorante Elisabetta riconosce una persona che non vedeva da vent’anni. Abbracci e baci, chiacchiere e i racconti. Stanco del suo lavoro di imbianchino e di una vita banale a Nocera Inferiore, era partito alla volta dell’India dove era stato cinque anni presso un sadu, conducendo una vita di meditazione ed eremitaggio. Aveva imparato a far prevalere la mente sul corpo, a praticare la castità,  a non avere desideri e, anche se ancora non si infilava gli spilloni nella lingua, poteva fare il bagno alle sorgenti del Gange a vari gradi sotto lo zero. Forse però non tutto il corpo era gestibile, un’appendice si ribellava, non ne poteva più di subire mortificazioni. Era evidente che non tutti i desideri si potevano sopire, se quello di una donna gli martellava così forte un po’ ovunque. Decise dunque di salutare il maestro il quale, dopo un’approfondita lettura della mano, gli pronosticò la sua fortuna in America. Infatti poco dopo aveva conosciuto una ragazza del Nebraska e lì si era trasferito. Dopo vari tentativi come agricoltore e allevatore, aveva costruito un tempio indù sulle rive di un laghetto, accoglieva fedeli e la sua attività di vendita on line di statuette di Shiva, Krishna e compagnia bella, gli rendeva molto bene.
Era simpatico Angioletto, un’anima semplice con un modo di raccontare le cose che sembrava un attore di teatro dialettale, come quando rischiò di essere sodomizzato da un lama che voleva montare una pecora e lui per salvare la pecora si era trovato, cadendo bocconi, proprio alla pecorina a subire gli assalti dell’animale.  Ci faceva ridere fino alle lacrime, ma fu l’insistenza con la quale voleva far passare per vero un episodio che ci fece pensare fosse un po’ svitato. Era in Nepal con un amico, entrambi sdraiati su due lettini gemelli con un comodino in mezzo. Avevano fumato il famoso Nepalese blu quando all’improvviso tutt’e due in contemporanea, sentono di levitare. E levitano fino a quando non si toccano e cadono uno sull’altro nello spazio fra i due letti. Era troppo, cercavamo di spiegarlo come un fenomeno metafisico, ma lui insisteva. Aveva avvertito la leggerezza del volo. Ci lasciammo in allegria e per qualche giorno lo ricordammo, ridacchiando della sua ingenua ignoranza.
Arrivata a Jaipur e preso il possesso della camera, Elisabetta si elettrizzava, tirava fuori disegni e foto di tutto quello che le era piaciuto sfogliando giornali di moda. Pianificava la giornate e schizzava da un tagliatore di pietre a un orafo con la velocità di una trottola, io me la prendevo con un po’ più di calma. I suoi gioielli sono un misto fra India Moghul e Barocco Napoletano. Sontuosi ma ironici, necessitano di un bel temperamento per essere portati con nonchalance.
 Avevamo trovato al bazar una decina di sari antichi di broccato. Tessuti ormai rari, di seta con fili d’oro. Si decise di far confezionare delle shopping bags trapuntate per l’estate e, trovato il laboratorio, demmo subito istruzioni dettagliate e cartamodelli.
Così la mattina che avevamo l’appuntamento per controllare il campione della borsa, mentre facevamo colazione in giardino fra uccellini e scoiattoli, arriva Carlo  un amico che, come altri,  ritrovavamo nello stesso posto e nello stesso periodo dell’anno. Dopo i saluti di rito e i racconti di quei mesi nei quali non c’eravamo visti né sentiti, ci invita a salire in camera. Elisabetta capita l’antifona, si oppone con veemenza, con tutto quello che c’era da fare! Lui insiste io insisto, saliamo. Fumiamo un paio di canne ma dopo pochi tiri chiedo a Carlo di farmi stendere sul letto. Elisabetta idem. Ero in uno stato catatonico, non riuscivo al alzare neanche un braccio, la secchezza della bocca mi impediva di parlare e mille pensieri profondi mi giravano nel cervello. Sentivo il rumore del mio cuore nonostante il ronzio di sottofondo che mi frullava nelle orecchie. Ma non ero rilassata per via delle borse, mi stava salendo una paranoia da mancanza di senso del dovere. Con uno sforzo tremendo allungo il biglietto da visita del laboratorio a Carlo e gli chiedo di chiamare e posticipare l’appuntamento. Ero più tranquilla, mi volto verso la mia amica che era immobile, con gli occhi fissi al soffitto. Ad un certo punto non ero più pesante, anzi ero leggera, impalpabile, non mi sembrava di appoggiare sul materasso. Mamma mia, com’è possibile, doveva essere la mia immaginazione. Scaltramente metto una mano dietro la nuca per controllare se i capelli fossero perpendicolari al materasso. Lo erano. Mi riappoggio piano sul letto e torno in me. Era ora di pranzo, la faccenda era durata quattro ore che erano sembrati cinque minuti. Elisabetta era seccata per la mezza giornata persa e quando le feci un accenno a uno stato di leggerezza aerea, senza nemmeno nominare la parola levitazione che usavamo in maniera ironica parlando di Angioletto, lei mi fulminò con lo sguardo: ”Zitta, stai ZITTA!”.
 

