Autore Topic: 03. La Garçonniere  (Letto 344 volte)

victor

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03. La Garçonniere
« il: Settembre 10, 2020, 08:23:01 »
Racconto. Tra sogno, realtà e molta fantasia. 3a parte.

Avevo affittato per Daniela un bilocale nella stessa città in cui abitavamo dove avremmo avuto i nostri incontri d’amore.
Le avevo lasciato libertà di sistemarlo e arredarlo come voleva e le avevo dato la mia carta di credito.

Pensavo che avremmo utilizzato quasi esclusivamente la camera da letto, invece Daniela cominciò ad arredarlo proprio come un appartamento per viverci. Non me l’aspettavo. Ogni volta che ci incontravamo, e ciò avveniva ogni giorno, tranne quando ero fuori città per lavoro, trovavo qualcosa di nuovo: un centro tavola con sotto un centrino ricamato, un vaso con i fiori freschi, dei libri sullo scrittoio, e così via.
Non avevo assolutamente problemi economici, anzi la spingevo a comprare cose di suo gradimento, ma non pensavo che avesse intenzione di rendere l’appartamento abitabile. Ne parlammo. Mi disse che pur continuando a vivere con i suoi aveva intenzione di trascorrere il pomeriggio nell’appartamento e di utilizzarlo per studiare.

Ne rimasi colpito. Non mi aspettavo una decisione del genere. E principalmente non ritenevo quell’appartamento di tipo economico adatto a lei ed all’utilizzo che voleva farne.
Andai in un’agenzia immobiliare per cercare un appartamento più adatto da affittare o anche da comprare. Mi fecero diverse proposte e c’era ampia possibilità di scelta, ma erano tutti appartamenti che andavano da tre vani in su. Comunque c’era anche qualcosa che mi piaceva.

Non mi sentii di decidere da solo, volevo parlarne con Daniela.
Il pomeriggio quando andai a trovarla, dopo i soliti baci e abbracci preliminari, le dissi che le volevo parlare. “Parliamone a letto” disse e si diresse verso la camera da letto. Mentre vi si dirigeva cominciò a spogliarsi. Era chiaro che aveva voglia di fare l’amore. Non era una cosa difficile da capire, lei aveva sempre una gran voglia di fare l’amore.

Mi spogliai anch’io, ci mettemmo a letto e cominciammo subito le nostre effusioni erotiche. Il mio pensiero era concentrato sull’appartamento, ma il contatto con il suo corpo nudo, la delicatezza della sua pelle morbida, la visione del suo seno meraviglioso mi facevano impazzire come sempre e non potevo esimermi dal fare ciò che facevo sempre: baciare, leccare, succhiare, accarezzare … e ancora baciare, ancora leccare, ancora succhiare, ancora accarezzare … così all’infinito … mentre lei mugolava e si contorceva al contatto del mio viso, della mia bocca, delle mie mani, sul suo corpo … fino al momento in cui, al colmo del desidero, mi abbracciava facendomi capire che desiderava essere posseduta. Anche io l’abbracciavo stretta e scivolandole addosso la possedevo finché esausti entrambi crollavamo uno addosso all’altra.

Si restava a lungo così … tutto il mio corpo nudo a contatto con il suo … il suo seno piccolo e duro come due limoni che premeva contro il mio petto … il mio viso, accanto al suo, con la bocca vicino al suo collo o al suo orecchio … le sue mani sulle mie spalle o sulla mia vita … le mie mani che accarezzavano i suoi fianchi e i suoi glutei …

Quando io riprendevo fiato e mi riavevo dallo sforzo fatto la mia bocca e la mia lingua cominciavano a muoversi cercando qualcosa di suo … il suo collo … la sua orecchia … la sua guancia …
A questo punto la decisione passava a lei: o accettava supinamente le mie coccole delicate restando passiva sotto di me … oppure cercava di farmi capire che desiderava continuare a fare l’amore … e riprendevamo.
Quel pomeriggio questa seconda fase non ci fu. Quando io cominciai a riprendermi e la baciai, anzi la leccai sulla guancia lei ricambiò baciando la mia guancia e scrollatosi di dosso il mio peso si posizionò su un fianco accanto a me.