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Cassonetto differenziato / Re:perchè si dice così
« il: Aprile 26, 2014, 12:41:40 »
Sembra che i cognomi abbiano avuto origine dai soprannomi o dai mestieri praticati. Il mio cognome è garanzia di bontà d'animo.

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Cassonetto differenziato / Re:perchè si dice così
« il: Aprile 26, 2014, 12:28:06 »
A me invece l'origine e l'etimologia delle parole. Ho un'amica antropologa che studia il linguaggio della pastorizia in Calabria rimasto invariato fin dai tempi della Magna Grecia.

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Cassonetto differenziato / Re:informazioni curiose
« il: Aprile 26, 2014, 12:19:27 »
La sciancratura è un lieve restringimento nel punto vita. Una giacca sciancrata, permette di mascherare lo stomaco meglio di un doppio petto, specie se portata sbottonata e con una bella panciera sotto.

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Cassonetto differenziato / Re:informazioni curiose
« il: Aprile 26, 2014, 12:02:57 »
Ho avuto due uomini nella mia vita, colpita e affondata dalla loro eleganza. Quella maschile ha poche regole universali, basta seguire quelle. Mi sembra che le odiate giacche doppio petto blu del nostro ex premier gli fossero fatte su misura da Caraceni Roma.
Non ho mai condiviso la scelta del doppio petto su un uomo che sembra un barilotto, avrei preferito non vederlo mai ma, imposto dai media, meglio una svelta e sciancrata due bottoni.

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Cassonetto differenziato / Re:informazioni curiose
« il: Aprile 26, 2014, 11:34:54 »
Marinella non è una signora, ma un laboratorio artigianale di cravatte. Il più famoso d'Italia, dall'inizio del secolo ha fornito cravatte a quasi tutti gli uomini illustri. L'avvocato Agnelli usava solo quelle e Berlusconi me ha una collezione a pois bianchi e blu.
Napoli ha ancora molti sarti e camiciai ai quali l'arbiter elegantiae non rinuncerebbe mai, camicie che vengono fornite con colletto e polsini di ricambio. Il signore di Napoli conosce i tessuti, ama il principe di Galles o lo spezzato per il giorno, durante il quale non vestirebbe mai in blu o grigio scuro, sa che le scarpe marron non si indossano di sera, la differenza fra la giacca due spacchi e quella con uno solo e che la lunghezza della stessa deve arrivare a metà palmo. Sa che il risvolto dei pantaloni è di 2 cm e mezzo e tante altre cosette che distinguono l'uomo elegante.