“Cosa volevi dirmi?”
“Ti amo da impazzire!!” risposi (forse lo gridai) e tiratala contro di me, contro il mio corpo,  ripresi a baciarla ed a leccarla tutta … mi misi a succhiare il suo seno (era una cosa che mi piaceva tantissimo) … succhiavo il suo capezzolo e poi accoglievo tutta la mammella dentro la mia bocca dilatata al massimo … avrei voluto morderla, staccarla e ingoiarla … ma non le ho fatto mai male! … la mia passione in determinati momenti raggiungeva il parossismo, ma con lei riuscivo sempre a controllarmi, ad essere delicato … (in altre occasioni, con altre donne, talvolta ero stato anche violento) … ma con lei sempre tenero e dolce … anche quando la mia passione era molto forte.
Ci congiungemmo nuovamente e restammo di nuovo abbracciati così.

Quando ripresi nuovamente fiato i due sessi erano ancora uno accanto all’altro, percepivo la sua pelle vellutata a contatto con il mio corpo, e le mie mani carezzavano delicatamente la sua schiena e i suoi glutei. Ancora una volta fu lei a parlare: “Cosa mi volevi dire?”
“Domani mattina sei libera?”
“Sì, perché?
“Ti vengo a prendere in macchina alle dieci al solito posto”.
“Dove mi porti?”
“È una sorpresa …”.
“Bella?”
“Perché? Ti ho mai fatto sorprese brutte?”
“No! Hai ragione …”.

Il discorso finì lì. Io sono stato sempre di poche parole. Ho sempre privilegiato l’operatività alle parole. Ed anche lei, piuttosto timida, forse perché ancora molto giovane, non parlava molto.
Lei andò a fare la doccia, sarebbe tornata a casa con calma, io invece mi rivestii ed uscii perché avevo delle cose urgenti da sbrigare in ufficio.

Il giorno dopo alle dieci la passai a prendere in macchina. Avevo già telefonato e predisposto tutto.
Andammo dall’altra parte della città dove stavano sorgendo dei bei quartieri nuovi e ben messi. Lei mi guardava senza chiedere nulla. Posteggiai la macchina ed entrammo in un bar. Prendemmo un cappuccino e una pasta ciascuno.
Mentre facevamo colazione entrò l’impiegato dell’agenzia che si fermò all’ingresso per non disturbare. Gli feci segno di avvicinarsi, feci le presentazioni e lo feci accomodare. Chiesi se ci faceva compagnia, accettò un caffè.

Quando completammo ci alzammo e l’impiegato ci condusse verso un palazzo vicino. Era evidente che era stato costruito da poco, anzi si notava che stavano completando alcune rifiniture. Attraversammo un bell’ingresso e prendemmo uno dei vari ascensori che c’erano. Si fermò al terzo piano. L’impiegato scelse una chiave da un mazzo molto voluminoso che teneva in mano ed entrammo.

L’appartamento di tre vani con cucina e servizi era ben rifinito, ma era interno. La finestra da una parte e il finestrone dall’altra davano su dei cortili interni. L’impiegato ci mostrava tutto e ci dava le delucidazioni. Daniela ascoltava senza parlare. I suoi occhi mostravano la sua sorpresa, ma anche interesse. Io ascoltavo con attenzione e guardavo tutto come da mia abitudine, osservando Daniela con la coda dell’occhio. Ero felice per l’interesse che mostrava.

“Cosa glie ne pare?” disse alla fine l’impiegato rivolto a me, ma rivolse subito lo sguardo verso Daniela per cercare di intercettare il suo pensiero.
“Ho visto!” Dissi immediatamente io “Ora mi mostri l’altro!”
“Ma questo come le sembra?”
“Vediamo l’altro”. Ribattei. Sapevo già che l’altro era molto più caro.

Tornammo giù nell’ingresso e prendemmo un altro ascensore. Questa volta ci fermammo al sesto piano. Tre porte si aprivano sul pianerottolo. Ne aprì una ed entrammo. Ci rendemmo subito conto che questo era molto più luminoso. I due balconi si affacciavano sulla strada. Le rifiniture erano identiche. Anche la cucina e i sevizi erano simili. Osservavo Daniela che appariva sempre interessata, ma il suo viso ora si mostrava perplesso. L’impiegato continuava a illustrare l’appartamento. Alla fine si voltò verso di me, ma stavolta non parlò.

“Grazie” gli dissi “ci rifletteremo e parlerò con il titolare”.
Scendemmo, ci salutammo e ci separammo. Io e Daniela ci dirigemmo nuovamente al bar. Cercai il tavolo più isolato e andammo a sederci. La cameriera ci chiese cosa desideravamo “Due acque toniche” risposi sapevo che sarebbero rimaste intatte.

Ci sedemmo uno di fronte all’altra. Notai che Daniela aveva gli occhi lucidi e mi interrogava con lo sguardo. Era perplessa, confusa e frastornata. Allungai le braccia e presi la sua mano tra le mie. Si mise a scuotere la testa e notai le lacrime nei suoi occhi “No … no … no … è troppo … è troppo …” mormorava continuava a scuotere la testa.

Non nego che anche i miei occhi cominciarono ad arrossarsi mentre la guardavo e continuavo a carezzarle la mano. Arrivò la cameriera con le bibite. Le feci cenno di posarle, cosa che fece subito rendendosi conto che era un momento per noi delicato ed andò via immediatamente. Come al solito un pensiero strano, ma fugace, passò per la mia mente: “Chissà cosa sta pensando di noi?”.
Non riuscivamo a parlare. Era inutile restare lì. Lasciai sul tavolo un biglietto da 10 euro che copriva largamente il prezzo segnato sullo scontrino e andammo alla macchina.

Mi diressi verso il nostro appartamento. Salimmo. L’abbracciai e la strinsi a me. La baciavo sul viso e sui capelli. La portai nella camera da letto. Tremava. Non sapevo se avesse freddo oppure era la tensione. La spogliai, la misi a letto e la coprii. Mi spogliai e mi coricai accanto a lei stringendola tra le mie braccia. Poggiò il suo viso nell’incavo tra il mio collo e la mia spalla. Non parlava. Sentivo che le sue lacrime bagnavano il mio collo. Anche i miei occhi lacrimavano. Pian piano il suo corpo smise di tremare.

Restammo tutto il tempo abbracciati così. Non parlavamo. D’altronde entrambi sapevamo tutto anche se avevamo scambiato solo pochi monosillabi. La mia mente vagava per l’Iperuranio … Avevo avuto paura per il suo turbamento … pensavo che forse avevo sbagliato a non informarla prima … Ma se avessi parlato forse lei non sarebbe voluta venire … Perché lei non voleva l’appartamento nuovo? … Non si sentiva pronta? … Aveva paura? … Di cosa? … Aveva detto “No, è troppo” Non voleva che io spendessi tanti soldi? … Le avevo dato la mia carta di credito, ma dall’estratto conto avevo notato che lei era stata molto oculata nelle spese … Era commossa per la mia dimostrazione di affetto? … Non si aspettava tanto? … Una cosa era certa: non era arrabbiata con me, stava avvinghiata a me tenendomi stretto tra le sue braccia … Neanche quando siamo scampati al naufragio ed alla morte lei aveva avuto una reazione così …

Non riuscivo a dare una spiegazione al suo comportamento. E mentre il mio pensiero passava in rassegna le ipotesi più assurde le carezzavo delicatamente i capelli e le spalle. Sentivo il suo respiro sul mio collo che si era regolarizzato. Sentivo il suo seno che premeva contro il mio torace, era una sensazione dolcissima e niente affatto erotica. Sentivo che una mia coscia era incuneata in mezzo alle sue all’altezza del suo sesso ed avvertivo la sua pelle vellutata, ma anche questa era una posizione dolcissima che non provocava in me alcuna eccitazione. Stavamo fermi così e basta. E così restammo a lungo. Solo la mia mano si muoveva di tanto in tanto per carezzarle la testa o la schiena.