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Laboratorio di scrittura creativa / Re:Il Trucchista
« il: Aprile 26, 2014, 11:07:43 »
Cap. V
Viaggiare
Il 2005 che si stava avvicinando a grandi passi,sarebbe stato un anno di viaggi. Erano ormai un paio di mesi che ci frequentavamo, lei non mi faceva domande, eppure tutto il mio comportamento lasciava intuire la mia condizione di uomo non libero. Le avevo detto che dopo il lavoro spegnevo il cellulare e non avevamo ancora passato una notte insieme. Qualsiasi altra donna avrebbe capito, ma a lei sembrava non interessare. Imma cominciava a sospettare qualcosa, era un bravo segugio ma io un ancor più bravo bugiardo. Ero in un’empasse che mi impediva di agire, dovevo trovare una soluzione. Il Macef la fiera di fine gennaio a Milano mi avrebbe dato la possibilità di stare quasi una settimana fuori casa e cominciare a parlarle di progetti di lavoro, oltre che a godere di una stimolante compagnia. Ma non mi sentivo ancora di metterla al corrente del mio piano, si sarebbe ritratta. Dovevo portarla gradualmente ad accettare la cosa.  Volevo un’altra donna, una complice, una compagna alla quale confidare le mie ambizioni e che mi aiutasse a realizzarle. E continuare ad avere le comodità di casa mia, l’accudimento domestico. Chiedevo troppo?
Fu una settimana di attività frenetica, di giorno in fiera la notte ad amare. E io modestamente come amante non sono secondo a nessuno.
 Dopo qualche giorno che eravamo rientrati da Milano e dopo un pomeriggio d’amore in un albergo della sua zona, successe il fattaccio.
L’avevo accompagnata a casa, ero rientrato e come al solito avevo spento il cellulare prima di varcare la soglia. Non immaginavo che Imma sapeva che al negozio quel pomeriggio  nessuno mi aveva visto. A cena non disse niente e nulla mi faceva sospettare che aveva capito tutto. La mattina dopo mentre ero sotto la doccia, la sento urlare al telefono. Aveva acceso il mio cellulare e aveva trovato un messaggio che Carla mi aveva inviato la sera prima quando il mio telefono era già spento.  Subito l’aveva chiamata e sentivo che discuteva animatamente.”Mi stai prendendo in giro” diceva,”Zoccola, quello è mio marito”. Le strappo il cellulare di mano e comincia una discussione snervante. Era solo qualche mese che la frequentavo e avevo già problemi enormi. 
Carla era stata brava, evidentemente la notizia che avevo moglie non l’aveva sconvolta tanto. Aveva replicato alle ingiurie di Imma in maniera calma e pacata, raccontando del suo rapporto con me, che per il momento era solo virtuale, ci eravamo sentiti solo in chat. Non sapeva che ero sposato e non mi avrebbe mai incontrato dal momento che adesso ne era a conoscenza. Mi aveva salvato il culo. E soprattutto sapeva mentire bene, interessante scoperta!
Io pensavo che si sarebbe arrabbiata, ma lei mi disse solo che un rapporto basato su una bugia così grande, non avrebbe avuto una vita lunga. Durò sei anni.
Fu in quei giorni che si fece largo in me l’idea di trovare un capannone al Nord dove organizzare l’operazione; questo mi avrebbe dato la possibilità di assentarmi spesso per lavoro. Viaggiammo molto fra Marche ed Emilia Romagna, e io piano piano cercavo di spiegarle i termini della faccenda nella quale avrei voluto averla al mio fianco. Ma non era facile.
L’occasione mi si presentò all’improvviso, una srl immacolata, con un buon fatturato e un negozio con un contratto di fitto piuttosto conveniente a Pescara, lungo la via Tiburtina. Elettrodomestici da incasso e cucine componibili. Ottimo, tre ore da casa, una cittadina vivibile sul mare bei negozi e ottimi ristoranti. Carla si sarebbe trasferita  qui con il figlio più grande e sarebbe stata l’amministratore della nuova società.
Operammo il cambio della compagine societaria il 14 di Luglio 2005 e la data della presa della Bastiglia mi sembrava di buon augurio.
Carla  però mi aveva fatto giurare che nessuna operazione truffa sarebbe stata fatta con lei amministratrice. Seppi dopo che in quel periodo donò la casa ai figli per risultare nullatenente. Non le dovevo essere sembrato molto affidabile. Cominciava una nuova avventura e io ero in fibrillazione, avevo un nuovo giocattolo, anzi due.
Sistemammo il locale alla meglio, portai un po’ di stand per l’esposizione degli elettrodomestici che avevo nel mio deposito di Capua. Spendemmo un po’ in più solo per le insegne che servivano a fare notare il negozio in una strada provinciale a traffico scorrevole.
Dopo qualche mese Carla, che nel frattempo si era sistemata da un’amica, aveva preso bene in mano le redini dell’attività. Io salivo un paio di giorni alla settimana e le cose procedevano senza intoppi. I problemi me li dava però il negozio giù. Il fatturato era crollato e, non ostante avessi la proprietà del capannone in cui alloggiava l’attività, non riuscivo a rientrare delle spese. Pesavano anche i cinquemila euro al mese che pagavo per l’acquisto della società di Pescara oltre a circa tremila di mutuo per la casa.
Urgeva un’operazione, Carla volente o nolente avrebbe dovuto capitolare. Cominciai a pensare a come organizzare la cosa. Sottrarre elettrodomestici era impossibile, le aziende erano tutte molto caute, scottate da situazioni simili e non lavoravano se non effetti a vista o al massimo con pagamenti a trenta giorni. Troppo pochi. Avevo bisogno di un altro locale e, usando la stessa s.r.l., creare un ramo d’azienda  dove far confluire merce che avrebbe rimpolpato la mia attività a Capua. E di una figura competente per dialogare con le aziende.
 

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Cassonetto differenziato / Re:perchè si dice così
« il: Aprile 26, 2014, 11:02:33 »
Quattro aprilante giorni quaranta, vuol dire che se piove il 4 aprile, pioverà per quaranta giorni. E il detto"Scarta fruscia e piglia priméra? Me lo sono sempre chiesta. Interessanti le parole che ci arrivano dopo lunghi giri. Gossip e bungalow due parole hindi arrivate in Europa quando gli Inglesi lasciarono l'India. La prima è in chiacchiericcio del pomeniggio, la seconda è la villa di campagna. Magnus rex è invece derivato da Maha(grande) raja(re). Sembra che la lingua madre sia stato il Sanscrito.

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Laboratorio di scrittura creativa / Re:Il Trucchista
« il: Aprile 26, 2014, 10:43:33 »
volevamo perdere.                Non so quanti ce sono, so che uno l'ho beccato io.

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Cassonetto differenziato / Re:informazioni curiose
« il: Aprile 25, 2014, 22:20:20 »
Ho amato un napoletano, lo descrivo ne"Il Trucchista", ma siete tutti cosi'?

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Cassonetto differenziato / Re:Aprirei un dibattito...
« il: Aprile 25, 2014, 22:05:22 »
L'arte moderna è un mondo a parte, io dico dal medioevo all'epoca fascista. L'arte è l'espressione di un popolo. Chesso' la Controriforma coprì i nudi, oppure l'epoca Fascista produsse architetture lineari e imponenti, o il neo classicismo dopo la scoperta di Pompei...ecc ecc

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