Alla fine cominciò a muoversi. Anche la mia mano si muoveva e la carezzava con maggiore frequenza. Sollevò la testa e mi guardò in volto. Anch’io la guardai. Si sollevò e si mise a sedere sul letto.
“Io voglio te … solo te … non voglio né case … né altro …”
La guardai, allungai le mani, le misi a forma di coppa e le poggiai sui suoi seni nudi e dissi:
“E io voglio questi … sì … questi … tutti interi … dentro la mia bocca …”
Mi si buttò addosso e mise uno dei suoi seni dentro la mia bocca …
Poi ci abbracciammo e ripeteva, anzi lo ripetevamo insieme: “Ti amo … ti amo … ti amo …”

Passò dell’altro tempo, restammo così, abbracciati, senza parlare e senza neanche fare l’amore. Solo io, di tanto in tanto, con la mia mano carezzavo la sua pelle.
Alla fine tornammo in noi.
Era pomeriggio. Non avevamo pranzato. Io avevo fame. Ci vestimmo e andammo al bar a prendere una granita con la brioche.

Seduti al tavolo riprendemmo il discorso. La feci parlare un po’. Ripeteva che non voleva nulla. Quando cominciò a rasserenarsi le dissi che non avrei fatto nulla senza la sua approvazione. Avremmo fatto tutto di comune accordo. Dovevamo fare tutto insieme. Volevo che lei fosse serena e felice. Non ci baciammo in quanto eravamo in un locale pubblico, anche se non c’era molta gente, ma le nostre mani si stringevano e si carezzavano. Feci una telefonata in ufficio e diedi delle disposizioni. Tornammo a casa e stavolta facemmo l’amore.

La sera tornai a casa. C’era mia moglie. Le si leggeva chiaramente negli occhi che aveva fatto l’amore. Ovviamente io sapevo anche con chi. Anche lei mi guardò negli occhi e ritengo che capì che avuto una giornata travagliata. Non so se immaginò il motivo. Ci comprendevamo senza parlare. Lei accettava tranquillamente il mio rapporto con Daniela, come io accettavo il suo con Michele. In questo periodo il nostro menage era tranquillo e facevamo anche l’amore.

Cenammo con i ragazzi ed io andai a letto. Ero stanco e volevo riposarmi. Poco dopo arrivò lei. Notai che si spogliò nuda prima di entrare sotto le lenzuola. Osservavo il suo corpo snello e ben tornito. Andava regolarmente in palestra e seguiva le direttive di un mio amico personal trainer. Ero convinto che ogni tanto ci andava anche a letto. Poco dopo sentii il contatto della sua mano sul mio corpo. Capii. Bastò quel tocco per risvegliare i miei sensi. Afferrai la mano e la tirai a me. La baciai. Ricambiò i miei baci.

“Sei felice?” le chiesi. Mi rispose di sì. La strinsi ancora di più a me.
“E tu?” mi chiese. Risposi “Anche”. Facemmo l’amore. Lo facemmo hard. Come era nostra abitudine. L’attrazione sessuale che provavamo l’uno per l’altra era ancora forte.
Quando, stanchi, ci stendemmo uno accanto all’altra, le nostre mani rimasero a contatto. Lo stress mentale che stringeva il mio cervello quando rientrai in casa si era sciolto ed era stato scacciato dalla fatica fisica di fare l’amore con mia moglie. Ero stanco, ma rilassato e beato.

Le rotelle dentro il mio cervello ripersero a girare al loro solito. Pensavo a tutta la giornata trascorsa con Daniela. Ai suoi scrupoli. Al fatto che mi amava a tal punto. All’amore che facevo con lei: dolce e delicato. Alla gioia sensuale che mi procurava il contatto con la sua pelle vellutata quando la carezzavo. Alla dolcezza che provavo quando la cullavo tra le mie braccia. Al suo corpo giovane e tenero che si stringeva contro di me. Al fatto che quando la guardavo nuda il mio desiderio più grande era quello di baciare e carezzare il suo corpo. Il sesso che facevamo era il completamento di tutto questo contesto e non il mio desiderio principale.

E poi pensavo a mia moglie. Al suo corpo statuario, attentamente curato e meravigliosamente modellato.
Sembrava una dea greca. Paragonavo il suo corpo a quello di Diana la cacciatrice, oppure a quello di un’amazzone (anche se lei i seni, meravigliosamente modellati, li aveva tutti e due). Ma al momento in cui ci scatenavamo a fare l’amore mi tornavano alla mente le donne romane la cui lussuria è stata tramandata dalla storia fino ai nostri giorni. Pensavo ai baccanali, alle menadi danzanti, ai riti orgiastici in onore del dio Bacco che esaltavano l’amore carnale e libero. Era così che vedevo mia moglie, era così che facevamo l’amore. Ogni volta dopo il nostro amplesso il letto era completamente disfatto. E quando stanchi, sfiniti, esausti, smettevamo credo che somigliassimo a due cadaveri nudi su un campo di battaglia.

Comunque, anche quando il mio corpo è stanco e sfinito, il mio cervello non smette mai di pensare.
Pensavo a quanta differenza tra l’amore che facevo con mia moglie e quello con Daniela. E mi chiedevo come sarà quello che mia moglie fa con Michele? Resterà stanca e appagata come quando lo fa con me oppure lo fa in maniera diversa?

Sorridevo a questo pensiero: difficile che resti più appagata e più soddisfatta di quando lo fa con me. Sicuramente quel pomeriggio era stata con Michele, lo si leggeva nei suoi occhi. Ma perché l’ha voluto rifare con me? Quello che fa con me è amore mentre l’altro è sesso? O forse quello che ha fatto con Michele non le è bastato?

So bene che quando è affamata di sesso la sua libidine è infinita … come la mia. Certe volte con me continua a fare l’amore anche dopo che sono ridotto uno straccio. In questi casi fa tutto lei ed io lo subisco passivamente, anche se piacevolmente. Quando faccio l’amore con lei penso sempre che nelle sue vene scorre sangue greco. Ma sicuramente sangue greco scorre anche nelle mie vene. Ricordo quando abbiamo fatto l’amore la prima volta: lei era vergine e molto timida. Ma poi man mano questo suo erotismo è affiorato e infine si è scatenato. Ricordo anche quando una volta mi disse che avrebbe voluto tagliarmi il sesso e tenerlo sempre dentro di sé.

Che fortuna la mia! Riuscire a fare l’amore con due donne così diverse, in maniera così diversa, e nello stesso giorno!

Sì, nella mia vita sono stato sempre molto fortunato. Mia moglie me lo ripete sempre. Mi definisce strafortunato. Sono stato fortunato specialmente nelle due cose per me più importanti: il lavoro e l’amore. Non mi posso assolutamente lamentare né per l’uno, né per l’altro. Chissà cosa mi riserva l’al di là. Forse c’è già per me un posto riservato nel secondo cerchio dell’inferno della Divina Commedia di Dante assieme a Paolo e Francesca. Ma chi mi farà compagnia: Daniela o mia moglie? O tutte e due?

Victor

(3. Continua)

Link di Musica per questo scritto:

https://www.youtube.com/watch?v=rStYc1YWJEo


« Ultima modifica: Settembre 10, 2020, 08:28:37 da victor »
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Re:03. La Garçonniere
« Risposta #1 il: Settembre 10, 2020, 08:30:26 »

Ho cercato su youtube questa canzone, ma nessuna edizione riesce ad eguagliare il mio 78 giri.
Per chi vuole qui di seguito elenco altre versioni reperibili su youtube.

https://www.youtube.com/watch?v=I5hQ6T5oKyU

https://www.youtube.com/watch?v=E3hUMLb50nA

https://www.youtube.com/watch?v=-xAsddnFsMw


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Re:03. La Garçonniere
« Risposta #2 il: Settembre 14, 2020, 16:44:26 »
Bellissimo e travolgente la passione con Daniela. Molto bello anche il rapporto aperto con la moglie, senza menzogne e ipocrisie, ognuno vivendo la propria vita pienamente e intensamente.

victor

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Re:03. La Garçonniere
« Risposta #3 il: Settembre 14, 2020, 18:43:21 »

Grazie del commento mr.blue. Il racconto esprime la mia concezione della vita.

Victor
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